Trote in un secchio

Il dramma del cadere è il non riuscire a fermarsi. Un racconto di Chiara Rufino.

 
Nella pistola era rimasto un ultimo proiettile a cui Mike si sentiva destinato.
L’ubriacatura si stava acquietando e cominciò a vedere con chiarezza quello che era accaduto poche ore prima.
Cinque amici, due vodka, qualche bottiglia di vino, una tequila e quel coglione miserevole di Jake, troppo cazzone per tenersi dentro un’idea del genere.
«Giochiamo alla roulette russa! Vi sfido! Solo gli uomini veri vincono questo gioco.»
La pistola l’aveva rubata al padre, un altro personaggio degno della sua risma; tutto rutti e poco garbo verso quello scheletro della moglie, consumata dalla paura per lui.
Jake aveva posto la pistola in mezzo al tavolo della baracca da pesca di Mike e i giochi erano cominciati.
Il primo ad andarsene era stato proprio lui; per la foga non aveva neanche girato il tamburo e s’era piazzato un bel colpo nella tempia, ritinteggiando le pareti della baracca.
I superstiti s’erano guardati negli occhi per qualche secondo, poi avevano deciso di andare avanti, ruotando a ogni turno il tamburo della pistola.
Tom, sentito il “click” a vuoto della pistola, aveva deciso di ritirarsi, prendendo il sacco a pelo nello zaino e buttandosi nel folto del bosco.
A ogni sparo tonfo, Mike faceva un fischio e lasciava che il codardo nel bosco si occupasse dei danni; lo costrinse a scavare una fossa per occultare la serata di balorda goliardia.
Quando rimasero in due, Mike gli scaricò addosso il colpo che aveva vigliaccamente evitato, l’atto finale stava per compiersi e l’euforia lo scuoteva dalle caviglie.
Sarebbe stato carino, leggere l’indomani sui giornali, di un suicidio di massa in un paesino come quello; conosciuto principalmente per la pesca delle trote e per i laghi cristallini.
Si diede due colpetti sulla fronte col calcio della pistola e tornò dentro la casupola, divenuta inservibile.
La lampadina grondava di umori umani e dal folto del bosco, gli animali avevano iniziato il loro peregrinare per procacciarsi il cibo dalle carcasse.
Aprì il tamburo, lo fece ruotare e richiuse l’arma, posandola sul tavolo.
Si sedette e la fissò intensamente, ancora indeciso se seguire i suoi amici o scappare in un altro stato.
Una bottiglia di tequila vicino a lui conservava ancora un vago fondo di illusione e Mike lo buttò giù d’un fiato, prendendo la pistola con entrambe le mani e piazzandosela sotto il mento.
“Click!”
Scaraventò via la pistola, illeso da quella prova di folle coraggio.
«Sono io il Re del Bosco, IO, IO!»
Recuperò l’arma e sfilò via il proiettile, mettendoselo in tasca.
Chiuse a chiave calcolando che per arrivare al confine con il Canada gli sarebbero serviti cinque giorni di cammino.