Il male migliore
Inviato: martedì 20 giugno 2017, 0:24
Bang!
Anche questo se n'è andato, e con un colpo di pistola. Quell'altra con la testa nel forno, e un terzo, di ottant'anni, figuriamoci, ha avuto la faccia tosta di impiccarsi. Vecchio bambinone viziato; e dire che cominciavo ad affezionarmici.
Do un'occhiata all'agenda: ben tre aziende, oggi. Emicrania, che sembra niente in confronto, che so, a un tumore o anche solo a un osso rotto, ma voi che preferite, uno che vi urla contro o uno che geme, sbuffa e sospira ogni volta che vi avvicinate? Non so se vorrei essere rispettato o temuto, ma di sicuro non mi piace essere scomodo, dannazione.
Uno degli impiegati è a casa, ma devo visitarlo lo stesso per via di una cosa che si chiama la sindrome del bancario: da quanto ho capito, vuol dire che quando smette di concentrarsi sul lavoro sta malissimo, e non si riprende finché non si rimette in moto. Se non altro è un caso curioso.
“Vaffanculo!” Lo sento ringhiare a nessuno in particolare mentre mi allontano. “Che cazzo di male!”
Ma sì, insulta, insulta pure.
E con questo, per oggi, ho ufficialmente finito: in un battito d'ali sono fuori dal piano mortale, e alla velocità del desiderio sono al bar.
Devo schivare un paio di Gioie all'ingresso, e sforzarmi di ignorare quel loro sguardo di allegra superiorità. Nessuno è mai infelice di vedere loro.
Supero una tavolata di Glorie e Successi che si sfidano a chi offre più da bere agli altri, saluto con un cenno uno Sconforto – non ricordo il suo nome, ma lo incrocio spesso durante il mio turno – e raggiungo il mio solito posto, di fianco a Tommaso.
Come me, è un Dolore; al contrario di me, riesce ancora a sorridere alla fine del suo turno.
“Offri tu,” annuncia accogliendomi con una pacca sulla spalla. “E non serve che mi ringrazi.”
“Ah, mi ci mancava la tua simpatia. Lo sai che ieri ho sperato che dei bambini in pediatria avessero il fegato di sopportarmi meglio? Dei bambini, santo cielo.” So che sto per partire con una delle mie tirate, ma non riesco a fermarmi. “Non dico che volessi nascere Gioia, però un dannato paio di settimane di ferie in più farebbe miracoli. Tu non hai mai lavorato in Divisione Cronicità, ma lo sapevi che è uno dei cinque reparti con più richieste di trasferimento in assoluto? E più la medicina progredisce, più ci avviciniamo alla top three.” Premo i palmi delle mani sulle tempie per calmarmi. “Cavolo, scusami. È il lavoro, si mangia tutto. Come va con la tua Lussuria?”
“A gonfie vele,” ghigna Tommaso. “A letto è... Wow.”
“Quindi è vero quello che dicono di loro?”
“Un gentiluomo non scende nei dettagli,” annuncia, e annuisce energicamente, strappandomi un mezzo sorriso. “Senti, non è molto regolare, ma... Dice che può mettere una buona parola per te. E se ti consigliamo entrambi...”
Non è possibile.
“Stai dicendo che...?” Si stringe nelle spalle, in un gesto di falsa modestia. “Gr... Gr... Gra...”
“Benvenuto in Divisione Masochisti, scemo. Adesso offrimi il pranzo.”
Anche questo se n'è andato, e con un colpo di pistola. Quell'altra con la testa nel forno, e un terzo, di ottant'anni, figuriamoci, ha avuto la faccia tosta di impiccarsi. Vecchio bambinone viziato; e dire che cominciavo ad affezionarmici.
Do un'occhiata all'agenda: ben tre aziende, oggi. Emicrania, che sembra niente in confronto, che so, a un tumore o anche solo a un osso rotto, ma voi che preferite, uno che vi urla contro o uno che geme, sbuffa e sospira ogni volta che vi avvicinate? Non so se vorrei essere rispettato o temuto, ma di sicuro non mi piace essere scomodo, dannazione.
Uno degli impiegati è a casa, ma devo visitarlo lo stesso per via di una cosa che si chiama la sindrome del bancario: da quanto ho capito, vuol dire che quando smette di concentrarsi sul lavoro sta malissimo, e non si riprende finché non si rimette in moto. Se non altro è un caso curioso.
“Vaffanculo!” Lo sento ringhiare a nessuno in particolare mentre mi allontano. “Che cazzo di male!”
Ma sì, insulta, insulta pure.
E con questo, per oggi, ho ufficialmente finito: in un battito d'ali sono fuori dal piano mortale, e alla velocità del desiderio sono al bar.
Devo schivare un paio di Gioie all'ingresso, e sforzarmi di ignorare quel loro sguardo di allegra superiorità. Nessuno è mai infelice di vedere loro.
Supero una tavolata di Glorie e Successi che si sfidano a chi offre più da bere agli altri, saluto con un cenno uno Sconforto – non ricordo il suo nome, ma lo incrocio spesso durante il mio turno – e raggiungo il mio solito posto, di fianco a Tommaso.
Come me, è un Dolore; al contrario di me, riesce ancora a sorridere alla fine del suo turno.
“Offri tu,” annuncia accogliendomi con una pacca sulla spalla. “E non serve che mi ringrazi.”
“Ah, mi ci mancava la tua simpatia. Lo sai che ieri ho sperato che dei bambini in pediatria avessero il fegato di sopportarmi meglio? Dei bambini, santo cielo.” So che sto per partire con una delle mie tirate, ma non riesco a fermarmi. “Non dico che volessi nascere Gioia, però un dannato paio di settimane di ferie in più farebbe miracoli. Tu non hai mai lavorato in Divisione Cronicità, ma lo sapevi che è uno dei cinque reparti con più richieste di trasferimento in assoluto? E più la medicina progredisce, più ci avviciniamo alla top three.” Premo i palmi delle mani sulle tempie per calmarmi. “Cavolo, scusami. È il lavoro, si mangia tutto. Come va con la tua Lussuria?”
“A gonfie vele,” ghigna Tommaso. “A letto è... Wow.”
“Quindi è vero quello che dicono di loro?”
“Un gentiluomo non scende nei dettagli,” annuncia, e annuisce energicamente, strappandomi un mezzo sorriso. “Senti, non è molto regolare, ma... Dice che può mettere una buona parola per te. E se ti consigliamo entrambi...”
Non è possibile.
“Stai dicendo che...?” Si stringe nelle spalle, in un gesto di falsa modestia. “Gr... Gr... Gra...”
“Benvenuto in Divisione Masochisti, scemo. Adesso offrimi il pranzo.”