Berenice

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DandElion
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Berenice

Messaggio#1 » giovedì 31 agosto 2017, 1:02

Chiave della felicità
è la saggezza;
non dobbiamo
fare torto agli dei;
le parole superbe
degli uomini arroganti
si scontano con i gravi colpi
del destino e insegnano, in vecchiaia
ad esser saggi.
(Sofocle-Antigone)


-“Berenice! BERENICE!”
Tutto sembrava fermo. L’aria era irrespirabile per via della calura d’agosto. Persino gli insetti avevano smesso di impastare la terra di merda e saliva.
La macchia rinsecchita era un tripudio di giallo e di spini- un odore da stare male- violento e diretto. Ginestra.
Berenice aveva imparato ad amare le ginestre da piccola, quando a casa della nonna zia Ifigenia ne prendeva sempre un ramo da mettere al centro della tavola, l’estate, quando c’era ancora la nonna. Quando zia Ifigenia era ancora “zia Ifigenia” come la ricordava lei: occhi verdi penetranti, due tette enormi- avrà avuto una coppa F?- e una lunga criniera liscia e nera portata sempre legata in alto.
Dio se era bella zia Ifigenia. Prima.
Prima che l’acido corrompesse i suoi lineamenti, trasformando il suo viso espressivo da attrice teatrale nella maschera di una lugubre morte messicana.

Prima che un pomeriggio di aprile passando per i vicoli del centro la SPQR nota come “Squadra Purificazione Quadrupedi Reticenti”, la bollasse come cagna, abbastanza da darle la caccia, come si farebbe con una volpe, e stanarla per cercare di renderla ciò che non poteva essere.
Prima che questo regime insensato di potere e odio prettamente maschile imponesse alle donne di mangiare la polvere, schiacciando loro di nuovo la testa. Prima del crollo.


L’impero di Antigone affondava le sue radici nella guerra civile, nata dalla ribellione delle donne che covava come il tizzone di Meleagro, silenziosa e viva sotto la cenere. Durante il regno di Edipo, anziano e malato, si era fatta via via più consistente una frangia estrema di violenza e maschilismo. Il coprifuoco era stato istituito affinché un minor numero di donne fossero stuprate, ma di giorno nessuno le poteva difendere dai picchiatori ufficiali della frangia, collusi tanto con la malavita quanto con gli organi di potere. Catenari sadici e senza scrupoli.
Le donne sole- ma anche quelle che avevano la prudenza di uscire accompagnate- potevano essere prese, schiacciate, umiliate e derise perché troppo magre, troppo grasse, troppo vestite o troppo spogliate; un inconsistente incrociarsi di occhi per strada poteva decretare l’insorgere di una violenza, uno stupro di gruppo o persino una uccisione tanto pubblica quanto immotivata.
E i compagni, i fratelli i padri di queste donne, ridotti ad esseri di dubbia mascolinità e senza alcun onore non trovavano la ragione e il coraggio di difenderle, o provando, a loro volta il gusto sadico della condivisione, passavano a traditori, aiutando nell’impresa gli stessi aguzzini.

Atalanta e Ippolita, compagne d’arme e nella vita, guidarono la rivolta.
Radunarono nel silenzio della clandestinità tutte le donne oppresse. Tutte quelle donne la cui natura selvaggia soffriva della clausura forzata. Tutte le donne che non solo non amavano più gli uomini sminuiti nel loro ruolo ma che forse non li stimavano proprio più, dopo aver cercato in loro almeno una sola qualità residua.

Fu guerra civile, sanguinosa e violenta. Le donne lasciarono libera la loro istintualità lupigna. Furono ore di orrore e giorni di raccapriccio. Schioccarono le fruste. Volarono i coltelli. Le più astute, con le corde fecero dei giochi niente male riducendo al silenzio per sempre chi le teneva nel buio.
Le nove code dei gatti fendevano l’aria e i corpi dei prigionieri di questa guerra, finché non rimasero vivi soltanto coloro che avevano dimostrato segni di obbedienza.
La resa veniva impressa con il marchio a fuoco, il vestito degli schiavi era la visibilità del collare, lasciarsi schiacciare come tappeti umani, muti, un privilegio.
Chi osava protestare pagava con la lingua o con la vita.

Molte donne rinunciarono alla propria preda di guerra, decretandone la morte, diffidenti e non più desiderose di avere un uomo nei paraggi.
Mia zia tra loro, si accompagnò con Atalanta stessa, consolandola della perdita dell’amata Ippolita, morta nei tafferugli.
Venne scelta per governare Antigone, fiera nei modi e competente figlia di re, che rinunciò alla sua pietà, ma per igiene chiese di fare un’alta pira sulla quale tutti i riottosi sconfitti di Tebe fossero bruciati.

Se poteste guardare indietro nel tempo notereste una donna, albina e minuta, che in un angolo per strada durante la notte peggiore di lotte partorisce una testolina, fulva di pelo e con gli occhi di ghiaccio.
La donna ferita a morte non trova che le forze per metterla al mondo, le circonda la testa con la mano insanguinata e le vorrebbe sussurrare dolce qualcosa, ma non riesce, anche avesse ancora il fiato per farlo le hanno strappato la lingua. Il sangue la strozza, ma Ifigenia la nota mentre corre nel buio, si ferma. La guarda negli occhi. Le sposta il viso con manico della sua frusta. Un rivolo di sangue glielo incornicia.
Un colpo di tosse la scuote.
Il colpo di grazia arriva fulmineo e incontrastato, come un rapace. Ifigenia la finisce col pugnale evitandole di morire piano e con la sola sinistra raccatta il neonato come un gattino. Femmina, decreta. Vivrà.

A questi avvenimenti seguirono tre lustri di pace.
Dove la violenza pubblica e privata era stata bandita, pena la morte, dove l’unica prevaricazione consisteva nella pubblica esposizione del collare, ma al contrario delle donne prima, gli schiavi godevano della possibilità di una posizione sociale ed erano protetti dalla donna che li possedeva.

Il pesce, però, puzza sempre dalla testa e proprio la nostra imperatrice e regina si rivelò essere la causa della nostra sciagura.
Emone, mio padre, figlio di Creonte era stato il peggiore dei sadici stupratori e proprio lui ruppe l’armonia. Ex marito di Antigone e capo dei rivoltosi era stato risparmiato, non per amore, come ci era stato fatto credere, ma affinché la sua punizione durasse una vita intera. Evirato e ridicolizzato portava il marchio di Antigone che soleva riservargli nell’intimo del loro privato la stessa cura sadica lui le aveva inflitto, nel silenzio del palazzo e della servitù, per anni.
Antigone era stata costretta da un padrone che non aveva scelto ad ogni sorta di sottomissione ed era quello che si dice un allieva che supera il maestro nella pratica del supplizio.
Emone, pertanto, raccogliendo dapprima resistenza tra gli uomini inermi, poi via via consensi instillando la paura e raccontando il dolore, tramò come un ragno eludendo la sorveglianza della sua padrona e riuscì ad istituire negli anni e lentamente una associazione clandestina di schiavi, che non si potevano riunire, ma avevano trovato il modo di comunicare.

Così dopo quasi 16 anni avvenne l’impensabile. Un nuovo sovvertimento violento, dove gli schiavi ribellandosi alle loro padrone cercarono sopraffarle. Dapprima l’armonia delle case venne meno, persino i bambini si ribellarono alle loro madri, sobillate dai padri schiavi. Poi venne il peggio, in segno di sfida gli uomini coprirono i marchi con dei tatuaggi e strapparono dai colli i loro collari. Venne infine la notte dei lunghi coltelli dove tutte le padrone rischiarono di perdere la vita, le lesbiche vennero sfregiate e l’esistenza della SPQR fu resa nota a tutti.
Le giovani, come me, vennero costrette alla fuga. Abbandonammo madri e sorelle. Fuggimmo nella macchia inseguite da mute di cani e di uomini muti. Un rastrellamento. Ci presero quasi tutte.

Siamo rimaste in dodici, donne libere, su tutta Tebe.

Antigone vede la città dall’alto, la sua testa impalata domina la porta, accanto a quella di Atalanta, comandante delle guardie. Mia zia, muta per la stessa mano che ammutolì mia madre, dopo una fuga lunga mesi è ridotta in schiavitù, sfregiata e ripetutamente stuprata oggi è di Emone, che adesso è imperatore di una città morta, passata a fil di spada, vuota, dove gli uomini, da soli si stanno distruggendo gli uni con gli altri, in una escalation di insensata violenza.
Non c’è più acqua potabile.
Gli animali muoiono di fame: nessuno li cura.
I campi soffrono: le piante non hanno più nessuno che le ascolti.
Le poche donne, sottomesse e schiacciate, non hanno più la possibilità di rimettere in circolo l’energia del Cosmo. Tebe è un cimitero. Un immenso desolato campo, così macchiato di sangue da non avere più nulla di santo. Gli uomini si sfidano in bande, per strada, per il dominio dei quartieri e l’unica festa è per i cani randagi che hanno ogni giorno carcasse di cui nutrirsi.

Noi dodici siamo l’unica speranza di Tebe per rifiorire, o almeno lo eravamo, prima dell’ultimo attacco.
Le SPQR hanno trovato il nostro nascondiglio e solo la metà di noi, ferita è riuscita a salvarsi. Nella fuga ho con me l’arco che fu di Atalanta, ma pochissime frecce. Ho perso il conto degli uomini che ho ucciso, proprio io che sono stata cresciuta nel rispetto della vita e nella non violenza. Ma ecco che ho sentito il rumore di uno scocco, ma le mie mani sono ferme, non è un mio dardo. La violenza dell’impatto mi spinge nella macchia. Striscio sotto ad una ginestra.

-“Berenice! BERENICE!”
Tutto sembra fermo. L’aria è irrespirabile per via della calura d’agosto. Persino gli insetti hanno smesso di impastare la terra di merda e saliva: la fecondo io col mio stesso sangue.
La macchia rinsecchita è un tripudio di giallo e di spini- un odore da stare male- violento e diretto. Ginestra.
Ho milioni di sogni. Amo la mia città, ma non la rivedrò più. Non godrò del pomo maturo della vecchiaia. Come tutti gli abitanti di Tebe ho peccato di ubris. Siamo maledetti. Maledetti nel sangue.

La vista sempre più annebbiata. Il dardo intriso nel sangue di Nesso. La voce di mia zia, nelle mie orecchie.
L’unica donna che io abbia mai amato- nel segreto del mio cuore- nelle lunghe sere d’inverno, quando abbracciata al suo corpo anche io, orfana e fulva ho conosciuto di quali prodezze è capace il cuore di una donna.


#AbbassoIlTerzoPuntino #NonSmerigliateLeBalle
#LicenzaPoeticaGrammatica
Adoro le critiche, ma -ve prego!- che siano costruttive!!

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kaipirissima
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Re: Berenice

Messaggio#2 » giovedì 7 settembre 2017, 14:15

Il racconto ha una buona struttura, si parte da un'azione che viene interrotta da un lungo flashback per chiudersi nel finale.
Il tono della narrazione è volutamente amaro. Non Ci sono dolcezze se non nella malinconia affettiva del finale.
Il ritmo è buono per quanto il racconto sia un lungo info dump. Devo ammettere che il carico di violenza che si perpetua è reso molto bene. La personalità di Berenice traspare proprio dal tono della sua narrazione, dal lessico che usa e credo che questo sia l'elemento più interessante di tutto il racconto.
Berenice racconta eventi passati e nel raccontarli mette tutto il suo essere, tanto da costruirci sopra un personaggio senza quasi mai vederlo in azione. Brava.

Lo stile è certamente particolare, ma la mia conoscenza di Altieri è legata soprattutto alla serie "terminal war". Quindi non mi esprimo.

A risentirci per la classifica.

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Eugene Fitzherbert
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Re: Berenice

Messaggio#3 » venerdì 8 settembre 2017, 0:30

Dand, questo racconto è veramente difficile!
Innanzitutto: è DENSO, nel senso che ci sono tantissimi avvenimenti che si susseguono a rotta di collo, uno dopo l'altro instancabili. È LUNGO, ma non per il numero di caratteri o di parole (ché tanto sono sempre quelli) ma per il periodo di tempo che riesci a coprire in uno spazio così ristretto (almeno vent'anni o giù di lì). È INTENSO, perché mette in scena tre momenti dello stesso conflitto tra uomo e donna, anzi tra uomini e donne e il premio di questa lotta è la supremazia. È VIOLENTO, perché combattere con un gatto a nove code, tagliare gole con coltelli affilati e scoccare frecce dirette al cuore non è cosa per deboli di stomaco. È ATTUALE, perché è impossibile non vederci un'eco di quello che sta accadendo in questi giorni in giro per l'Italia.

Credo che con queste cinque caratteristiche tocchi molti dei temi cari ad Altieri, anche se hai preferito non aderire al versante stilistico dell'autore nostrano. Se dovessi andare a trovare un qualche difetto per forza, allora credo che tutto sta nel limitato numero di caratteri: se avessi avuto più spazio, avresti potuto far crescere di più il personaggio di Berenice, farlo dialogare con Ifigenia e le altre donne di Tebe. E lo stesso vale per le altre protagoniste, che si muovono mute in un teatro fatto di morte e distruzione.

Comunque per la seconda volta, il tuo racconto è stato sorprendente e inaspettato. Brava!

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eleonora.rossetti
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Re: Berenice

Messaggio#4 » domenica 10 settembre 2017, 19:05

Ciao Dand,
un bel racconto. Divido as usual il mio commento:
STILE: a livello stilistico vedo che, nonostante non ci sia un'aderenza completa al suo modo di scrivere, tu abbia quantomeno cercato di dare immagini vivide, tangibili, e in questo ci sei riuscita bene. Ricordo il tuo commento sul mio racconto, sulla mancanza di onomatopee, ma visto lo stile personale non ne ho sentito la mancanza.
STORIA: leggendo mi è sembrato di vedere un enorme flashback, come se alla morente Berenice, negli ultimi istanti, scorresse davanti agli occhi tutta la vita, e non solo. In effetti la mole di avvenimenti raccontati è ben dettagliata e molto interessante. Forse, a voler muovere una critica (costruttiva, beninteso), avrei dato un po' più spazio a Berenice stessa e non relegarla solo all'ultimo atto. Forse avrebbe reso ancora più tragica e sentita la sua fine, se fosse stata partecipe più "attiva" nella storia.
Ciò non toglie che sia un bel lavoro. Bene così ;)
Uccidi scrivendo.

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maria rosaria
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Re: Berenice

Messaggio#5 » lunedì 11 settembre 2017, 15:46

Ciao Dand.
Se dovessi riassumere in una parola questo tuo racconto userei la parola Violenza e questo ti avvicina molto al modo e ai temi utilizzati da Altieri.
Ho avvertito nel corso della lettura un crescendo di violenza, di orrore, paragrafo dopo paragrafo e in questo sei stata molto brava.
D'altra parte ho interpretato la tua storia come una chiara condanna della Violenza che porta infatti i protagonisti in una escalation diabolica e senza speranza all'annientamento dei protagonisti stessi.
Se posso permettermi un'interpretazione del tutto personale, direi che dove le donne sottomesse e defraudate dei propri diritti pensino di riacquistare la propria libertà utilizzando gli stessi mezzi degli oppressori, non se ne avrebbe che un danno, un'offesa al genere umano e una spirale di violenza senza fine.
Detto ciò, che sono solo mie elucubrazioni, ti confesso che forse la storia avrebbe avuto bisogno di più spazio. Troppi protagonisti, troppe vicende, troppe cose che accadono e in cui, almeno io, ho faticato a orientarmi prima di ritornare a quella Berenice iniziale (e finale) a beneficio della quale avresti dovuto spendere qualche parola in più.
Alla prossima
Maria Rosaria

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Peter7413
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Re: Berenice

Messaggio#6 » mercoledì 13 settembre 2017, 19:04

Racconto, a mio personalissimo parere, troppo VASTO. Per reggerlo, lo trasformi in un lungo info dump e la protagonista non mi arriva, la sento lontana. In più, non ho percepito l'Altieri di Warriors, ma Dand Elion che si perde tentando di seguirne le tracce, non dello stile, ma tematiche. Si legge bene, scrivi bene e ne è conseguenza, ma, sempre parlando per me stesso, un pelo a fatica, per quanto ti ho esposto più sopra.

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lordmax
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Re: Berenice

Messaggio#7 » sabato 23 settembre 2017, 11:34

Tanta roba, davvero tanta roba nel tuo racconto.
Mi è piaciuta molto l’idea di un racconto così ampio e ambientato non in un futuro distopico ma in un passato apocalittico. La contrapposizione di genere poi è un classico di Alan quindi perfetta.
Ci sono alcune parti che non mi sono state chiare immediatamente quindi, anche a te suggerisco un passaggio nel laboratorio per limare i dettagli perché il racconto lo merita veramente.
Mi piace la sequenza tesissima degli eventi molto meno il fatto che sia tutto descritto, non mi sono sentito partecipe degli eventi ma lontano spettatore, come se stessi leggendo un libro di storia o una pagina di wikipedia, quasi una sorta di infodump. Questo aspetto è molto lontano dallo stile di Altieri che cerca invece sempre la totale empatia con la protagonista e con gli eventi.
Personalmente ti consiglierei di trasformarlo/modificarlo in una sorta di immagini flashback della protagonista, scene che lei rivive e non racconta quindi più ricche di dialoghi e scambi.

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Lo Smilodonte
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Re: Berenice

Messaggio#8 » giovedì 28 settembre 2017, 15:43

Ciao Dandelion. Il tuo racconto mi ha colpito nel bene come nel male. C'è tanto materiale, c'è un impianto narrativo molto vasto, c'è la possibilità di tirarne fuori qualcosa di buono perché c'è una scintilla ma... ma non c'è spazio. Al di là del fatto che non c'è Altieri - sento la tua narrazione assai distante dalla sua, e non ho nemmeno percepito grandi affinità, se non la violenza feroce e crudele della distopia - è tutto troppo compresso per una trama così valida. Insomma, ai fini del camaleonte non ci siamo, ma il pezzo ha delle grosse potenzialità, che però richiedono ampio spazio di trattazione.

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