On the rocks

Non tutti i racconti sono fantasie e non tutti coloro che ci sembrano strani e che raccontano storie stanno mentendo, soprattutto quando di fronte a loro hanno un bel bicchiere ricolmo di ghiaccio. Semifinalista nella Centesima Edizione di Minuti Contati, un racconto di Andre Viscusi.

 
On the rocks
 
Enzo ordina una China. Sono le sette e un quarto e questa è la sua colazione.
«Come la vuoi?» chiedo mentre servo due caffè a una coppia di turisti olandesi.
«On the rocks!» proclama sollevando un indice.
Sorrido. Ventisei anni che lavoro in questo bar e ventisei anni che Enzo beve tutto on the rocks: vermut, vodka, gin, sambuca, amari, tonica, spuma, acqua.
Apro la ghiacciaia e pesco i cubetti con un normale bicchiere da acqua, Enzo beve sempre da quello.
La signora olandese rabbrividisce e borbotta qualcosa al marito. Lui la cinge per proteggerla dal getto dell’aria condizionata, ma anche i radi peli delle sue braccia si sono drizzati.
Verso la China, il ghiaccio si crepa ed Enzo schiocca la lingua.
«Voi non siete di qui?» chiede ai turisti. Svuota metà bicchiere. «Nemmeno io. Vengo da un altro posto, ma non come voi che avete preso l’aereo. Io vengo da un altro presente
I due mi guardano, ma io non intervengo. Enzo è inopportuno alle volte, ma inoffensivo. E poi mi piace sentirlo raccontare del suo mondo.
«È simile a questo, ma meglio. Il cielo è più blu, la neve è più bianca, le donne più…» mima con le mani due mammelle sovradimensionate.
Il signore lascia sul banco un paio di spiccioli, prende la moglie sottobraccio e la trascina fuori.
 
Da maggio a settembre il bar è sempre pieno, non ci sono altri locali freschi quanto il mio. E nessuno ha Enzo che beve ogni cosa on the rocks e ha uno stuolo di ammiratori e imitatori che fanno lo stesso.
Quando ha bevuto abbastanza inizia a raccontare del suo presente. C’è gente che ha dipinto dei paesaggi ispirati ai suoi racconti: colline imbiancate e laghi ghiacciati, persone infagottate nelle pellicce e cinghiali lanosi per le strade.
«È l’era glaciale» dice Enzo «da me è già iniziata.»
«Magari iniziasse anche qui!» risponde qualcuno, esibendo le chiazze di sudore sulla schiena. Gli altri ridono, Enzo beve.
 
Spesso Enzo è l’ultimo rimasto nel bar quando chiudo. Di solito a quell’ora si è già addormentato seduto, il mento sul petto, la mano intorno a un bicchiere di ghiaccio sciolto. Provo a contare quanti ne ha bevuti durante la giornata, ma non faccio il conto. Enzo non paga in questo bar.
Nel nostro bar.
Lo tiro su dalla sedia, lui non apre gli occhi ma si lascia condurre nel retro. Lì ci sono ancora le brande refrigerate che abbiamo usato durante il viaggio.
A Enzo manca tanto il nostro presente, quello della glaciazione. Qui le cose vanno all’opposto, ogni stagione è più calda della precedente, a volte mi chiedo se non sia colpa del motore a inversione termica che muoveva la brananave che ci ha portati qui.
Enzo ha una teoria in proposito, a volte la racconta ai clienti che lo assecondano, poi si guardano tra loro e ridono.
Con un po’ di fatica lo stendo sulla branda, quando riesco a sistemargli addosso la coperta termica sta già russando.
Tra poche ore dovrò riaprire. Ho giusto il tempo di godermi un po’ di vero fresco. Regolo il termostato sui quattro gradi e mi sistemo nella mia branda.