L’ultima offerta

Il ventilatore girava sul soffitto senza grande convinzione, regalando a Ivan solo un leggero sollievo in quella calura insopportabile.
Il suo corpo era madido di sudore, e, a impedire che si appiccicasse del tutto al divano in pelle su cui era stravaccato, era solo la slabbrata canottiera che gli aveva regalato la madre poco prima di morire.
Nel silenzio del mattino, un rumore di passi sul pianerottolo lo colse di sorpresa. Chi mai poteva aggirarsi nel palazzo a quell’ora, quando tutti gli inquilini erano già usciti per lavoro? Forse Cinzia, la donna delle pulizie. Sì, solo lei poteva essere. L’idea lo stuzzicò: quella donna di una certa età, dall’aria trasandata e con quel viso vissuto da lavoratrice infaticabile. Dopotutto, siamo tutti attratti da ciò che rappresenta il contrario di noi stessi.
Che poi a lei piaceva essere guardata mentre puliva le scale, e diverse volte aveva accettato di entrare in casa sua per divertirsi un po’. Certo, le mancava qualche dente, i capelli unti le si incollavano al viso e il suo odore era un misto tra una stalla e un sapone per pavimenti, ma erano solo dei dettagli.
Ivan fece leva sul bracciolo del divano per tirarsi su, e lasciò scivolare sul pavimento il mix di briciole di cibi vari che proliferava placido sul suo pancione sporgente.
Infilate le pantofole, si avvicinò al portone e lanciò un’occhiata dallo spioncino: nulla.
Bah, forse era stata solo immaginazione. Eppure sembravano così reali quei passi.
Si grattò con vigore la testa, gustandosi la cascata di forfora che scendeva lenta come neve davanti ai suoi occhi, e si riavviò verso il divano.
Altri passi.
Stavolta era sicuro, erano reali. Era Cinzia.
Ivan aprì la porta per lanciarsi sul pianerottolo.
E invece, davanti a lui, con due fondi di bottiglia davanti agli occhi poco svegli, una valigetta da persona importante, e con un abito di dubbio gusto e dubbia taglia, si stagliava il suo incubo più grande, il terrore che lo perseguitava da mesi, la sciagura di ogni nullafacente: il navigator.
Ivan avrebbe voluto sbattergli la porta in faccia, ma in un barlume di lucidità si rese conto che non sarebbe stata una mossa azzeccata, e che probabilmente quel gesto avrebbe sancito definitivamente la revoca del suo reddito di cittadinanza.
No.
Non poteva permetterselo.
Non poteva andare così.
Doveva giocarsi bene le sue carte.
Però porca troia… «Buongiorno, buon uomo. Mi dica.»
Il navigator lanciò un’occhiata oltre le spalle di Ivan come a voler ispezionare l’abitazione, poi alzò il mento per darsi un tono. «Buongiorno a lei, signor De Maria. Stiamo cercando di contattarla telefonicamente da circa una settimana.»
«A me?»
«Sì, a lei. E non ha mai risposto.»
Ivan scosse la testa. «Impossibile.»
Il navigator annuì lento, con un ghigno tenebroso che prese piede sul suo volto. «Ascolti, signor De Maria. Io odio questo lavoro, e in questo momento vorrei essere dappertutto tranne che qui a casa sua a perdere tempo con lei.»
«E allora vada via e faccia finta che non mi ha tro—»
«Stia zitto!»
«Allora entri dentro e parliamone da persone civili. Qualche soldo da parte ce l’ho. Lo stato è stato, scusi il gioco di parole, così generoso con me, e io potrei volermi sdebitare con uno dei suoi rappresentanti. Mi creda, entri in casa e parliamone.»
«Sta cercando di corrompermi?»
Ivan fece spallucce. «Ma le pare?»
«Sì.»
«Ok.»
Il navigator si poggiò la valigetta sul ginocchio e la aprì per tirarne fuori un tablet. «Signor De Maria, parliamoci chiaro, qui risulta che lei ha già rifiutato due lavori, e ora che le stiamo per proporre il terzo, lei sparisce nel nulla non rispondendo al telefono e dimostrandosi poco collaborativo qui di persona. Mi faccia capire, che intenzioni ha?»
Ivan lasciò passare qualche secondo, in cerca di qualcosa che gli avrebbe potuto salvare il culo. C’era poco da girarci intorno: terzo lavoro rifiutato, uguale perdita del reddito di cittadinanza.
«Senta, signor navigator. Mi ascolti, entri qui da me, la troviamo una soluzione, ne sono certo. Ho dell’ottimo whisky… e qualche bottiglia di vino che dovrei proprio regalare a qualcuno, ma non so proprio a chi…»
«Lei sta ancora provando a corrompermi.»
«Io?»
«Sì, lei.»
Dalla rampa di scale, altri rumori sopraggiunsero fino al pianerottolo.
Il chiaro sbattere a terra di un secchio li fece voltare entrambi verso il basso.
Ivan si sporse oltre il navigator. «Cinzia!»
«Ivan!» La voce roca e sensuale come uno scaldabagno si diffuse nell’aria.
«Sali su, Cinzia. Le pulisci dopo le scale, vieni qui da me.» Ivan fece l’occhiolino al navigator e gli batté una mano sulla spalla. «Questo è il mio regalo per lei, ultima offerta.»
Cinzia apparve dalla rampa di scale. Si faceva fatica a distinguere lei dal mocio che teneva in mano. Era più brutta del solito, non un buon segno.
Il navigator fece oscillare il suo sguardo da Ivan a Cinzia, da Cinzia a Ivan. «Signor De Maria, mi capita ogni giorno di incontrare gente che cerca di corrompermi. Ma mi creda, lei è davvero il peggiore di tutti.»