Dettagli
-
- Messaggi: 308
Dettagli
Agosto, esterno giorno.
Siedo sulla soglia, la mano scivola lungo il dorso di Gattaccio che mangia. Il pelo si stacca, sale nell’aria ferma e scende fino a terra.
Un rumore di campanelli, chiavi, catene mi scuote dal torpore: entra da sinistra un ragazzo con lunghi rasta parzialmente coperti da un berretto di lana color Giamaica. Mi chiedo se sia un miraggio ma il dubbio svanisce non appena Gattaccio inarca la schiena e balza dietro alla colonna del portico. Due fessure scrutano il rasta. Un guizzo nel suo sguardo, un sentore di imbarazzo. Rompo il tabù che imporrebbe di ignorarci reciprocamente e lo fisso mentre cammina verso di me: due naufraghi su una domenica deserta. Si tocca i rasta, si gira verso l’esterno del portico. È davanti a me, fa ancora tre passi, si ferma esitante. Torna indietro e mi porge un volantino: - Posso?
- Certo.
Fa per allontanarsi. Vede il gatto. Arretra. Accelera ed esce da destra.
Osservo il volantino: su uno sfondo di fiori colorati campeggia il listino prezzi di un parrucchiere. Sul retro un testo sgraziato, in tutti i sensi, incastonato in un’allegra cornice arancione grida: SPECIALIZZATO IN SITUAZIONI DI EMERGENZA e descrive con dovizia di allusioni il servizio offerto. Barba, capelli, mani e piedi a domicilio. O in luoghi pubblici. Poco tempo, impossibilità di recarsi dal parrucchiere di fiducia. Consulenza per parrucche. Trucco, cerimonie. Il rumore metallico annuncia il ritorno del rasta. Entra da destra. Esce da sinistra. Rifletto su chi un giorno si sveglia ignaro per trascorrere il resto della propria vita in ospedale.
Appoggio il volantino e gratto Gattaccio che si struscia contro il bordo del gradino. Lui si sposta davanti alla ciotola e bercia con cattiveria verso di me. Il vaso dei croccantini sulla cuccia è vuoto. Allungo la mano per toccargli la testa ma si fa piatto come una sogliola ed esce da sinistra con un brusco colpo di coda.
Mi alzo e faccio qualche passo: attraverso la zanzariera guardo sotto le tapparelle, abbassate a metà nel tentativo di tenere fuori il caldo. Le chiavi sulla scrivania, accanto al computer. Sullo schermo Facebook. Gite, concorsi, matrimoni, arrabbiature, recensioni, bufale e vite di ogni genere scorrono a un paio di metri da me. Sul cuscino, la batteria del cellulare si scarica. Bri.
Bri.
Una portiera si chiude lontano.
Bri.
Gattaccio entra da sinistra con un miagolio strozzato. Posa ai miei piedi una lucertola senza coda. Spinge la testa contro la mia mano, ma non ho cibo da dargli in cambio. Pianta un’unghia nel corpo della lucertola e inizia a leccarla meticolosamente. La mangia a partire dal fondo. Ossa così piccole. Gattaccio esce da destra, lasciando le zampe anteriori e la testa. Le zampe fanno ancora un passo. La bocca si apre due, tre volte. Non avevo mai notato prima d’ora le dita sottili, tentacolari. La pelle di mille verdi, le striature di merletto nero. Il dorso giallo che, lucido di saliva, pare accendersi a ogni spasmo.
- Anto’, ma ti sei chiuso fuori?
Siedo sulla soglia, la mano scivola lungo il dorso di Gattaccio che mangia. Il pelo si stacca, sale nell’aria ferma e scende fino a terra.
Un rumore di campanelli, chiavi, catene mi scuote dal torpore: entra da sinistra un ragazzo con lunghi rasta parzialmente coperti da un berretto di lana color Giamaica. Mi chiedo se sia un miraggio ma il dubbio svanisce non appena Gattaccio inarca la schiena e balza dietro alla colonna del portico. Due fessure scrutano il rasta. Un guizzo nel suo sguardo, un sentore di imbarazzo. Rompo il tabù che imporrebbe di ignorarci reciprocamente e lo fisso mentre cammina verso di me: due naufraghi su una domenica deserta. Si tocca i rasta, si gira verso l’esterno del portico. È davanti a me, fa ancora tre passi, si ferma esitante. Torna indietro e mi porge un volantino: - Posso?
- Certo.
Fa per allontanarsi. Vede il gatto. Arretra. Accelera ed esce da destra.
Osservo il volantino: su uno sfondo di fiori colorati campeggia il listino prezzi di un parrucchiere. Sul retro un testo sgraziato, in tutti i sensi, incastonato in un’allegra cornice arancione grida: SPECIALIZZATO IN SITUAZIONI DI EMERGENZA e descrive con dovizia di allusioni il servizio offerto. Barba, capelli, mani e piedi a domicilio. O in luoghi pubblici. Poco tempo, impossibilità di recarsi dal parrucchiere di fiducia. Consulenza per parrucche. Trucco, cerimonie. Il rumore metallico annuncia il ritorno del rasta. Entra da destra. Esce da sinistra. Rifletto su chi un giorno si sveglia ignaro per trascorrere il resto della propria vita in ospedale.
Appoggio il volantino e gratto Gattaccio che si struscia contro il bordo del gradino. Lui si sposta davanti alla ciotola e bercia con cattiveria verso di me. Il vaso dei croccantini sulla cuccia è vuoto. Allungo la mano per toccargli la testa ma si fa piatto come una sogliola ed esce da sinistra con un brusco colpo di coda.
Mi alzo e faccio qualche passo: attraverso la zanzariera guardo sotto le tapparelle, abbassate a metà nel tentativo di tenere fuori il caldo. Le chiavi sulla scrivania, accanto al computer. Sullo schermo Facebook. Gite, concorsi, matrimoni, arrabbiature, recensioni, bufale e vite di ogni genere scorrono a un paio di metri da me. Sul cuscino, la batteria del cellulare si scarica. Bri.
Bri.
Una portiera si chiude lontano.
Bri.
Gattaccio entra da sinistra con un miagolio strozzato. Posa ai miei piedi una lucertola senza coda. Spinge la testa contro la mia mano, ma non ho cibo da dargli in cambio. Pianta un’unghia nel corpo della lucertola e inizia a leccarla meticolosamente. La mangia a partire dal fondo. Ossa così piccole. Gattaccio esce da destra, lasciando le zampe anteriori e la testa. Le zampe fanno ancora un passo. La bocca si apre due, tre volte. Non avevo mai notato prima d’ora le dita sottili, tentacolari. La pelle di mille verdi, le striature di merletto nero. Il dorso giallo che, lucido di saliva, pare accendersi a ogni spasmo.
- Anto’, ma ti sei chiuso fuori?
- eleonora.rossetti
- Messaggi: 553
Re: Dettagli
Ciao!
Mi è piaciuto questo stile "da sceneggiatura" (pane che mastico), anche se in alcuni tratti rischia di essere un po' "pedante" in un racconto (entra/esce da destra/sinistra ecc., più che altro perché rende vaghi i contorni spaziali della vicenda).
Nel tuo caso, hai un protagonista a cui è bastato chiudersi fuori per avere una domenica uggiosa. Non pensa neanche di farsi un giro e ammazzare il tempo: il suo interesse è verso Facebook, come se fosse soltanto lì che si concretizzano le sue giornate, attraverso gli eventi e i contatti virtuali con gli altri.
Ti segnalo un'imprecisione:
"Due fessure scrutano il rasta. Un guizzo nel suo sguardo, un sentore di imbarazzo. Rompo il tabù che imporrebbe di ignorarci reciprocamente e lo fisso mentre cammina verso di me"
Parti con il soggetto che è il gatto, ma poi l'azione diventa del rasta . Intuibile ma, in una prima lettura, ci si confonde (sembra che l'imbarazzo sia addirittura del gatto ;) ).
Alla prossima!
[PS: C'è una frase che, ammetto, non ho capito: "Rifletto su chi un giorno si sveglia ignaro per trascorrere il resto della propria vita in ospedale." Mi puoi illuminare? ]
Mi è piaciuto questo stile "da sceneggiatura" (pane che mastico), anche se in alcuni tratti rischia di essere un po' "pedante" in un racconto (entra/esce da destra/sinistra ecc., più che altro perché rende vaghi i contorni spaziali della vicenda).
Nel tuo caso, hai un protagonista a cui è bastato chiudersi fuori per avere una domenica uggiosa. Non pensa neanche di farsi un giro e ammazzare il tempo: il suo interesse è verso Facebook, come se fosse soltanto lì che si concretizzano le sue giornate, attraverso gli eventi e i contatti virtuali con gli altri.
Ti segnalo un'imprecisione:
"Due fessure scrutano il rasta. Un guizzo nel suo sguardo, un sentore di imbarazzo. Rompo il tabù che imporrebbe di ignorarci reciprocamente e lo fisso mentre cammina verso di me"
Parti con il soggetto che è il gatto, ma poi l'azione diventa del rasta . Intuibile ma, in una prima lettura, ci si confonde (sembra che l'imbarazzo sia addirittura del gatto ;) ).
Alla prossima!
[PS: C'è una frase che, ammetto, non ho capito: "Rifletto su chi un giorno si sveglia ignaro per trascorrere il resto della propria vita in ospedale." Mi puoi illuminare? ]
Uccidi scrivendo.
-
- Messaggi: 443
- Contatta:
Re: Dettagli
Ciao e complimenti.
Ben scritto lo spaccato che proponi, lo stile "da sceneggiatura" ora scorre e ora appesantisce, ma tutto sommato si difende benissimo, così come il finale che strappa un mezzo sorriso e le riflessioni centrali, amare e incisive. Ottimo il tempismo e la precisione dei "blocchi" in cui è diviso il racconto (il rasta, la tapparella, la lucertola...). Strutturalmente, una piccola perla.
Ben scritto lo spaccato che proponi, lo stile "da sceneggiatura" ora scorre e ora appesantisce, ma tutto sommato si difende benissimo, così come il finale che strappa un mezzo sorriso e le riflessioni centrali, amare e incisive. Ottimo il tempismo e la precisione dei "blocchi" in cui è diviso il racconto (il rasta, la tapparella, la lucertola...). Strutturalmente, una piccola perla.
Il Crocicchio è un punto tra le cose. Qui si incontrano Dei e Diavoli e si stringono patti. Qui, dopo aver trapassato i vampiri e averli inchiodati a terra, decapitati, bruciati, si gettano al vento le loro ceneri.
Il Crocicchio è un luogo di possibilità.
Il Crocicchio è un luogo di possibilità.
Re: Dettagli
Buffo. Questo racconto mi piace e non so spiegare perché. Forse è il fatto che mi sembra di essere lì, mi riporta a certi agosti della mia gioventù, l'asfalto fuso che sconsiglia la deambulazione e la città deserta come mai più mi capiterà penso di vedere. Mi son ritrovato lì. Vedo i calzini bianchi del tizio, le scarpe finte tedesche, i pantaloncini e la canotta, anche se non l'hai detto, anche se magari è sbagliato. Insomma ci sono dentro e questo mi piace. Nel senso di straniamento che provo c'è la tua capacità e basta la accetto così e me la godo. Non sarò mai quello che vi rifinisce lo stile, non sono capace, io vi racconto quello che provo a leggervi, accontetantevi.
- Eugene Fitzherbert
- Messaggi: 486
Re: Dettagli
Ciao, ZerbaTigrata,
Piacere di conoscerti.
Ho appena finito di leggere il tuo racconto. Lo stile a metà tra una sceneggiatura e quello di Sei pezzi da Mille di Ellroy fa metà dell'opera: ti confesso che non amo, mi sembra sempre troppo distaccato, ma in questo caso non lo trovo fuori luogo, anzi sottolinea ancora di più lo stato di quasi alienazione e segregazione in cui vive il/la protagonista.
Ci sono alcune cosa un po' oscure: 1 - la menzione all'ospedale, ma credo che sia un commento sul continuo via vai che c'è nella sua stanza come quello che accade in ospedale (o sbaglio?) e 2 - soprattutto: quante persone sconosciute entrano ed escono da casa sua?
Piacere di conoscerti.
Ho appena finito di leggere il tuo racconto. Lo stile a metà tra una sceneggiatura e quello di Sei pezzi da Mille di Ellroy fa metà dell'opera: ti confesso che non amo, mi sembra sempre troppo distaccato, ma in questo caso non lo trovo fuori luogo, anzi sottolinea ancora di più lo stato di quasi alienazione e segregazione in cui vive il/la protagonista.
Ci sono alcune cosa un po' oscure: 1 - la menzione all'ospedale, ma credo che sia un commento sul continuo via vai che c'è nella sua stanza come quello che accade in ospedale (o sbaglio?) e 2 - soprattutto: quante persone sconosciute entrano ed escono da casa sua?
- Andrea Partiti
- Messaggi: 1047
- Contatta:
Re: Dettagli
Ciao! Tanti gatti e tante scene teatrali in questo girone!
Il tuo è il primo racconto in cui davvero non succede nulla, né all'esterno né all'interno. Il tema ovviamente c'è. Niente conflitto, se non nel breve dramma del chiudersi fuori casa e dell'incontro non socialmente codificato. Non annoia per via della teatralità, le entrate, i movimenti per personaggi sulla scena, le loro interazioni. Tutto ricostruito su un set-portico virtuale.
Penso che potresti migliorare l'effetto globale rendendo completamente apatico il narratore. Ora lo è quasi, tranne in due punti: quando parli dell'imbarazzo e nella frase strana e aliena "Rifletto su chi un giorno si sveglia ignaro per trascorrere il resto della propria vita in ospedale." che poi non sembra ben collegata a nulla quanto succede. A posteriori ho capito che è una riflessione sul volantino del parrucchiere a domicilio, ma il salto logico mi sembra eccessivo, probabilmente per colpa dei tagli. Visto che l'aspetto emotivo della scena vista dal tuo protagonista è così ridotto all'osso e quasi tutto l'effetto che crei è dovuto a una descrizione molto analitica della scena, dei dettagli (appunto), dell'interazione col gatto e con il volantinante, penso che una scelta radicale di raccontare tutto senza esprimere giudizi o pensieri (se non addirittura spostandolo a un narratore esterno) renderebbe il racconto più coerente ed efficace.
Il tuo è il primo racconto in cui davvero non succede nulla, né all'esterno né all'interno. Il tema ovviamente c'è. Niente conflitto, se non nel breve dramma del chiudersi fuori casa e dell'incontro non socialmente codificato. Non annoia per via della teatralità, le entrate, i movimenti per personaggi sulla scena, le loro interazioni. Tutto ricostruito su un set-portico virtuale.
Penso che potresti migliorare l'effetto globale rendendo completamente apatico il narratore. Ora lo è quasi, tranne in due punti: quando parli dell'imbarazzo e nella frase strana e aliena "Rifletto su chi un giorno si sveglia ignaro per trascorrere il resto della propria vita in ospedale." che poi non sembra ben collegata a nulla quanto succede. A posteriori ho capito che è una riflessione sul volantino del parrucchiere a domicilio, ma il salto logico mi sembra eccessivo, probabilmente per colpa dei tagli. Visto che l'aspetto emotivo della scena vista dal tuo protagonista è così ridotto all'osso e quasi tutto l'effetto che crei è dovuto a una descrizione molto analitica della scena, dei dettagli (appunto), dell'interazione col gatto e con il volantinante, penso che una scelta radicale di raccontare tutto senza esprimere giudizi o pensieri (se non addirittura spostandolo a un narratore esterno) renderebbe il racconto più coerente ed efficace.
-
- Messaggi: 308
Re: Dettagli
Ciao a tutti,
e grazie come sempre dei commenti.
@jimjams: sono felice che tu abbia colto l'atmosfera, credo sia proprio quella che dici tu. Quella dei pomeriggi di sole e noia, senza internet e con la città vuota. Sì, ammetto che è un racconto un po' nostalgico in quel senso :-D D'altra parte, come diceva Groucho, "La gente vuole la vita eterna e poi non sa cosa fare la domenica".
Il mio problema numero 1 è la cripticità, temo sempre di scrivere troppo esplicitamente e annoiare il lettore, così finisco per fare l'opposto. In questo caso è successo nella fatidica "frase dell'ospedale".
Provo a chiarire la mia idea, così vi levate la curiosità di cosa ci fosse dietro :-D
Nelle mie intenzioni il volantino pubblicizzava un servizio di parrucchieri per persone malate: degenti ospedalizzati, persone bloccate a letto per motivi di salure, consulenza parrucche per persone in chemioterapia, acconciature e trucco pre-funerale. Tutto ciò senza essere troppo ovvio, di modo che chi ha uno di questi problemi possa riconoscersi mentre chi non ne ha può considerarlo un normale parrucchiere e pensare a un servizio di acconciatura a domicilio per spose o simile. Per questo il protagonista si mette a pensare alla vita, alla morte e al tempo che sparisce in un attimo. Voleva essere un mattone in più per costruire quel senso di alienazione che si prova in alcuni momenti in cui restiamo tagliati fuori dalla frenesia della vita come la conosciamo, quello stato in cui per la prima volta ci accorgiamo sia del dettaglio che non abbiamo mai notato che del quadro generale della nostra esistenza, mentre normalmente viviamo in un mondo 'a metà.
Sempre per sottolineare il distacco ho voluto che Anto' guardasse il mondo come uno spettatore, per questo il linguaggio 'da sceneggiatura' con entrate e uscite e l'introduzione "Esterno giorno". Anche questo dettaglio forse non era chiaro: Antò siede sulla soglia di casa, ma fuori, perché ha dimenticato dentro le chiavi e si è chiusa la porta. La porta dà su un portico e lui si siede sul gradino col gatto, e il rasta che 'entra da sinistra' non entra in casa, ma semplicemente entra nel suo campo visivo, sul palcoscenico immaginario attraverso cui Antò guarda il mondo da spettatore.
Spero di avere chiarito tutto!
e grazie come sempre dei commenti.
@jimjams: sono felice che tu abbia colto l'atmosfera, credo sia proprio quella che dici tu. Quella dei pomeriggi di sole e noia, senza internet e con la città vuota. Sì, ammetto che è un racconto un po' nostalgico in quel senso :-D D'altra parte, come diceva Groucho, "La gente vuole la vita eterna e poi non sa cosa fare la domenica".
Il mio problema numero 1 è la cripticità, temo sempre di scrivere troppo esplicitamente e annoiare il lettore, così finisco per fare l'opposto. In questo caso è successo nella fatidica "frase dell'ospedale".
Provo a chiarire la mia idea, così vi levate la curiosità di cosa ci fosse dietro :-D
Nelle mie intenzioni il volantino pubblicizzava un servizio di parrucchieri per persone malate: degenti ospedalizzati, persone bloccate a letto per motivi di salure, consulenza parrucche per persone in chemioterapia, acconciature e trucco pre-funerale. Tutto ciò senza essere troppo ovvio, di modo che chi ha uno di questi problemi possa riconoscersi mentre chi non ne ha può considerarlo un normale parrucchiere e pensare a un servizio di acconciatura a domicilio per spose o simile. Per questo il protagonista si mette a pensare alla vita, alla morte e al tempo che sparisce in un attimo. Voleva essere un mattone in più per costruire quel senso di alienazione che si prova in alcuni momenti in cui restiamo tagliati fuori dalla frenesia della vita come la conosciamo, quello stato in cui per la prima volta ci accorgiamo sia del dettaglio che non abbiamo mai notato che del quadro generale della nostra esistenza, mentre normalmente viviamo in un mondo 'a metà.
Sempre per sottolineare il distacco ho voluto che Anto' guardasse il mondo come uno spettatore, per questo il linguaggio 'da sceneggiatura' con entrate e uscite e l'introduzione "Esterno giorno". Anche questo dettaglio forse non era chiaro: Antò siede sulla soglia di casa, ma fuori, perché ha dimenticato dentro le chiavi e si è chiusa la porta. La porta dà su un portico e lui si siede sul gradino col gatto, e il rasta che 'entra da sinistra' non entra in casa, ma semplicemente entra nel suo campo visivo, sul palcoscenico immaginario attraverso cui Antò guarda il mondo da spettatore.
Spero di avere chiarito tutto!
-
- Messaggi: 265
Re: Dettagli
Ciao Zebratigrata
Ammetto che tutti quei “esce a destra o sinistra” non mi fanno impazzire anzi mi hanno reso la lettura un po complicata ( si capisce tutto, ma ho dovuto rileggerlo un paio di volte).
Nonostante la scrittura apprezzo un po meno la storia per la mancanza di “storia”.
Si legge bene ma sono una serie di eventi che portano a poco.
Ammetto che tutti quei “esce a destra o sinistra” non mi fanno impazzire anzi mi hanno reso la lettura un po complicata ( si capisce tutto, ma ho dovuto rileggerlo un paio di volte).
Nonostante la scrittura apprezzo un po meno la storia per la mancanza di “storia”.
Si legge bene ma sono una serie di eventi che portano a poco.
Chi c’è in linea
Visitano il forum: Nessuno e 9 ospiti