My Way

«And did it my way.» La voce vibrò intensa su quell’ultima nota. In essa, Paolo, mise tutta la sua passione, tutta la disperazione. Riaprì gli occhi, pronto ad accogliere l’ovazione.
Un bambino cadde a terra, la sorellina gli franò addosso, la madre strillò ai due di fare attenzione.
«Vi aspetto tutti domani sera alla stessa ora. Io sarò ancora qui, per allietare l’ora del caffè.» Con lo sguardo cercò le scarpe nascoste dal ventre gonfio. Quanto era dura la realtà.
Scese due gradini e si poggiò al bancone in legno.
«Il solito.» Ammiccò alla barista. Lei rispose sorridendo, probabilmente solo per cortesia.
«Cosa farai da lunedì?»
«Quello che ho sempre fatto.» La fissò negli occhi, cercando di mentire anche con quelli. «Tornerò in Italia, e aspetterò la prossima estate.» Il ghigno che gli si stampò in volto l’avrebbe tradito, ma la barista non sentì nemmeno la sua risposta.
Con la fronte poggiata sul pugno chiuso, Paolo si mise a giocherellare con il ghiaccio nel bicchiere semivuoto, come la sua vita, come i suoi sogni. Le nuvole all’orizzonte indicavano che stava cambiando il tempo. Con esso sarebbe cambiato anche lui, e le pulsioni più oscure sarebbero venute a galla. Il freddo della città l’aveva sempre eccitato.
«Dammene un altro.»
«Sì, ma questo lo offro io.»
Paolo si voltò e vide una ragazza di trent’anni. Un tubolare bianco le avvolgeva il corpo snello, i ricci rossi le coprivano il volto, andando a ricadere sul seno prominente. Sorrise sorpreso dall’insperata cortesia.
«Lei è veramente bravo.»
«Grazie, ma dammi del tu.» Tirò in dentro la pancia, cercando di darsi un’aria più presentabile.
«Mi chiamo Paolo, piacere.»
«E io Dora.»
Mentre chiacchieravano, non riuscì quasi mai a distogliere lo sguardo dalla scollatura della ragazza. Piccole gocce di sudore le brillavano sulla pelle abbronzata, rendendola ancora più desiderabile. Avrebbe voluto affossarci la testa, per possederla e nel culmine del piacere… Si scosse cercando di allontanare quelle pulsioni, non poteva, non lì nel villaggio.
«Finiamo di bere nella mia stanza?»
L’uomo si guardò in giro, certo che la domanda fosse rivolto a qualcun altro. La mano di Dora si strinse sulla sua e lo trascinò lontano dal bar. Il cuore di Paolo accelerò eccitato. Non era un bel segno. Provò a bloccarsi, ma l’insistenza della giovane diede stimolo ai suoi istinti. Poteva resistere, e poi lei non era una prostituta, e non era nemmeno inverno. Non aveva mai ucciso l’estate, quando si sentiva meno solo.
Davanti alla stanza Dora gli diede un bacio, un altro, e un altro ancora. Lo trascinò dentro. Nell’oscurità Paolo sentì i pantaloni allentarsi e scendere fin oltre le caviglie, poi fu il turno della camicia, infine toccò agli slip. Nudo e ansimante cercò il suo corpo, non doveva trattenersi, l’avrebbe nascosta tre giorni.
«Ti piacciono le cose strane?» Chiese lei.
«Non sai nemmeno quanto!» Paolo immaginò la ragazza legata, insanguinata, mentre supplicava il suo perdono, regalandogli il piacere più grosso: il potere.
«Allora stai fermo.»
Un brivido parti dal polso destro quando una stretta metallica lo bloccò alla spalliera del letto. Poi fu il turno del sinistro. Era certo di non aver mai avuto un’erezione simile. Quando gli legò anche le caviglie fu certo che da lì a poco avrebbe eiaculato.
«E ora chiamami puttana, come avrai chiamato mia madre.»
Dora accese la luce. La stanza spoglia sembrava disabitata. Gli occhi stralunati di lei lo attraversarono da parte a parte. La ragazza portò la mano ai capelli e strappo la parrucca che coprivano quelli veri, corti e neri.
«Dicono che così le somiglio.»
Paolo era troppo eccitato per parlare. Non gli interessava nemmeno sapere come l’avesse trovato.
«Sono tutte uguali le puttane.»
Dora gli sigillò la bocca con il nastro da pacchi.
«Non gridare o ti ammazzo!»
Sotto l’adesivo marrone lui sogghignò. Non avrebbe mai interrotto quel piacere.
Quando il coltello lo eviscerò, non si trattenne più. Lasciò che tutti i suoi liquidi si riversassero sulle lenzuola. Estasiato, pensò a quante puttane avevano goduto grazie a lui.
D’un tratto le forze gli mancarono, non avrebbe più visto l’inverno, stava morendo, con un unico rimpianto, non poter intonare quell’ultima nota.
And did it my way.