Ovatta

Secondo classificato nella Sara Bilotti Edition, 144° All Time, un racconto di Maurizio Ferrero.

 
Nella villetta a fianco sono arrivati dei nuovi vicini. Spero che non siano dei casinisti. Da quando quella stronza di Simona se n’è andata ho imparato a godermi il silenzio e la solitudine.
 
Quando il campanello è suonato, oggi pomeriggio, credevo fosse il corriere del supermercato. Non mi piace doverlo incontrare, ma è uno di quei contatti umani di cui non posso fare a meno, come il dottore da cui vado ogni due mesi per farmi prescrivere le pillole.
Ho aperto e mi sono trovato davanti una donna sulla trentina, con i capelli corti tinti di un rosso acceso.
«Piacere, sono Margherita, la nuova vicina.» Mi ha teso la mano, ma non gliel’ho stretta.
«Giorgio.»
«Vive solo? Sa, io e mio marito Luca abbiamo sempre voluto una casa in campagna. Veniamo dalla città e…»
Ho sentito solo qualche stralcio del monologo. Non mi piaceva il suo tono di voce e odiavo guardarla negli occhi. Mi succede sempre con le altre persone, il loro sguardo mi infastidisce. È colpa della collezione di bambole di Simona. Porcellana o pezza che fossero, i loro occhi mi davano i brividi. Quando la stronza se n’è andata gliele ho bruciate tutte.
«…e quindi volevamo invitarla a cena domani sera.»
«Certo.»
La donna mi ha sorriso ed è tornata verso casa. Stavo per chiudere la porta, quando un dettaglio ha attirato la mia attenzione. Una lunga ferita tenuta chiusa da fili spessi e neri partiva dalla nuca di Margherita e scendeva fino alla base del collo, per poi sparire sotto al vestito.
Sembrava una lunga cucitura.
 
Mi sono presentato alle otto in punto. Luca mi ha accolto in casa sorridendomi, i denti bianchi e perfetti come piccole perle. «Perdoni la confusione, stiamo ancora sistemando gli scatoloni.»
Aveva capelli castani spessi e dritti come fili di lana, gli occhi neri simili a pietre. Non sono riuscito a tenere fermo lo sguardo.
«Si accomodi pure» ha detto indicando il divano. «Sarà in tavola tra pochi minuti.»
Mi sono seduto e Luca mi ha offerto un bicchiere di prosecco, che ho accettato volentieri. Per un attimo le nostre dita si sono sfiorate e ho percepito una sensazione ruvida, come quella della stoffa grezza.
Non ho nemmeno provato a bere, mi mancava l’aria. Dalla cucina giungeva un puzzo di peli bruciati.
Margherita è sbucata dalla porta tenendo con le presine una teglia di metallo fumante. «Buonasera signor Giorgio! Si accomodi pure a tavola.» I capelli della donna erano finti, una parrucca di stoppie. Come avevo fatto a non accorgermene? E quegli occhi… bottoni cuciti nella carne.
Margherita ha messo in tavola la teglia e ho lanciato un’occhiata all’interno.
Gomitoli di lana colorata.
«Voi siete pazzi!» ho gridato.
Luca e Margherita hanno sgranato tanto gli occhi che per poco le loro cuciture non si sono strappate.
Nient’altro che mostri che mi fissano con occhi morti.
Sono uscito e sono corso al capanno degli attrezzi. Ho afferrato l’accetta e sono tornato indietro.
I due mi aspettavano sulla soglia. Quando hanno visto cosa tenevo in mano, hanno urlato di terrore.
«Silenzio! Non dovete fare rumore! Non lo sopporto!»
Ho alzato l’ascia e l’ho calata sul volto di Luca.
L’ovatta si è riversata sul pavimento.
 
Il campanello è suonato di nuovo. Ho aperto e mi sono trovato di fronte a un uomo in divisa.
«Signor Palmeri? Devo farle qualche domanda riguardo ai suoi vicini.»
«Certo agente, le dirò tutto. Erano dei mostri di stoffa, ma li ho sistemati per bene.»
«Cosa?»
«Sì, li ho fatti a pezzi, ma mi sono tenuto gli occhi. Mi sto allenando a guardarli, sa, mi risulta molto difficile. Voglio migliorare.»
Il poliziotto ha estratto la pistola e me l’ha puntata contro. Subito ne sono accorsi altri, che mi hanno buttato a terra e ammanettato.
«Cosa mi fate? Ho ucciso dei mostri!»
Quando ho visto le cuciture sui polsi degli agenti ho capito che protestare era inutile.
 
Sono tutti mostri. Mi hanno messo un vestito di pelle umana e mi hanno sbattuto in una stanza con pavimento e pareti fatti di viscere cucite insieme. Anche il dottore che viene a farmi così tante domande è solo un pezzo di stoffa. Continuava a chiedermi dove fosse finita Simona, ed era così insistente che alla fine gliel’ho detto.
«Non potevo sprecare tutta quella buona ovatta, ci ho rifatto l’imbottitura del materasso.»
Mi chiedo perché si sia messo a vomitare fili colorati.