Un pomeriggio, nella cameretta di Bea
“Dai, tanto la storia dura solo ventiquattr’ore, giusto il tempo che la veda Moha e ci faccia un pensierino!”.
Stefi mi strizza l’occhio ed è già pronta a scattare la foto con lo smartphone.
“Ma mi vergogno!”. Mentre lo dico sento caldo alle guance e il mio stomaco fa i rumori di quando mi imbarazzo e che mi fanno vergognare ancora di più.
“Ascoltami, vuoi attirare l’attenzione di Moha o no?”. Stefania fa lo sguardo di quando è stizzita: lo fa sempre quando non siamo d’accordo. “E poi quel top ti sta da Dio!”
“Ma mi si vede la pancia!”. La copro con le braccia. “E poi a lui piace Jenni!”.
Stefi mi guarda come se fossi scema: “Sai perchè gli piace Jenni? Perché lei non si vergogna a postare le foto in top! Smettila di fare la sfigata!”.
Forse ha ragione. Lui con me è gentile, ma non mi vedrà mai in un modo diverso dalla sua compagna di classe simpatica e un po’ secchiona se non mi do una svegliata.
Stefi mi si avvicina e fa un sorriso dolce: “Tesoro, è solo una storia su Instagram. La cosa peggiore che può succedere è che non la visualizza e niente, tutto come prima. Invece, magari la vede e ti scrive!”. Deglutisco e faccio un respiro profondo. “Sei bellissima: non avere paura”.
“Va bene! Ma facciamo veloce che mi vergogno!”
Stefi sistema la luce, lei sì che sa come si fanno queste cose. “Togliti quel muso e arriccia un po’ le labbra così” e fa la bocca a culo di gallina.
La imito e mi sento un’idiota, ma lo sto facendo per Moha. Mi piace tanto, Moha.
“Bravissima così!”, mi dice Stefi finalmente allegra. Metto le dita a V, strizzo l’occhio e tiro dentro la pancia.
Stefania scatta la foto: “Perfetta! Amo, è perfetta! Se Moha non ti scrive, non capisce niente! Fatta. Ora te la invio così fai la storia!”
La mattina seguente, davanti alla scuola
“L’importante è che l’abbia visualizzata Moha. Era questo l’obiettivo e l’abbiamo portato a casa, non capisco perché sei così agitata. Ti hanno anche mandato una valanga di cuori!”. Stefi non mi guarda nemmeno in faccia, fissa il telefono come se quello che le sto dicendo non avesse senso. Io trattengo a stento le lacrime. Mi vergogno per quello che mi hanno scritto e mi vergogno di piangere davanti a lei che sembra non capire.
“Sì, ma Luca mi ha messo quel comment-”. Non mi lascia finire. “Luca è un deficiente. Da quando ti interessa cosa dice Luca? Che poi quello che ti ha scritto non vuol dire niente. ‘Moby Cazzo’, cosa vuol dire? Spara cazzate a caso!”.
“Intende Moby Dick”. Sussurro senza nemmeno riuscire ad alzare lo sguardo da terra, deglutendo il magone.
“Ma cosa dici? Non sa nemmeno cosa è Moby Dick!”. Continua Stefi mentre scorre le storie sul cellulare.
“Certo che lo sa. Quando la Cattaneo ci ha spiegato Melville, l’altro giorno, ha iniziato con questa cavolata di ‘Moby Cazzo’ per fare il giochetto con ‘Moby Dick’”. Ho il cuore che mi batte forte. Ma perchè Stefi non capisce? Non ho chiuso occhio tutta la notte. Non ho il coraggio di entrare a scuola. “Se l’ha pensato Luca, l’avrà pensato anche Moha. Lo avranno pensato tutti”, le dico alzando la voce.
“Ma cosa? Cosa vuoi che pensino tutti?”, mi chiede Stefania alzando finalmente la testa da quello schermo schifoso.
“Che sono una balena!”. Glielo urlo in faccia. Non riesco più a trattenermi.
“Perché piangi, amo?”. Mi si avvicina e mi abbraccia. “Sono solo stupidaggini, non dargli peso. Lo sai che Luca è un coglione!”.
Un anno dopo, festa di compleanno di Stefania
Stanno parlando di me. Stanno sicuramente parlando di me. Hanno smesso solo perchè mi sto avvicinando. Lo fanno sempre. Succhio velocemente la mentina che mi toglie il sapore acido dalla bocca.
“Alla fine sei venuta!”. Stefi mi sorride e si avvicina per abbracciarmi. “Come sei bella con questo vestito!”. Non ha mai saputo dire bene le bugie. Mi stringe, ma io non vorrei. Odio quando mi toccano. Odio il contatto del mio corpo con il corpo degli altri, ma fingo anche io e abbozzo un sorriso. Mi sento piccola in questo abbraccio veloce. Fragile. Le mie creste iliache, le mie costole sfiorano la sua carne. Gonfio la pancia e mi allontano subito. “Tieni amo, ti ho tenuto una fetta di torta!”. Stefania mi passa un piattino con un pezzo enorme di crostata. Mi guarda come se mi stesse studiando. Da quando sono dimagrita la gente mi guarda solo in tre modi: fingendo che vada tutto bene, con commiserazione, come fossi un alieno da studiare.
Prendo la torta: “Grazie, Stefi. Sei sempre carina!”.
Viola mi indica la consolle del DJ in mezzo al giardino: “Vieni a ballare con noi?”
“Avviatevi”, rispondo, “io arrivo subito!”.
Entro in casa e mi dirigo verso il bagno. Mi guardo in giro, spero che non mi veda nessuno. Via libera. Entro e butto la torta nel water. Tiro l’acqua. Anche ‘sta volta è andata.
(Copertina generata con ChatGPT)