La promozione
Inviato: lunedì 18 dicembre 2017, 23:58
La corsa lungo via Caracciolo lasciava il sapore della vittoria tra le labbra di Andrea. Il sapore delle labbra di Giulia. Quello dello spumante, del vento, del mare e della notte, che sembrava sempre più magica.
Tutto era iniziato quel pomeriggio, quando il suo datore di lavoro lo aveva convocato per conferirgli l’incarico a Direttore Generale della Divisione Commerciale dell’azienda. Anni a sgobbare, ingoiando rospi, erano serviti a farsi le ossa. I servilismi nei confronti dei superiori, mai melensi o troppo da tappeto dove pulirsi i piedi, avevano giovato a farsi ben volere.
Aveva chiamato Giulia appena uscito dall’ufficio.
«Dobbiamo festeggiare, piccola. Ho voglia di fare pazzie!».
«Che è successo di così speciale, amore?».
«Tra un’ora sarò sotto casa tua. Vestiti da sballo e te lo dirò».
Lei lo aveva accontentato ma non glielo aveva ancora detto.
Al ristorante, davanti alla vista del golfo, con il Vesuvio che si stagliava in lontananza sotto un cielo di stelle, una cena a base di pesce e dell’ottimo vino bianco, aveva brindato con lei senza rivelarle nulla. Era stato dura trattenersi e non rispondere alle insistenti domande di Giulia, ma c’era un motivo. Un motivo che passava spesso tra le sue dita, con una gran voglia di uscire fuori dalla tasca, ma che vi veniva ricacciato dentro perché non era ancora il momento giusto.
La decapottabile bianca era volata giù da Posillipo sino a Mergellina in un lampo, tra spumante e risa, baci voluttuosi e sguardi appassionati. Quando Giulia, bellissima nel vestito rosso, si era messa in piedi sul sedile e la gonna si era alzata al vento mettendole in risalto le gambe tornite, su sino al vello libero dall’intimo, un brivido gli aveva attraversato il membro e ora sembrava volesse esplodergli fuori dal pantalone. Andrea guardò il Vesuvio, dritto in piedi oltre Castel dell’Ovo, e accelerò. La città fluì sotto le ruote, oltre Santa Lucia e il porto, verso la montagna che da secoli, tra amore e fuoco, aveva vegliato sui napoletani, dando loro quel gusto della vita e il senso della morte che, forse, nessun altro popolo al mondo poteva vantare e di cui lui era orgoglioso. S’inerpicò per la Provinciale 114 sino a quota mille. Il piazzale di lapilli giaceva nel silenzio più totale. Sotto di loro Napoli e l’hinterland, le tante luci, i suoni attutiti e la bellezza che lasciava senza fiato, nascondendo il buio di alcune delle sue molteplici facce. Andrea non ci volle pensare. Afferrò la mano di Giulia e la guidò verso il sentiero del Gran Cono. I piedi affondavano sotto il loro peso nello strato friabile dei lapilli, rendendo faticoso la salita in cima, tra le risa e le ultime gocce di spumante che si riversavano fuori dalle loro bocche bramose. Lì si sentiva il padrone del mondo, accanto alla donna più bella che avesse mai visto, la più desiderabile. Sì, quello era il luogo giusto, doveva solo trovare il momento.
«Andrea, me lo dici ora cosa c’è da festeggiare?».
«Come potrei negarti una risposta se me lo chiedi con quel musetto? Oggi, in ufficio è accaduta una cosa straordinaria…».
«Ti hanno dato la promozione che tanto volevi. Dimmi, è così, vero?» Giulia sprizzava gioia da ogni poro.
«Ma così non vale! Avrei voluto dirtelo io».
«Scusa, scusa, amore. Okkei, fai finta di niente e dimmelo tu. Ma è proprio una bella notizia: te lo meriti».
«Come faccio a far finta di niente se continui così?». Andrea la guardò negli occhi e sorrise, era incredibile quanto l’amava. « Allora, facciamo in questo modo, ti inginocchi davanti a me, m’implori di dirtelo e io lo farò».
Ridendo, Giulia s’inginocchiò. « Ti amo troppo, lo sai, e farei qualsiasi cosa per te, anche questo». «Sono pronta, amore, dimmi tutto. A, sì, le scuse. Ti chiedo perdono».
Andrea accarezzò lo scatolino che da tempo rigirava tra le dita. «Giulia, sei la cosa più bella che mi sia capitata. Ti amo da impazzire. Vuoi rendermi felice per tutta la vita?».
Giulia, alla vista dell’anello, strabuzzò gli occhi, che divennero presto lucidi dall’emozione. Fissò quelli dell’amato, poi l’anello, poi le sue ginocchia sui lapilli, poi di nuovo il suo amato in piedi e pensò che c’era qualcosa di veramente buffo in quella scena e non riuscì a trattenersi dal ridere ancora.
«Ehi! Mi prendi pure in giro?».
Lei si alzò di scatto. «No, amore, non lo farei mai» e rise ancora, prima di baciarlo. «Per tutta la vita, insieme: io e te».
La notte stava diventando sempre più piccola mentre la luna illuminava i loro corpi coesi nell’amplesso. Le prime luci li colsero ancora abbracciati. Giulia si stiracchiò e fece qualche passo per riprendersi dal fresco dell’alba.
Squillò il cellulare.
«Toh! Un messaggio del mio capo. Perché poi l’avrà mandato a te?».
Giulia non fece in tempo a fermarlo, Andrea lo stava già leggendo.
«Buongiorno Amore. Allora te lo ha detto? Ho fatto come mi hai chiesto: l’ho promosso in un ruolo importante. Adesso, però, ho una gran voglia di te. Hai un debito, piccola, e sto venendo a riscuoterlo. Smack!».
Tutto era iniziato quel pomeriggio, quando il suo datore di lavoro lo aveva convocato per conferirgli l’incarico a Direttore Generale della Divisione Commerciale dell’azienda. Anni a sgobbare, ingoiando rospi, erano serviti a farsi le ossa. I servilismi nei confronti dei superiori, mai melensi o troppo da tappeto dove pulirsi i piedi, avevano giovato a farsi ben volere.
Aveva chiamato Giulia appena uscito dall’ufficio.
«Dobbiamo festeggiare, piccola. Ho voglia di fare pazzie!».
«Che è successo di così speciale, amore?».
«Tra un’ora sarò sotto casa tua. Vestiti da sballo e te lo dirò».
Lei lo aveva accontentato ma non glielo aveva ancora detto.
Al ristorante, davanti alla vista del golfo, con il Vesuvio che si stagliava in lontananza sotto un cielo di stelle, una cena a base di pesce e dell’ottimo vino bianco, aveva brindato con lei senza rivelarle nulla. Era stato dura trattenersi e non rispondere alle insistenti domande di Giulia, ma c’era un motivo. Un motivo che passava spesso tra le sue dita, con una gran voglia di uscire fuori dalla tasca, ma che vi veniva ricacciato dentro perché non era ancora il momento giusto.
La decapottabile bianca era volata giù da Posillipo sino a Mergellina in un lampo, tra spumante e risa, baci voluttuosi e sguardi appassionati. Quando Giulia, bellissima nel vestito rosso, si era messa in piedi sul sedile e la gonna si era alzata al vento mettendole in risalto le gambe tornite, su sino al vello libero dall’intimo, un brivido gli aveva attraversato il membro e ora sembrava volesse esplodergli fuori dal pantalone. Andrea guardò il Vesuvio, dritto in piedi oltre Castel dell’Ovo, e accelerò. La città fluì sotto le ruote, oltre Santa Lucia e il porto, verso la montagna che da secoli, tra amore e fuoco, aveva vegliato sui napoletani, dando loro quel gusto della vita e il senso della morte che, forse, nessun altro popolo al mondo poteva vantare e di cui lui era orgoglioso. S’inerpicò per la Provinciale 114 sino a quota mille. Il piazzale di lapilli giaceva nel silenzio più totale. Sotto di loro Napoli e l’hinterland, le tante luci, i suoni attutiti e la bellezza che lasciava senza fiato, nascondendo il buio di alcune delle sue molteplici facce. Andrea non ci volle pensare. Afferrò la mano di Giulia e la guidò verso il sentiero del Gran Cono. I piedi affondavano sotto il loro peso nello strato friabile dei lapilli, rendendo faticoso la salita in cima, tra le risa e le ultime gocce di spumante che si riversavano fuori dalle loro bocche bramose. Lì si sentiva il padrone del mondo, accanto alla donna più bella che avesse mai visto, la più desiderabile. Sì, quello era il luogo giusto, doveva solo trovare il momento.
«Andrea, me lo dici ora cosa c’è da festeggiare?».
«Come potrei negarti una risposta se me lo chiedi con quel musetto? Oggi, in ufficio è accaduta una cosa straordinaria…».
«Ti hanno dato la promozione che tanto volevi. Dimmi, è così, vero?» Giulia sprizzava gioia da ogni poro.
«Ma così non vale! Avrei voluto dirtelo io».
«Scusa, scusa, amore. Okkei, fai finta di niente e dimmelo tu. Ma è proprio una bella notizia: te lo meriti».
«Come faccio a far finta di niente se continui così?». Andrea la guardò negli occhi e sorrise, era incredibile quanto l’amava. « Allora, facciamo in questo modo, ti inginocchi davanti a me, m’implori di dirtelo e io lo farò».
Ridendo, Giulia s’inginocchiò. « Ti amo troppo, lo sai, e farei qualsiasi cosa per te, anche questo». «Sono pronta, amore, dimmi tutto. A, sì, le scuse. Ti chiedo perdono».
Andrea accarezzò lo scatolino che da tempo rigirava tra le dita. «Giulia, sei la cosa più bella che mi sia capitata. Ti amo da impazzire. Vuoi rendermi felice per tutta la vita?».
Giulia, alla vista dell’anello, strabuzzò gli occhi, che divennero presto lucidi dall’emozione. Fissò quelli dell’amato, poi l’anello, poi le sue ginocchia sui lapilli, poi di nuovo il suo amato in piedi e pensò che c’era qualcosa di veramente buffo in quella scena e non riuscì a trattenersi dal ridere ancora.
«Ehi! Mi prendi pure in giro?».
Lei si alzò di scatto. «No, amore, non lo farei mai» e rise ancora, prima di baciarlo. «Per tutta la vita, insieme: io e te».
La notte stava diventando sempre più piccola mentre la luna illuminava i loro corpi coesi nell’amplesso. Le prime luci li colsero ancora abbracciati. Giulia si stiracchiò e fece qualche passo per riprendersi dal fresco dell’alba.
Squillò il cellulare.
«Toh! Un messaggio del mio capo. Perché poi l’avrà mandato a te?».
Giulia non fece in tempo a fermarlo, Andrea lo stava già leggendo.
«Buongiorno Amore. Allora te lo ha detto? Ho fatto come mi hai chiesto: l’ho promosso in un ruolo importante. Adesso, però, ho una gran voglia di te. Hai un debito, piccola, e sto venendo a riscuoterlo. Smack!».