Fine
Inviato: martedì 20 giugno 2017, 0:32
Gino strinse i pugni, si osservò le mani, erano forti, forti come non lo erano da tempo.
Riusciva anche a rimanere in piedi e senza barcollare, doveva ammettere che si sentiva finalmente bene.
Si guardò intorno. Bianco, tutto bianco. Come se una coltre di nubi si stendesse a perdita d'occhio e lui vi fosse invischiato.
“C'è qualcuno?” urlò.
“Smettila di urlare, ti sento.”
Girò su se stesso diverse volte cercando l'origine di quella voce.
“Non ti vedo. Dove sei?”
“Dove sono sempre stato. Che domanda stupida.”
Un brivido corse lungo la schiena dell'uomo.
“Fatti vedere!”
Una massa informe di carne, simile ad una palla, ricoperta di un reticolo di vasi sanguigni si fece largo dalla nebbia.
“Eccomi,Soddisfatto?”
“Ma cosa sei?” rispose Gino indietreggiando.
“Sono te, o almeno una parte di te. Mi chiamavi “Lo stronzo”, ma il mio nome è Glioblastoma.”
“Ho capito, sto morendo e questo è un sogno.”
“Mi spiace, in verità sei già morto.”
Gino si portò le mani alla bocca per soffocare un grido.
“Possiamo evitare delle scenate? Tanto lo sapevi già.”
“Mi hai ucciso tu.”
“In verità siamo morti entrambi, siamo legati. Mi sono nutrito di te e ti sono cresciuto dentro. Potresti considerami quasi un figlio.”
“Non lo sei. Non ti ho mai voluto” replicò Gino tra le lacrime.
“Questo non cambia le cose.”
“Sei anche brutto...”
La massa vorticò su se stessa.
“Sono come tu mi immagini, e visto come mi chiamavi poteva andarmi peggio.”
L'uomo sorrise asciugandosi gli occhi.
“Non mi hai mai parlato prima.”
“Forse dovevi imparare ad ascoltare, poi cosa dovevo dirti? Non ho scelto io di essere ...questo”
“Immagino. Quindi che facciamo? Svaniamo nel nulla? Ascendiamo al cielo?”
“Quello che preferisci. Scegli.”
Gino rifletté per qualche istante.
“Voglio vedere cosa succede, al mio corpo intendo.”
“Sicuro?”
L'uomo annuì. Le nebbie si diradarono, un piccola luce crebbe d'intensità fino a formare un immagine.
Il suo corpo giaceva sul letto che aveva costruito per la moglie, suo figlio imbeveva un panno e lo passava sulla pelle togliendo lo sporco accumulatosi.
Gino osservò senza proferire parola, riusciva ad avvertire il dolore nonostante l'espressione impassibile del giovane.
“È un bravo ragazzo.” disse “Lo stronzo”.
“Lo so, sono fiero di lui.”
“Avresti dovuto dirglielo. Non credi?”
“Forse, o forse va bene cosi. Meglio andare” rispose l'uomo agitando una mano e facendo svanire l'immagine.
“Vieni con me?” continuò.
“Non posso fare altrimenti. Mi piacerebbe avere...come dire... un altra forma.”
Gli occhi di Gino si serrarono e quando li riapri un bambino di pochi anni era di fronte a lui.
“Meglio?” chiese.
“Si” replicò il bimbo “gli somiglio vero?”
L'uomo sorrise, gli porse una mano che inghiottì quella più piccola e insieme svanirono nella nebbia.
Riusciva anche a rimanere in piedi e senza barcollare, doveva ammettere che si sentiva finalmente bene.
Si guardò intorno. Bianco, tutto bianco. Come se una coltre di nubi si stendesse a perdita d'occhio e lui vi fosse invischiato.
“C'è qualcuno?” urlò.
“Smettila di urlare, ti sento.”
Girò su se stesso diverse volte cercando l'origine di quella voce.
“Non ti vedo. Dove sei?”
“Dove sono sempre stato. Che domanda stupida.”
Un brivido corse lungo la schiena dell'uomo.
“Fatti vedere!”
Una massa informe di carne, simile ad una palla, ricoperta di un reticolo di vasi sanguigni si fece largo dalla nebbia.
“Eccomi,Soddisfatto?”
“Ma cosa sei?” rispose Gino indietreggiando.
“Sono te, o almeno una parte di te. Mi chiamavi “Lo stronzo”, ma il mio nome è Glioblastoma.”
“Ho capito, sto morendo e questo è un sogno.”
“Mi spiace, in verità sei già morto.”
Gino si portò le mani alla bocca per soffocare un grido.
“Possiamo evitare delle scenate? Tanto lo sapevi già.”
“Mi hai ucciso tu.”
“In verità siamo morti entrambi, siamo legati. Mi sono nutrito di te e ti sono cresciuto dentro. Potresti considerami quasi un figlio.”
“Non lo sei. Non ti ho mai voluto” replicò Gino tra le lacrime.
“Questo non cambia le cose.”
“Sei anche brutto...”
La massa vorticò su se stessa.
“Sono come tu mi immagini, e visto come mi chiamavi poteva andarmi peggio.”
L'uomo sorrise asciugandosi gli occhi.
“Non mi hai mai parlato prima.”
“Forse dovevi imparare ad ascoltare, poi cosa dovevo dirti? Non ho scelto io di essere ...questo”
“Immagino. Quindi che facciamo? Svaniamo nel nulla? Ascendiamo al cielo?”
“Quello che preferisci. Scegli.”
Gino rifletté per qualche istante.
“Voglio vedere cosa succede, al mio corpo intendo.”
“Sicuro?”
L'uomo annuì. Le nebbie si diradarono, un piccola luce crebbe d'intensità fino a formare un immagine.
Il suo corpo giaceva sul letto che aveva costruito per la moglie, suo figlio imbeveva un panno e lo passava sulla pelle togliendo lo sporco accumulatosi.
Gino osservò senza proferire parola, riusciva ad avvertire il dolore nonostante l'espressione impassibile del giovane.
“È un bravo ragazzo.” disse “Lo stronzo”.
“Lo so, sono fiero di lui.”
“Avresti dovuto dirglielo. Non credi?”
“Forse, o forse va bene cosi. Meglio andare” rispose l'uomo agitando una mano e facendo svanire l'immagine.
“Vieni con me?” continuò.
“Non posso fare altrimenti. Mi piacerebbe avere...come dire... un altra forma.”
Gli occhi di Gino si serrarono e quando li riapri un bambino di pochi anni era di fronte a lui.
“Meglio?” chiese.
“Si” replicò il bimbo “gli somiglio vero?”
L'uomo sorrise, gli porse una mano che inghiottì quella più piccola e insieme svanirono nella nebbia.