La Bestia di Fuoco

La 64ª Edizione (la 63ª è il Contest Best - non te la sarai mica perso, vero?) è denominata Contest Live. Questa edizione speciale si è tenuta il 28 febbraio 2015 alla Biblioteca Ginzburg di Torino. Quindici scrittori selezionati hanno partecipato alla sfida sul tema: Il passato è una bestia feroce, il titolo del primo thriller di Massimo Polidoro, Edizioni Piemme.
giulio.lepri
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La Bestia di Fuoco

Messaggio#1 » sabato 28 febbraio 2015, 17:04

«Che cosa vedi?»
«Una tigre»
«Che cosa vedi, davvero?»
«Una tigre in fiamme»
 
Quando aveva 11 anni Daniele abitava in una vecchia cascina toscana insieme a sua madre. Per la verità anche suo padre abitava lì, ma non c’era quasi mai, perso dietro a un lavoro – chissà quale – su e giù per l’Italia. Daniele era figlio unico.
«Daniele!»
«Sì, mamma?»
«Smettila di giocare col cane e vieni qua»
Daniele guardò Billy e lo grattò dietro le orecchie con dolcezza:«A dopo» disse, e corse al fienile.
Sua madre era bella. Anche mentre puliva gli escrementi delle vacche con gli stivali coperti di fango fino al ginocchio, Daniele notava come conservasse un’aria immacolata e severa, tipica di quelle persone che incutono rispetto già al primo sguardo.
«Pulisci Rosalinda, ha ancora la colite e stanotte ha fatto un macello»
«Bleah. Ma mamma non ho i guanti»
«Non ti servono»
Più tardi i due si pulirono alla fontanella fuori casa. Daniele la osservava raschiare lo sporco con durezza dai propri scarponcini: era bionda, proprio come lui, ma aveva gli occhi di un colore diverso, «Stasera torna papà?», chiese speranzoso, a scuola avevano fatto una ricerca sui combustibili e il suo era stato il miglior compito della classe, non vedeva l’ora di dirlo a suo padre.
«Non credo tornerà» rispose secca.
«Ma è tutta la settimana che è fuori»
«Lo sai che tuo babbo lavora tanto» e Daniele la vide strofinare più forte.
 
La cena non era proprio il suo momento preferito. Sua madre mangiava poco e in fretta, a volte non faceva in tempo a sedere a tavola che lei si era già alzata per pulire.
«Mamma lo sai perché la benzina prende facilmente fuoco?»
Non gli rispose. Stava in silenzio, con i capelli raccolti in un elegante chignon e puliva con vigore i piatti.
«Perché ha una temperatura d’ignizione molto bassa. Ce l’hanno detto a scuola»
Sua madre gli levò il piatto di sotto il naso e cominciò a pulirlo.
«Ma non avevo finito»
Sua madre non rispose.
 
Il giorno dopo a cena c’era anche suo padre.
«Babbo guarda qua» fece entusiasta Daniele, sventolando il proprio compito di scienze.
«Bravo» disse, e gli diede un paio di pacche sulla testa. Sua madre già puliva, dando loro le spalle, gli pareva un robot visto in un film.
Daniele notò qualcosa:«Babbo, ma perché tu e la mamma avete gli occhi marroni e io ce li ho azzurri?»
Crash!
Entrambi scattarono verso sua madre che stava in piedi, e si reggeva, pallida, una mano ricoperta di sangue.
«Luisa tutto bene?», sua madre boccheggiava fissando suo padre, ma aveva uno sguardo terrorizzato, non l’aveva mai vista così.
«Luisa dà qua…», le fasciò la mano in uno straccio, «Vieni».
Mentre suo padre accompagnava sua madre, Daniele la scoprì a guardarlo. Non aveva idea di cosa potesse significare uno sguardo simile, ma sentì dentro le viscere un gran freddo e, per un secolo, smise di respirare.
 
Neanche quell’estate Daniele sarebbe andato al mare. Osservava vecchie foto dei suoi genitori e vide che erano felici. Sembravano così irreali, possibile, pensò, che un momento di cui non abbiamo memoria sia esistito davvero?
«Cosa stai facendo?».
«Guardavo vecchie foto» si scusò Daniele, senza bene capire la sua colpa.
Sua madre cambiò espressione e lo prese per un orecchio:«Vieni con me!» digrignò, e lo portò in fondo alle scale, nel seminterrato.
Era l’opposto della casa: c’erano polvere, e cianfrusaglie sparse ovunque.
«Adesso starai qui»
«Ma cosa ho fat…»
Sciaff!
«Ahia…»
Sciaff! Sciaff!
«Pensaci bene, cretino», gli soffiò in faccia a voce bassa, ma nella sua testa gli sembrò urlare dentro a un megafono.
«Hai qualcosa da dire?»
Daniele non rispose, sentiva che sarebbe arrivato un altro schiaffo se avesse provato a respirare. Guardò sua madre sforzandosi di non piangere.
«Non mi guardare – Sciaff! – con quegli occhi!»
Daniele crollò a terra. Sentì qualcosa di caldo scorrere dal naso alle labbra. Sapeva di ferro.
Nella penombra vide sua madre portare una mano alla bocca e fissarlo, forse sussurrò qualcosa, ma andò via subito dopo, e a lui non importò più molto cosa potesse essere quel sospiro perché finalmente poteva piangere.
 
«Ciao Daniele, bentornato»
«Grazie Dottore»
«Allora, cerchiamo di capire la tua paura del fuoco. Mi hai parlato di una tigre…»
«Non era una tigre»
«E cos’era?»
«Un cane»
 
Quel ferragosto faceva un caldo atroce. Era stato rinchiuso nello scantinato altre cinque volte e ancora non capiva il perché. Non parlava più a sua madre, e lei non lo guardava più negli occhi.
Avrebbe giocato con Billy, ma da più di tre giorni il cane non si trovava, ed poteva chiederlo a sua madre. Anche suo padre non si vedeva da una settimana.
Non avendo nessuno Daniele rientrò in casa per guardare la tv. Passando davanti a camera di sua madre vide sul letto un album di foto lasciato aperto. Non avrebbe osato entrare lì dentro ma era certo di essere solo in casa, così si avvicinò per vedere.
Erano foto dei suoi da giovani. C’erano tante persone, tutte felici: persone felici al mare, al bar, al luna park, a un pic-nic. Una foto lo aveva colpito particolarmente: sua madre sorrideva a un ragazzone accanto a lei in un modo in cui mai l’aveva vista sorridere. E, cosa ancora più curiosa, il ragazzone aveva i suoi stessi occhi azzurri.
«Cosa cazzo hai in mano?»
Daniele saltò in aria come un ordigno e il raccoglitore scivolò, cadendo aperto ai piedi di sua madre.
Sua madre fissò la foto di lei e il ragazzone felici.
«Hai…»
Fu un lampo.
Lo prese per il collo e lo trascinò fuori dalla stanza. Sapeva già cosa lo aspettava.
Lo tirò sul pavimento dello scantinato e disse:«Puoi smetter di chiederti dove sia finito Billy».
Lo stanzino puzzava più del solito. Un fetore diverso proveniva dal fondo della stanza.
«Billy!» esclamò Daniele, felice di rivederlo.
Ma il cane cominciò ad abbaiargli contro ferocemente, gli occhi scintillavano nella penombra, non poteva essere Billy.
«Sono tre giorni che non mangia». E uscì chiudendo a chiave.
Nella notte tornò suo padre. Rumori di ogni genere provenivano da sopra. Ci fu uno scoppio, e un urlo fortissimo: riconobbe la voce di suo padre.
Seguirono millenni di silenzio interrotti solo dal ringhiare di Billy.
Più tardi dalla porta cominciò ad apparire del fumo e presto delle fiamme.
Daniele, senza vie di fuga, sarebbe morto carbonizzato, o asfissiato, se era fortunato.
Pianse, mentre Billy latrava come un forsennato e nel buio aveva gli stessi occhi freddi di sua madre. Fu allora che Daniele notò la piccola finestrella che dava sul fuori, alle spalle della bestia.
Si avvicinò, ma Billy gli corse incontro per sbranarlo, fermato solo da una catena. Alle spalle la porta esplose e entrarono le fiamme. Daniele osservò terrorizzato, la catena di Billy si ruppe e il cane fu libero di ucciderlo.
Fu un attimo.
Daniele raccolse un frammento della porta e colpì sua madre. Colpì i suoi occhi marroni fino a che non guairono un’ultima volta, e Daniele capì di avere ucciso Billy.
 
«Si calmi!» disse il dottore, «è passato».
«La bestia…»
«Basta così per oggi» fece il dottore, «riprendiamo la prossima volta».



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Filippo Santaniello
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Messaggio#2 » lunedì 2 marzo 2015, 11:27

Ciao Giulio,
bel dramma familiare ricco d'introspezione e traumi interiori destinati a ripercuotersi nella vita adulta del personaggio. La storia si legge senza intoppi e la scrittura è fluida anche se con attriti qua e là, soprattutto nella parte finale, durante lo scontro cane/bambino. Quello che non mi ha convinto è il personaggio della madre (cattiva senza una vera ragione), l'artificiosità dei dialoghi (un po' scontati) e il dubbio di Daniele riguardo il fatto che la madre abbia avuto un altro uomo. La frase "Babbo, perché tu e mamma avete gli occhi marroni e io azzurri?" è stata per me una coltellata: troppo diretta, avresti dovuto mediarla in qualche modo, magari evitando di fargliela dire, mantenendo il concetto nella testa di Daniele. Il problema è che tutte le scene familiari mi sono sembrate forzate, come se più che raccontare la realtà descrivessero un mondo grottesco che avrebbe dovuto essere tratteggiato con più cura.
Anche sul finale ho i miei dubbi: parli di bestia di fuoco, ma il cane non è in fiamme.
Il dottore dice a Daniele di parlargli della sua paura per il fuoco, ma il bambino il fuoco nemmeno lo vede perché le fiamme non entrano in cantina. Al massimo avrebbe dovuto avere terrore dei cani... Tutto questo crea confusione, tuttavia rinnovo i complimenti per aver scelto di raccontare tematiche forti come l'adolescenza, i rapporti familiari e i traumi destinati a cambiare per sempre la vita di un individuo.

giulio.lepri
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Messaggio#3 » lunedì 2 marzo 2015, 19:37

Sui dialoghi non nascondo di avere anch'io qualche perplessità. Purtroppo sono stato fino all'ultimo impegnato a tagliare i caratteri in eccesso, e così non ho avuto il tempo necessario a ricorreggere i difetti. Per il resto la madre è crudele per il suo senso di colpa (ha avuto il figlio da un altro uomo e il segreto la divora dentro) ma ho voluto intenzionalmente restare distaccato dal personaggio, la mia idea è che il male non ha sempre una ragione precisa di esserci, a volte c'è e basta.
Comunque ti ringrazio tanto, sono davvero felice che ti sia piaciuto!

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ceranu
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Messaggio#4 » martedì 3 marzo 2015, 0:07

Ciao Giulio.
Trovo il racconto confuso, sia nell'intreccio, sia nella scrittura.
Stile:
qualche passaggio è poco scorrevole. Ci sono delle D eufoniche, che di per se non sono un errore, ma la tendenza è quella di evitarle. Ho trovato un paio di parole tronche, vale la stessa cosa delle d, non è un errore, però...
Altra cosa che non mi piace è l'utilizzo della parola Sciaff, decisamente più da fumetto che da racconto. Ultimo appunto sulla realizzazione: spesso manca la punteggiatura a fine dialogo, è stato un modo per recuperare battute?

Trama: decisamente poco originale.
Il figlio di una relazione precedente o del tradimento. Cambia poco. Non capisco il comportamento della donna, o meglio non mi dai un motivo che lo renda minimamente plausibile. Il cane compare solo per morire, lasciando poco al lettore, e anche lo psicologo c'è e basta.
Spesso è difficile seguire i salti temporali.

Conclusione:
tenendo conto dei vari problemi non posso valutare la prova positivamente, e questo è un peccato perché la tua scrittura è ricca di sentimenti.
Spero ci siano altre occasioni di leggerti.

cristina.danini
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Messaggio#5 » martedì 3 marzo 2015, 10:32

Non so se sia più tragico il povero Billy infuocato e ucciso, il passato della madre o la consapevolezza con cui il povero Daniele si ritrova a convivere. Bel dramma famigliare, anche se il tema "figlio di un altro padre" è un tema trattato e ritrattato. Anche io ho avuto qualche difficoltà a seguire i salti temporali, ci ho messo un paio di frasi a capire dove ero finita. Non capisco neanche molto tutta questa violenza della madre verso il figlio, d'accordo che le ricorda un amore finito ma lui è sempre suo figlio, no? Ho un dubbio anche sul fatto che le fiamme siano arrivate o no in cantina, ma se Daniele ha paura del fuoco probabilmente sono io che ho capito male. Comunque complimenti per non essere caduto nel patetismo parlando di un figlio che scopre di non essere figlio di suo padre.

giulio.lepri
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Messaggio#6 » mercoledì 4 marzo 2015, 12:11

Devo dire che sono riuscito ad ottenere in parte quello che volevo, ma vedo anche che non sono riuscito del tutto a comunicarlo.
Mi chiedete tutti "Perché la madre è così cattiva". Beh, è proprio quello che volevo vi chiedeste. Ho scelto un narratore esterno appoggiato al protagonista, Daniele. Voi vedete quello che vuole Daniele, né di più né di meno, e ne sapete e saprete tanto quanto lui. Che cosa pensa la madre? Boh, chi lo sa. L'interpretazione è libera, e quello che volevo era proprio rappresentare una violenza domestica, violenze spesso insensate proprio come nella realtà. In questo caso un motivo c'è per tutta questa violenza, ma noi non lo possiamo sapere e sta a voi decidere cosa preferite credere, questo era il mio scopo.
Per rispondere invece a quelli che non hanno capito se le fiamme sono entrate o meno, nel testo lo dico chiaramente:


Si avvicinò, ma Billy gli corse incontro per sbranarlo, fermato solo da una catena. Alle spalle la porta esplose e entrarono le fiamme.



Se il racconto non è scorrevole, invece, è solo colpa mia. Quindi sentitevi liberi di valutare come meglio credete e, grazie per i vostri feedback!

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ceranu
Messaggi: 738

Messaggio#7 » mercoledì 4 marzo 2015, 15:50

Ciao Giulio. Il pdv del bambino non è una giustificazione per tagliare ogni spiegazione logica. Il lettore ha bisogno di capire, non lo tradire. Qui abbiamo tutti i personaggi che si comportano in maniera strana. La madre picchia il bambino e il cane senza un vero perché. Il padre passa ogni tanto e non si fa domande, non sospetta neppure della follia della donna? Il cane aggredisce il suo padrone perché non mangia da tre giorni. Il bambino non si chiede nemmeno una volta perché la madre sia cambiata. Insomma, i personaggi traballano un po'.

jacqueline.nieder
Messaggi: 28

Messaggio#8 » mercoledì 4 marzo 2015, 16:17

Ciao Giulio. Come ti ho già detto a voce il racconto mi è piaciuto molto, anche se alla fine accelera e diventa un po' didascalico.

L'unica nota che ti farei è sulla madre. La sua reazione violenta nei confronti del figlio è dovuta a:

- la paura di essere scoperta?

- il senso del rimorso?

- il dolore perché quel bambino gli ricorda l'uomo della foto?

Questo non riesco a capirlo ed è determinante, secondo me, per giustificare il suo comportamento e il grado di violenza, sia verbale che fisica, che ha nei confronti del figlio. Ad esempio, se il suo fosse dolore perché quel bambino gli ricorda ogni giorno il suo adulterio e dell'uomo della foto che non c'è più, i suoi scatti di violenza sarebbero forse più radi e piccoli, lei più combattuta tra gesti d'affetto (come se lui fosse la proiezione dell'uomo che ha amato) e gesti di rabbia. In ogni caso gli scatti di violenza che ha, sia fisici che verbali insieme, mi sembrano un po' troppo perché si tratta pur sempre di una madre  e di suo figlio. Nelle diverse situazioni, perciò, ti consiglierei di scegliere se aggredire o verbalmente o fisicamente, non entrambi insieme.

Dai un'occhiata al racconto di Salinger "Lo zio Wiggily nel Connecticut", può aiutarti e farti capire meglio cosa intendo :)

 

Ciao ciao :)

 

sharon.galano
Messaggi: 61

Messaggio#9 » giovedì 5 marzo 2015, 22:36

Ciao Giulio,

non voglio accanirmi sui temi già dibattuti dagli altri partecipanti. Ti dico solo che io avrei puntato di più sul momento di rottura che avviene tra madre e figlio, quel momento fisico in cui lei si taglia dopo aver sentito la domanda di Daniele. Lì forse avresti dovuto caricare. Iniziare a descrivere i tic di un personaggio che appare, a mio parere, bipolare.

 

viviana.tenga
Messaggi: 560

Messaggio#10 » sabato 7 marzo 2015, 17:21

Ciao Giulio,

Mi trovo a ripetere cose già dette da altri: il problema di questo racconto sta nelle dinamiche poco chiare tra i personaggi. Il padre sembra tornare a casa troppo poco per essere giustificato con il lavoro, però rimane poco chiaro il rapporto con la madre e con Daniele (sa che non è figlio suo? In fondo, genitori con gli occhi scuri possono avere un figlio con gli occhi chiari, quindi non è che quella sia davvero una prova). Quanto alla madre, non è chiaro cosa la porti a scatti d'odio contro il figlio e contro il cane. Insomma, la trama non è particolarmente originale ma poteva essere interessante, se solo si fosse capito meglio perché succede quello che succede. Forse era giusto che le vere dinamiche psicologiche della madre rimanessero un mistero, ma secondo me si poteva almeno mostrare le spiegazioni che prova a darsi Daniele di quello che gli succede (o che gli è successo se consideriamo il piano temporale in cui lei parla con lo psicologo).

francesco.damore
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Messaggio#11 » domenica 8 marzo 2015, 0:12

L'unica mia perplessità, di cui ti ho parlato anche in classe, è: cosa ha innescato l'incendio nella casa?
Lo so che il narratore non è onnisciente, ma è posto sulla spalla del tuo protagonista e che quindi, giustamente, il protagonista, non può sapere cosa sia successo al piano di sopra, ma ti consiglierei di farglielo sapere quando esce sano e salvo dalla casa in fiamme. Magari da un esterno o dallo psicologo, o quanto meno mettere in evidenza una strana e pericolosa abitudine della madre che poi faccia capire al lettore, senza troppe spiegazioni, che quell'abitudine possa aver causato l'incendio. Questo è l'unico appunto che mi sento di farti.

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marco.roncaccia
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Messaggio#12 » lunedì 9 marzo 2015, 11:41

Ciao Giulio,
il racconto nella prima parte scorre abbastanza bene. I problemi, per me, cominciano dal Crash in poi. Lo stesso crash ed i successivi sciaff sono, a mio vedere, una contaminazione fumettistica che non aiuta certo a rendere la drammaticità dei momenti in cui li inserisci. Altro punto dolente è la trasformazione della madre da angelo ad arpia: la dai per scontata e non la fai vedere al lettore. L’impressione complessiva sul testo è quella di uno stadio intermedio tra una prima stesura e la sua versione definitiva. Sono però convinto che lavorandoci ancora potresti tirarne fuori un bel racconto.

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eleonora.rossetti
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Messaggio#13 » martedì 10 marzo 2015, 10:49

Sono uscita parecchio confusa da questo racconto. Il tema è centrato, è la resa che non mi quadra. Perché la madre si è accanita col cane, anzitutto, tenendolo segregato per tre giorni? Inoltre trovo esagerata la sua reazione nei confronti del figlio, posso capire che gli ricordi un tradimento, ma da lì a odiarlo mi sembra un salto troppo grosso e che non approfondisci se non a suon di ceffoni. Inoltre alla fine ti incentri sul fuoco, ma risulta essere un dettaglio che passa di sfuggita, come se fossi partito con un’idea e poi sulle ultime battute l’avessi cambiata.

PS: puntigliosità mode on: avere gli occhi azzurri da genitori con gli occhi scuri non è mica raro ;-) è invece impossibile il contrario (avere occhi scuri da chi ha occhi azzurri).

 
Uccidi scrivendo.

carolina.pelosi
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Messaggio#14 » mercoledì 11 marzo 2015, 18:41

Ciao Giulio. Trovo insensato mettermi a scrivere tutto quello che hanno già scritto gli altri e che tu hai spiegato in un commento precedente, quindi mi permetto di dirti una cosa proprio riguardo alla tua spiegazione: la libera interpretazione che hai lasciato per la violenza della madre a me sembra una scorciatoia. Da un dramma di queste dimensioni mi sarei aspettata motivazioni altrettanto drammatiche. Mi è piaciuta però l'apertura e la chiusura nel presente, mentre il resto del racconto è un flashback.

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patty.barale
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Messaggio#15 » giovedì 12 marzo 2015, 15:43

Un storia di violenza familiare che porta il protagonista a ricorrere all'aiuto di uno psichiatra per superare il trauma: idea di per sé non particolarmente originale, ma che può  permettere un viaggio interessante nel cuore degli esseri umani.

Ma, nonostante una scrittura che scorre bene, dal mio punto di vista, non sei riuscito a dare fino in fondo lo spessore psicologico di questi personaggi, in particolare della figura della mamma, per la quale basta una semplice constatazione del figlio per scatenare una furia terribile.

Certo, fin dall'inizio ce l'hai mostrata fredda e autoritaria, ma senza quell'odio che rivela nella parte finale (anche perché il bambino la descrive con termini dolci: bella anche mentre pulisce il letame, dall'aria severa, ma immacolata, dolcezza che un bambino maltrattato non potrebbe avere). L'odio che si vede nella parte finale (tanto da progettare una tortura terribile per il figlio: lasciare il cane a digiuno per tre giorni per renderlo pericoloso), dovrebbe essere evidente già da prima e non solo manifestato come indifferenza.

Un simile odio si spiegherebbe se il piccolo fosse frutto di una violenza, ma non di un amore infelice, come si evince dal testo, anzi, forse questa situazione potrebbe portare a un attaccamento ancora più forte al bambino quale unica prova tangibile rimasta di un amore perduto.

Infine, per rigore scientifico: due genitori dagli occhi scuri possono generare un figlio dagli occhi chiari, mentre due genitori con occhi chiari non possono generare un figlio dagli occhi scuri.

:-)

Alla prossima!

enrico.nottoli
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Messaggio#16 » venerdì 13 marzo 2015, 14:16

Ciao Giulio.

Il tuo racconto mi è piaciuto, anche se anche io ho qualche perplessità sul comportamento della madre, ma di questo ne hai già discusso con gli altri e quindi è inutile insistere. Ho apprezzato la trama e il modo in cui viene raccontata, tramite questo flash back, scusato con l'ingresso in scena dello psicologo. Una cosa invece che proprio non mi piace per nulla sono quei suoni onomatopeici, mi sembrano un po' troppo carnevaleschi ecco.

Per il resto sei stato bravo!

beppe
Messaggi: 27

Messaggio#17 » domenica 15 marzo 2015, 15:46

Ciao Giulio, benvenuto a Minuti Contati.
Nel tuo racconto lo stile è OK ma la trama e i passaggi logici lasciano molto a desiderare.
Appellarsi alla realtà esterna (magari nella vita reale una cosa del genere succede davvero...), dicendo:
Che cosa pensa la madre? Boh, chi lo sa. L’interpretazione è libera

è una scusa che il tuo lettore non ti farà mai passare per buona.
Sta a te, non al lettore, “l’onere della prova”. Il lettore non cerca di convincerti di qualcosa, sei tu, il narratore, che cerchi di trasmettergli le tue visioni. Se il lettore ti obietta che l’idea non è passata, non c’è appello.
Ed è un peccato, perché a parte qualche svista epocale come la frase troppo esplicita:
«Babbo, ma perché tu e la mamma avete gli occhi marroni e io ce li ho azzurri?»

la storia scorre bene e promette bene.
Attento anche agli spazi e alla punteggiatura, te ne sei lasciati dietro parecchi, probabilmente per la fretta. Ti è scappato anche un “ed poteva chiederlo a sua madre” che probabilmente sta per “e non poteva chiederlo a sua madre”.
Alla prossima!

viviana.spagnolo
Messaggi: 20

Messaggio#18 » lunedì 16 marzo 2015, 15:08

Purtroppo devo concordare con gli altri: il tuo racconto genera un po' di confusione. L'intenzione è buona, ma sembra che tu non riesca a svilupparla con efficacia. La sensazione è che tu ti perda nella tue stesse parole, non so come spiegarti... e, ripeto, è un peccato perché l'idea è buona. Magari prova a riscriverla con più calma e facendoti prima una specie di scaletta, ecco...

diego.ducoli
Messaggi: 265

Messaggio#19 » lunedì 16 marzo 2015, 23:02

Ciao Giulio

Il brano scivola via bene, quindi come stile direi che ci siamo.

La vera pecca del racconto sono i rapporti tra personaggi, come ti avranno già detto, mi sono sembrati veramente forzati.

Anche il comportamento della madre, posso capire il raptus omicida, ma organizzalo cosi bene è veramente, troppo.

Inoltre mi sembra veramente irreale che un cane trattato bene, nonostante il digiuno si rivolti contro il padrone in quel modo, tuttalpiù l'avrei visto implorare il cibo.

Che dire, forse approfondendo i rapporti tra madre e figlio ne potrebbe uscire qualcosa di buono, ma cosi non mi ha convinto.

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Peter7413
Messaggi: 558

Messaggio#20 » venerdì 20 marzo 2015, 16:01

Credo che questo racconto abbia risentito pesantemente del taglione di caratteri che hai dovuto apportare. Sono convinto che molte pennellate che avrebbero contribuito a delineare meglio il carattere della madre siano state asportate in quella fatidica mezz'ora finale in cui ti sei accorto d'essere andato lungo. Ed è un peccato perché è vero che il personaggio di lei aveva bisogno di più spazio, occhio che non intendo spiegoni, solo di più spazio. E anche il personaggio del cane ne ha risentito, magari hai proprio cancellato il momento in cui la madre lo chiude nello scantinato. Riscrivilo, dagli il respiro che si merita, mostracelo per quello che doveva essere. E alla prossima edizione di Minuti Contati stai attento alle specifiche perché anche il rispettarle e costruire un lavoro nei loro limiti fa parte della palestra dello scrittore.

 

Avulso dal commento, ti copio qui l'intervento di Marco Lomonaco, un bravo autore milanese che si occupa di un altro contest e con cui ho avuto un breve scambio proprio questa mattina: "Le palestre letterarie a tema credo insegnino la disciplina, il saper mettere la creatività al servizio di un obiettivo dato da altri. Cosa che prima di tutto serve per lavorare, una bella fetta di commissioni per gli scribacchini arriva con paletti, direttive e limitazioni. Poi serve anche quando si lavora per noi stessi, senza disciplina è dura arrivare in fondo a una storia (soprattutto se lunga) mantenendo coerenza, sistema di riferimenti interni e via così..."

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