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Quella di aprile sarà un’edizione nella formula della Two Days Edition e, come dice il nome, si svolgerà in due date: lunedì 17 e martedì 18 aprile.
Alessandro Forlani sceglierà due Temi diversi.
Alle 21:00 del lunedì verrà svelato sul forum il primo Tema e i partecipanti avranno tempo fino all’una per postare un racconto di massimo 3000 battute spazi inclusi.
Il giorno seguente, sempre alle 21:00, verrà svelato il secondo tema e, di nuovo, i partecipanti avranno tempo fino all’una per postare un racconto di massimo 3000 battute spazi inclusi.
Sarà possibile, per chi avrà già partecipato il lunedì, partecipare anche il giorno seguente gareggiando, così, con due diversi racconti.
Come nella migliore tradizione del contest, i racconti verranno divisi in più gironi. I primi di ogni girone entreranno in finale e saranno giudicati da Alessandro Forlani che deciderà quali saranno i migliori sette dell'Edizione.
Tutti i finalisti verranno pubblicati sulla Vetrina di Minuti Contati.
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Messaggio#1 » lunedì 8 maggio 2017, 22:20

Ecco i commenti di Alessandro Forlani ai racconti finalisti (non sapendo chi ha scritto cosa, Forlani si riferisce sempre a un generico AUTORE):

Spaventapasseri, di Erika Adale
Tema del tentacolo perfettamente compreso, e racconto tanto più meritevole in quanto tale comprensione viene dimostrata... senza l'ombra di un tentacolo da capo a fine! Ed ecco che quando il lettore crede che tutto si risolverà solo nel modo in cui Sara vede lo spaventapasseri (insomma un ricamare sulle impressioni della bambina) “lo schianto” (il paragrafo è notevole) realizza quel climax di “iniziazione all'oscurità” da parte di Sara che il contest si proponeva di evocare. Mi dispiace solo che a belle folgorazioni quali “il ghigno disegnato sulla juta” si alternino luoghi comuni quali “pallida come un lenzuolo”, o che una scrittura capace di “seguì un rumore stridulo, di ferro sull'asfalto” si accontenti del fatto che lo spaventapasseri “svettava”... Ma mi rendo conto che i minuti erano appunto contati, e sono convinto che in seconda stesura l'autore possa ottenere risultati molto interessanti .

Bella gente, di Valter Carignano
I due refrain “le donne fanno così” e “gente di merda” costruiscono il labirinto di specchi che rende ogni vicino “mostro più verde” per il proprio... vicino, appunto. Immagino questo racconto trasposto a fumetti in una, due pagine come prologo a quegli episodi di Dylan Dog il cui tema era che i veri mostri siamo noi e l'orrore si trova a fianco a noi, racchiuso nei tic-tac dell'orologio che regola i turni di notte, di giorni e le mutua dei protagonisti, una storia da quel “Motel dei Destini Incrociati” che Italo Calvino non ha mai avuto il tempo di scrivere. Realistico, spietato e anzi miserabile come deve. Complimenti all'autore!

Il bio vicino di casa, di Andrea Partiti
Un racconto che sarebbe piaciuto al Roald Dahl di “Kiss Kiss” o allo Stephen King di “Buik 8”, con i mostri davvero in giardino. Ottimo il quasi atono, e perciò agghiacciante, incalzare descrittivo delle abitudini del vicino: sentiamo, sappiamo da subito che ci attende qualcosa di spaventoso che viene abilmente procrastinato fino all'ultima frase. Unico suggerimento che darei all'autore: accentuare ancora di più il meccanismo di “rilancio del racconto”, piccolo, semplicissimo accorgimento tecnico che semplicemente con un intervento di “taglia & incolla” sul file migliorerebbe notevolmente l'elaborato. Un'intuizione in questo senso è già presente: quando passiamo dalla cura che il vicino ha per le piante a quella che ha per gli animali (la “posta in gioco” emotiva si alza). Ma è solo – ripeto – un suggerimento: il racconto funziona già bene così.

commendatore Luigi Ravelli, di Patty Barale
Un racconto di rara cattiveria che mi ricorda “Sette Piani” di D. Buzzati, una prosa altrettanto “vecchio stile” che la narrativa – soprattutto quella “di genere” - contemporanea troverebbe piena di difetti ma che nella sua coerenza interna trova la perfetta giustificazione (es. il contenuto del racconto e il senso di miserabilità umana che riesce ad esprimere sono così forti che mentre leggo non mi accorgo di quanto certi passaggi siano “raccontati”). Apprezzo il fatto che il tema sia stato sviluppato in maniera originale senza che l'autore abbia sentito alcuna necessità di ricorrere all'elemento soprannaturale.

Il mio zombie è differente, di Marco Roncaccia
Il tema del tentacolo non è stato pienamente compreso ma è usato senz'altro in modo originale: da tentacolo a cordone ombelicale che, come nel ventre nutriva il feto vivo, così ora nutre il feto zombie. Interessante anche la scelta della seconda persona, che suona in principio come un “avvertimento” o “minaccia” di brutti sviluppi per il protagonista della storia (un esito di alienazione mentale, come minimo) ma che all'improvviso, in chiusa, ci rende partecipi dello straniamento dello stesso: l'ultima frase rende infatti del tutto superfluo quell' “estasiato” poco sopra. Qualche piccolo “trucco” del mestiere (il solito show don't tell) renderebbe il racconto più efficace. Per esempio: è detto praticamente subito che il feto è morto, quando avremmo potuto intuirlo in modo più graduale e più sinistro osservando il protagonista che si ingegna a seppellirlo. È pur vero che la scelta dell'inflessione lirica “come te”, che riassume la condizione interiore del protagonista, giustifica per certi aspetti un “errore” del genere. Le invenzioni del mignolo morsicato (in particolare) e del gabbiano però sono deliziose. E il racconto in generale dimostra una buona padronanza del ritmo della forma breve anzi brevissima.

Igor, di Linda De Santi
L'insicurezza, la mancanza (indotta) di autostima di Kara emergono già abbastanza bene nella prima parte del racconto, tanto che il flashback al trauma infantile che ha generato il “tentacolo” non sarebbe quasi necessario. Di sicuro, inserendolo, l'autore dimostra di aver compreso bene il tema del contest, e soprattutto si conforma a un topos strutturale molto praticato nell'attuale narrativa (di genere e non), quindi dimostra di mantenersi in allenamento circa l'uso dei “ferri del mestiere”. Mi pare un peccato che, dopo aver così bene evocato il tentacolo nel corso della giornata della protagonista, tanto da – verso la chiusa – farcelo sentire addosso anche a noi – si scivoli in un lieto fine un po' stucchevole (la battuta “sarò pronta”, in particolare, trasforma di colpo una ragazza vera come Kara in una improbabile Sailor Moon).

L’invidiabile vita mondana dei nostri vicini, di Raffaele Marra
Tema ben giocato e ottimo finale. L'autore dimostra buona capacità nella scrittura dei dialoghi: gli consiglio di proseguire su questa strada e cercare di eliminare sue proprie entrate “a gamba tesa” (per es. lo sguardo “che è solo grottesco” e “il capolavoro di romanticismo”: lasciamo che i personaggi si esprimano da sé; la voice over dell'autore rischia facilmente l'eccesso didascalico). Benvenuta anche la satira di costume (non so se intenzionale: sembra proprio di sì) di certa tv e di certa atroce Italia di cui si legge tutti i giorni in cronaca nera.

Verso Giove e oltre l’infinito, di Adriano Muzzi
“Signore, le consiglio di indossare la tuta da esterno.”; “No! Non sono una mammoletta, il polipetto deve vedermi nel pieno del mio vigore fisico. Passami il respiratore con la bombola.” Questo scambio varrebbe da solo tutto il racconto: dovessi farne un teaser, sceglierei senz'altro queste due battute: c'è autentico steampunk! L'autore dimostra una totale padronanza del genere, con pennellate rapidissime riesce a cogliere un'intera estetica e un intero immaginario. Lo stesso vale per il linguaggio: alcune battute sono degne di “Fascisti su Marte”. Molto bravo, perciò! Peccato che il finale scada nell'hentai: da “ehi, ma, ah… ma il tentacolo me lo stai mettendo nel c… ahaaa, però!” il racconto, purtroppo, diventa un po' sciocco. Ma so che anime e steampunk convivono nella sensibilità e ormai direi pure la cultura di molti lettori... e chi sono io per giudicare?

La margiaconda, di Zebratigrata
Tema del tentacolo ben compreso e ben rielaborato, in un contesto che anche materialmente lo giustifica appieno. Unica debolezza: l'apertura (tutta la prima parte del racconto) allude a un worldbuilding che nei 3000 caratteri a disposizione non c'era materialmente modo di sviluppare (non ci sarebbe riuscito neppure il guru della novella di fantascienza brevissima F. Brown!), più “detto” che “mostrato”, e ciò si accusa tanto più ci si inoltra nella seconda e terza dettagliata parte. E' un peccato che il sense of wonder della descrizione della creatura sia smorzato da troppi “come” (es. “Una coda di gomma lucida penzolò dalla schiena del padre” non sarebbe stato più diretto ed efficace di “fino ad assomigliare a ...”?). Ma nell'insieme è senz'altro una buona storia.

1985, di Canadria
Avverto una difficoltà iniziale: la scelta dell'aggettivo “grande” al posto di “vecchio”, che fa subito pensare a qualità/doti morali (o particolari abilità, capacità, eccellenze ecc.) del personaggio invece che alla sua età. E proseguo quindi la lettura continuando a domandarmi: “più grande in cosa?”. Solo alla fine (una fine che è quasi una sciarada) mi accorgo che il racconto non mantiene la promessa dello svelamento di un segreto, un superpotere, ecc. e torno a rileggerlo daccapo... Il che non depone a favore. Intuisco accenni autobiografici e resto quindi, come sempre in questi casi, in dubbio se ho capito tutto ciò che c'era da capire, o se al contrario ho capito di più di quanto era nelle intenzioni dell'autore. Il tentacolo mi sembra un po' arbitrario: metafora di uno stato d'animo che dato il contesto avrebbe forse potuto essere espresso con altre maschere.

San Giorgio e il drago, di Giuseppe De Micheli
Quando si sceglie la via della parodia di un genere bisogna percorrerla attentamente e, soprattutto, saperla percorrere. Un “cavaliero” o un “verone” da soli non fanno un'Armata Brancaleone, né un finale osé fa una novella di Boccaccio. Il racconto sembra un minestrone sì ben profumato, ma pur sempre minestrone, di parodia fantasy-favolistica che tradisce un'ansia di comunque dimostrare familiarità con il genere nell'accenno alla Viverna; un'aggettivazione enfatica e parossistica che corre a ravvedersi ne “la lancia è un lunghissimo femore, lo scudo è costituito dalle due calotte craniche” o nel “sottogola”. E la barzelletta sporca zoofila del drago che si i....a San Giorgio l'abbiamo tutti sentita più volte.

50 sfumature di polpo, di Giuseppe Gangemi
L'idea è buona, e la descrizione della mostruosità marina-radioattiva in cui si trasforma Achille è di una rara fantasia weird. Primo tentacolo come primo amore che torna ossessivamente? Non è ciò a cui pensavo ma è una valida controproposta. Purtroppo non ci siamo dal punto di vista strutturale: più che un racconto sembra una scaletta; una serie di appunti. La valida sequenza della trasformazione di Achille dimostra che l'autore sarebbe stato capace di sviluppare molto meglio ogni singolo passaggio... ma non lo ha fatto. Infine, pur essendo la mia prospettiva assolutamente laica, trovo la chiusa con le suore del tutto crassa e gratuita. Che i tentacoli palpino le donne del paese è un'invenzione che colora il racconto, un dettaglio licenzioso in un quadro di un allucinato fiammingo, ma già la scelta dell'espressione “quello fu l'inizio dell'Armageddon” fa scadere il tutto in una comicità forzata e per giunta insistita fino alla fine.



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patty.barale
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Messaggio#2 » martedì 9 maggio 2017, 16:09

Grazie mille!

La "rara cattiveria" mi è piaciuta troppo!

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