Umanità

Apro la cassa degli strumenti circensi del Maestro, il sensore di ricerca nei miei occhi post–umani evidenzia i bordi delle tre clave. Le prendo e mi avvio verso la sala costumi. In sottofondo si sente già il brusio del pubblico, arriva persino qui dietro le quinte. Mi guardo il polso, sulla pelle compare l’ora in rosso: 10:54. Manca poco allo spettacolo.
Entro nella sala, i poster sono stati affissi pure qui.
L’ultima grande star del circo.
Il circense umano!

Il Maestro è in piedi davanti allo specchio. I capelli bianchi gli ricadono sopra la giacca rossa fino a metà spalle e le rughe sul suo volto sono aumentate ancora, senza potenziamenti post–umani non potrà continuare a esibirsi a lungo.
Il suo sguardo si concentra su di me. «Grazie giovane, poggia pure le clave lì.» Indica il tavolo vicino.
Obbedisco e le posiziono una accanto all’altra, equidistanti al millimetro.
Il Maestro le squadra, solleva quella centrale e la sposta un poco più a destra. «Ti prego, lo sai che detesto questa perfezione.»
Annuisco. «Certo, mi scusi.»
Chiudo gli occhi ed esamino lo spettacolo di oggi dall’archivio di memoria. Camminata sospeso sulla corda, giocoleria con equitazione, fuoco… ce la farà a fare tutto anche oggi?
Riapro gli occhi, il Maestro mi sorride e si dà una scrollata alla giacca. «Sai, sei ancora in tempo se vuoi esibirti insieme a me oggi.»
Gli sorrido anch’io. «La ringrazio, Maestro, ma lei sul palco è splendido e io non voglio fare la figura dell’incapace.»
Lui ride. «Come vuoi, come vuoi. Allora facciamo sì che questo vecchio splenda da solo!»
Prende le tre clave e si dirige all’uscita. Fa un respiro e attraversa la soglia, il boato del pubblico lo accoglie come un’esplosione.
Mike entra nella stanza e solleva un sopracciglio. «Sarà la sesta volta che lo chiede, perché non accetti?»
«Ci hai sentiti? Ti sei fatto riparare i timpani?»
Si picchietta con l’indice sull’orecchio. «Sento il battito d’ali di una farfalla a cento metri. Capisco che il capo è famoso perché è ancora umano, ma qualche aggiustatina potrebbe darsela.»
Dal pubblico arriva un altro boato. Bene, lo spettacolo dev’essere iniziato.
Scrollo le spalle. «Il Maestro ci tiene alla sua umanità. Per noi che ci siamo nati è difficile da capire, ma quando lui era giovane non esisteva il post–umano.»
Mike sbuffa. «Vi ho visti allenarvi, tu sei più in gamba di lui e lui lo sa. Perché ti ostini a rimanere nella sua ombra?»
«Non te l’ho mai raccontato?»
Lui scuote la testa. «No.»
«Vidi un suo spettacolo quando avevo sei anni, lui era già famoso come uno dei pochi circensi umani.» Sorrido. «Avevo già l’archivio di memoria, se chiudo gli occhi posso rivivere il momento.»
Mike ridacchia. «Inquietante.»
Arrossisco. «Forse, ma è allora che decisi lavorare al circo. Ne ho girati parecchi e ho aiutato tanti umani fino alla fine. Il Maestro è l’ultimo rimasto, per questo—» Un nuovo boato. Sta andando alla grande, come al solito. «Finché posso aiutarlo a brillare non mi dispiace, restare nella sua ombra.»