Radioman, di Sharon Galano

La 64ª Edizione (la 63ª è il Contest Best - non te la sarai mica perso, vero?) è denominata Contest Live. Questa edizione speciale si è tenuta il 28 febbraio 2015 alla Biblioteca Ginzburg di Torino. Quindici scrittori selezionati hanno partecipato alla sfida sul tema: Il passato è una bestia feroce, il titolo del primo thriller di Massimo Polidoro, Edizioni Piemme.
sharon.galano
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Radioman, di Sharon Galano

Messaggio#1 » sabato 28 febbraio 2015, 16:52

Radioman

di Sharon Galano
 
Nella sala ricreativa il gruppo fece un lungo applauso per il giovane che aveva finito di parlare. Era il suo centoventunesimo giorno da sobrio. Su un cartellone la moderatrice schiaffò una stella dorata accanto al nome del ragazzo.
-Capitano, devo aggiungere anche a lei una stellina? la donna ci mise un po’ a fare un giro completo su se stessa.
Il vecchio stava sintonizzando la radiolina portatile su frequenze anonime.
- Generale maggiore Stevenson - sottolineò per darsi un tono - E non bevo da sette ore e quarantacinque minuti - i compagni dell'Alcolisti Anonimi per poco non caddero dalle sedie. Il maggiore, che non toccava una goccia d'alcol da più di quarant'anni, aveva disertato.
-Tra quindici minuti passerà il segnale orario - e indicò la radiolina - vedremo se il mio fegato reggerà.
Chi lo conosceva da più tempo sapeva che bastava un niente per mandare in tilt il delicato equilibrio del suo corpo.
-Mi hanno richiamato in servizio - il maggiore mostrò gli incisivi d'oro - Datemi il napal e faccio fuori un po' di Viet Cong.
La sedia di plastica fece un rumore simile a un lamento, quando la moderatrice riprese il suo posto.
-Stasera ci sono anche dei nuovi arrivati. Presentati.
La radiolina sbottò: - Un quarto alle dieci.
Il vecchio si alzò in piedi e si mise sull'attenti. - Sono il generale maggiore Stevenson, reduce di guerra, medaglia al valore - e mostrò le stelle sulla divisa logora che usava come cappotto - a riposo fino a ieri sera.
Gli altri risposero: - Ciao Stev.
Il vecchio prese a girare la manovella della radio, in cerca della frequenza su cui il giorno prima aveva intercettato la chiamata alle armi.
-Stev - il tono della moderatrice era simile a quello di una maestrina - parlaci di quando hai iniziato a bere.
-Sì, signora - gridò - ho iniziato come tutti - si inumidì le labbra assetato - una donna mi ha portato sulla strada del bere, e io non ho nemmeno avuto il buon cuore di ringraziarla.
Alla radio passavano messaggi criptati che solo il maggiore riusciva a comprendere.
-Era mia madre.
Uno rise, il cerchio lo imitò.
-Era il quattro luglio. Io non ero ancora nato, ma da lì dentro sentivo già tutto - allontanò la radio dall’orecchio - quella sconsiderata di Betty Bischop offrì a mia madre un bicchiere di birra. E’ festa, che fai non bevi? Così lo racconta mia madre, ma io so la verità. Fu lei a chiederglielo.
Era divertente distrarre quegli ubriaconi con una storiella. In realtà il maggiore ripensava alla sera prima: dopo un radiogiornale una voce metallica aveva declamato il numero di serie della sua piastrina. Lui aveva alzato il volume e, in pochi minuti, aveva realizzato che ancora una volta c'era bisogno di lui.
Aveva indossato la sua divisa di rappresentanza, si era recato sul luogo indicatogli e aveva fatto gli onori di casa. Bere, non avrebbe potuto fare altrimenti: non voleva dare nell'occhio. Al diavolo la cirrosi epatica.
-Per un po' sono anche andato in analisi, e nel frattempo bevevo sdraiato - questa l’aveva sentita in un film.
Due ragazzi coi capelli da hippie si piegarono in due per le risate.
La radio annunciò dieci alle dieci.
-Mio padre mi ha insegnato tutto quello che so sul bere - il maggiore puntò i salatini che erano all'altro capo della stanza, su un tavolino pieghevole, a fianco di libri voluminosi. Sentì la sete crescere. - Era un tipo molto alla mano, finché la riserva non si prosciugava. Ma un modo per divertirsi lo trovava comunque: le mani, le usava per far altro.
Un attimo di pausa.
I ragazzi si fecero seri. La sedia scricchiolò sotto il peso della moderatrice.
Il maggiore si morse il labbro inferiore, proprio come aveva fatto la sera prima, quando durante la festa i suoi superiori gli avevano illustrato il problema da risolvere.
Una delle basi militari sull’isola di Guam era infestata dai serpenti. -E pensare che ce li abbiamo portati noi - gli aveva detto un uomo dai capelli brizzolati -con le navi durante la seconda guerra mondiale.
Il maggiore aveva dovuto mandare giù qualche sorso di champagne: era l'alcol la sua musa più fidata.
I capelloni lo riportarono alla realtà. Dissero che studiavano psicologia: - Ti picchiava, per questo sei entrato nell'esercito? Hai iniziato a bere per quello che hai visto in Vietnam?
-Ricordo che prima della partenza, il giorno del Ringraziamento, mio padre mi permise di bere un dito di vino - il maggiore sapeva che era meglio fornire ai civili solo dettagli privati - il coltello ebbe la meglio sul mio vecchio. Bevvi proprio un dito di vino.
Al cerchio ci volle qualche minuto per capirla.
Nel frattempo la mente del maggiore vagò nel passato. In Vietnam, dove l’aria era più pura, la droga più raffinata, gli era stata servita una bevanda più o meno simile a quella che bevve il giorno del Ringraziamento. Era un liquore che si otteneva facendo fermentare il riso e altre erbe. Al tutto si aggiungeva un ingrediente segreto: la carcassa di serpenti velenosi. Bisognava sventrarli e drenare il sangue direttamente sul drink. In camerata lo chiamavano Snake Wine, perché aveva il colore di un Pinot.
-Vogliamo ucciderli tutti- gli avevano spiegato i superiori la sera prima - useremo topi morti, imbottiti di veleno.
-E io come posso aiutarvi, signori? aveva chiesto imbarazzato il maggiore che era abituato a utilizzare prodotti di più alto livello, e ampio spettro per le disinfestazioni.
-Lei sarà il nostro sommelier. Nessuno ha le sue competenze e la sua esperienza.
-Produrre Snake wine?
-Vino di importazione a basso prezzo. Un ottimo business.
“Lo zio Sam sa sempre cosa fare”, aveva pensato tra sé mentre stringeva mani a destra e a manca proponendosi come volontario.
La radiolina mandò un fischio.
Le dieci, l’ora x.
-Ieri sera mi sono dato alla pazza gioia - confessò al cerchio degli alcolisti.
Il maggiore si portò una mano sul fianco. Sentiva il veleno ribollirgli nelle vene. Era proprio come quarant’anni prima. “Se sopravvivi alla prima sbronza, poi puoi andar giù pesante, anche se fuori gli occhi a mandorla ti spaccano il cranio coi loro mitra” erano state le parole del suo migliore amico.
Il cerchio lo fissò: la storia del padre mutilo non convinceva.
-Sai cosa succederà adesso? la moderatrice e le sue domande retoriche.
Il maggiore lo sapeva: alla meglio avrebbe vomito gli ettolitri di alcol accumulati negli anni.
Le cosce della moderatrice sfregarono tra loro fino al cartellone. La donna staccò dal nome di Stevenson tre stelline.
-Nessuno tocca i miei gradi - il vecchio alzò il volume della radio e uscì sulle note della Cavalcata delle Valchirie.
-Evidentemente non ha letto il mio libro - disse la moderatrice a quelli che erano rimasti - per chi volesse acquistarlo, sono a vostra disposizione.
Qualche ora dopo i due ragazzi di psicologia passarono per il centro. Wagner rimbombava per il corso. Videro che il maggiore sedeva a terra insieme ad altri barboni. Sul suo cartello non c’era scritto “Fate la carità”, come sugli altri. No, “Passato in vendita”.



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ceranu
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Messaggio#2 » martedì 3 marzo 2015, 14:29

Ciao Sharon, ben trovata.
Premetto che non mi piacciono le storie ambientate negli USA, ma questo è un dettaglio.
Racconto dalle due facce, da una parte la storia intrigante, e i toni allegri e allo stesso tempo malinconici. Dall'altra la sensazione di non aver capito cosa volevi dire.
Il protagonista è interessante. Quest'anziano dal passato avvolto nel mistero o nella confusione generata dall'alcol. Però a un certo punto ho la sua stessa sensazione di confusione. Era veramente un soldato? I suoi ricordi sono veri o frutto delle allucinazioni? Era già un barbone? Troppi interrogativi per un solo racconto.
Stile:
in generale il tuo modo di scrivere mi piace, ma ho un paio d'appunti da farti.
Non usare il – per i dialoghi. Ci sono molti segni che possono far partire il dialogo, ma non quello.
Non mi sono piaciuti un paio di passaggi, ti faccio un esempio: “i compagni dell’Alcolisti Anonimi per poco non caddero dalle sedie.”
Qui hai specificato una cosa che eri riuscita a far capire senza doverla nominare, tra le altre cose ci eri riuscita anche bene. Mentre la leggevo dell’Alcolisti Anonimi mi è sembrata una forzatura. Va bene, il lettore dev'essere trattato come un bambino ottuso, ma forse alcune cose le possiamo omettere, facciamogli credere che sia sveglio.
Ciao e alla prossima.

cristina.danini
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Messaggio#3 » mercoledì 4 marzo 2015, 12:40

Bel racconto, con una serie di elementi che sembrano essere grandi classici e poi si rivelano dettagli originali. Per esempio quando dice "Ho cominciato a bere per colpa di una donna", ma mentre tutti ci aspettiamo una tragica storia d'amore lui parla della birra che la madre ha bevuto mentre era incinta. Resto nel dubbio se sia un vero militare richiamato al fronte o solo un barbone con una radiolina, in ogni caso è un disperato a cui personalmente perdonerei di aver ricominciato a bere. La chiusura ci fa capire che sarebbe disposto a tutto per dimenticare, e forse anche che non gli interessa molto di morire di cirrosi. Nel complesso scorre bene e il personaggio incuriosisce, se ne vorrebbe sapere di più.

jacqueline.nieder
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Messaggio#4 » giovedì 5 marzo 2015, 14:46

Ciao Sharon,

ho trovato molto interessante il personaggio e anche i dialoghi li trovo piacevoli, naturali, mai forzati. Solo non riesco a capire se si tratta davvero di un reduce, se è stato davvero richiamato alla guerra o se è un semplice barbone. Ho fatto un po' di confusione con i passaggi temporali nella storia, che secondo me non sono troppo chiari. Per il resto, però, complimenti! Si sente un personaggio vivo.

 

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Filippo Santaniello
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Messaggio#5 » giovedì 5 marzo 2015, 18:39

Ciao Sharon,
il racconto è ben scritto, regali belle immagini, la trovata dello Snake Wine è fica, eppure ho avuto la sensazione che la storia non partisse. Apri un sacco di porte ma è come se non entrassi in nessuna di esse. La sensazione è di un quadro incompiuto, stilisticamente ben architettato, ma privo di quell'elemento che faccia la differenza. Poi devi stare attenta ai salti temporali. Nel raccontare le vicende del reduce c'è un po' di confusione. Ripeto: lo stile c'è, devi solo far attenzione a qualche piccolo scricchiolio. Ciao!

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marco.roncaccia
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Messaggio#6 » giovedì 5 marzo 2015, 22:39

Ciao Sharon,
per come l’ho compreso io il Generale Maggiore è un barbone e basta (o almeno mi piace crederlo) che riesce a coinvolgere nei suoi spassosi deliri etilici anche gli altri del gruppo degli Alcoolisti Anonimi con sommo dispetto della maestrina. Hai una buona vena ironica e una inventiva niente male.
Ho apprezzato fino a un certo punto la modalità di narrazione surreale però, secondo me, dovresti curare di più le connessioni logiche dei vari passaggi e la qualità del testo in generale. Detto questo la mia valutazione è positiva.

viviana.tenga
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Messaggio#7 » sabato 7 marzo 2015, 16:58

Ciao Sharon,

Ammetto che dopo la prima lettura ero rimasta un po' confusa, ma dopo una seconda lettura ho apprezzato molto. Il punto di forza del racconto è senz'altro l'ottima caratterizzazione del personaggio principale, un ex-soldato dedito all'alcolismo che ormai vive in un mondo tutto suo. Ben reso anche l'ambiente della riunione degli Alcolisti Anonimi, con i vari personaggi resi in modo efficace anche se con pochi tocchi. Direi che l'unico problema è il fatto che risulti un po' ostico alla prima lettura, ma per il resto è un racconto molto buono.

 

francesco.damore
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Messaggio#8 » domenica 8 marzo 2015, 12:15

Complimenti, è proprio un bel racconto, anche se personalmente non mi piacciono le storie che si riducono a un problema di alcolismo. Anche io ho avuto un po' di confusione durante i passaggi temporali, ma non credo che il personaggio sia un barbone e basta, credo davvero che quello che ha passato sia reale e che adesso sia ridotto in quello stato.
Mi è piaciuto, anche se vorrei sapere di più sul suo passato e sulle vicende che gli sono capitate durante la guerra, tutta la parte degli alcolisti anonimi mi è piaciuta meno. A presto.

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eleonora.rossetti
Messaggi: 553

Messaggio#9 » martedì 10 marzo 2015, 10:54

Ammetto che al principio ho avuto difficoltà a leggerlo, soprattutto per l’uso dei trattini del discorso e per la punteggiatura spesso assente tra un inciso e l’altro. Ci ho impiegato più tempo a capire dove finisse il dialogo e dove iniziasse la narrazione che a capirne la trama :-\ Anche i salti temporali mi hanno un po’ disorientata, ma qui alzo le mani, forse è colpa mia che senza confini netti vado nel pallone. Come nota positiva: il personaggio che mostri non è affatto banale, ottimi i dialoghi (il dito di vino sopra tutti è stato geniale) e anche io sono nel dubbio che sia veramente un reduce o se si sia inventato tutto, e secondo me non guasta lasciarmi il dubbio fino alla fine, permettendomi di rimuginare ancora. In sostanza, l’idea è buona, un po’ caotica la resa.

Spero di rileggerti!
Uccidi scrivendo.

carolina.pelosi
Messaggi: 72

Messaggio#10 » mercoledì 11 marzo 2015, 17:38

Ciao Sharon.
Confesso che il tuo racconto mi ha un pochina confusa, in certi punti ho dovuto fare un passo indietro, per questo non sono riuscita a farmi coinvolgere completamente. La tua scrittura è scorrevole, piacevole, ma anche nelle battute di dialogo ho fatto fatica a seguire per via della punteggiatura. Ho apprezzato molto la frase con cui lui apre la sua storia di alcolismo, una frase ironica. Brava, smorza la situazione teoricamente tragica. Mi è piaciuta anche la scena finale, lui seduto in mezzo agli altri barboni e il suo cartello.
Alla prossima.

enrico.nottoli
Messaggi: 82

Messaggio#11 » mercoledì 11 marzo 2015, 22:36

Ciao Sharon.

Onestamente non sono riuscito a tenere bene le briglie della vicenda, cioè: barbone o soldato? Non l'ho capito tutt'ora. Anche la punteggiatura confonde un po' e mi ha fatto perdere il filo qualche volta. Al contrario invece ci sono scene davvero ben costruite e che arrivano dritte addosso (una su tutte la "donna" che conduce il protagonista all'alcol). Purtroppo a mio gusto personale, e quindi non c'entra nulla con la valutazione, le storie che parlano di Vietnam non piacciono troppo, abbiamo un sacco di storia anche noi qua in Italia, potremmo sfruttarla di più.

Invece il finale è davvero davvero bello, con questa immagine del cartello ...

Ciao e alla prossima

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patty.barale
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Messaggio#12 » giovedì 12 marzo 2015, 10:20

Questo racconto mi ha lasciata molto perplessa: confusa alla prima lettura, dubbiosa alle successive.

Mi spiego meglio. Si vede una buona fantasia e l'ambientazione è resa bene: gli incontri della AA sono ormai parte del nostro immaginario, grazie a tutti i film e serie tv americane, per cui bastano pochi cenni per immergerci nell'atmosfera. Brava (anche se, secondo me, l'esplicitazione "i compagni dell'Alcolisti Anonimi" è ridondante, proprio per quanto detto prima).

Purtroppo, però, ho faticato molto a seguire la storia nei suoi passaggi temporali, e nella gestione dei dialoghi, forse per un non felice uso della punteggiatura.

In ogni caso il racconto, al di là del cliché del reduce alcolizzato/sbandato/homeless, è interessante e con una buona dose di ironia che non guasta mai.

Alla prossima!

beppe
Messaggi: 27

Messaggio#13 » lunedì 16 marzo 2015, 16:57

Ciao Sharon, benvenuta a Minuti Contati! :-)
 
Anch’io, come altri, ho dovuto lasciar “decantare la tua storia” come un buon vino per riuscire a (o tentare di) capirla.
L’ho letta per prima e l’ho lasciata da parte. Ora che la rileggo mi rimangono ancora degli interrogativi.
C’è della bellezza in quello che scrivi, ma non vedo il filo del racconto. Ho provato a chiedermi perché.
Forse la risposta è una delle più ovvie: una voce narrante “annebbiata” dall’alcool, produce una visione sulla storia egualmente annebbiata.
È bella l’ironia del vecchio (Barbone? Capitano? Generale? Alcolista? Bugiardo? Sincero?), carini i ribaltamenti di situazioni topiche, ma nel complesso rimangono un po’ fini a sé stessi, perché non vedo il filo del racconto.
E non capisco il titolo.
O meglio, lo interpreto come: un uomo allo sbando nel cui cranio passano di continuo interferenze e suoni sconnessi come una radio a cui si cambi continuamente la stazione, è “l’uomo-radio” non sintonizzato. È così?
In tal caso l’idea è buona, ma devi metterla nella trama, non nella voce narrante, pena perdere per strada il lettore, che spegne la radio, o la sintonizza altrove.
Alla prossima! ;-)

viviana.spagnolo
Messaggi: 20

Messaggio#14 » lunedì 16 marzo 2015, 21:12

Ciao Sharon! Mi piace l'ambientazione della tua storia, il gusto americano che possiede e lo spunto degli alcolisti anonimi. Personalmente, quello che mi ha convinto un po' meno sono i dialoghi e l'utilizzo di un po' di luoghi comuni del panorama a stelle e strisce. Per il resto, la tua idea mi piace e il mondo che descrivi è, forse, quello più vicino ai miei gusti... perciò brava!

diego.ducoli
Messaggi: 265

Messaggio#15 » lunedì 16 marzo 2015, 22:44

Ciao Sharon

Confermo i commenti degli altri, la storia risulta confusa.

Nella mia testa il protagonista è veramente un reduce, alcune battute sono veramente geniali

( quella del dito ci ho messo un po' a capirla, geniale).

Un racconto con del potenziale ma il risultato è un po' troppo nebuloso, mi è rimasta troppa confusione.

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Peter7413
Messaggi: 558

Messaggio#16 » giovedì 19 marzo 2015, 15:28

L'ho inteso così: il vecchio è davvero colui che dice di essere e concordo appieno con la riflessione sulla radio de-sintonizzata di Beppe. Il racconto è ben condotto fino alle sue fasi finali, laddove avresti dovuto rendere un pelo più manifesta la fantasia in cui si è rinchiuso il protagonista. La frase finale, che avrebbe dovuto spiegare e dare il colpo lasciando la giusta sensazione al lettore, si rivela come un nuovo quesito che però tende ad appesantire il tutto anche perché il racconto non conduce verso quella riflessione così amara, manca di un qualcosa nell'ultimo terzo che lo disveli rispondendo ad alcuni degli interrogativi che avevi aperto. Intendiamoci, lo stile mi piace molto, è tutto molto solido. La mancanza qui sta nella conduzione della parte finale.

sharon.galano
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Messaggio#17 » giovedì 19 marzo 2015, 15:46

Ciao a tutti i partecipanti,

vi ringrazio dei commenti. Ho deciso di rispondervi solo adesso per non depistarvi nelle vostre interpretazioni del racconto. Ammetto che so di non aver dato la giusta direzione alle varie frecce che avevo a disposizione, cosa di cui mi sono accorta appena dopo aver consegnato.

La storia che avevo in mente era chiara per me, ma ho omesso dei dettagli importanti.

Il generale è davvero un generale, ma la guerra lo ha distrutto dentro, facendogli perdere la bussola, amici, lavoro etc. Da barbone si fida solo della sua radiolina, proprio come in Vietnam. Dalla radio arrivano le brutte, ma soprattutto le belle notizie.

La moderatrice della A.A. lo ha conosciuto per strada e quando ha letto quel cartone "Passato in vendita" ha deciso di sfruttare la storia del vecchio per rendere più divertenti le riunioni. E soprattutto per vendere un maggior numero di copie del suo libro di autoaiuto, Nessuno si salva da solo-storie di alcolisti anonimi che ce l'hanno fatta insieme.

Infatti lei si mette d'accordo col barbone: lui deve fingere una scenata, e lasciare la sala in modo plateale, in modo che lei possa approfittare della situazione per pubblicizzare il suo libro.

Per rendere chiaro questo fatto avrei dovuto soffermarmi di più sulla moderatrice, ma mi sono lasciata prendere dalla voglia di descrivere l'allucinata follia del protagonista, che crede a tutto quello che dicono alla radio.

L'episodio della sera prima a cui crede di aver preso parte coi maggiori dell'esercito per risolvere il problema dei serpenti dell'Isola di Guam l'ha sentito alla radio.

Grazie ancora e alla prossima

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