Necromanzia applicata
Inviato: lunedì 20 luglio 2020, 22:57
“Maledizione!” Il paladino menava fendenti a destra e a manca - mazzate, più che fendenti, che maciullavano carne in decomposizione e spezzavano ossa rianimate. “Com’è possibile?”
“Necromanzia,” rispose lo stregone con voce piatta. Si muoveva appena: mulinelli di vento innaturali proteggevano l’aura di serenità e pace che lo circondava. “La pratica magica di consultare i defunti e richiamarli nel…”
“So di che si tratta!,” sbraitò il paladino di rimando. “Ma come li controlla? Cioè, tu come fai?”
Lo stregone sospirò, e chiuse gli occhi. I venti che lo circondavano calarono di intensità, e uno degli scheletri gli aprì uno squarcio appena al di sotto della spalla destra.
La reazione fu istantanea: gli occhi dello stregone si spalancarono di nuovo, e un ruggito di dolore e rabbia si liberò dalla sua gola. Lo scheletro fu scaraventato contro la parete opposta: le sue ossa si scontrarono con la pietra del corridoio; la pietra ebbe la meglio.
“Emozione,” spiegò lo stregone. “Se incarno la furia degli elementi, la posso scatenare. Se replicassi il tuo desiderio di giustizia, ad esempio, potrei muovere te.”
“Ma cosa sposterebbe queste vecchie carogne?”
“Frustrazione?,” azzardò l’altro, “O…” Non terminò la frase: una vecchia daga, impugnata da una carcassa putrescente, gli aveva attraversato la gola.
Fu abbastanza perché il paladino abbassasse la sua arma, per un momento.
Gli fu fatale.
Il necromante sorrise. Uno dei suoi servitori, che aveva sventrato il paladino a mani nude, incideva numeri su una parete, mentre gli altri si stavano ancora ricomponendo.
“Il vecchio Unghione ha fatto fuori il ladro nella prima stanza, e il chierico nella terza, ma qua in fondo si è fatto scomporre: meno un punto. Mi sa che siamo pari io e Daga.”
Lo scheletro con la daga digrignò i denti. “Pari,” sibilò, “non è abbastanza.”
“Avrete modo di risolvere la questione con i prossimi avventurieri,” intervenne il necromante. Era la competizione, dopotutto, a muovere il mondo...
“Necromanzia,” rispose lo stregone con voce piatta. Si muoveva appena: mulinelli di vento innaturali proteggevano l’aura di serenità e pace che lo circondava. “La pratica magica di consultare i defunti e richiamarli nel…”
“So di che si tratta!,” sbraitò il paladino di rimando. “Ma come li controlla? Cioè, tu come fai?”
Lo stregone sospirò, e chiuse gli occhi. I venti che lo circondavano calarono di intensità, e uno degli scheletri gli aprì uno squarcio appena al di sotto della spalla destra.
La reazione fu istantanea: gli occhi dello stregone si spalancarono di nuovo, e un ruggito di dolore e rabbia si liberò dalla sua gola. Lo scheletro fu scaraventato contro la parete opposta: le sue ossa si scontrarono con la pietra del corridoio; la pietra ebbe la meglio.
“Emozione,” spiegò lo stregone. “Se incarno la furia degli elementi, la posso scatenare. Se replicassi il tuo desiderio di giustizia, ad esempio, potrei muovere te.”
“Ma cosa sposterebbe queste vecchie carogne?”
“Frustrazione?,” azzardò l’altro, “O…” Non terminò la frase: una vecchia daga, impugnata da una carcassa putrescente, gli aveva attraversato la gola.
Fu abbastanza perché il paladino abbassasse la sua arma, per un momento.
Gli fu fatale.
Il necromante sorrise. Uno dei suoi servitori, che aveva sventrato il paladino a mani nude, incideva numeri su una parete, mentre gli altri si stavano ancora ricomponendo.
“Il vecchio Unghione ha fatto fuori il ladro nella prima stanza, e il chierico nella terza, ma qua in fondo si è fatto scomporre: meno un punto. Mi sa che siamo pari io e Daga.”
Lo scheletro con la daga digrignò i denti. “Pari,” sibilò, “non è abbastanza.”
“Avrete modo di risolvere la questione con i prossimi avventurieri,” intervenne il necromante. Era la competizione, dopotutto, a muovere il mondo...