Abral Sea di Kaipirissima
Inviato: mercoledì 30 agosto 2017, 23:26
Abral Sea
«Esistono tre mondi» iniziò il vecchio quando la donna gettò nel fuoco un pezzo di legno. «Quello della libertà, della giustizia e infine quello dell'amore. In ognuno esiste la guerra, la fame, la violenza. Questo significa che non esistono mondi perfetti».
A quel punto s'interruppe e aspettò che la donna aggiungesse altra legna poi continuò, «Esistono tre tipi di uomini: quelli che cercano il potere, il denaro e, infine, quelli che cercano la pace. Tu desideri la pace, ma ricorda che come nei tre mondi nemmeno gli uomini che cercano la pace sono perfetti. Sai che cosa significa questo?»
La donna annuì, gettò un legno nel fuoco e il vecchio rimase in silenzio.
La fiamma arse l'intera notte e al mattino si spense naturalmente.
Giunta l'alba la donna disperse le ultime braci. Il vecchio era scomparso.
Le parole non dette durante la notte si sollevarono insieme alla cenere. La donna allargò le dita e ruotando il polso accennò una danza.
I piedi strisciavano sulla cenere disegnando piccoli semicerchi, poi ad essi si unirono le gambe, le braccia e infine la testa.
Esistono solitudini che è difficile intendere, poiché esistono da prima, prima che il resto venisse a mancare. Sono solitudini primigenie che appartengono a coloro che danzarono con le prime stelle.
A ogni movimento il suo corpo diventava più flessuoso ed elastico, i muscoli si contraevano, estendevano. Le linee disegnate si fecero più ampie, e il suo corpo si caricò di una forza pronta a espandersi nel deserto intorno.
Un tempo in quel luogo c'era uno dei laghi salati più grandi del mondo. Ora, tra cespugli, navi arrugginite e scheletri di animali, rimaneva solo un acquitrino di colore viola.
Mentre camminava la donna s'interrogava sulla fine dei due emissari. “Di sicuro” pensò, “una scomparsa così repentina, tale da coinvolgere la memoria di uno stesso uomo, non era da imputare alla natura, essa aveva tempi più lunghi”. Sorrise amaramente. “Quale dei tre uomini era colpevole?”
Senza volere il pensiero corse a lei.
Hack l'aveva accolta quando i suoi genitori l'avevano lasciata per andare alle miniere in cerca di lavoro. Smarrita, trascorreva le notti guardando il cielo, lo stesso, ne era certa, che anche i suoi guardavano.
Una notte Hack venne a sederle vicino.
«Tutta la materia di cui siamo fatti l'hanno costruita le stelle,» le aveva spiegato e aveva continuato parlando di Supernove e reazioni nucleari. All'età di cinque anni, lei non aveva compreso quasi nulla, ma la conclusione di quel discorso divenne un approdo sicuro all'incertezza del presente. «E per questo motivo noi siamo figli delle stelle». Aveva concluso Hack e lei aveva ritrovato se stessa in quel cielo.
Terra rossa. Tra la polvere, un pick up procedeva nella sua direzione.
La donna strinse gli occhi. Individuò la sagoma di due uomini nella cabina e altri due nel cassone.
Il pick up si fermò. Una ventata risucchiò la polvere.
Nessuno scese.
L'uomo al volante guardò i suoi calzoni infilati dentro gli stivali di cuoio e la giacca informe, chiusa, nonostante la temperatura fosse di 30°.
«Sei armata?» le chiese.
La donna rimase in silenzio, poi aprì la giacca e se la sfilò rimanendo con una t shirt stinta.
«Cosa sono quelle?» domandò l'uomo indicando le cinghie che si incrociavano lungo il busto.
«Elastici. Sostengono la schiena».
«Dove sei diretta?»
«Est».
«Est» ripeté l'uomo. «Hai incontrato altri sulla strada?»
«Ieri, un blindato. Non si è fermato».
L'uomo annuì e rimase in silenzio.
«Forza Paul, andiamo. Non abbiamo tempo da perdere» gli intimò l'uomo seduto al suo fianco.
«Acqua ne hai?»
«Stai giù!» ordinò una voce maschile dal cassone..
La donna si girò, la sagoma che aveva intravisto si era nascosta dietro il bordo del pick up.
Annuì, senza fare domande.
L'uomo fece un cenno con la testa, la donna si spostò di lato mentre l'autocarro ripartiva.
Appena la polvere smise di vorticare la donna riprese il cammino senza perdere di vista la scia lasciata dal veicolo.
Rifletteva. Era certa che quella sagoma intravista fosse di una bambina. Guardò il cielo. Quella notte, decise, avrebbe chiamato Jenny.
La donna gettò nel fuoco un pezzo di legno.
«...» un sussurro.
La donna gettò altri rami, la fiamma si fece più grande.
«...» un lamento.
«Jenny, dove sei?» chiese la donna inquieta. «Jenny!» chiamò più forte. Non avendo risposta la donna raccolse tutta la legna e la gettò nel fuoco.
«Aiutami» sussurrò una voce sconosciuta.
«Chi sei?» chiese al fuoco
«Aiutami» ripete la voce e l'eco continuò fino a quando il fuoco non si spense.
Appena fu l'alba la donna si mise in cammino per attraversare il canyon, ma, dopo alcune ore, la strada le fu sbarrata da un imponente muro di cemento che chiudeva la gola.
Si ergeva per almeno trecento metri raggiungendo quasi la cima delle montagne. La larghezza era suddivisa in piani e su ognuno notò due uomini armati che sorvegliavano la postazione.
“Una fortezza” pensò, ma qualcosa non la convinceva. Ora che era più vicina sentiva ancora più chiaramente un suono che prima aveva solo vagamente percepito. Decise di arrampicarsi per guardare oltre.
Arrivata in cima i suoi occhi trovarono la risposta che cercava. Limitato dalle montagne e da imponenti pareti di cemento, davanti a lei si apriva un bacino artificiale sulla cui superficie si aprivano dei pozzi di dimensioni diverse.
Spinta dalla curiosità, incurante della sicurezza, saltò sul ballatoio per osservare da vicino una di quelle gole spalancate. Troppo tardi si accorse dell'errore. Una mano l'afferrò per il collo, mentre un calcio la costringeva in ginocchio.
«Chi sei?» le urlò una voce maschile.
La donna non rispose, l'uomo la gettò a terra e le puntò un MP4 in faccia.
Resosi conto che era una donna, ripose il fucile sulle spalle, si chinò e l'afferrò per il bavero della giacca, spingendola verso il parapetto della diga. Con i piedi le divaricò le gambe e tenendole un braccio piegato dolorosamente sulla schiena procedette alla perquisizione.
La donna, in silenzio, subì quell'assalto che s'attardava risalendo lungo le sue cosce, chiudendosi sul sesso. S'irrigidì, il pensiero corse alla frusta che portava avvolta al busto.
«Basta così» ordinò una voce alle loro spalle.
Con un ultimo strattone l'uomo l'afferrò facendola girare, poi fece un passo indietro e imbracciò di nuovo il fucile.
La donna alzò lo sguardo. L'uomo che aveva parlato indossava un casco protettivo e una tuta mimetica grigia. Riconosciutolo stava per dire qualcosa, ma un forte boato seguito da un risucchio la fermò.
L'uomo le fece cenno di alzarsi e di guardare alle sue spalle.
Il bacino sembrava aver preso vita, ogni pozzo era in funzione, incamerava acqua come un imbuto. Ogni suono era fagocitato da quell'enorme flusso che precipitava nelle viscere della terra.
Fu allora che la diga tremò sotto i suoi piedi.
Prima le sirene presero a suonare, poi uno dietro l'altro apparvero degli uncini che strisciarono alla ricerca di un appiglio. L'uomo che l'aveva perquisita si precipitò a sparare contro le corde per far cadere nel vuoto la minaccia. Invano.
Poco dopo, da ogni fune piazzata, apparve un uomo che, una volta trovato l'appoggio a terra, si mise a sparare.
La donna si gettò a terra. Dalla porta fuoriuscirono altri uomini in tuta grigia sparando. Con lo sguardo cercò un riparo. Fu allora che vide l'uomo del pick up correre verso il parapetto e gettarsi di sotto. D'istinto la donna decise di seguirlo. Appena si tuffò dietro il muro, l'acqua l'avvolse. Boccheggiò. Per un attimo credette di essere finita nel bacino. Poi realizzò di trovarsi in una specie di cornicione a filo dell'acqua.
Immediatamente si mise in piedi e iniziò a correre. L'acqua le arrivava alle cosce, ma lentamente, man mano che i pozzi risucchiavano l'acqua, questa scendeva permettendole di correre più agilmente. In breve si trovò alle spalle dell'uomo che cercava di aprire un portellone.
«Aiutami» le urlò l'uomo. «Aiutami».
Scuotendosi da un sogno, la donna afferrò la maniglia e insieme iniziarono a tirare. La porta si aprì.
Una volta dentro l'uomo iniziò a correre lungo una passatoia. Sotto i loro piedi la donna vedeva altri uomini andare in diverse direzioni. Urla dappertutto. Sirene. Era il caos, ma l'uomo procedeva sicuro in quel labirinto.
A un tratto, in direzione contraria, incrociarono un gruppo di persone da cui si staccò una piccola figura che corse loro incontro.
«Papà!»
L'uomo s'inginocchiò e abbracciò la bambina. «Non avere paura» le disse. Poi, senza perdere tempo, la prese in braccio e ricominciò a correre. «Seguimi» le urlò.
La donna gli si mise dietro senza sapere dove stessero andando, chiedendosi perché lo seguisse, poi i suoi occhi incontrarono quelli spaventati di una bambina, aggrappata alle spalle di suo padre. Il tempo scomparve.
«Eccoci» disse l'uomo fermandosi davanti a un portellone sferico. Posò la bambina a terra e procedette ad aprirlo. Una corrente d'aria fredda li investì. La bambina si rannicchiò dietro le gambe dell'uomo. «No» sussurrò, quasi avesse capito le sue intenzioni.
La donna guardò il tunnel, poi l'uomo.
«Tieni questa» le disse porgendole una pila. «Procedi senza deviare mai. Il tunnel vi porterà fuori attraversando il bacino. Poi dirigiti a Est. Giunta in città cerca John Malcon lui vi aiuterà» poi senza aspettare una risposta si chinò per parlare a sua figlia. Le sussurrava piano all'orecchio e la bambina piangendo scuoteva la testa.
«Sì, no, no, sì» singhiozzava la piccola.
Il padre l'abbracciò stretta, poi rivolto alla donna sembrò non avere più parole, sopraffatto dall'emozione.
La donna prese la mano della bambina e annuendo all'uomo si introdusse nel tunnel che si richiuse alle loro spalle.
Camminarono per ore in silenzio. I loro passi risuonavano nel condotto che attraversava il bacino.
Quando giunsero alla fine, e uscirono all'aperto, era notte.
La donna accese un fuoco, la fiamma crepitò.
Presto il calore le avvolse. La donna pose il braccio sulle spalle della bambina che le si appoggiò contro. Insieme guardarono le stelle.
«Esistono tre mondi» iniziò il vecchio quando la donna gettò nel fuoco un pezzo di legno. «Quello della libertà, della giustizia e infine quello dell'amore. In ognuno esiste la guerra, la fame, la violenza. Questo significa che non esistono mondi perfetti».
A quel punto s'interruppe e aspettò che la donna aggiungesse altra legna poi continuò, «Esistono tre tipi di uomini: quelli che cercano il potere, il denaro e, infine, quelli che cercano la pace. Tu desideri la pace, ma ricorda che come nei tre mondi nemmeno gli uomini che cercano la pace sono perfetti. Sai che cosa significa questo?»
La donna annuì, gettò un legno nel fuoco e il vecchio rimase in silenzio.
La fiamma arse l'intera notte e al mattino si spense naturalmente.
Giunta l'alba la donna disperse le ultime braci. Il vecchio era scomparso.
Le parole non dette durante la notte si sollevarono insieme alla cenere. La donna allargò le dita e ruotando il polso accennò una danza.
I piedi strisciavano sulla cenere disegnando piccoli semicerchi, poi ad essi si unirono le gambe, le braccia e infine la testa.
Esistono solitudini che è difficile intendere, poiché esistono da prima, prima che il resto venisse a mancare. Sono solitudini primigenie che appartengono a coloro che danzarono con le prime stelle.
A ogni movimento il suo corpo diventava più flessuoso ed elastico, i muscoli si contraevano, estendevano. Le linee disegnate si fecero più ampie, e il suo corpo si caricò di una forza pronta a espandersi nel deserto intorno.
Un tempo in quel luogo c'era uno dei laghi salati più grandi del mondo. Ora, tra cespugli, navi arrugginite e scheletri di animali, rimaneva solo un acquitrino di colore viola.
Mentre camminava la donna s'interrogava sulla fine dei due emissari. “Di sicuro” pensò, “una scomparsa così repentina, tale da coinvolgere la memoria di uno stesso uomo, non era da imputare alla natura, essa aveva tempi più lunghi”. Sorrise amaramente. “Quale dei tre uomini era colpevole?”
Senza volere il pensiero corse a lei.
Hack l'aveva accolta quando i suoi genitori l'avevano lasciata per andare alle miniere in cerca di lavoro. Smarrita, trascorreva le notti guardando il cielo, lo stesso, ne era certa, che anche i suoi guardavano.
Una notte Hack venne a sederle vicino.
«Tutta la materia di cui siamo fatti l'hanno costruita le stelle,» le aveva spiegato e aveva continuato parlando di Supernove e reazioni nucleari. All'età di cinque anni, lei non aveva compreso quasi nulla, ma la conclusione di quel discorso divenne un approdo sicuro all'incertezza del presente. «E per questo motivo noi siamo figli delle stelle». Aveva concluso Hack e lei aveva ritrovato se stessa in quel cielo.
Terra rossa. Tra la polvere, un pick up procedeva nella sua direzione.
La donna strinse gli occhi. Individuò la sagoma di due uomini nella cabina e altri due nel cassone.
Il pick up si fermò. Una ventata risucchiò la polvere.
Nessuno scese.
L'uomo al volante guardò i suoi calzoni infilati dentro gli stivali di cuoio e la giacca informe, chiusa, nonostante la temperatura fosse di 30°.
«Sei armata?» le chiese.
La donna rimase in silenzio, poi aprì la giacca e se la sfilò rimanendo con una t shirt stinta.
«Cosa sono quelle?» domandò l'uomo indicando le cinghie che si incrociavano lungo il busto.
«Elastici. Sostengono la schiena».
«Dove sei diretta?»
«Est».
«Est» ripeté l'uomo. «Hai incontrato altri sulla strada?»
«Ieri, un blindato. Non si è fermato».
L'uomo annuì e rimase in silenzio.
«Forza Paul, andiamo. Non abbiamo tempo da perdere» gli intimò l'uomo seduto al suo fianco.
«Acqua ne hai?»
«Stai giù!» ordinò una voce maschile dal cassone..
La donna si girò, la sagoma che aveva intravisto si era nascosta dietro il bordo del pick up.
Annuì, senza fare domande.
L'uomo fece un cenno con la testa, la donna si spostò di lato mentre l'autocarro ripartiva.
Appena la polvere smise di vorticare la donna riprese il cammino senza perdere di vista la scia lasciata dal veicolo.
Rifletteva. Era certa che quella sagoma intravista fosse di una bambina. Guardò il cielo. Quella notte, decise, avrebbe chiamato Jenny.
La donna gettò nel fuoco un pezzo di legno.
«...» un sussurro.
La donna gettò altri rami, la fiamma si fece più grande.
«...» un lamento.
«Jenny, dove sei?» chiese la donna inquieta. «Jenny!» chiamò più forte. Non avendo risposta la donna raccolse tutta la legna e la gettò nel fuoco.
«Aiutami» sussurrò una voce sconosciuta.
«Chi sei?» chiese al fuoco
«Aiutami» ripete la voce e l'eco continuò fino a quando il fuoco non si spense.
Appena fu l'alba la donna si mise in cammino per attraversare il canyon, ma, dopo alcune ore, la strada le fu sbarrata da un imponente muro di cemento che chiudeva la gola.
Si ergeva per almeno trecento metri raggiungendo quasi la cima delle montagne. La larghezza era suddivisa in piani e su ognuno notò due uomini armati che sorvegliavano la postazione.
“Una fortezza” pensò, ma qualcosa non la convinceva. Ora che era più vicina sentiva ancora più chiaramente un suono che prima aveva solo vagamente percepito. Decise di arrampicarsi per guardare oltre.
Arrivata in cima i suoi occhi trovarono la risposta che cercava. Limitato dalle montagne e da imponenti pareti di cemento, davanti a lei si apriva un bacino artificiale sulla cui superficie si aprivano dei pozzi di dimensioni diverse.
Spinta dalla curiosità, incurante della sicurezza, saltò sul ballatoio per osservare da vicino una di quelle gole spalancate. Troppo tardi si accorse dell'errore. Una mano l'afferrò per il collo, mentre un calcio la costringeva in ginocchio.
«Chi sei?» le urlò una voce maschile.
La donna non rispose, l'uomo la gettò a terra e le puntò un MP4 in faccia.
Resosi conto che era una donna, ripose il fucile sulle spalle, si chinò e l'afferrò per il bavero della giacca, spingendola verso il parapetto della diga. Con i piedi le divaricò le gambe e tenendole un braccio piegato dolorosamente sulla schiena procedette alla perquisizione.
La donna, in silenzio, subì quell'assalto che s'attardava risalendo lungo le sue cosce, chiudendosi sul sesso. S'irrigidì, il pensiero corse alla frusta che portava avvolta al busto.
«Basta così» ordinò una voce alle loro spalle.
Con un ultimo strattone l'uomo l'afferrò facendola girare, poi fece un passo indietro e imbracciò di nuovo il fucile.
La donna alzò lo sguardo. L'uomo che aveva parlato indossava un casco protettivo e una tuta mimetica grigia. Riconosciutolo stava per dire qualcosa, ma un forte boato seguito da un risucchio la fermò.
L'uomo le fece cenno di alzarsi e di guardare alle sue spalle.
Il bacino sembrava aver preso vita, ogni pozzo era in funzione, incamerava acqua come un imbuto. Ogni suono era fagocitato da quell'enorme flusso che precipitava nelle viscere della terra.
Fu allora che la diga tremò sotto i suoi piedi.
Prima le sirene presero a suonare, poi uno dietro l'altro apparvero degli uncini che strisciarono alla ricerca di un appiglio. L'uomo che l'aveva perquisita si precipitò a sparare contro le corde per far cadere nel vuoto la minaccia. Invano.
Poco dopo, da ogni fune piazzata, apparve un uomo che, una volta trovato l'appoggio a terra, si mise a sparare.
La donna si gettò a terra. Dalla porta fuoriuscirono altri uomini in tuta grigia sparando. Con lo sguardo cercò un riparo. Fu allora che vide l'uomo del pick up correre verso il parapetto e gettarsi di sotto. D'istinto la donna decise di seguirlo. Appena si tuffò dietro il muro, l'acqua l'avvolse. Boccheggiò. Per un attimo credette di essere finita nel bacino. Poi realizzò di trovarsi in una specie di cornicione a filo dell'acqua.
Immediatamente si mise in piedi e iniziò a correre. L'acqua le arrivava alle cosce, ma lentamente, man mano che i pozzi risucchiavano l'acqua, questa scendeva permettendole di correre più agilmente. In breve si trovò alle spalle dell'uomo che cercava di aprire un portellone.
«Aiutami» le urlò l'uomo. «Aiutami».
Scuotendosi da un sogno, la donna afferrò la maniglia e insieme iniziarono a tirare. La porta si aprì.
Una volta dentro l'uomo iniziò a correre lungo una passatoia. Sotto i loro piedi la donna vedeva altri uomini andare in diverse direzioni. Urla dappertutto. Sirene. Era il caos, ma l'uomo procedeva sicuro in quel labirinto.
A un tratto, in direzione contraria, incrociarono un gruppo di persone da cui si staccò una piccola figura che corse loro incontro.
«Papà!»
L'uomo s'inginocchiò e abbracciò la bambina. «Non avere paura» le disse. Poi, senza perdere tempo, la prese in braccio e ricominciò a correre. «Seguimi» le urlò.
La donna gli si mise dietro senza sapere dove stessero andando, chiedendosi perché lo seguisse, poi i suoi occhi incontrarono quelli spaventati di una bambina, aggrappata alle spalle di suo padre. Il tempo scomparve.
«Eccoci» disse l'uomo fermandosi davanti a un portellone sferico. Posò la bambina a terra e procedette ad aprirlo. Una corrente d'aria fredda li investì. La bambina si rannicchiò dietro le gambe dell'uomo. «No» sussurrò, quasi avesse capito le sue intenzioni.
La donna guardò il tunnel, poi l'uomo.
«Tieni questa» le disse porgendole una pila. «Procedi senza deviare mai. Il tunnel vi porterà fuori attraversando il bacino. Poi dirigiti a Est. Giunta in città cerca John Malcon lui vi aiuterà» poi senza aspettare una risposta si chinò per parlare a sua figlia. Le sussurrava piano all'orecchio e la bambina piangendo scuoteva la testa.
«Sì, no, no, sì» singhiozzava la piccola.
Il padre l'abbracciò stretta, poi rivolto alla donna sembrò non avere più parole, sopraffatto dall'emozione.
La donna prese la mano della bambina e annuendo all'uomo si introdusse nel tunnel che si richiuse alle loro spalle.
Camminarono per ore in silenzio. I loro passi risuonavano nel condotto che attraversava il bacino.
Quando giunsero alla fine, e uscirono all'aperto, era notte.
La donna accese un fuoco, la fiamma crepitò.
Presto il calore le avvolse. La donna pose il braccio sulle spalle della bambina che le si appoggiò contro. Insieme guardarono le stelle.