Se solo sapessero... - Viviana Tenga

La 64ª Edizione (la 63ª è il Contest Best - non te la sarai mica perso, vero?) è denominata Contest Live. Questa edizione speciale si è tenuta il 28 febbraio 2015 alla Biblioteca Ginzburg di Torino. Quindici scrittori selezionati hanno partecipato alla sfida sul tema: Il passato è una bestia feroce, il titolo del primo thriller di Massimo Polidoro, Edizioni Piemme.
viviana.tenga
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Se solo sapessero... - Viviana Tenga

Messaggio#1 » sabato 28 febbraio 2015, 16:22

“Ehi! Guarda quel tipo!”
Dario si gira. A pochi passi da lui, in mezzo alla folla del corteo, Michele accenna al marciapiede alla loro destra. Due ragazzi stanno sorreggendo un coetaneo che trema e piagnucola in maniera incontrollata.
“Dici che ha bisogno di aiuto?” chiede Dario, ma la sua domanda viene sommersa da un coro che grida slogan contro il governo e la crisi economica. Quando potrebbe ripetere la domanda, i tre ragazzi si sono già allontanati in una stradina laterale. Dario si dice che in fondo se avessero avuto bisogno avrebbero già chiesto a una qualsiasi delle persone nel corteo.
 
In punta di piedi, Mattia guarda dalla finestra la folla di ragazzi che sfila per strada. Seduto nella sua poltrona dall'altra parte del salotto, il nonno sbuffa.
“Stupidi giovani!”
“Papà, smettila” dice la mamma.
“Perché dici che sono stupidi?” chiede Mattia.
“Perché sanno solo lamentarsi” risponde il nonno. “Quando io ero giovane... Allora sì che c'era da protestare! Pensa che io sono stato messo in prigione perché l'ho fatto. Ma la prigione italiana non era comunque nulla, rispetto al posto dove poi ci hanno portato i tedeschi...”
Lo sguardo del nonno si perde nel vuoto.
“Papà, non vorrai mica metterti a raccontare del lager!” esclama la mamma. “Non ti pare che Mattia sia un po' piccolo per queste cose?”
Il nonno sbuffa. “Ho solo detto che questi giovani non dovrebbero lamentarsi, dopo tutto quello che abbiamo sofferto noi perché potessero essere liberi. Se solo sapessero...”
“Beh, ma è proprio questo il punto, no? Liberi di manifestare, di protestare contro un il governo. È questa la democrazia per cui avete lottato, no?”
Il nonno non risponde.

 
La manifestazione sta continuando, ma Dario deve tornare a casa. Sua zia l'ha chiamato per dirgli che c'è bisogno che passi a prendere la cuginetta all'uscita da scuola. Poco dopo aver superato la fine del corteo, vede un uomo sul lato della strada che lo fissa. C'è qualcosa di strano nel suo sguardo, in quegli occhi chiari, in tutta quella figura magra dall'aria dimessa.
“Non sei uno di quelli che manifestano, vero?” chiede l'uomo.
Dario lo guarda incerto.
“In realtà sì. Solo, ora devo andarmene.”
“E ti sembra che queste manifestazioni siano una bella cosa?”
“A te sembra una bella cosa il fatto che sono disoccupato?”
“Posso chiederti di avvicinarti un attimo? Voglio farti vedere una cosa.”
Dario esita. Cosa vuole quel tipo da lui? Ma, d'altra parte, se anche perde qualche minuto sarà comunque in orario per andare a prendere Emilia a scuola, cosa gli costa fermarsi?
 
Mattia ha quattordici anni, ed è furioso con sua madre per la decisione di mettere il nonno in un ospizio.
“Perché?” domanda. “Perché non può rimanere in casa con noi?”
Sua madre risponde in modo evasivo. Dice che negli ultimi anni stargli dietro è diventato sempre più faticoso e che lei non ce la fa più. Mattia si accorge che sta evitando di incrociare il suo sguardo. Ha l'impressione che da un po' di tempo sua madre sia a disagio ogni volta che deve parlare con lui. Un po' come lo sono i suoi compagni di scuola. Mattia sa che tra di loro dicono che lui è mezzo pazzo; in realtà, sono solo invidiosi perché è il primo della classe.
“Guarda che il nonno sta meglio della maggior parte dei vecchi della sua età!”
“Fisicamente sì” risponde sua madre. “Ma di testa... Andiamo, Mattia, ti sarai accorto anche tu che ormai ha perso più di una rotella.”
La sua voce è quasi implorante.
“Il nonno non ha perso nessuna rotella!” esclama Mattia. “Sei tu che lo odi! In realtà ti vuoi liberare di lui perché ti mette in imbarazzo quando vengono qui le tue amiche!”
“Il nonno non mi mette in imbarazzo” risponde sua madre, ma il tono è sulla difensiva. “Le mie amiche sanno benissimo la sua storia, che quello che ha passato l'ha lasciato traumatizzato e che la vecchiaia non l'ha aiutato a riprendersi.”
“Il nonno è lucidissimo! Ha solo le sue idee!”
“Quelle che tu chiami le sue idee sono l'opposto degli ideali per cui aveva lottato. Ormai vive in un mondo tutto suo, è convinto che le cose dovrebbero rimanere cristallizzate e odia chiunque non sia della stessa idea.”
“No! Tu il nonno non lo capisci. Non l'hai mai capito.”

 
Mentre si avvicina all'uomo dall'aria strana, Dario si ricorda la scena di un'ora prima, del ragazzo che tremava e piangeva. Si rende conto che era proprio in quel punto della strada, davanti alla panetteria pochi metri più avanti. A dirla tutta, l'uomo davanti a lui non sembra essere del tutto posto con la testa, ma Dario non vede perché dovrebbe essere pericoloso.
L'uomo gli mostra la mano aperta. Sul palmo, c'è un piccolo congegno elettronico.
 
Il nonno sta morendo. I dottori parlano come se il suo male fosse curabile, ma Mattia sa bene che sperare non ha più senso.
Mattia non ha veri amici. Qualche compagno di università scambia due parole con lui di tanto in tanto, ma Mattia sa bene che è solo per beneducazione, che appena si allontana parlano di lui come quello strano, un po' matto. Anche i suoi genitori lo considerano un po' matto. Il nonno è l'unica persona con cui abbia un vero legame.
“Gli altri...” balbetta il nonno, dal suo letto d'ospedale. “Gli altri non capiscono niente, solo tu... Sì, tu sì che sei un ragazzo in gamba... Promettimi... Mattia, tu sei molto intelligente, di sicuro troverai un modo... Promettimi che farai in modo che gli altri capiscono quanto sono fortunati, quanto è bello il presente in cui vivono.”
Mattia sente una lacrima che gli scorre sul viso.
“Prometto.”

 
“Mio nonno era morto da anni quando sono riuscito a far funzionare la macchina...” mormora l'uomo con voce spiritata.
Dario tiene in mano il piccolo congegno e si chiede perché stia perdendo tempo con quel pazzo che non si è nemmeno capito cosa voglia da lui. Quanto manca all'uscita da scuola di Emilia? Forse dovrebbe sbrigarsi.
“...ma ho trovato altri” prosegue l'uomo. “Altri sopravvissuti. Ebrei, che avevano visto e vissuto cose ancora più terribili di lui. Non è stato facile convincerli a donarmi i loro ricordi; bisogna rievocarli in maniera molto intensa perché la macchina possa registrarli, molti di loro non volevano.”
Dario lo guarda perplesso. L'uomo tira fuori di tasca un piccolo telecomando e sorride in modo grottesco.
“Tu pensi di avere diritto di lamentarti, ma solo perché non sai quanto sei fortunato a vivere nel presente. Ma presto saprai.”
L'oggetto che Dario tiene in mano inizia a vibrare, la testa comincia a girargli...
 
Quando si riprende, Dario è seduto per terra, appoggiato al muro di un palazzo. Una signora grassoccia si è fermata a chiedergli se sta bene. Dario ricorda vagamente che dovrebbe andare a prendere Emilia a scuola, ma non riesce a preoccuparsene. Per un tempo che non sa quantificare, la sua mente è stata altrove, ha vissuto in prima persona gli orrori dell'Olocausto. Non gli è chiaro perché quel pazzo gli abbia voluto fare una cosa del genere, ma è troppo impegnato a sforzarsi di smettere di piangere e tremare.



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Peter7413
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Messaggio#2 » martedì 3 marzo 2015, 15:46

Racconto formalmente corretto, si legge bene, l'autrice dimostra controllo. Il problema è che "ci va troppo leggera". Per colpire nel segno avrebbe dovuto sferrare un pugno diretto allo stomaco del lettore, mettere maggiormente in contrasto i giovani d'oggi (perché è lì che vuole colpire) con quelli del passato, la facile protesta troppo spesso vista come occasione per "fare qualcosa di diverso" (da molti, perlomeno) con la vera protesta nata dal non avere niente o poco. In più qui c'è l'ingrediente dell'Olocausto, sempre drammaticamente delicato da toccare perché molto si è detto e se se ne vuol parlare lo si deve fare con una prospettiva e un linguaggio e una forza nuovi e diversi. Poi c'è il tema delle relazioni intergenerazionali con la madre che sceglie la facile via del rinchiudere l'anziano padre (nonno del protagonista) in una casa di riposo. E, ancora, c'è l'ingrediente dell'aggeggio un poco fantascientifico che, però, poco è legato al resto del racconto presentandosi alla fine per chiuderlo, ma riducendosi così a mero artificio, poco sviluppato ai sensi della trama. Insomma, c'è tanta roba, troppa. Si legge bene grazie alla capacità narrativa dell'autrice, cosa che però non è sufficiente a sorreggere l'impianto della storia.

cristina.danini
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Messaggio#3 » martedì 3 marzo 2015, 17:25

Bel racconto, ben strutturato e è chiaro il passaggio dal presente ai flashback del passato. Io sarei andata un po' più a fondo su quello che è il vero orrore (cioè l'olocausto), magari tagliando altri dettagli, come l'ospizio e il contrasto madre figlio. Magari descrivere almeno in parte cosa ha vissuto Dario mentre era "in trance" avrebbe reso meglio quel che volevi trasmettere. Mi piace come hai sviluppato il personaggio del nonno, che all'inizio sembra uno dei soliti vecchi che per principio criticano i giovani e alla fine dimostra tutta la sua umanità. Mi spiegheresti meglio come dovrebbe funzionare l'oggettino che ti butta nel passato? Ti proietta le immagini negli occhio come?

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Filippo Santaniello
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Messaggio#4 » giovedì 5 marzo 2015, 19:13

Ciao Viviana,
mi piace il tuo stile preciso, sai cosa vuoi raccontare e lo fai con consapevolezza. Il racconto però è come quelle persone che quando hanno fame ordinano tutto il menù e alla fine lasciano il cibo sul piatto. C'è troppa roba nella storia, così tanta che sei stata costretta a scrivere alcuni passaggi di fretta senza approfondire i personaggi, che mi sono sembrati poco sfaccettati. Nelle loro parole c'è molta retorica, ma il problema più grande credo sia l'aggeggio elettronico che spunta sul finale. Non ci ho creduto. E' decontestualizzato e rovina ciò che di buono hai costruito prima. Detto questo, spero di leggere presto qualcos'altro di tuo, ciao!

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marco.roncaccia
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Messaggio#5 » giovedì 5 marzo 2015, 23:35

Ciao Viviana,
il tuo racconto è ben scritto e mi piace come alterni le due linee temporali. E’ interessante il personaggio del nipote sociopatico e forse andrebbe sviluppato di più. Trovo debole la scelta di utilizzare degli studenti che protestano per far testare il dolore del Lager. Forse il protagonista potrebbe aiutare “a ricordare” in questo modo giovani razzisti o antisemiti. Il culmine del racconto sarebbe potuto essere le sensazioni provate in questo viaggio nella sofferenza. Non basta citare gli orrori dell’Olocausto per convincere il lettore. Gli vanno fatti sperimentare attraverso la lettura. Un po’ come fa Mattia con la sua macchina.

viviana.tenga
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Messaggio#6 » venerdì 6 marzo 2015, 10:31

Ciao a tutti!

Grazie per i commenti e scusate se rispondo un po' tardi. Direi che dite più o meno tutti le stesse cose e che avete ragione. Mi sembrava di avere tanto spazio e ho cercato di mettere su una storia troppo complessa. Ho cercato di mettere al centro il personaggio di Mattia e il suo percorso, i dettagli sulla macchina mi interessavano meno, ma col senno di poi sono d'accordo che dovevo comunque approfondire un po' di più.

sharon.galano
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Messaggio#7 » venerdì 6 marzo 2015, 16:05

Ciao Viviana,

scrivi in modo preciso cercando di mantenere tutto sotto controllo. Penso che sia proprio questo il problema del tuo racconto. Per controllare una materia complessa come quella che hai scelto di narrare, hai dovuto mettere da parte alcune cose: mi riferisco prima di tutto ai dialoghi in cui dici troppo e in modo quasi didascalico. Per il personaggio di Mattia non hai mai descritto visivamente il suo essere strano. Hai riportato i pensieri di altri sul suo conto, tanto che al lettore sembra che quella un po' fuori sia la madre insieme ai compagni di scuola: Mattia è l'unico gentile, onesto, affettuoso. Nel finale l'aggeggio elettronico distrae da quello che il lettore vuole veramente sapere: quali sono i ricordi dei sopravvissuti?

Spero di leggerti ancora.

a presto

jacqueline.nieder
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Messaggio#8 » sabato 7 marzo 2015, 13:30

Ciao Viviana,

il racconto è ben scritto, c'è però una cosa che non mi convince. Credo che un sopravvissuto all'Olocausto non parli mai di ciò che ha vissuto e sia molto restio ad evocarlo, soprattutto come termine di confronto. Ciò che arriva da parte del vecchio è questo: "io ho sofferto più di voi, io posso lamentarmi e voi no". Credo che l'esperienza dei lager sia qualcosa di così assoluto e profondamente distruttivo da non creare vittimismo in chi è riuscito a sopravvivere. E' un dramma silenzioso.

viviana.tenga
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Messaggio#9 » sabato 7 marzo 2015, 19:34

Ciao Jacqueline,

il tuo commento va a toccare un punto che mi ero chiesta se andasse chiarito o meno: il nonno è stato nel lager solo come prigioniero politico (non una bella esperienza, ma venivano trattati comunque meglio) e, mi rendo conto che questo proprio mi sono dimenticata di specificarlo, per un tempo abbastanza breve. Quelli che hanno fornito i ricordi per la macchina non erano invece consapevoli del modo in cui sarebbero stati usati, probabilmente pensavano si trattasse solo di un archivio storico o qualcosa del genere. All'inizio volevo approfondire di più questi aspetti (cioè, che i ricordi nella macchina sono qualcosa di molto peggio di quello che aveva vissuto il nonno e sono stati ottenuti un po' con l'inganno), poi non ci stavo coi caratteri. Grazie per avere sottolineato il problema, ci farò senz'altro molta attenzione se mai rimetterò mano al racconto.

 

francesco.damore
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Messaggio#10 » domenica 8 marzo 2015, 0:03

Ciao Viviana, non saprei cosa dirti di più di quello che già ti hanno detto nei commenti precedenti. Concordo con il fatto che c'è troppa carne sul fuoco e che su alcuni temi forse ci sei andata troppo leggera. Tutti questi argomenti di cui hai trattato, hanno avuto su di me un effetto dispersivo: mi hanno fatto calare l'attenzione durante la lettura e per questo mi sono perso tra alcuni passaggi; ma, probabilmente, questo è solo un problema mio.

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ceranu
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Messaggio#11 » lunedì 9 marzo 2015, 13:53

Ciao Viviana, ben rivista.
Racconto dalle due facce, da una parte l'idea migliore che abbia visto fino a ora, dall'altra dei dialoghi che non mi hanno per nulla convinto.
Provo a spiegarmi meglio. L'intreccio è ottimo, mi piace l'alternarsi delle due storie. Ma quando i personaggi aprono bocca ho sempre la sensazione di sentire un'unica voce, la tua. Capisco che questo racconto abbia una morale e che questa debba passare, ma hai calcato troppo la mano.
Nel secondo paragrafo la madre dice al nonno di non raccontare al bambino dei lager, ok. Peccato che due righe sotto lo stesso bambino inizi a parlare dei diritti dei manifestanti. Le due parti stridono. Anche i dialoghi della madre sono troppo forzati.
Peccato, perché la storia è decisamente interessante.
Nel complesso il racconto mi piace, brava.
Ciao e alla prossima.

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eleonora.rossetti
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Messaggio#12 » martedì 10 marzo 2015, 10:46

Ciao Viviana, ben trovata.

Mi è piaciuto come hai sviluppato la storia, la nota dolente è l’apparizione del congegno di cui prima non è stata fatta menzione in alcun modo, un dettaglio fantascientifico che prima non ha riscontro, nemmeno nelle passioni di Mattia. Se mi avessi detto che Mattia avrebbe voluto studiare, diventare ingegnere, anziché rendermelo anonimo a parte il rapporto con il nonno e con la madre (by the way, il flashback con la madre l’avrei omesso in toto) l’avrei accettato meglio e non come un “deus ex machina” che risolve il racconto. Altra cosa: show don’t tell. Fammi vedere l’orrore dell’Olocausto, in tutta la sua crudeltà, non dirmelo soltanto. Fammi vedere attraverso Dario la sofferenza, l’orrore, fammelo vivere, non liquidarlo in una frase. Sistemate queste cose il racconto sarebbe stato a dir poco perfetto ;-)

 
Uccidi scrivendo.

viviana.tenga
Messaggi: 560

Messaggio#13 » martedì 10 marzo 2015, 18:46

Grazie Francesco, Ceranu e Eleonora per i commenti.

Ceranu: appena ho letto il tuo commento sono rimasta un po' perplessa dal fatto che ti sia arrivata una morale che non avevo pensato minimamente a mettere (per il semplice motivo che è un elemento che non prendo mai nemmeno in considerazione quando scrivo una storia), ma poi mi sono resa conto che in effetti ho finito per dare quell'impressione e ne prendo nota. La battuta sui diritti dei manifestanti è della madre e non del bambino, ma riconosco che forse dovevo stare più attenta a differenziare le voci.

Eleonora: Hai perfettamente ragione, sono partita convinta di avere tanto spazio e sono arrivata alla fine che ne avevo troppo poco. Erano comunque aspetti a cui non volevo dare troppo spazio, ma riconosco che così gliene ho dato decisamente troppo poco.

carolina.pelosi
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Messaggio#14 » mercoledì 11 marzo 2015, 15:00

Ciao Viviana,
il tuo racconto mi è piaciuto, sostanzialmente. Mi è piaciuto tanto il continuo salto temporale, mi è piaciuto anche il fatto che tu abbia usato il corsivo per specificare il passato. Ho apprezzato il colpo di scena finale (che l'uomo che incontra Dario sia Mattia) e mi piace che tutto torni (persino il dettaglio del ragazzo che Dario vede in precedenza). L'unica cosa che non mi convince tanto, e che hanno già scritto diversi prima di me, è che la storia dell'Olocausto è soltanto accennata. Probabilmente hai pensato che essendo una cosa tanto importante non si sarebbe sentita la necessità di sapere, di avere dettagli, invece avrebbe aiutato tanto, avrebbero alzato il livello di coinvolgimento ed emozione.
Però mi è piaciuta la tua storia, alla prossima!

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patty.barale
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Messaggio#15 » mercoledì 11 marzo 2015, 15:55

Racconto interessante e scritto bene con una buona gestione dei due piani temporali.

Purtroppo mancano le immagini, nel senso che i personaggi e i luoghi non sono descritti in alcun modo, sono lasciati lì, sospesi e alla totale immaginazione del lettore (forse la cosa è voluta al fine di esporre un concetto che vorrebbe essere "universale", ma non mi convince)

In particolare la comparsa nel presente di Mattia è straniante, non c'è nulla che, anche fisicamente, ricolleghi il bambino a quell'uomo dagli  occhi chiari, magro e dall'aria dimessa.

Anche il tema trattato, i terribili ricordi dei sopravvissuti, sono solo accennati e affidati  alle conoscenze del lettore: in questo modo, però viene meno il contrasto tra il dolore passato e la protesta presente.

Ma la cosa che mi convince di meno è l'aggeggio inventato da Mattia: te la cavi definendolo "congegno elettronico", non lo connoti in altro modo, se non dicendo che per attivarlo serve un telecomando. Eppure dovrebbe avere qualcosa di particolare che lo fa aderire al palmo della mano, ad esempio, perché se uno sconosciuto mi mette in mano un oggetto che all'improvviso inizia a vibrare... Beh, io lo lascio subito cadere!

Ciao e arrivederci alle prossime sfide.

enrico.nottoli
Messaggi: 82

Messaggio#16 » venerdì 13 marzo 2015, 14:42

Ciao Viviana.

Purtroppo ti devo dire che il racconto non mi ha convinto. La storia è bella sì però non ho capito la questione del congegno, non è spiegata a sufficienza. Anche i dialoghi mi sembrano un po' troppo costruiti a regola d'arte, non sembrano spontanei nei personaggi. L'ambivalenza fra le storie invece mi piace e è resa bene da una scrittura pulita.

Non so, era una storia con del potenziale che però non è riuscito a emergere del tutto. Alla prossima.

beppe
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Messaggio#17 » venerdì 13 marzo 2015, 21:01

Ciao Viviana, ben ritrovata.
Nel tuo racconto vedo un problema: l’espediente, la machina, è troppo esplicito. Un piccolo congegno elettronico che fa rivivere gli orrori dell’olocausto.
Un’arma del genere è come l’Anello di Sauron del Signore degli Anelli e non può essere trattato con tanta leggerezza.
Né si capisce bene perché Mattia se la prenda con Dario. Se è una vittima casuale, non ha molto senso. Se è una vittima perché non ha aiutato l’altra vittima precedente del primo quadro… ma come poteva farlo? Lo hanno portato via subito gli altri due…
Insomma, lo dici tu stessa nell’epilogo:
Non gli è chiaro perché quel pazzo gli abbia voluto fare una cosa del genere,

Né a lui né al lettore.
Alla prossima!

viviana.spagnolo
Messaggi: 20

Messaggio#18 » lunedì 16 marzo 2015, 15:16

Ciao, Viviana! La tua scrittura è delicata e lineare. La definirei corretta... anche se un tantino poco incisiva. Ho trovato davvero efficace ed azzeccata la tua scelta di alternare corsivo e non corsivo. Il salto da passato a presente è complicato da realizzare con chiarezza e credo che tu te la sia cavata piuttosto bene... anche se qualche problemino c'è! Il tutto, però, è godibile... dal gusto quasi cinematografico.

diego.ducoli
Messaggi: 265

Messaggio#19 » lunedì 16 marzo 2015, 22:40

Ciao Viviana

Un racconto gestito con maestria, i passaggi tra Dario e Mattia sono ben definiti, il tema dei Lager benché non proprio originale da un certo spessore alla storia.La nota che stona in tutto il brano è il finale, quel marchingegno che salta fuori dal nulla stona veramente molto, sembra quasi che non sapessi bene come chiudere la storia.

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