Second World

L’uomo spalancò la porta. «Non faccio l’elemosina!» Arpionò la maniglia con dita grassocce e la chiuse fuori dal Memento.
Sia si asciugò gli occhi e sbuffò una nuvoletta algida. Le dita erano blu e le faceva male muoverle, comunque le strinse in un pugno e lo batté sulla vetrina blindata. «Per favore! Pagherò la settimana prossima.» Scivolò in ginocchio. «Per favore…» Un colpo di tosse le squassò il torace e salì su per la gola raschiando e graffiando.
Sfiorò il cappotto liso alla ricerca della tasca, doveva pur avere ancora qualche maledetto new-euro.
Dal fondo della strada un paio di ragazzi camminavano abbracciati. Una donna con un cappotto azzurro uscì dalla caffetteria all’angolo e la filodiffusione sparse un po’ di magia natalizia sotto forma dell’ultimo successo del crooner di turno. A Cali sarebbe piaciuto, adorava le canzoni di Natale.
Un paio di negozi sul lato opposto alzarono le serrande, doveva andarsene, non poteva rimanere lì. Non c’erano poliziotti per ora, nemmeno vigilanti volontari, ma sarebbero arrivati e l’avrebbero sbattuta fuori dal quartiere, lontano dai negozi Memento, lontano dall’unica cosa per cui continuava a sopravvivere.
Aveva ancora un bel corpo, comunque abbastanza da essere venduto e forse il ciccione le avrebbe permesso di collegarsi al second world per qualche minuto, se glielo avesse offerto. Spostò i capelli dietro alle orecchie con la punta delle dita e tirò su col naso, da quanto non si specchiava? Doveva avere un aspetto orribile.
La donna col cappotto azzurro strinse la borsetta e si curvò verso di lei. «Ha bisogno di un’ambulanza?»
«No. Grazie.» Si aggrappò alla maniglia del Memento e suonò il campanello.
Il grassone fece scattare la serratura, doveva aver pensato fosse stata quella donna a suonare.
Sia sgattaiolò fino alla postazione che aveva lasciato pochi minuti prima. Il visore era caldo, sapeva che era uno dei comfort della struttura, ma a lei piaceva pensare che fosse stata Cali a lasciarlo così per lei.
Il grassone le piombò addosso da dietro al bancone. «Sei ancora qui?»
Il negozio era ancora deserto, Sia si appoggiò alla postazione e aprì il cappotto. «Ti prego… farò quello che vuoi se mi lasci usare il Memento.» Strinse gli occhi e voltò la testa di lato.
«E cosa posso avere per un quarto d’ora?»
«Puoi avermi, nel modo che preferisci.» Le veniva da vomitare.
«Da quanto non mangi?»
Che domanda era?
Lo guardò in cerca di risposte?
Il ciccione fece spallucce. «Va bene, un quarto d’ora. Ma dopo vieni a lavarmi le vetrine.» Le lanciò il chip di accensione.
Sia scoppiò a piangere, le tremavano le mani, avrebbe voluto ringraziarlo, ma adesso doveva entrare. Era più importante.
Infilò il chip e mise il visore.
Cali era davanti a lei, ed era bellissima con la divisa della scuola primaria. «Mamma! Sei venuta a trovarmi?»
Lo sapeva che era un’immagine presa dalla sua memoria, ma per un altro quarto d’ora poteva fingere che la sua auto non avesse mai sbandato. Poteva fingere che Cali fosse ancora lì.