L’Essenziale

Una riflessione sulla vista, su ciò che è e su ciò che appare, il tutto condito da un po’ di sano spirito pionieristico tipico dell’essere umano. Un racconto di Beppe Roncari.

 
«L’essenziale è invisibile agli occhi.» Così mi conforta mia moglie. Non è ancora convinta, come neppure io del resto.
«Se andrà bene sarò il terzo caso della storia a recuperare la vista.»
«Non tieni conto dei vangeli…»
«… della storia scientifica.» La interrompo. «I miracoli non sono rilevanti.»
«Beh, dovresti pensarla diversamente, visto quello a cui intendi sottoporti.»
 
Non so cosa risponderle. Una vita piena, andata avanti a raccontare a lei, ai miei due figli e soprattutto a me stesso che “cieco è bello”, che la vista è importante certo (ne ho un vago ricordo, l’ho persa a tre anni), ma che ci sono altre… cose. Che l’importante è sentire, non vedere. Però, però…
 
«Il suo è un caso molto particolare.» Mi aveva detto il medico. «La cornea funziona ma un interruttore le si è… spento. Nel cervello. Ora con i nanobot possiamo riaccenderlo.»
«Ma avrò una vita normale?»
«Beh, non voglio mentirle. Molti pensano che la vista sia un fatto fisico, ma in verità è soprattutto un atto mentale. Si impara a vedere. I suoi neuroni invece si sono specializzati a fare altro, come percepire gli echi e gli odori. Gli unici due casi documentati dalla scienza medica non sono confortanti. I pazienti recuperarono la vista, ma caddero in una profonda depressione. Uno di loro finì a chiedere l’elemosina, e non gli era mai toccato farlo, da cieco. E poi… ci sono altri rischi.» Parlava del cancro. Valeva la pena tornare a vedere, se rischiavo la vita?
 
«Lo farò, perché è una grande avventura.» Con queste parole rispondo a mia moglie. «Conosci qualcosa che mi abbia mai fermato, anche se non ci vedo?»
«No. Nulla» risponde. E ovviamente non posso vedere se ha una lacrima, sugli occhi. Ed è vero. Ho fatto sci, ho guidato una Ferrari sul circuito di Monza. Possibile che la prospettiva di riavere la vista mi spaventi?
 
«L’operazione è stata un successo.»
«Dottore! Percepisco delle… cose. Fa male! Sono sugli occhi, si muovono! Mi avete staccato le palpebre! Che cosa mi avete messo sugli occhi?»
«Caro… Le tue palpebre sono a posto… E i tuoi occhi sono chiusi!»
«Faremo degli esami.»
 
«I nanobot hanno fatto il loro lavoro, anche troppo. Ora lei percepisce le radiazioni dello spettro visivo, forse anche ultravioletto e infrarosso, anche a occhi chiusi. Solo che il suo cervello le legge come altri segnali. Tatto. Udito. Senso del calore…»
«Come faccio a farli smettere? Bruciano!»
«La buona notizia è che quell’interruttore è sempre dentro di lei, nel suo cervello… Lei può smettere di vedere. Deve solo… volerlo.»
 
Pensate a quelle immagini, che voi vedete tridimensionali, distanti. Sono in realtà appiccicate alla vostra cornea. Tutti quei fottuti fotoni. Solo la distanza ve li rende sopportabili. L’abitudine a credere che ci sia l’aria, il vuoto, “l’invisibile”, fra voi e loro.
«L’essenziale è invisibile agli occhi?»
Cazzate.
L’INVISIBILE è essenziale agli occhi.

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