Senza voce
Inviato: sabato 28 ottobre 2017, 15:46
Danny guardò l'orologio e sbuffò. Erano le sei passate e ancora non si vedeva nessuno. Frotte di mostri gli passarono davanti ridacchiando fra loro, come se sapessero della sua umiliazione. O forse ridevano del costume alla Frankenstein che la madre aveva messo insieme cucendo malamente delle vecchie tende.
Verso le sei e un quarto finalmente intravide Thomas risalire il pendio di Grove Street. L’amico incedeva maestoso per il viale alberato, sfoggiando il mantello da Vampiro nuovo di zecca che il padre aveva fatto arrivare da New York.
– Ce l’hai fatta, eh, principino? – protestò, incrociando le braccia. – È un’ora che aspetto!
– Scusa “D”, ho visto delle streghette sexy che non ti puoi immaginare – raccontò col volto rosso e il fiatone, lo raggiunse e si mise in bocca una vecchia pipa.
– A proposito, ehm… tua cugina? – gli chiese, cercando di nascondere il rossore del volto, prima di ricordare che era dipinto di verde.
– Ma come, non è ancora arrivata? – chiese Thomas, tirando fuori con nonchalance un accendino dal taschino damascato.
– A meno che non sia vestita da donna invisibile… – ironizzò Danny.
– No, è in fissa coi fantasmi in questo periodo. Ora che ci penso, ieri la zia ha detto che aveva un po’ d’influenza e non era sicura di mandarla – ricordò, accendendo la pipa.
– Che diavolo fai, sei impazzito? – Danny gli sfilò la pipa dalla bocca.
– Ehi, un po’ di rispetto per un ultracentenario.
– Ma se non hai neanche tredici anni!
– Ha parlato Matusalemme…
– Fa parte del costume!
– Piantala, spegni quella roba.
– Ciao – disse all'improvviso una voce dietro di loro, flebile e un po’ roca.
Danny e Thomas saltarono per lo spavento. Quando si voltarono, riconobbero la sagoma di una ragazza sotto gli strati di teli biancastri e veli fumé. Una collana di fiori secchi le circondava il collo, emanando un odore dolciastro. S’intravedevano soltanto la mano, pallide e bluastre, e scarpe di vernice nera ai piedi.
– Missy! Hai deciso di venire con noi alla fine? – chiese Thomas.
– Oh, finalmente. Ma sei fichissima… cioè, il costume è figo – sparlò Danny, per poi ridarsi un contegno. – Allora, andiamo?
Missy annuì.
– Non ti senti bene?
La ragazza fece di no con la testa e s’indicò il collo.
– Mal di gola, eh? Tranquilla, lascia parlare noi – propose Danny.
– Ok – sussurrò lei, sorridendo sotto i veli.
I tre percorsero le strade della cittadina, che come per incanto si erano riempite di vita. Incontrarono zombie, licantropi, streghe e bussarono a dozzine di porte. Il bottino della serata era decente: Danny e Thomas avevano riempito metà dei secchielli e Missy la sacca sulla gonna, tanto che faticava a camminare. Tuttavia Danny era irrequieto, voleva trovare il modo di impressionarla, e bussare alla porta del professore di Lettere e sentire una lezione su Mary Shelley, Lord Byron e Polidori non era stato così emozionante.
– Andiamo alla casa maledetta? – propose Danny mentre riposavano sotto un salice, intenti ad alleggerire i secchielli.
– Sei pazzo? – disse Thomas. – Quel posto mi mette i brividi.
Missy divorò l’ultimo marshmallow sotto i veli e fece di no con la testa.
– Dai, ragazzi, non avrete mica paura dei fantasmi? – fece lui spavaldo.
Thomas si alzò in piedi e si spolverò il completo – Non è quello, è che ci hanno ammazzato un’intera famiglia lì, non mi pare rispettoso, ecco.
Danny gli fece il verso della gallina finché l’amico non cedette, poi porse una mano a Missy per aiutarla a rialzarsi.
– Coraggio, ci divertiremo – insistette.
Missy titubò un po’, poi accettò l’aiuto.
– Cristo, sei gelata… se vuoi ti riportiamo a casa.
Missy fece ancora di no con la testa.
– Ok, allora prendi questo – le mise il suo giacchetto addosso.
– Grazie – sussurrò lei, e gli diede un bacio sulla guancia.
– Ehi, la piantate voi due? Siete disgustosi – commentò Thomas.
Nonostante fossero passati anni dalla strage, la vecchia costruzione in stile coloniale riusciva ancora a incutere una certa inquietudine. Due piccole finestre a forma di spicchio somigliavano agli occhi privi pupille di un essere gigantesco, e le colonne avorio della terrazza parevano denti pronti a divorare gli incauti passanti che si spingevano fino a lì.
Danny deglutì rumorosamente prima di avvicinarsi alla porta nera. Thomas, pallidissimo - non si sapeva se per il trucco o per la strizza -, era a un paio di passi dietro a lui. Sara era rimasta dall’altro lato della strada, insistere era stato inutile. Danny le rivolse uno sguardo di sfida, ostentando tutto il coraggio che era riuscito a trovare e premette il bottone sul muro. Gli parve che il suono del campanello rimbombasse per tutta la valle.
– Chi osa disturbare i morti? – disse una voce profonda da dentro la porta.
Danny e Thomas si abbracciarono.
La porta si aprì, investendoli di una luce color sangue. Lunghi artigli uscirono dalla porta, e quando li raggiunsero, i due gridarono con tutto il fiato che avevano. Solo quando riaprirono gli occhi si resero conto di avere davanti due ragazzi che ridevano a crepapelle.
Erano Joe e Marc, dell’ultimo anno, con artigli di gommapiuma e uno stereo. Danny li prese a male parole, si girò e s’accorse che Missy era sparita.
– Cavolo, penserà che sono un idiota – piagnucolò Danny, allontanandosi con la coda fra le gambe dalla casa maledetta.
– Sicuro – commentò Thomas. – Comunque neanche prima pensava che fossi un genio, se ti può consolare.
– Grazie di cuore, adesso mi sento meglio – rispose Danny.
– Tieni, consolati – disse l’altro passandogli la pipa.
Danny lo mandò a quel paese con uno sguardo.
Arrivarono davanti casa di Lizzy e le luci erano accese.
Danny guardò Thomas, come per chiedergli aiuto, e l’amico rispose con una pacca sulla spalla e un cenno di assenso.
Thomas rimase lì mentre Danny si avvicinava imbarazzato alla porta.
– Mi scusi, signora Thompson, c’è Missy? – chiese educatamente alla madre.
– Sì, povera, ha una febbre! Non deve mettere neanche un dito fuori. Entra se vuoi, è davanti alla tv.
Danny attraversò il salotto, dove aleggiava l’odore del pollo arrosto in preparazione e si avvicinò alla ragazza, avvolta in un plaid sul divano vicino alla finestra. Quando si accorse di lui, Missy trasalì.
– Danny! Oddio, che ci fai qui?
Lui si avvicinò col secchiello in mano e il capo chino.
– Oh, ma che carino, mi hai portato un po’ di dolci di Halloween?
– Eh? Ah, sì, certo, se vuoi… – fece lui, goffo. – Pensavo che ne avevi mangiati abbastanza, cavoli! Lizzy si mise seduta composta, rivelando un pigiama a fiorellini mentre lui si sedeva a fianco a lei.
– Di che parli?
– Beh, prima, sotto al salice. A proposito, volevo scusarmi…
– Salice? – Chiese lei, scartando una caramella alla fragola. – Mi prendi in giro?
Danny alzò il sopracciglio. – Sei un fulmine a cambiarti d’abito!
In quel momento qualcuno bussò alla finestra.
– Danny! – Thomas chiamava il suo nome.
Danny si avvicinò alla finestra e l’aprì.
– Che c’è? – chiese, infastidito.
– Ho trovato Missy! – disse, indicando la ragazza vestita di bianco, che li attendava poco distante, al di là del cono di luce del lampione.
Verso le sei e un quarto finalmente intravide Thomas risalire il pendio di Grove Street. L’amico incedeva maestoso per il viale alberato, sfoggiando il mantello da Vampiro nuovo di zecca che il padre aveva fatto arrivare da New York.
– Ce l’hai fatta, eh, principino? – protestò, incrociando le braccia. – È un’ora che aspetto!
– Scusa “D”, ho visto delle streghette sexy che non ti puoi immaginare – raccontò col volto rosso e il fiatone, lo raggiunse e si mise in bocca una vecchia pipa.
– A proposito, ehm… tua cugina? – gli chiese, cercando di nascondere il rossore del volto, prima di ricordare che era dipinto di verde.
– Ma come, non è ancora arrivata? – chiese Thomas, tirando fuori con nonchalance un accendino dal taschino damascato.
– A meno che non sia vestita da donna invisibile… – ironizzò Danny.
– No, è in fissa coi fantasmi in questo periodo. Ora che ci penso, ieri la zia ha detto che aveva un po’ d’influenza e non era sicura di mandarla – ricordò, accendendo la pipa.
– Che diavolo fai, sei impazzito? – Danny gli sfilò la pipa dalla bocca.
– Ehi, un po’ di rispetto per un ultracentenario.
– Ma se non hai neanche tredici anni!
– Ha parlato Matusalemme…
– Fa parte del costume!
– Piantala, spegni quella roba.
– Ciao – disse all'improvviso una voce dietro di loro, flebile e un po’ roca.
Danny e Thomas saltarono per lo spavento. Quando si voltarono, riconobbero la sagoma di una ragazza sotto gli strati di teli biancastri e veli fumé. Una collana di fiori secchi le circondava il collo, emanando un odore dolciastro. S’intravedevano soltanto la mano, pallide e bluastre, e scarpe di vernice nera ai piedi.
– Missy! Hai deciso di venire con noi alla fine? – chiese Thomas.
– Oh, finalmente. Ma sei fichissima… cioè, il costume è figo – sparlò Danny, per poi ridarsi un contegno. – Allora, andiamo?
Missy annuì.
– Non ti senti bene?
La ragazza fece di no con la testa e s’indicò il collo.
– Mal di gola, eh? Tranquilla, lascia parlare noi – propose Danny.
– Ok – sussurrò lei, sorridendo sotto i veli.
I tre percorsero le strade della cittadina, che come per incanto si erano riempite di vita. Incontrarono zombie, licantropi, streghe e bussarono a dozzine di porte. Il bottino della serata era decente: Danny e Thomas avevano riempito metà dei secchielli e Missy la sacca sulla gonna, tanto che faticava a camminare. Tuttavia Danny era irrequieto, voleva trovare il modo di impressionarla, e bussare alla porta del professore di Lettere e sentire una lezione su Mary Shelley, Lord Byron e Polidori non era stato così emozionante.
– Andiamo alla casa maledetta? – propose Danny mentre riposavano sotto un salice, intenti ad alleggerire i secchielli.
– Sei pazzo? – disse Thomas. – Quel posto mi mette i brividi.
Missy divorò l’ultimo marshmallow sotto i veli e fece di no con la testa.
– Dai, ragazzi, non avrete mica paura dei fantasmi? – fece lui spavaldo.
Thomas si alzò in piedi e si spolverò il completo – Non è quello, è che ci hanno ammazzato un’intera famiglia lì, non mi pare rispettoso, ecco.
Danny gli fece il verso della gallina finché l’amico non cedette, poi porse una mano a Missy per aiutarla a rialzarsi.
– Coraggio, ci divertiremo – insistette.
Missy titubò un po’, poi accettò l’aiuto.
– Cristo, sei gelata… se vuoi ti riportiamo a casa.
Missy fece ancora di no con la testa.
– Ok, allora prendi questo – le mise il suo giacchetto addosso.
– Grazie – sussurrò lei, e gli diede un bacio sulla guancia.
– Ehi, la piantate voi due? Siete disgustosi – commentò Thomas.
Nonostante fossero passati anni dalla strage, la vecchia costruzione in stile coloniale riusciva ancora a incutere una certa inquietudine. Due piccole finestre a forma di spicchio somigliavano agli occhi privi pupille di un essere gigantesco, e le colonne avorio della terrazza parevano denti pronti a divorare gli incauti passanti che si spingevano fino a lì.
Danny deglutì rumorosamente prima di avvicinarsi alla porta nera. Thomas, pallidissimo - non si sapeva se per il trucco o per la strizza -, era a un paio di passi dietro a lui. Sara era rimasta dall’altro lato della strada, insistere era stato inutile. Danny le rivolse uno sguardo di sfida, ostentando tutto il coraggio che era riuscito a trovare e premette il bottone sul muro. Gli parve che il suono del campanello rimbombasse per tutta la valle.
– Chi osa disturbare i morti? – disse una voce profonda da dentro la porta.
Danny e Thomas si abbracciarono.
La porta si aprì, investendoli di una luce color sangue. Lunghi artigli uscirono dalla porta, e quando li raggiunsero, i due gridarono con tutto il fiato che avevano. Solo quando riaprirono gli occhi si resero conto di avere davanti due ragazzi che ridevano a crepapelle.
Erano Joe e Marc, dell’ultimo anno, con artigli di gommapiuma e uno stereo. Danny li prese a male parole, si girò e s’accorse che Missy era sparita.
– Cavolo, penserà che sono un idiota – piagnucolò Danny, allontanandosi con la coda fra le gambe dalla casa maledetta.
– Sicuro – commentò Thomas. – Comunque neanche prima pensava che fossi un genio, se ti può consolare.
– Grazie di cuore, adesso mi sento meglio – rispose Danny.
– Tieni, consolati – disse l’altro passandogli la pipa.
Danny lo mandò a quel paese con uno sguardo.
Arrivarono davanti casa di Lizzy e le luci erano accese.
Danny guardò Thomas, come per chiedergli aiuto, e l’amico rispose con una pacca sulla spalla e un cenno di assenso.
Thomas rimase lì mentre Danny si avvicinava imbarazzato alla porta.
– Mi scusi, signora Thompson, c’è Missy? – chiese educatamente alla madre.
– Sì, povera, ha una febbre! Non deve mettere neanche un dito fuori. Entra se vuoi, è davanti alla tv.
Danny attraversò il salotto, dove aleggiava l’odore del pollo arrosto in preparazione e si avvicinò alla ragazza, avvolta in un plaid sul divano vicino alla finestra. Quando si accorse di lui, Missy trasalì.
– Danny! Oddio, che ci fai qui?
Lui si avvicinò col secchiello in mano e il capo chino.
– Oh, ma che carino, mi hai portato un po’ di dolci di Halloween?
– Eh? Ah, sì, certo, se vuoi… – fece lui, goffo. – Pensavo che ne avevi mangiati abbastanza, cavoli! Lizzy si mise seduta composta, rivelando un pigiama a fiorellini mentre lui si sedeva a fianco a lei.
– Di che parli?
– Beh, prima, sotto al salice. A proposito, volevo scusarmi…
– Salice? – Chiese lei, scartando una caramella alla fragola. – Mi prendi in giro?
Danny alzò il sopracciglio. – Sei un fulmine a cambiarti d’abito!
In quel momento qualcuno bussò alla finestra.
– Danny! – Thomas chiamava il suo nome.
Danny si avvicinò alla finestra e l’aprì.
– Che c’è? – chiese, infastidito.
– Ho trovato Missy! – disse, indicando la ragazza vestita di bianco, che li attendava poco distante, al di là del cono di luce del lampione.