Laudatus est

Una gragnola di frammenti di roccia investe l’astronave, l’esplosione registrata dagli schermi illumina di rosso lo spazio circostante.
L’ufficiale di plancia Kangushkano dal nome impronunciabile si copre la bocca sulla fronte con la mano destra-sopra. Le altre tre braccia si muovono impazzite sui tasti. Analizza milioni di dati nel tempo che a un umano servirebbe per battere le palpebre. «Probabilidà è inferiore a zero virgola uno percendo di sopravvive qualcuno.»
Mi faccio il segno della croce con la coda sfiorando fronte, mento e guance. «Parola del Signore.»
«Rendiamo grazie a Dio.» Risponde il quadrumane alzando i palmi al cielo.
La terrestre femmina rinchiusa nella gabbia di luce riprende conoscenza e si stropiccia gli occhi. «Cos’era quel lampo?»
L’esemplare maschile è steso a terra al suo fianco, il petto si alza e si abbassa. Dovrebbe essere un buon segno, se non erro.
L’ufficiale di plancia striscia fino alla parete luminosa della gabbia sul suo sudicio corpo da lumaca bavosa. «Parla nosdra lingua! Du capisce ci?»
La ragazzina grida e si rannicchia in un angolo, il respiro irregolare, il battito del cuore accelerato.
Accarezzo il muso unticcio del Kangushkano e indico l’uscita. «Lasciaci soli, Ufficiale.»
«Subido Capidano.» Ondeggia fino alla porta con le braccia incrociate sul corpo a due a due ed esce dal ponte di comando.
L’automa igienizzante sbuca fuori dal soffitto e ripulisce la striscia viscosa lasciata dall’ufficiale, che inzacchera il pavimento. Spruzza una zaffata di profumo che dovrebbe mettere a loro agio i nostri ospiti terrestri e sparisce nel buco ancora aperto sopra di noi.
Fluttuo fino alla gabbia di luce e connetto la coda di trasmissione ai comandi. Riempio di ossigeno la stanza e disattivo le pareti di luce.
La ragazzina mi balza addosso, le dita protese come artigli, un ringhio profondo e animalesco che le sale dal petto.
Mi sollevo poco più in alto ed evito la sua aggressione. «Ridicola. Cosa pensavi di fare?»
«Dove mi avete portata?»
«Sei sulla mia astronave.»
«E tu cosa cazzo sei?»
«Io sono il profeta Ez3k13le, porta rispetto.»
«Non me l’ero immaginato proprio così. Non sei nemmeno umano.»
«Che spirito d’osservazione.» Sfioro con la coda di trasmissione il cervello di led che pulsa nel mio cranio meccanico. «Tutto quello che mi serve è qui dentro. Quel corpo molliccio non è per nulla funzionale.»
La ragazzina si stringe nelle spalle e copre seno e pube con le mani, come se potesse fregarmi qualcosa delle sue forme umane.
«Cosa ci facciamo qui?» Degna di uno sguardo il ragazzo supino e le guance si arrossano alla vista del suo apparato riproduttivo. Forse una reazione allergica.
«Ho intimato molto tempo fa al tuo popolo di convertirsi all’unico Dio, padre onnipotente, creatore del cielo e della Terra, ma neppure questo compito così semplice siete riusciti a portare a termine.»
«Di cosa stai parlando?»
«Io e i miei fratelli abbiamo trasmesso ai vostri avi il testo sacro Tanàkh, tradotto nelle vostre lingue arcaiche. Vi abbiamo chiesto di avere fede, di credere, ma sembra non rientri nella vostra programmazione di base.»
«Avere fede? Veramente un cervellone cybernetico con la coda mi sta facendo un sermone sulle religioni?»
«Esiste un’unica religione, una sola parola di Dio. Voi l’avete travisata in base alle vostre usanze. Avete trasformato la fede che poteva unirvi in un solo popolo, in un mezzo per dividervi. Non è questo che doveva accadere.»
«Forse non era abbastanza chiara, questa parola di Dio.»
«Era inequivocabile, lapalissiana, inconfondibile.»
«Se sei così sicuro…»
Questo essere umano semi-senziente è davvero insopportabile, spero di aver scelto un soggetto appropriato allo scopo. Dio sa essere molto severo con le sue punizioni. «Avete gettato via il dono più grande che vi ha fatto nostro Signore, la Terra. L’avete presa a calci, maltrattata, strapazzata, bistrattata e strizzata fino allo stremo.»
«E io cosa c’entro? Non è colpa mia, era già super inquinata.»
«Cos’hai fatto per salvare il pianeta? Facile dare la colpa a chi è c’era prima, senza muovere un muscolo per cambiare le cose.»
«Io non…»
«Esatto, non hai fatto nulla, proprio come tutti gli altri. Per questo sono stato costretto a resettare il vostro pianeta.»
Gli occhi della ragazzina si spalancano, in quella che immagino rappresenti un’espressione di sorpresa. Non si era resa conto che a esplodere era stato il suo pianeta? Questo non depone a favore dell’intelligenza della sua specie.
«Tranquilla, non è la prima volta che succede.» Fluttuo verso il cono di guida e inserisco la coda nella sua allocazione. L’astronave riprende vita con uno scossone.
Imposto la rotta verso la Via Lattea, nel braccio di Orione c’è un sistema solare con nove pianeti. Uno sembrerebbe fare al caso nostro. «Dio si prenderà sette giorni per terraformarlo. Voi due sarete i primi abitanti, Adamo ed Eva. Una sola raccomandazione: cercate di trattare meglio la Terra, questa volta.»