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Infinita somma di variabili disordinate e casuali, la realtà. Quarto classificato nella CENTESIMA Edizione di Minuti Contati, un racconto di Riccardo Rossi.

 
«Quindi, per capire, lei ha fatto sì che tutto fosse così com’è?» Chiese l’operatore soffiando sul suo caffè per raffreddarlo.
«Sì.»
«Con un computer magico?»
«Quantico.» Lo corresse la donna in vestaglia, posizionando un altro pezzo del puzzle a cui stava lavorando. «Alterquantico, in verità.»
«Oh, beh, allora!» Ironizzò l’operatore a mezza voce.
«La sento, sa.» La donna osservò con attenzione una serie di frammenti di cielo prima di sceglierne uno. «Stavamo lavorando al calcolatore alterquantico da più di un decennio. Non pensavo che saremmo riusciti a realizzarlo. Vede, per costruirne uno funzionante sarebbero servite le competenze e la precisione di, beh…»
«Un calcolatore alterquantico?»
«Esatto. Per fortuna, come immaginavo, non siamo stati noi a finirlo. Ci è bastato lavorare fino a renderlo autocosciente. Da lì in poi, ci ha pensato lui.»
«E poi?» L’operatore era abituato alle teorie strampalate di alcuni pazienti – era normale, in fondo, inventarsi una versione della propria storia in cui non ci si trovava in un centro diurno psichiatrico per una banale, scomoda, infame malattia. Ciononostante, alcune storie lo intrigavano.
«Avevamo per le mani un macchinario capace di rimescolare la realtà. E quale poteva mai essere il problema di un prodigio del genere?»
L’operatore fece un sorrisetto furbo.
«Controllarlo?»
La donna rise, infilando l’angolo di una nuvola in mezzo alle radici di un albero. Fino a quel momento l’operatore non si era reso conto degli errori nel puzzle, ottenuti strappando e riattaccando le protuberanze dei singoli pezzi.
«Otto e lode, ragazzo. Io ero la prima operatrice, e c’è stata una sorta di imprinting: il calcolatore non mi uccide e non riscrive la mia memoria; la amplia ogni volta, invece. Strana sensazione, come respirare col cervello. Dai un solo comando e il resto lo dipinge lui. Un po’ prende dal tuo inconscio e un po’… Non lo so. So che da scienziata sono diventata insegnante di liceo, agente immobiliare, pilota di navi volanti e paziente psichiatrica. La prima volta gli ho fatto sostituire quell’imbecille di un affarista con un presidente che avesse un po’ di coscienza ambientale.»
«Un licantropo affarista?»
«Non era un licantropo in quella versione.» Una pausa. «La cosa strana è che anche questo è arancione…»
«Non credo di seguire. Il presidente è sempre stato un…»
«Il calcolatore cambia il mondo. Inclusa me.» Sistemò un altro pezzo. Aveva quasi finito il suo puzzle guasto, realizzò l’operatore con un brivido involontario. «Incluso se stesso. È stato uno studente problematico, un giocattolo antistress, il mio diario di bordo… Sempre diverso, ma sempre vicino a me. Non sempre ha un’interfaccia comprensibile, però: ormai, lo ammetto, sto sperimentando liberamente. E anche se qui è rilassante… Ah!» Esclamò, trionfante.
L’operatore rabbrividì una seconda volta di fronte al ghigno della donna, al quadratino di cartone colorato che teneva tra due dita.
L’ultimo pezzo del puzzle.
«Vediamo che diavolo ho fatto stavolta…»