Metodo innovativo per l’apprendimento della matematica

Il potere delle motivazioni in questo racconto di Raffaele Marra, secondo classificato nella 117° Edizione di Minuti Contati con il collettivo Valery Esperian come guest star.

 
La donna parla, il figlio ha la testa bassa. Quando arrivano, i figli hanno sempre la testa bassa.
«…e i compagni, grazie al suo aiuto, sono tutti migliorati tantissimo…»
Mi gratto la barba. Sono due giorni che non mi rado, e ormai è metà pomeriggio.
«Professor Ruffin, la prego, ci pensi lei: la matematica non gli va proprio giù.»
«La matematica è facile, è solo una questione di giusta motivazione», rispondo aprendole la porta.
La donna se ne va speranzosa, e fa bene. Non la deluderò. Non ho mai deluso nessuno.
 
«Hai portato il libro come avevo chiesto?»
Il ragazzo annuisce a disagio. Sua madre deve avermi detto il suo nome, ma non ricordo. Lo accompagno nello studio e gli mostro la cabina.
La reazione è sempre la stessa: tutti uguali questi dannati testoni. Mi guarda, sorride, si fa serio, biascica qualcosa, fa per andarsene, la paura lo trattiene, torna sui suoi passi, mi guarda, annuisce. Infine entra nella cabina.
«Equazioni esponenziali, diceva tua madre al telefono, vero?»
Annuisce tremando dietro i vetri antisfondamento. Gli porgo il foglietto con l’esercizio più difficile che farà in vita sua e gli spiego le regole. Poi, in un attimo, lo chiudo dentro e attendo che la smetta di urlare.
Quindi vado a sedermi in poltrona: finalmente un po’ di tranquillità.
 
Sono passate due ore e trequarti. Ho impostato il timer a tre ore esatte e, credo, basteranno. Il fatto è che Comediavolosichiama è davvero un asino. Eppure anche lui sta imparando a vista d’occhio.
Il tetto della vecchia cabina è ormai così basso che lo costringe a starsene rannicchiato sul pavimento. Ma può ancora respirare, e la spina dorsale non è compromessa. I suoi occhi volano frenetici dall’esercizio al libro, dal libro all’esercizio, in continua alternanza.
Un altro sorso alla mia cioccolata, una grattatina sulla natica e un rutto. E intanto il nostro genio sembra aver preso la strada giusta. Tre ore di studio intenso e, soprattutto, motivato, basteranno di certo. Nessuno torna mai indietro a lamentarsi, nessuno osa raccontare in giro quale sia il mio metodo. Le mamme pagano un conto un po’ salato, questo sì. Ma i ragazzi, il giorno dopo, danno ampie soddisfazioni a scuola.
«ghe…di…sci…» sussurra il tipetto, curvo e sudato. La pressa lo spinge di un altro centimetro verso i suoi stessi piedi. Ormai mancano pochi minuti.
Gli faccio cenno di non aver capito.
«tredici!» urla piangendo.
Ok. Risposta esatta. Esercizio svolto alla perfezione.
Mi alzo, mi sgranchisco le ossa, mi stiracchio un po’, quindi vado a premere il pulsante. In uno stridio di acciaio e ruggine il tetto della mia invenzione torna a salire fino alla posizione iniziale. La porta si sblocca e il piccolo Einstein esce barcollando.
«Ce l’hai fatta», gli annuncio senza entusiasmo. È ancora agitato, ma sostiene il mio sguardo con serietà.
«Chiamiamo tua madre, così viene a prenderti, paga e ve ne andate».
Lui non risponde. Finalmente la smette di massaggiarsi la nuca, prende il cellulare e chiama con avidità. Poi torna a guardarmi. Sa di aver imparato in tre ore ciò che avrebbe dovuto fare in un quadrimestre. E senza alcun aiuto da parte mia. Alla fine sorride.
In fondo la matematica è facile, è solo una questione di giusta motivazione.