Un risveglio sgradevole

La vita è bella, nonostante tutto… Un racconto di Alessandra Corrà.

 
Un rumore mi sveglia nel cuore della notte. Tendo l’orecchio. Forse è solo frutto della mia immaginazione. Invece, no; qualcosa si muove nella stanza di Loris. Inizio a sudare, mi riempio il bicchiere che tengo sul comodino e tracanno tutta l’acqua d’un fiato.
La mamma fa il turno di notte, il suo lavoro è massacrante, a casa non c’è mai.
E se stesse male? Capita che qualcuno come lui ci lasci la pelle.
Da un pezzo avevo subodorato che qualcosa non andava, ma avevo tappato orecchie e cuore. In effetti, sarebbe stato meglio non sapere, continuare a dormire.
Invece, mi sono risvegliata dal torpore dell’inconsapevolezza.
 
È successo solo poche ore prima quando uscita dal liceo ho preso il pullman insieme ad altre compagne di scuola. Dopo poco ho visto stupita Loris muovere dei passi verso di me.
«Avresti dei soldi da prestarmi?»
Stavo quasi per chiedergli che ci facesse lì quando una delle mie compagne, quella piena di brufoli in faccia che sembra una mela raggrinzita, mi ha tirato un braccio: «Ma lo conosci sto tizio?»
Lui barcollava e aveva gli occhi stralunati, come avevo visto troppe volte. In quel momento ho provato vergogna.
«No, non l’ho mai visto.»
Lui ha sussultato nel sentire la mia risposta, poi è rimasto zitto a fissare il pavimento borbottando.
Le altre hanno iniziato a ridere.
E’ proprio strafatto questo qui. Speriamo che si allontani presto. Puzza pure. Questo è il periodo dei tossici, l’altro giorno ne ho visti ai giardini, c’è da aver paura, non sai mai che gli passa per la testa.
Sentivo le loro voci in sottofondo mentre la testa mi girava, ripensavo alle volte che vedendo Loris con la faccia traballante sul piatto mi dicevo che era stanco, o quando davanti i fazzoletti imbrattati di sangue gli consigliavo di andare dal dottore, o ancora quando sentendolo vomitare sul water pensavo avesse bevuto troppo.
Lui continuava a ciondolarsi con gli occhi bassi come se non sentisse i loro sberleffi.
Avrei dovuto difenderlo, gridare a queste mocciose viziate che non capivano un cazzo di lui.
Invece, appena il pullman si è fermato mi sono catapultata giù con la scusa di una commissione da fare.
Ho vagato per ore, con lo stomaco vuoto, e solo verso sera sono rientrata a casa per gettarmi a letto, volevo dormire, non svegliarmi più.
 
Invece ora sono sveglia. Il cuscino bagnato dalle lacrime mi pizzica le guance. In casa un silenzio inconsueto, totale, come qualcosa di angoscioso che vibra nell’aria.
Guardinga mi alzo, devo andare da lui, sapere come sta, scusarmi.
Entro in camera sua.
«Loris» chiamo a mezza voce, con il cuore che mi scoppia in petto giro l’interruttore della luce. Lui è disteso su un fianco, dalla bocca emette un leggero sibilo. Non è morto, tiro un sospiro di sollievo.
Mi avvicino, gli sposto i capelli dalla fronte scoprendogli il viso e in quel momento mi accorgo solo di quanto mio fratello sia bello, nonostante tutto.

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