Overdose

No, non l’avrebbe più fatto.
A indurla a smettere, furono le albe trascorse a contorcersi abbracciata alla tazza del bagno, e il supplizio che le infliggevano le ossa scomposte e doloranti. E poi quelli come lei erano sorpassati, ormai.
Nina girò l’angolo, il rumore di passi alle sue spalle continuava a rimbombare nell’oscurità. Si voltò, e il tacchettio che la seguiva cessò. Quindi continuò a camminare accelerando il passo. Ma il tacchettio riprese, sdoppiandosi a un andamento esponenziale: non era solo uno, erano in tanti.
Nina alzò lo sguardo alla luna: era piena ed emanava il pallore della morte.
Il sangue le pulsava sulle tempie, non era un buon segno. Si mise a correre, sperando di seminarli.
Risolini e urletti sbeffeggianti si aggiunsero al rumore inseguitore di passi. Nina avvertiva già il fetore del loro alito sul collo: erano vicini. Davanti a lei solo la pineta buia e occultatrice.
Un cerchio di vigliaccheria e perversione la circondò.
Il cuore le picchiava nel petto. Il torace si espanse e, quando giunse al massimo della tensione, uno schiocco secco rimbombò tra i pini. Le pupille si dilatarono riempiendo l’iride. Le mascelle si allungarono e la schiena si flesse.
Alle spalle dei balordi, decine di occhi ambrati trafissero il buio.
Nina ululò alle sorelle.
L’overdose di carne ebbe inizio.