Venerdì 12

La 65ª Edizione di Minuti Contati è una DEMO EDITON. La prima parte si è svolta come un contest parallelo alla Special 64ª Edizione, il Contest Live! Due scrittori, Marra e Marchese, hanno partecipato sul tema: Il passato è una bestia feroce, il titolo del primo thriller di Massimo Polidoro, Edizioni Piemme, il 28 febbraio 2015. E poi hanno lanciato la loro sfida agli altri partecipanti per il 4 marzo 2015.
luca.pagnini
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Venerdì 12

Messaggio#1 » giovedì 5 marzo 2015, 0:58

Il corteo funebre non ci sarebbe stato. Motivi di sicurezza. E poi quattordici bare erano troppe da far sfilare con dietro tutta quella gente. La gente, il popolo, avrebbe acquietato la propria ansia, dimostrato la propria solidarietà, dissetato la propria curiosità solo assistendo alle esequie. Magari dall’esterno. Ventimila in Duomo, trecentomila in piazza e nelle vie adiacenti, così scriveranno le cronache. Migliaia di cuori e respiri, uniti in un unico, impressionante silenzio.

 

Prima di entrare, Pietro controllò ancora una volta le cifre che aveva scritto su un foglio a quadretti strappato dal quaderno di suo figlio Paolo. Paolo era il suo secondogenito e faceva la prima media. Gli piacevano i numeri a Paolo, se continuava così dopo le medie lo avrebbero iscritto a ragioneria. Intanto domenica lo avrebbe portato a San Siro a vedere l’Inter giocare contro il Bari, era giunto il momento di rispettare la promessa fatta dopo il buon esito dell’esame di quinta.
Come d’abitudine, Pietro aveva parcheggiato la 600 a Porta Ticinese, quindi aveva raggiunto la banca con i mezzi pubblici. Nonostante fossero passate le quattro del pomeriggio, la filiale era ancora aperta perché il venerdì l’orario veniva posticipato per favorire la borsa mercato degli agricoltori.
Appena dentro, Pietro incrociò Carlo, un conoscente di Lodi che trattava la compravendita di bestiame.
«Per caso hai visto Arnaldo?» gli chiese Pietro, dopo i saluti di circostanza.
«Sì, poco fa era seduto al tavolo centrale.»
«Grazie.»
«Scappo che ho il treno, tanto noi ci rivediamo al matrimonio di tuo cugino, no?»
«Certo, non me lo perderei nemmeno per un milione.»
Mentre Carlo usciva quasi di corsa, Pietro pensò che, in realtà, al matrimonio di suo cugino Alfredo non ci sarebbe voluto andare. Non tanto per gli sposi, che gli stavano comunque antipatici, quanto per l’ambiente. Da quando sua madre aveva litigato per la divisione del podere con suo fratello, ovvero il padre di Alfredo, ogni riunione conviviale, comprese le feste comandate, rischiava di diventare, e spesso lo diventava, occasione di scontro. Comunque adesso aveva altro a cui pensare, doveva concludere l’affare con Arnaldo. Scansando un anziano claudicante, allungò lo sguardo verso il tavolo al centro del salone e lo vide.

 

A mezzogiorno, quando i feretri iniziarono a uscire trasportati sulle spalle dai dipendenti comunali, il cielo si oscurò. Le autorità se n’erano già andate, loro avevano fretta e molte altre cose da fare, una di queste era trovare i responsabili, un’altra impedire che tutto ciò accadesse di nuovo. Forse.
Un lato della piazza era occupato da migliaia di tute blu, sembrava che tutti gli operai dell’hinterland fossero lì. Uno di quelli che grazie alle proprie conoscenze era riuscito a entrare in cattedrale, una volta riemerso sul sagrato si strinse nel suo bel paltò di cashmere e, guardando la macchia azzurra, si chiese cosa ci facessero lì tutti quei comunisti.

 

«Allora siamo d’accordo?» chiese Pietro, asciugandosi la fronte con il fazzoletto che gli aveva regalato sua moglie per il loro primo anniversario.
«D’accordo», gli fece eco Arnaldo allungando la mano destra.
Pietro la strinse convinto. Aveva concluso davvero un buon affare.
«Bene, vado a prendere i moduli per il versamento.»
«Lascia stare», lo fermò Arnaldo, «vado io, tanto devo versare anche un assegno del Beppe.»
«Ah! Finalmente ti ha pagato, bravo, hai fatto bene a tenere duro», constatò sorridendo Pietro.
«Con me non si scappa, lo sai», rispose l’altro mentre si avviava verso uno degli sportelli.
Sedendosi al tavolo ottagonale, Pietro pensò che finalmente avrebbe potuto cambiare la macchina. Se sua moglie si fosse convinta avrebbe preso una Giulietta usata – ce n’erano ancora del ‘63 in ottime condizioni e a un ottimo prezzo, altrimenti avrebbe optato per una 1100.
Alzando lo sguardo Pietro vide che il grande orologio della sala segnava le 16 e 37. In quell’istante una ragazza, avrà avuto sì e no 20 anni, gli chiese qualcosa che, nella confusione della folla, Pietro non capì.
«Scusi?»
«Ho detto, non sente anche lei come odore di bruciato?»
«In effetti…»

 

La folla tentò di accodarsi dietro al corteo, ma gli agenti di servizio lo impedirono.
Qualcuno, dalla prima fila dietro le transenne, indicando l’ultima bara sussurrò al suo vicino che sembrava vuota, tanto leggero era il passo dei becchini. Da dietro, una voce femminile svelò di aver letto sul Corriere che uno dei morti era stato talmente dilaniato dall’esplosione da essere volatilizzato, «Dicono che non ne hanno ritrovato neanche un pezzo».
Lentamente, senza disordini né contestazioni, la gente defluì.
Donne e uomini, giovani e vecchi, borghesi piccoli e grandi, operai specializzati o meno, professionisti, commercianti, avvocati e magistrati, persino i poliziotti e i carabinieri, tutti, proprio tutti rientrarono a casa pensando che il loro coinvolgimento, in quella brutta storia, sarebbe terminato con quel funerale.
Mai più ci sarebbe stata un’altra strage come quella di piazza Fontana.



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ceranu
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Messaggio#2 » martedì 10 marzo 2015, 16:22

Ciao Luca, piacere di conoscerti.
Mi hai emozionato. Mentre leggevo sapevo di cosa stavi parlando, tornava tutto. Hai dipinto un ambiente perfetto, potevo respirare l'aria di quei giorni. Alla fine ho rivisto anche la targhetta in piazza fontana, quella che ricorda la strage.
Chiaramente il racconto mi è piaciuto. Ho un solo dubbio sulla scelta dei nomi. Alfredo e Arnaldo sono abbastanza confondibili.
C'è qualche articolo che mi suona male, e alcune frasi un po' forzate, ma che nell'economia del racconto sono importanti. Una su tutte: “La filiale era ancora aperta perché venerdì l'orario veniva posticipato per favorire la borsa mercato degli agricoltori”. È importante per giustificare l'apertura, ma nel racconto stona un po'.
Complimenti e alla prossima.
Ciao

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angelo.frascella
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Messaggio#3 » martedì 10 marzo 2015, 23:23

Ciao Luca e benarrivato

(Nel caso ci fossimo già incrociati, scusami, ma anche dal vivo mi capita spesso di fare figuracce simili)

Devo dire che non ho capito di cosa stavi parlando fino a quando non sono arrivato alla fine. A quel punto, rileggendolo ho potuto apprezzare il racconto che, a una prima lettura, mi era parso noioso. Invece, alla seconda lettura mi è risultato evidente il dramma delle vite ignare spezzate in un giorno qualsiasi. Bravo.

Buona scrittura
Angelo

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erika.adale
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Messaggio#4 » venerdì 13 marzo 2015, 7:51

Ciao Luca,

una scelta forte, la tua. Parlare di Piazza Fontana è rischioso, lo scivolone nella retorica è facile ma hai aggirato con grazia l'ostacolo scegliendo una cronaca piana e limpida, come erano le vite spezzate dall'attentato. Ho apprezzato molto questo rapporto fra forma e contenuto. Ottima l'attinenza con il tema proposto. A rileggerci

 

luca.pagnini
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Messaggio#5 » venerdì 13 marzo 2015, 10:06

Anzitutto, un grazie collettivo a tutti e tre per i bei commenti.

@Ceranu

Concordo con te sia per i nomi che per la frase, provvederò sicuramente, grazie per i suggerimenti.

A presto.

 

 

Giulio_Marchese
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Messaggio#6 » sabato 14 marzo 2015, 10:34

Ciao Luca,

il racconto mi è piaciuto molto, la sua forza a mio avviso sta nel creare empatia tra il lettore e i personaggi, che spesso quando si parla di fatti di cronaca di questo tipo vengono trattati come numeri più che come persone. Ecco questo mi è piaciuto l'umanità dei personaggi che compiono gesti normali e fanno progetti per il futuro in modo inconsapevole, senza sapere quale sorte li attende. L'ambientazione è perfetta anche nei sogni e nei desideri dei personaggi. Il racconto non mi ha stupito, essendo rimasto molto legato al tema, ma sicuramente mi ha colpito. Complimenti .

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marco.roncaccia
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Messaggio#7 » lunedì 16 marzo 2015, 15:02

Ciao Luca,
del tuo racconto ho apprezzato molto il titolo (tristemente geniale) e la scelta coraggiosa di parlare di Quel 12 Dicembre. A mio avviso il tuo racconto è quello più in tema di questa edizione di minuti contati. Confesso però che ho trovato la lettura un po' faticosa soprattutto prima di capire dove volevi arrivare. Un racconto, per convincermi, deve essere autosufficiente nel farsi leggere a prescindere dal fatto storico a cui si riferisce. Inoltre, il voler entrare nella quotidianità dei personaggi se, da un lato, è una buona scelta drammaturgica, dall'altro, in così poco spazio, ti mette a rischio di infodump. Ad esempio in passaggi tipo: "Paolo era il suo secondogenito e faceva la prima media. Gli piacevano i numeri a Paolo, se continuava così dopo le medie lo avrebbero iscritto a ragioneria. Intanto domenica lo avrebbe portato a San Siro a vedere l’Inter giocare contro il Bari..."
In ogni caso quando ho capito di cosa parlavi (perdonami sono un po' tardo) c'è scappato il brivido.

luca.pagnini
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Messaggio#8 » martedì 17 marzo 2015, 11:35

@ Giulio, grazie. :)

@Marco, intanto grazie per l'analisi e sono contento che tu abbia notato la "finezza" del titolo. :) Sul resto sono assolutamente d'accordo quando scrivi che un racconto deve essere autosufficiente, però sono altrettanto convinto che ci sono, per forza, delle eccezioni quando ci si rifa a fatti storici precisi e conosciuti. In questo caso non avrei mai potuto scrivere qualcosa tipo: "...e a piazza fontana fu messa una bomba che..." ecc. ecc.,  come non scriverei mai "...il 28 aprile 1945 a Giulino, in provincia di Como, Mussolini e la Petacci..." ecc. ecc. Se il lettore non sa di cosa si parla sarà sua cura andare a cercare notizie, anzi, sono convinto che la buona riuscita di racconti come questo sta proprio in ciò che accade nel lettore: se conosce il fatto (come presumo), spero di muovere qualcosa in lui che lo tocchi (com'è successo qui, a quanto pare); se invece, per caso, becco l'unico che non sa di cosa parlo, ma poi va a cercare per informarsi, allora sono ancora più contento, perchè significa che l'ho incuriosito a sufficienza e avremo un "ignorante" in meno; se becco l'unico che non sa e non va a informarsi, cercherò di capire dove ho sbagliato (ma intanto peggio per lui ;) ).

Per quanto riguarda l'infodump non sono d'accordo con te perchè in questo caso non mi pare che lo sia. Mi spiego. Almeno io per infodump intendo quelle parti di un brano in cui l'autore invece di far "vedere" una cosa al lettore (soprattutto le azioni) le racconta. Ora, in questo caso quelle che io elenco sono stati d'essere che passano per la testa del personaggio. Certo, avrei potuto anche scrivere "Quella mattina Pietro aveva accompagnato Paolo, il suo secondo genito, alle scuole medie di Lodi dove frequentava la prima classe. Poi era andato a comprare un biglietto per lo stadio ecc. ecc.", ma, a parte il problema del limite di caratteri, non sarebbe cambiato nulla nella storia. Quello che qui contava (per me) era creare lo spessore del personaggio, la sua immagine di persona comune e semplice. Certo, tutto dipende dal mezzo usato: in un film avrei fatto vedere le immagini, qui mi sembrava più funzionale accennarle. Spero che alla fine il risultato sia stato lo stesso. :)

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marco.roncaccia
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Messaggio#9 » martedì 17 marzo 2015, 13:55

Ciao Luca,
per infodump intendo questo:
http://pennablu.it/infodump/
Per quanto riguarda l'autosufficienza del racconto intendevo riferirmi alla mia difficoltà di seguire la vicenda. Fai bene a difendere le tue scelte e forse è un problema solo mio quello di apprezzare maggiormente i racconti che non hanno bisogno di una seconda lettura per essere capiti. Nelle scuole di scrittura si dice che il lettore va presunto scemo (e io mi ci ritrovo splendidamente in questa categoria come lettore). Ecco il lettore scemo ti dice ... guarda che messo così il racconto è difficile da capire :)

luca.pagnini
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Messaggio#10 » martedì 17 marzo 2015, 17:14

Sono assolutamente d'accordo con l'amico Daniele e proprio rispondendo a quella domanda, "quali tra queste informazioni toglieresti perchè inutili?", non toglierei nulla, perchè questo racconto è basato sull'empatia con il personaggio, ma se il personaggio è solo uno che si chiama Pietro e va in banca, quale empatia potrebbe mai trasmettere? :)
Sullo scemo non sono d'accordo, perchè certamente non dimostri di esserlo, ma farò comunque tesoro della dritta. ;)

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beppe.roncari
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Messaggio#11 » martedì 17 marzo 2015, 17:43

Ciao Luca, ben ritrovato a Minuti Contati.
Hai scelto una storia che centra molto bene il tema dell’edizione (che non era facile da centrare) e lo fai in un modo semplice e delicato a un tempo.
L’altra cosa che mi è piaciuta è il titolo.
Andando alle cose che non mi hanno convinto, la storia mi è sembrata significativa solo dopo aver capito che si trattava di Piazza Fontana, e l’ho capito solo alla fine. La storia in sé da sola, senza il gancio con la realtà, non mi aveva particolarmente emozionato.
Ci sono sì dei dettagli di vita dei personaggi, ma forse troppo reali, normali, difficile trovare il motivo per fare il tifo per loro e per avvertire la perdita. La banalità della vita quotidiana, senz’altro. Ma questo funziona meglio in una cronaca che non in un racconto.
Alla prossima.

luca.pagnini
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Messaggio#12 » martedì 17 marzo 2015, 18:18

Ciao Beppe!
Grazie del commento molto utile. Mettendo insieme le tue considerazioni e quelle degli altri, soprattutto di Marco, di sicuro vedrò come funzionerebbe il racconto anticipando all'inizio la rivelazione, a quel punto l'attenzione (e la comprensione) dovrebbe essere subito alta. Certo, ci sarebbero altri rischi, ma ci penserò.
Sulla vita dei personaggi hai pienamente ragione, è troppo normale, ma il punto è proprio quello, in questo caso l'identificazione viene (o meglio, dovrebbe venire) automatica, proprio perchè ciò che è accaduto non è accaduto a degli eroi o a delle persone speciali, ma a gente comune, come noi. Queste che si rifanno alla realtà sono storie un po' particolari, come il teatro civile di Paolini, nelle quali, secondo me, il succo non sta tanto nell'evento trattato (anche se una bomba in una banca o una montagna che frana in un lago non sono certo eventi ordinari), quanto nel modo stesso di raccontare l'evento e, ovviamente, nel risultato che questo lascia (dovrebbe lasciare) sullo spettatore/lettore.
Ancora grazie e alla prossima.

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beppe.roncari
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Messaggio#13 » martedì 17 marzo 2015, 20:04

Bella la citazione di Paolini. ;-)
Il punto, per me, è proprio quello: la storia è molto bella, ma si presta meglio al teatro civile che al racconto.
Alla prossima!

luca.pagnini
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Messaggio#14 » martedì 17 marzo 2015, 20:48

Lo sai che mi hai dato una bella idea!? Io scrivo anche per il teatro, anzi, ultimamente quasi solo... Grazie! ;)

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Peter7413
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Messaggio#15 » mercoledì 18 marzo 2015, 1:54

Un tema grave della storia italiana trattato con rispetto ed equilibrio. I due piani temporali funzionano e non concordo con l'idea di modificare anticipando l'esplicitazione dell'attentato specifico, semmai introdurrei qualche elemento dissonante rispetto alla norma nel giorno dell'attentato, anche solo uno, tanto da trasmettere al lettore l'imminenza di qualcosa di grave che forse allo stato attuale rimane troppo nascosta e anticipata solo dall'altro piano temporale, cosa che fa in modo che fino al finale il lettore senta distacco fra le parti rendendolo anche meno partecipe di quanto invece potrebbe. Detto questo, una prova più che buona.

luca.pagnini
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Messaggio#16 » mercoledì 18 marzo 2015, 14:28

Grazie, Maurizio, commento davvero utile (ma non mi aspettavo niente di meno ;) ).

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