Negare negare negare

Negare per continuare, affermare per spazzare la polvere in un luogo nascosto. Un racconto di Marco Actis Dato.

 
La modesta collezione di elfi trema come per l’effetto del terremoto, mentre Luisa galoppa verso il divano portando con sé vento di tempesta. I suoi capelli sono scarmigliati, non ha trucco, la sua faccia è un pompelmo gigante con due occhietti striminziti e un mento traballante. Questa donna ha l’aspetto di un sacco di iuta pieno di gelatina e pesa più di me.
Le sono molto affezionato; siamo sposati da vent’anni e non ho di che lamentarmi. È capitato che qualcuno, considerandoci una coppia straordinariamente male assortita, mi abbia chiesto cosa avessi trovato in lei di attraente all’inizio, dando per scontato che fosse stata diversa. Invece no.
«Sì, Luisa» metto la TV in muto. «Cosa c’è?»
«Non mi guardare con quell’aria di sufficienza.»
«Ok.»
Mi butta il telefono in grembo.
«Ho letto i tuoi messaggi.»
«Perché diavolo l’hai fatto?»
«Adesso non mi mettere in croce! Ho letto di quella… chi è che ti chiama “Pulcino”?»
«È solo…» ridacchiai «cosa? Sei gelosa? Ma per piacere, è una collega!»
«Non ridere!»
«Ti dico che non è niente. Ci si chiama così.»
Lei agita il dito indice. Lo so che non mi crede.
«Eh, no! Questa volta ti metto con le spalle al muro. E tutte quelle cene di lavoro? E il profumo che ti metti? Ti ho visto uscire di casa con una rosa, e mi hai detto che era per la zia!»
«Ma…»
«Non ce l’hai una zia!»
«Infatti! Ho detto “la” zia, perché era per la zia di… qualcuno!»
«Adesso basta. Mi tradisci?»
Sto andando in tilt, è come se sentissi fischiare delle valvole che sono state sotto pressione troppo a lungo. Alzo le braccia. Non so perché.
«Sì!»
«Cosa?»
L’ho detto, alla fine. E dire che ho sempre sostenuto che negare fosse la cosa migliore che potessi fare.
«Ho detto no.»
«Hai detto sì!»
Ha ragione, ho detto sì.
«È stata una cosa così, una svista momentanea, una sciocchezza. Insomma, può capitare!»
«Oh, una svista momentanea, ed è per questo che ti scrive che oggi è il vostro anniversario? Anniversario di cosa? Mi fai schifo!»
Mi colpisce sulla testa con una delle sue manone. Sento un rimbombo preoccupante. Ora piange, e quando piange è ancora meno attraente, e a me viene voglia di correre via, ma le mie gambe sono come paralizzate. Non riesco ad alzarmi; e lei piange e picchia, picchia e piange.
«Cristo, vuoi rompermi?»
«Sì!»
«Calmiamoci.»
«Ah! Ora vuole che mi calmi…»
«Sei la mia bambolina. Ho fatto degli errori, ok? Non mi era mai capitato, prima, quindi dobbiamo solo capire cosa sia successo e di chi sia la colpa.»
Lei si asciuga le lacrime.
«Va bene.»
Mi accorgo che le mie braccia sono rimaste sollevate dall’inizio della conversazione e comincio a preoccuparmi. Non vedo più da un occhio e dall’altro la ricezione va e viene. Considerando che ho davanti Luisa, quasi potrei considerarlo un passo avanti.
«Ascoltami attentamente. Credo che tu mi abbia rotto qualcosa, con le tue maniere manesche. Vai a prendere il libretto di istruzioni. Anzi no, chiama l’assistenza, che facciamo prima.»
«Va bene» dice, e tira su col naso. E io ringrazio di essere quasi cieco.

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