Separati alla nascita

La navetta atterra, sembra un bozzolo di fil di ferro: i nostri ospiti non badano molto all’estetica. Un gruppetto di uomini muscolosi scende dalla passerella, il loro capo davanti a tutti: Karon di Kerberos. Cammina a passi lenti, i suoi calzari lasciano intravedere piedi forti i cui nervi spuntano dalla pelle olivastra. Abbiamo la stessa carnagione, troppo scura per il mio popolo, troppo chiara per il suo. Ora mi sta di fronte, il suo viso è nascosto per metà da un velo candido e i suoi capelli formano una cresta dalla fronte alla nuca.
Devo dire qualcosa, sono pur sempre colui che sono venuti a incontrare. «La pace sia con voi.» Mi inchino. «Ho aspettato molto il momento in cui avrei conosciuto il mio caro fratello gemello.»
Si toglie il velo. Qualcosa mi si rigira nello stomaco: il suo viso è proprio identico al mio. «Parli bene la mia lingua.»
Sorrido. «La studio da tutta la vita, per essere in grado di parlare con te.»
Mi fissa senza tradire alcuna emozione. «Io non ho imparato la tua.»
«Non fa niente.» Indico la città all’orizzonte. «Seguitemi, vi porto alla sede dei negoziati.»
Karon guarda i contorni delle torri che spuntano in lontananza. Si gira verso i suoi e ordina loro di stare a debita distanza. I guerrieri dalla pelle scurissima confermano. Su Kerberos vige una dittatura militare, altro che la tiepida democrazia che abbiamo qui su Vertumnus.
Camminiamo fianco a fianco. Non posso togliergli gli occhi di dosso, anche se siamo gemelli identici lui è più alto di me, più bello, più sicuro di sé.
«Il tragitto ti piacerà.» Balbetto. «Lungo la strada ci sono degli alberi colorati.»
Le sue labbra si storcono in un ghigno. «Alberi?»
«Sì, piante: bellissime forme di vita vegetale.»
«Non so di cosa parli.»
«Vertumnus è un mondo molto diverso dal tuo.» Muovo il palmo a indicare l’orizzonte. «Qui la natura è ricca di vita, ci regala colori e profumi. Invece Kerberos è un mondo crudele, povero di ossigeno, ostile.»
Arriccia le labbra. «Questo pianeta non vale nulla, come anche i suoi abitanti.»
Sospiro. Quanto vorrei essere duro come lui. I ragazzini di Kerberos vengono lasciati soli in un deserto abitato da scarabei giganti che sputano acido solforico. Chi è debole soccombe alla natura, chi sopravvive diventa un vero uomo. Una legge antica come l’umanità, ma che solo su Kerberos viene ancora applicata. Per un meticcio come lui la prova deve essere stata asprissima.
Cerco di sorridere. «Sono sicuro che nel tuo cuore albergano emozioni forti quanto quelle che provo io, d’altronde siamo gemelli.»
I suoi pettorali si muovono come animati di vita propria. «Su Kerberos le emozioni vengono punite. Io le ho soppresse molti anni fa, il mio cuore è privo di ogni debolezza.»
Scuoto la testa. «Deve essere stata dura per te.»
«Non osare, non accetto la tua pietà.»
«Non dobbiamo litigare.» Sospiro. «Il mio popolo conta sul nostro accordo di pace.»
«Questo dipende da te. Kerberos vuole la guerra e sarà molto deluso se non tornerò con un bottino.»
Alzo le spalle. «Non abbiamo molto, lo sai.» Mi mordo il labbro. «Siamo un popolo di studiosi, non accumuliamo ricchezze.»
«Allora porteremo via il vostro sangue.»
Una fitta allo stomaco. «Non puoi pensarla così. Questa gente è anche la tua gente, da parte di nostra madre.» Indico i guerrieri che ci seguono. «Come loro sono anche il mio popolo, da parte di nostro padre.»
Schiocca la lingua. «Io sono il figlio di mio padre, non della prostituta che si è scopato in questo inutile pianeta.»
«Allora per me deve valere il contrario, io non ho nulla a che fare con quel bandito di nostro padre.»
Si ferma e mi lancia occhiate sprezzanti. A lato della strada, un albero cresce rigoglioso. Le sue fronde sono cariche di fiori dai petali grinzosi. Colgo la palla al balzo: «Karon, ecco un albero. Questo appartiene a una specie creata dai nostri ingegneri come omaggio per te.» Stacco un fiore. «Prendi, annusalo.»
Afferra un petalo e se lo porta al naso. I suoi occhi si chiudono, le labbra tremano.
«Profuma molto, vero?» Mi avvicino a lui. «Ora ammira di nuovo l’albero, per piacere.»
I suoi occhi si aprono. Il tronco da blu diventa viola e le foglie virano al rosso. Karon ha la bocca aperta.
Sorrido. «Si colora a seconda delle emozioni di chi lo guarda, il rosso indica tristezza.» Gli appoggio una mano sulla spalla. «Povero fratello, non pensavo che il tuo cuore fosse così triste. Di certo potrebbe risultare scomodo per uno come te, se si venisse a sapere.» Ridacchio. «Sai, le radici di questa pianta sono resistenti e possono attecchire sul suolo acido di Kerberos: che disgrazia se i semi si diffondessero tra le sabbie del tuo pianeta.»
I suoi occhi sono lucidi: una lacrima scivola lungo la guancia, l’asciuga di scatto. Si volta a cercare i guerrieri della sua scorta, ma sono troppo distanti per essersi resi conto di quello che è successo.
«Resterà un segreto, promesso.» Sorrido. «Ma pretendo che i negoziati si concludano in favore di Vertumnus.» Rido. «Sai, non sei l’unico a essere cresciuto in un mondo crudele, mio caro.»