Teresa dice basta

Teresa dice basta.
Lo sospettava da tempo. Ora ha la conferma.
Non si sente bene da qualche giorno. Ce l’ha nella testa, quel male innominabile. Lo sa, lo sente.
Stanno friggendo il cervello a tutti.
Wi-fi, cinquegì, router, gigafibra, microonde, megahertz, SAR, radiofrequenze… aiuto!
Afferra lo smartphone. Odia Whatsapp, gli fa schifo Facebook, eppure ci va. È un regalo, ma non importa.
Radiazioni. Veleno.
Le pulsa qualcosa vicino all’orecchio. Punge e scava.
No, ti prego.
Hanno montato un ripetitore sul palazzo di fronte.
Ci mancava pure questa!
Respira a fondo una, due, tre volte. Fa fatica. È quella bestia lì, che cresce.
Afferra lo smartphone. Lo fissa per l’ultima volta. Addio per sempre.
Lo fracassa contro il muro.
Sollievo?
Teresa si blocca. Forse ha svegliato Serena. Forse l’ha spaventata. Povera piccola.
Silenzio.
Non è finita.
Modem, internet veloce, ultradownload, alta connettività… stop!
Corre nello studio di Carlo.
Ecco il demonietto. Lo strappa dai cavi. Lo giustizia. È morto.
Teresa trema. Gocciola sudore freddo.
Non è finita.
L’ha visto a Le Iene. Le hanno passato dei link di Youtube. Esperti l’hanno detto al TG. Prima o poi sarebbe successo. Hanno passato il segno.
Una fitta al centro del cranio. Improvvisa. Troppo.
Ormai è tardi.
Doveva capirlo prima.
Il veleno è ovunque.
Perché gli altri non se ne accorgono?
Il cuore batte a mille. Teresa si sbottona il colletto della camicia. Si sente soffocare.
Ossigeno. Ossigeno. Ossigeno!
La casa le sta stretta. Rimpicciolisce.
Scende in strada a rotta di collo. È una bella mattina.
La gente sorride. Mentre muore. Quello lì seduto alla panchina sta ingobbito sul tablet. Quell’altra sul marciapiede sghignazza mentre guarda un video idiota. Tre bambini schiamazzano per una chat.
È folle.
E lei non può spegnere tutto.
Dolore alla testa. Nausea.
Ha paura.
Deve fare qualcosa.
«Fermatevi!»
Urla.
Il mondo si volta a guardarla.
«Ci stanno uccidendo!»
«Mamma!»
Serena le cinge le spalle.
Teresa non regge più il peso della sofferenza.
Nebbia.
Sipario.
Buio.
 
*
 
Risveglio. Teresa si sente uno straccio. Peggio che essere ubriaca.
«Adesso sta meglio» dice il dottore.
C’è Serena con lei. «Ehi, mi hai spaventata. Ma ora è tutto finito.»
Lingua di gesso. Non può rispondere.
«Le dia queste.» Un flaconcino marrone passa tra le mani di Serena. «Due volte al giorno.»
«Non sono pazza.» Un sussurro. Poco più che un soffio modulato. Teresa riprende fiato. Scopre che il dolore alla testa è sparito.
«Due anni fa evitava il burro d’arachidi per paura che rimanesse incollato al palato per sempre.»
È Serena che parla al dottore in disparte.
«Capisco. Le stia vicino. Mi chiami, se dovesse avere un’altra crisi.»
Suoneria di un cellulare.
Serena controlla le notifiche. È ossessionata. Come tutti: felici mentre si consumano.
Il dottore riceve una chiamata.
Teresa dice basta.