Super!

Fino a che punto ci si può spingere per sentirsi, anche solo per un attimo, speciali? Un racconto di Marco Fronzoni.

 
Una porta blindata Dam X79.
Non è un ostacolo in grado di fermarmi.
Poi dovrò scalare i 135 piani che mi dividono dagli ostaggi, prima che il suono del mitra della guardia raggiunga i terroristi.
Ho tutto il potere che mi serve, ho tutta la velocità e la forza necessarie. Le sento… le sento agitarsi nel mio petto, le visualizzo mentre scorrono impetuose nel mio corpo.
Sono pronto.
Scatto in avanti e il mondo diventa un cono a strisce luminose, al cui centro l’unico oggetto a fuoco resta la porta che si avvicina a velocità inaudita. L’acciaio comincia a gemere già sotto la spinta dello spostamento d’aria.
Per una frazione di centesimo di secondo percepisco la materia impattare contro i palmi delle mani, poi il metallo cede, si deforma e infine si spacca in mille schegge.
La guardia spara nella mia direzione.
Osservo indifferente i proiettili scivolare lenti nell’aria; ci gioco, li accarezzo, li rigiro, poi lascio che proseguano la loro corsa.
Disarmo l’uomo, ma è il suono emesso dai colpi il mio vero avversario.
Gli ho già lasciato una trentina di piani di vantaggio e non ne aveva bisogno.
Scarico a terra tutta l’accelerazione di cui sono capace, il cemento cede sotto la spinta delle mie gambe.
Mescolo la corsa e il volo, ma le rampe di scale si sgretolano ugualmente al mio passaggio.
Non importa.
Abbatto il muro del suono una, due, tre volte.
Arrivo all’ultimo piano insieme al rumore della prima raffica e senza esitare irrompo nel locale.
Decine di lampi accendono l’atmosfera e altrettante armi da fuoco mi accolgono rombanti, ma io resto concentrato: devo individuare gli ostaggi e proteggerli.
Uno schema strategico si compone nella mia mente. Noncurante dei proiettili saetto da un punto all’altro dell’ambiente, spezzando ora un braccio, ora una gamba dei terroristi. Un raggio laser scaturisce infine dai miei occhi e disinnesca il congegno nucleare, fondendone la testata.
È tutto finito.
«G… grazie!» balbetta uno degli ostaggi, ancora legato.
Mi avvicino alla finestra; sorrido, guardo verso il cielo in cui splende la fonte del mio potere.
Le forze dell’ordine arriveranno presto a finire il lavoro
Volo via.

 
«Brigadiere, cosa abbiamo qua?»
«Un altro di quelli, maresciallo. Si è lanciato da là in cima.»
«Ma porca di quella troia! Non avevo detto di pattugliare il quartiere?»
«Eh, lo so. Ma qui ci sono centinaia di palazzi diroccati e noi in sei siamo…»
«Mo’ ci parli tu con la stampa… a proposito: echilallà! Sono già arrivati, manco c’avessero il senso di ragno.»
«Data la situazione, sconsiglierei l’utilizzo di certe espressioni di fronte ai giornalisti…»
«Lo so , lo so. E che, so’ scemo? Certo però che mi chiedo…»
«Cosa, signore?»
«Ma vale la pena morire così, in preda a all’illusione di possedere dei superpoteri?»
«Sono tutti ragazzini emarginati e disadattati, signore, spesso vessati e sbeffeggiati dai coetanei.»
«Già… adesso poi ci mancava pure un blogger che le desse un nome a questa porcheria in pasticche. Come l’ha chiamata quell’idiota?»
«Heroina, signore.»