[V] Il ragno nero
Inviato: lunedì 18 maggio 2015, 23:15
Il ragno nero (di Raffaele Marra)
«Il ragno appartiene alla famiglia degli aracnidi, invertebrati dal corpo costituito da due parti: addome e testa…»
Mi chiamo Paolo, e quella che avete sentito è la voce della maestra Ida. Legge da un libro mentre noi ce ne stiamo buoni e muti. Io intanto, di nascosto, ho completato il mio ragno nero sul foglio: un corpo tondo, zampe lunghe ed eccolo qui sotto i miei occhi.
«…cattura le prede usando una ingegnosa ragnatela in cui esse si impigliano senza possibilità di salvarsi …»
Nico e Lea, i miei compagni di banco, hanno il collo teso e lo sguardo sulla maestra. Il ragno lo vedo solo io, ma ancora per poco. Stendo la mano veloce e lo stringo con forza fino ad accartocciarlo.
La maestra sembra essersi accorta del mio gesto o forse del sorriso che non riesco a controllare. Ha smesso di leggere.
Vedete che faccia fa!
Dalla porta entrano due uomini eleganti che le fanno un cenno. Poi mi indicano con un dito. I compagni mi guardano a bocca aperta. Tranquilli! Si vede che sanno che ho il potere.
Mi chiamano, mi alzo, la maestra si asciuga una lacrima, Lea mi ruba la gomma, Nico la merendina. Fa niente. Oggi il mondo ha bisogno di me.
«È là, nel casolare.»
«Attento, è un pericoloso assassino.»
Sono le voci dei due di prima. Con noi ci sono altri tre vestiti da poliziotti. Mi lasciano fare, sanno che sono la persona adatta. Faccio qualche passo in avanti, osservo gli alberi. Mille ragni stanno passeggiando intorno a me, innocui e leggeri. Sento i loro passi, il respiro. Ma il mostro è un altro, stamattina.
Chiudo gli occhi, trattengo il fiato e stringo le chiappe; farmela addosso per lo sforzo sarebbe orribile. Le orecchie mi fischiano, il cuore batte forte ma so di potercela fare. Apro gli occhi.
«Ti prego, smettila!», urla l’uomo che spunta dal casolare. Lo vedete anche voi, vero? Vedete come si tiene la testa, vedete come piange mentre cade sull’erba. Vedete come trema mentre lo ammanettano.
Lea mi ha portato una gomma a forma di cuore. Nico mi offre un plumcake al cioccolato. La maestra vuole che io racconti a tutti dell’assassino, dice che sono un eroe, che, se combatto, posso vincere contro tutti e contro tutto. Io sorrido, lei continua a piangere.
Ma va bene così, alla fine. Mi piace sentirmi importante.
Solo che…beh… questo proprio non lo sentite, vero? Insomma, parlo del dolore che è rispuntato un attimo fa proprio qui dietro gli occhi.
Ecco. Fatemi sedere che sono stanco. E magari se chiudo un po’ gli occhi…
«Si calmi, signora. Suo figlio conserva ancora le funzioni cerebrali.»
«Ma funzionerà?»
«Ha affrontato l’assassino con coraggio e ha vinto. Non è operabile, ma sa di potercela fare. Il metodo autosuggestivo potrebbe funzionare con un sognatore come Paolo. Ha una vivida immaginazione.»
«A cosa sta pensando adesso?»
«Non lo so.»
E io lo so, invece. Sto pensando al ragno nero, non quello di carta che ho strappato in un attimo ma quello che si nasconde nel mio cervello. Lo so che era tutta una commedia, che l’assassino e i poliziotti erano finti, che si sono dati da fare tutti quanti per convincermi di avere i poteri.
Ho dieci anni, non sono mica un bambino! E so di essere speciale.
Solo che ora devo lasciarvi. Sapete, a occhi chiusi lo vedo davvero, quel ragno nero.
È lì e mi aspetta a bocca aperta. E io, ovviamente, cammino verso di lui.
È tempo di combattere!
«Il ragno appartiene alla famiglia degli aracnidi, invertebrati dal corpo costituito da due parti: addome e testa…»
Mi chiamo Paolo, e quella che avete sentito è la voce della maestra Ida. Legge da un libro mentre noi ce ne stiamo buoni e muti. Io intanto, di nascosto, ho completato il mio ragno nero sul foglio: un corpo tondo, zampe lunghe ed eccolo qui sotto i miei occhi.
«…cattura le prede usando una ingegnosa ragnatela in cui esse si impigliano senza possibilità di salvarsi …»
Nico e Lea, i miei compagni di banco, hanno il collo teso e lo sguardo sulla maestra. Il ragno lo vedo solo io, ma ancora per poco. Stendo la mano veloce e lo stringo con forza fino ad accartocciarlo.
La maestra sembra essersi accorta del mio gesto o forse del sorriso che non riesco a controllare. Ha smesso di leggere.
Vedete che faccia fa!
Dalla porta entrano due uomini eleganti che le fanno un cenno. Poi mi indicano con un dito. I compagni mi guardano a bocca aperta. Tranquilli! Si vede che sanno che ho il potere.
Mi chiamano, mi alzo, la maestra si asciuga una lacrima, Lea mi ruba la gomma, Nico la merendina. Fa niente. Oggi il mondo ha bisogno di me.
«È là, nel casolare.»
«Attento, è un pericoloso assassino.»
Sono le voci dei due di prima. Con noi ci sono altri tre vestiti da poliziotti. Mi lasciano fare, sanno che sono la persona adatta. Faccio qualche passo in avanti, osservo gli alberi. Mille ragni stanno passeggiando intorno a me, innocui e leggeri. Sento i loro passi, il respiro. Ma il mostro è un altro, stamattina.
Chiudo gli occhi, trattengo il fiato e stringo le chiappe; farmela addosso per lo sforzo sarebbe orribile. Le orecchie mi fischiano, il cuore batte forte ma so di potercela fare. Apro gli occhi.
«Ti prego, smettila!», urla l’uomo che spunta dal casolare. Lo vedete anche voi, vero? Vedete come si tiene la testa, vedete come piange mentre cade sull’erba. Vedete come trema mentre lo ammanettano.
Lea mi ha portato una gomma a forma di cuore. Nico mi offre un plumcake al cioccolato. La maestra vuole che io racconti a tutti dell’assassino, dice che sono un eroe, che, se combatto, posso vincere contro tutti e contro tutto. Io sorrido, lei continua a piangere.
Ma va bene così, alla fine. Mi piace sentirmi importante.
Solo che…beh… questo proprio non lo sentite, vero? Insomma, parlo del dolore che è rispuntato un attimo fa proprio qui dietro gli occhi.
Ecco. Fatemi sedere che sono stanco. E magari se chiudo un po’ gli occhi…
«Si calmi, signora. Suo figlio conserva ancora le funzioni cerebrali.»
«Ma funzionerà?»
«Ha affrontato l’assassino con coraggio e ha vinto. Non è operabile, ma sa di potercela fare. Il metodo autosuggestivo potrebbe funzionare con un sognatore come Paolo. Ha una vivida immaginazione.»
«A cosa sta pensando adesso?»
«Non lo so.»
E io lo so, invece. Sto pensando al ragno nero, non quello di carta che ho strappato in un attimo ma quello che si nasconde nel mio cervello. Lo so che era tutta una commedia, che l’assassino e i poliziotti erano finti, che si sono dati da fare tutti quanti per convincermi di avere i poteri.
Ho dieci anni, non sono mica un bambino! E so di essere speciale.
Solo che ora devo lasciarvi. Sapete, a occhi chiusi lo vedo davvero, quel ragno nero.
È lì e mi aspetta a bocca aperta. E io, ovviamente, cammino verso di lui.
È tempo di combattere!