Gatto Bronco
Inviato: sabato 26 maggio 2018, 17:11
Gatto Bronco
Ore 10.30 di sera, lei gli manda un messaggio whatsapp, due cuori vicini, null’ altro, poi si ribalta sul letto, su un fianco, si schiaccia sul petto il cuscino di piume, lo abbranca e cade in un sonno profondo. Ore 6.23 del mattino, la sveglia ancora non ha suonato, lei deve fare pipì, scappa fuori dalle coperte e si butta in bagno, plana sulla tazza fredda e ne espelle almeno un litro. Strappa la carta a occhi chiusi, il rotolo cade per terra e si scartoccia tutto, si pulisce in fretta, ritorna sul letto, si accartoccia sotto le coperte per verificare la verità del suo ultimo sogno. E’ fuggito, quasi scappato pure dai ricordi, è rimasta solo una piccola scia, una macchina rossa, un vestito giallo, un’ equazione scritta su un muro. Si incazza, non ricorda come si fa a riacchiappare il sogno: “ Jodorowsky di merda- pensa- mi hai fatto credere si potesse fare e invece non ci riesco mai”. Ecco, ora è svanito del tutto, sia la macchina, che il vestito, è rimasta solo l’ equazione, ma senza numeri, solo segni. La giornata è iniziata di schifo, prende il telefono in mano, lo accende, un messaggio, anzi due, inviati da lui alle 5.45 del mattino: “Aspettami, arrivo”, lei rincula verso l’ alto, sposta il cuscino di rinforzo dietro la schiena e si appoggia a leggere con attenzione, poi risponde, prima con l’ emoticon a faccia stupita, poi : “Dove sei?”, lui risponde : “Cinque minuti, aspettami”. Sono sei mesi che non lo vede quel narcisista di merda, gli messaggia appena può, per non perdere contatto con l’ ennesimo uomo che le ha rovinato la vita. Questo tra gli altri lo ha fatto seguendo più o meno lo stesso schema di sempre.
1. Love bombing. L’ ha cercata su facebook tra mille contatti che aveva, l’ ha sedotta un po’ alla volta inviandole “profumi e balocchi”, l’ ha scartata una notte di ottobre facendole fare l’ amore fino a sfinirla.
2. Perseverare e resistere. Un anno di storia d’ amore fatta di pranzetti e cenette, di grandi bevute di vino, di scopate eccessive, di urla e silenzi, di bacetti, sorrisetti e vaffanculo.
3. Ti distruggo. Poi un giorno senza motivo apparente, lui sparisce, lei si contorce di dolore, poi lui riappare, la ferisce, lei subisce, lui insiste, lei insiste, lui si accanisce, lei patisce, lui sancisce, lei barrisce e si accascia… per terra… finita.
Ora, dopo sei mesi lui riappare, lei pensa ad uno scherzo, ma non si sa mai, quindi sistema velocemente il letto, corre in bagno si lava le ascelle e si fa un bidet, al volo una spazzolata ai denti e ai capelli ed ecco che suona il campanello del citofono. Lei risponde, lui pure, lei apre la porta, lui sale. Si baciano, si baciano di più, fanno di più che baciarsi, si leccano, si annusano, si mordono, si spogliano e guardano, ma chiudono anche gli occhi, si mangiano, si sputano. Fanno all’ amore, rivoluzionano il letto appena rifatto, svolazzano polveri sottili e peli di gatto nell’ aria che ricadono lenti sulla faccia di lui; allergico al gatto, inizia a starnutire, il pene esce fuori al primo starnuto di lui, poi rientra, rientra, rientra ancora. Passeggiano sul letto tutti i ricordi e i pensieri, passeggia sul letto anche il gatto, ma lui lo catapulta di fuori con un calcio, si dicono poco, lei le chiede di vederlo anche stasera, domani, lui risponde che lei è troppo invadente, che deve godere di quegli attimi di felicità che in quel momento lui le ha regalato. A quel punto a lei viene in mente “Teorema” di Ferradini, me pure “Minuetto” della povera Mia Martini. Oddio, ecco, ora lei si sente come Mia Martini, fra qualche anno si farà di psicofarmaci fino a lasciarsi morire. Cancella velocemente il pensiero dalla testa, poi le viene in mente pure Loredana Bertè, la sorella di Mia Martini, le gonne corte, i capelli blu, le labbra rifatte, gli stessi psicofarmaci con i quali pure stavolta si lascerà morire. Va in bagno, si lava e asciuga, la faccia, la fica. Lui resta nel letto fra i peli di gatto, starnutisce, perisce, si incazza e le dice che è arrivato il momento di non far salire più il gatto sul letto. Lei lo ascolta, ma gode nel saperlo soffrire, gli dice: “Hai ragione”, fa finta di cacciare il gatto al piano di sopra, ma invece lo accarezza e gli mette i croccantini buoni nella ciotola rossa. Lei spera che l’ allergia gli possa far gonfiare gli occhi come quelli di un batrace, come le labbra di Loredana Bertè. Succede, in parte, lui dice di aver bisogno di un antistaminico, lei prepara il caffè. Avvita la macchinetta, stretta, accende il gas, poi mette la macchinetta sul fuoco e dopo poco, quella, “poppolea”. Prende la tazzina bella, quella con il bordo di filigrana d’ oro, ma lui le dice se ha il latte, lui vuole il latte nel bicchiere, con il caffè. La tazzina, quella bella, no. Starnutisce, lui starnutisce ancora, ha bisogno di un antistaminico, urgentemente, ma lei non lo ha. Si veste, di corsa, dopo il latte, gli occhi rossi, la bacia, no, non la bacia, la accarezza, un poco. Apre la porta, le chiede dov’ è una farmacia.
Ore 10.30 di sera, lei gli manda un messaggio whatsapp, due cuori vicini, null’ altro, poi si ribalta sul letto, su un fianco, si schiaccia sul petto il cuscino di piume, lo abbranca e cade in un sonno profondo. Ore 6.23 del mattino, la sveglia ancora non ha suonato, lei deve fare pipì, scappa fuori dalle coperte e si butta in bagno, plana sulla tazza fredda e ne espelle almeno un litro. Strappa la carta a occhi chiusi, il rotolo cade per terra e si scartoccia tutto, si pulisce in fretta, ritorna sul letto, si accartoccia sotto le coperte per verificare la verità del suo ultimo sogno. E’ fuggito, quasi scappato pure dai ricordi, è rimasta solo una piccola scia, una macchina rossa, un vestito giallo, un’ equazione scritta su un muro. Si incazza, non ricorda come si fa a riacchiappare il sogno: “ Jodorowsky di merda- pensa- mi hai fatto credere si potesse fare e invece non ci riesco mai”. Ecco, ora è svanito del tutto, sia la macchina, che il vestito, è rimasta solo l’ equazione, ma senza numeri, solo segni. La giornata è iniziata di schifo, prende il telefono in mano, lo accende, un messaggio, anzi due, inviati da lui alle 5.45 del mattino: “Aspettami, arrivo”, lei rincula verso l’ alto, sposta il cuscino di rinforzo dietro la schiena e si appoggia a leggere con attenzione, poi risponde, prima con l’ emoticon a faccia stupita, poi : “Dove sei?”, lui risponde : “Cinque minuti, aspettami”. Sono sei mesi che non lo vede quel narcisista di merda, gli messaggia appena può, per non perdere contatto con l’ ennesimo uomo che le ha rovinato la vita. Questo tra gli altri lo ha fatto seguendo più o meno lo stesso schema di sempre.
1. Love bombing. L’ ha cercata su facebook tra mille contatti che aveva, l’ ha sedotta un po’ alla volta inviandole “profumi e balocchi”, l’ ha scartata una notte di ottobre facendole fare l’ amore fino a sfinirla.
2. Perseverare e resistere. Un anno di storia d’ amore fatta di pranzetti e cenette, di grandi bevute di vino, di scopate eccessive, di urla e silenzi, di bacetti, sorrisetti e vaffanculo.
3. Ti distruggo. Poi un giorno senza motivo apparente, lui sparisce, lei si contorce di dolore, poi lui riappare, la ferisce, lei subisce, lui insiste, lei insiste, lui si accanisce, lei patisce, lui sancisce, lei barrisce e si accascia… per terra… finita.
Ora, dopo sei mesi lui riappare, lei pensa ad uno scherzo, ma non si sa mai, quindi sistema velocemente il letto, corre in bagno si lava le ascelle e si fa un bidet, al volo una spazzolata ai denti e ai capelli ed ecco che suona il campanello del citofono. Lei risponde, lui pure, lei apre la porta, lui sale. Si baciano, si baciano di più, fanno di più che baciarsi, si leccano, si annusano, si mordono, si spogliano e guardano, ma chiudono anche gli occhi, si mangiano, si sputano. Fanno all’ amore, rivoluzionano il letto appena rifatto, svolazzano polveri sottili e peli di gatto nell’ aria che ricadono lenti sulla faccia di lui; allergico al gatto, inizia a starnutire, il pene esce fuori al primo starnuto di lui, poi rientra, rientra, rientra ancora. Passeggiano sul letto tutti i ricordi e i pensieri, passeggia sul letto anche il gatto, ma lui lo catapulta di fuori con un calcio, si dicono poco, lei le chiede di vederlo anche stasera, domani, lui risponde che lei è troppo invadente, che deve godere di quegli attimi di felicità che in quel momento lui le ha regalato. A quel punto a lei viene in mente “Teorema” di Ferradini, me pure “Minuetto” della povera Mia Martini. Oddio, ecco, ora lei si sente come Mia Martini, fra qualche anno si farà di psicofarmaci fino a lasciarsi morire. Cancella velocemente il pensiero dalla testa, poi le viene in mente pure Loredana Bertè, la sorella di Mia Martini, le gonne corte, i capelli blu, le labbra rifatte, gli stessi psicofarmaci con i quali pure stavolta si lascerà morire. Va in bagno, si lava e asciuga, la faccia, la fica. Lui resta nel letto fra i peli di gatto, starnutisce, perisce, si incazza e le dice che è arrivato il momento di non far salire più il gatto sul letto. Lei lo ascolta, ma gode nel saperlo soffrire, gli dice: “Hai ragione”, fa finta di cacciare il gatto al piano di sopra, ma invece lo accarezza e gli mette i croccantini buoni nella ciotola rossa. Lei spera che l’ allergia gli possa far gonfiare gli occhi come quelli di un batrace, come le labbra di Loredana Bertè. Succede, in parte, lui dice di aver bisogno di un antistaminico, lei prepara il caffè. Avvita la macchinetta, stretta, accende il gas, poi mette la macchinetta sul fuoco e dopo poco, quella, “poppolea”. Prende la tazzina bella, quella con il bordo di filigrana d’ oro, ma lui le dice se ha il latte, lui vuole il latte nel bicchiere, con il caffè. La tazzina, quella bella, no. Starnutisce, lui starnutisce ancora, ha bisogno di un antistaminico, urgentemente, ma lei non lo ha. Si veste, di corsa, dopo il latte, gli occhi rossi, la bacia, no, non la bacia, la accarezza, un poco. Apre la porta, le chiede dov’ è una farmacia.