Mar Cinese Orientale

Figlio di cagna. Ti maledico, e se sopravvivo sacrificherò a ogni dio di queste rive affinché la tua sorte sia amara e dolorosa come quella che infliggi alle tue prede. Per l’eternità prego che tu possa essere posseduto senza difesa da bestie feroci, come nel ventre di questo tuo scafo sono stata io. Mi lascio cadere in braccio al mare, meglio questa morte che un solo altro giorno tra i tuoi artigli. Ma sappi che proverò a resistere, pur di arrivare a implorare vendetta. Temi, bastardo, che la mia voce arrivi infine all’orecchio degli dei.
 
“Come, non c’è?”
L’uomo incassò nelle spalle il capo rasato.
“Abbiamo frugato ovunque, Cheng, la donna non c’è”.
Seguì un mormorio di onde infrante contro il legno della giunca pirata.
Cinquanta uomini, abituati a sgozzare con naturalezza ogni tipo di gente, senza temere alcun genere d’arma e d’armato, inghiottivano a vuoto avvertendo la furia del loro capo.
“Chi di voi sa, che fine ha fatto la donna?”
Tennero gli occhi bassi, fissi sul tavolato.
“Chi di voi sa, che fine ha fatto la donna?”
Ed era un sussurro appena, il sibilare d’un serpente. Uno di quelli ansimò e Cheng gli si fermò di fronte.
“Guardami. Tu?”
All’uomo andò a fuoco il cervello.
“Io non so se fosse lei” balbettò “ero salito sul ponte per liberare la vescica. Mi è sembrato di sentire un tonfo, mi sono sporto ma non si vedeva nulla. Ho pensato a un pesce”.
Gli uomini trattennero il respiro. Cheng aveva gradito molto giocare con la donna, perché quella lo aveva insultato e maledetto e aveva tentato di ribellarsi in ogni modo, fiera e selvaggia.
Il pirata si era divertito e infine aveva concesso anche a loro di averla, ma raccomandando che non gliela ammazzassero. Invece…
“Al largo di quale costa è successo” chiese Cheng.
“La luna spuntava appena allora. Il timoniere potrebbe dire dove eravamo, credo”.
L’uomo che aveva tenuto la rotta intervenne, pronto.
“Quando è sorta la luna eravamo davanti a Iwo Jima”.
“Tu eri al timone. Non hai visto la donna cadere?”
“No”.
“Non hai neppure sentito lui salire?”
“Né visto né sentito. Dev’essere successo quando ho finito il turno”.
Cheng chiamò il suo secondo.
“Lègali. Lui doveva accertarsi di cosa fosse il rumore, e lui” indicando il timoniere “ha finito il turno all’alba. Quindi durante la notte non era vigile, ci ha messo tutti in pericolo”.
Le urla dei due, legati e trascinati nella scia della nave, risuonarono a lungo mentre tentavano di non affondare. Poi un mostro risalì dalle profondità e il mare si tinse di sangue.
La nave intanto invertiva la rotta. Gli uomini si chiesero perché, dato che certo non avrebbero ritrovato la donna a galleggiare sul mare. Ma Cheng sembrava impazzito.
 
All’alba di quello stesso giorno un pescatore aveva tirato in barca una donna agonizzante che gli aveva sussurrato: “Quale dio governa questa terra?”
Il pescatore aveva alzato gli occhi verso la montagna che svettava oltre gli alberi.
L’aveva portata a casa e sua moglie l’aveva accudita fino all’ultimo respiro, per poi uscire diretta ai luoghi sacri, con gli occhi lucidi di pianto e una consegna.
Sul far della sera la fucina degli dei fumò, una colonna plumbea si alzò mentre la terra si scuoteva e una bocca eruttò con violenza inaudita. La lava piombò in mare e lo sconvolse, l’acqua esplose in nuvole di vapore e sulla superficie si formò un’onda.
Alta, mostruosa, percorse l’acqua come una belva in caccia e puntò la giunca che incrociava al largo. I pirati urlarono di terrore, l’onda ingoiò la nave di prua, spazzò il ponte e continuò la sua corsa. Lasciò indietro un relitto su cui pochi uomini boccheggiavano, increduli d’esser vivi. Cheng, lontano, urlava; fuori bordo, la corrente lo trascinava via e già era invisibile, mentre ardeva invece spettacolare la montagna. Risuonò a lungo, sempre più lontana e debole, la sua voce che chiamava soccorso. L’equipaggio giurò d’aver sentito anche, portata dal vento, una voce di donna: Temi, bastardo, la mia voce che implora vendetta: arriverà infine all’orecchio degli dei!