Una birra ghiacciata
Inviato: martedì 17 luglio 2018, 0:59
— Salve.
— Salve, lei abita qui?
— No, ma forse posso aiutarla.
— Sa chi abita qua?
— Perché?
— Cerco mia moglie. Vengo dal paese, non conosco la zona.
— E perché sua moglie dovrebbe essere qua?
— Riconosco la casa.
— La casa?
— Sì, la casa. Il colore, gli infissi, quella ringhiera di ferro battuto lungo la scala.
— Le case si assomigliano tutte, qua nella valle, è sicuro?
— Sicurissimo, troppi dettagli uguali per essere un caso.
— L’ha vista prima?
— In una foto. Una foto sul telefono di mia moglie, appunto.
— Non è educato, guardare le foto altrui.
— Era aperta.
— Proprio quella foto?
— Non proprio quella. Era aperta un’altra foto che voleva mostrarmi e sa, scorrendo…
— Sì, ho capito, è andato a curiosare.
— Comunque, la casa…
— Perché cerca qua sua moglie?
— È scomparsa. Non la trovo.
— Vuole una birra? C’è un bar proprio all’angolo…
— No, grazie, non bevo.
— Ha provato da sua madre?
— Odia sua madre.
— Una sorella?
— È figlia unica.
— Suppongo che se è finito a cercarla in una casa vista in una foto per sbaglio…
— Ho esaurito ogni altra possibilità, prima.
— Non c’è un campanello.
— Ho notato. Neanche un nome sulla buca delle lettere.
— Bisognerebbe chiedere al postino, il postino conosce i nomi di tutti.
— Quando passa?
— Il martedì e il venerdì fa il giro lungo, su e giù per la valle.
— Non ho tempo di aspettare tre giorni! E poi quella buca delle lettere è tutta arrugginita, secondo me non arriva molta posta.
— Chi abita qui non dev’essere sociale.
— Mia moglie era di fronte a questa casa nella foto. Seduta su quel gradino lì, in basso.
— Com’era?
— In che senso?
— Nella foto. Era felice, triste, preoccupata?
— Era normale. Sorrideva.
— Alla persona che scattava la foto?
— Suppongo.
— E non teme di incontrare quella persona?
— No. Pensa che dovrei temerla?
— Magari è un energumeno. Magari è rabbioso.
— Ma no, mia moglie è una donna per bene.
— Fa caldo non trova?
— Un po’.
— Se cambia idea su quella birra…
— Le faccio sapere.
— Perché sua moglie è scomparsa?
— Non sempre le persone hanno una ragione per scomparire.
— Ma se avesse avuto una ragione, quale sarebbe stata?
— Era infelice?
— Era infelice.
— Già. Con me.
— E la cerca per…
— Per renderla meno infelice!
— Magari è meno infelice appunto perché lei non c’è più.
— Assurdo. Lontano da me sarebbe ancora più infelice!
— Mi permetta… era infelice oppure era triste?
— Infelice, triste, c’è differenza?
— La stessa differenza che passa tra il fuggire in una casa gialla con un energumeno e il fuggire e basta.
— Intende…
— Intendo!
— Non ci avevo neppure pensato. Mia moglie… Lei… No, impossibile.
— Non si può sapere.
— Ora mi ha messo in testa queste idee…
— Mi scusi, ma era necessario. Se si preoccupa, è giusto che si preoccupi con tutti gli scenari in mente!
— Ora mi andrebbe quella birra.
— Vedrà che le farà bene. Le schiarisce la mente, le raffredda il sangue!
— Ma prima devo entrare, devo entrare e vedere che non ci sia mia moglie in questa casa!
— Cosa fa?
— Si sposti! Mi lasci fare!
— Non può, fermo!
— La porta è di legnaccio, va giù come niente.
— Criminale!
— Se c’è qualcuno in casa: sto entrando!
— Idiota, almeno riaccostiamo la porta, che non si noti.
— Perché mi segue?
— Per impedirle di fare qualche sciocchezza!
— Lei non c’entra, vada via!
— Prima di parlarmi era tranquillo. Certo che c’entro, è colpa mia se ora è tutto rosso e inquieto.
— Si renda utile, accenda le luci, mi aiuti a cercare.
— Poi usciamo senza fare danni, però?
— Sì, sì, tutto quel che vuole, se mi aiuta.
— Attento alla tenda.
— Separiamoci, cerchiamo in fretta prima che qualcuno ci noti.
— No, restiamo insieme. Non voglio che mi molli qua dentro a fare da capro espiatorio. Se arrivano i carabinieri voglio avere lei al mio fianco per dire che ero un passante innocente tirato in mezzo a forza.
— Ma non lo è.
— No che non lo sono, ma lo dirà lo stesso!
— Bah.
— Di là viene odore di cibo, deve essere la cucina.
— Vuota.
— Vuole una birra?
— Cosa?
— La birra che voleva prendere con me, scommetto che ce n’è nel frigorifero.
— Ma non sono cose sue.
— Sono cose dell’energumeno. Non se ne accorgerà neppure. Non si sentirà in colpa, ormai?
— Forse un po’.
— La vuole o no?
— Dia qua.
— La stappo, uso le chiavi per fare leva.
— Che porcheria, sembra acqua sporca.
— A me non dispiace
— Magari all’energumeno piace.
— Almeno è fredda.
— È tutto buio e spento qua in casa.
— Già.
— Se ci fosse stata mia moglie da qualche parte, le luci sarebbero state tutte accese. Se le scorda sempre quando va da una stanza all’altra.
— Usciamo?
— Un’ultima stanza.
— Va bene, ma si spicci, mi sembra di sentire dei rumori in strada.
— Ehi, venga qua.
— Sì?
— Guardi questa foto.
— La vedo…
— È lei in questa foto?
— Io?
— Sì, lei!
— Mi somiglia.
— È lei da giovane.
— È una coincidenza. Il paese è piccolo, siamo tutti cugini di secondo o terzo grado.
— Non le credo.
— Perché mentire?
— Perché questa è casa sua.
— Gliel’avrei detto quando stava buttando giù la porta!
— Forse, non posso saperlo.
— Sì che l’avrei detto! Tantopiù che non c’è nessuno qua, ha visto?
— In effetti…
— L’avrei fatta entrare, le avrei detto che non conosco sua moglie e l’avrei mandata per la sua strada!
— Quindi lei conosce mia moglie!
— No, cioè, sì. La conosco.
— Lei è piccolo per essere l’energumeno.
— Non sono niente del genere, sono una persona normale. Ho scattato io quella foto.
— A mia moglie?
— Sì, a sua moglie.
— Siete amanti?
— No, non siamo amanti.
— Non credo neppure a questo.
— Eppure è vero.
— E cosa siete, allora?
— Parliamo.
— Parlate?
— Ci siamo conosciuti al corso di uncinetto della biblioteca.
— Uncinetto?
— Sì, cosa c’è di strano, è perché sono un uomo?
— Insomma… sì. È strano. Ma per caso lei è…
— No. Ma mi piace l’unicinetto. Sono proiezionista giù in paese, quattro ore ogni giorno ad aspettare che i film scorrano.
— Bella vita, la sua.
— Non è male. Pop-corn illimitati ogni giorno, praticamente il mio ideale di vita di quando avevo dieci anni.
— Potrebbe leggere, sarebbe più dignitoso.
— Non amo leggere, mi piace fare cose con le mani…
— Non mi distragga! Non mi importa di cosa fa nel suo tempo libero…
— Vuole sapere di sua moglie, eh?
— Sì, dov’è?
— Non lo so. Non la vedo da diversi giorni.
— Ma sa dove potrebbe essere?
— Forse.
— Mi ci porta?
— Lei non vorrebbe.
— E cosa ne sai, tu?
— Gliel’ho detto, parliamo.
— Cosa ti ha raccontato, esattamente? Mia moglie mente, sai?
— Mi ha detto che avresti finito per trovarmi, dopo aver visto quella foto. E mi ha detto che non sai resistere a una birra.
— Balle.
— Una bella birra ghiacciata, o due, o dieci.
— Cosa hai fatto?
— Quel che mi ha chiesto un’amica.
— Salve, lei abita qui?
— No, ma forse posso aiutarla.
— Sa chi abita qua?
— Perché?
— Cerco mia moglie. Vengo dal paese, non conosco la zona.
— E perché sua moglie dovrebbe essere qua?
— Riconosco la casa.
— La casa?
— Sì, la casa. Il colore, gli infissi, quella ringhiera di ferro battuto lungo la scala.
— Le case si assomigliano tutte, qua nella valle, è sicuro?
— Sicurissimo, troppi dettagli uguali per essere un caso.
— L’ha vista prima?
— In una foto. Una foto sul telefono di mia moglie, appunto.
— Non è educato, guardare le foto altrui.
— Era aperta.
— Proprio quella foto?
— Non proprio quella. Era aperta un’altra foto che voleva mostrarmi e sa, scorrendo…
— Sì, ho capito, è andato a curiosare.
— Comunque, la casa…
— Perché cerca qua sua moglie?
— È scomparsa. Non la trovo.
— Vuole una birra? C’è un bar proprio all’angolo…
— No, grazie, non bevo.
— Ha provato da sua madre?
— Odia sua madre.
— Una sorella?
— È figlia unica.
— Suppongo che se è finito a cercarla in una casa vista in una foto per sbaglio…
— Ho esaurito ogni altra possibilità, prima.
— Non c’è un campanello.
— Ho notato. Neanche un nome sulla buca delle lettere.
— Bisognerebbe chiedere al postino, il postino conosce i nomi di tutti.
— Quando passa?
— Il martedì e il venerdì fa il giro lungo, su e giù per la valle.
— Non ho tempo di aspettare tre giorni! E poi quella buca delle lettere è tutta arrugginita, secondo me non arriva molta posta.
— Chi abita qui non dev’essere sociale.
— Mia moglie era di fronte a questa casa nella foto. Seduta su quel gradino lì, in basso.
— Com’era?
— In che senso?
— Nella foto. Era felice, triste, preoccupata?
— Era normale. Sorrideva.
— Alla persona che scattava la foto?
— Suppongo.
— E non teme di incontrare quella persona?
— No. Pensa che dovrei temerla?
— Magari è un energumeno. Magari è rabbioso.
— Ma no, mia moglie è una donna per bene.
— Fa caldo non trova?
— Un po’.
— Se cambia idea su quella birra…
— Le faccio sapere.
— Perché sua moglie è scomparsa?
— Non sempre le persone hanno una ragione per scomparire.
— Ma se avesse avuto una ragione, quale sarebbe stata?
— Era infelice?
— Era infelice.
— Già. Con me.
— E la cerca per…
— Per renderla meno infelice!
— Magari è meno infelice appunto perché lei non c’è più.
— Assurdo. Lontano da me sarebbe ancora più infelice!
— Mi permetta… era infelice oppure era triste?
— Infelice, triste, c’è differenza?
— La stessa differenza che passa tra il fuggire in una casa gialla con un energumeno e il fuggire e basta.
— Intende…
— Intendo!
— Non ci avevo neppure pensato. Mia moglie… Lei… No, impossibile.
— Non si può sapere.
— Ora mi ha messo in testa queste idee…
— Mi scusi, ma era necessario. Se si preoccupa, è giusto che si preoccupi con tutti gli scenari in mente!
— Ora mi andrebbe quella birra.
— Vedrà che le farà bene. Le schiarisce la mente, le raffredda il sangue!
— Ma prima devo entrare, devo entrare e vedere che non ci sia mia moglie in questa casa!
— Cosa fa?
— Si sposti! Mi lasci fare!
— Non può, fermo!
— La porta è di legnaccio, va giù come niente.
— Criminale!
— Se c’è qualcuno in casa: sto entrando!
— Idiota, almeno riaccostiamo la porta, che non si noti.
— Perché mi segue?
— Per impedirle di fare qualche sciocchezza!
— Lei non c’entra, vada via!
— Prima di parlarmi era tranquillo. Certo che c’entro, è colpa mia se ora è tutto rosso e inquieto.
— Si renda utile, accenda le luci, mi aiuti a cercare.
— Poi usciamo senza fare danni, però?
— Sì, sì, tutto quel che vuole, se mi aiuta.
— Attento alla tenda.
— Separiamoci, cerchiamo in fretta prima che qualcuno ci noti.
— No, restiamo insieme. Non voglio che mi molli qua dentro a fare da capro espiatorio. Se arrivano i carabinieri voglio avere lei al mio fianco per dire che ero un passante innocente tirato in mezzo a forza.
— Ma non lo è.
— No che non lo sono, ma lo dirà lo stesso!
— Bah.
— Di là viene odore di cibo, deve essere la cucina.
— Vuota.
— Vuole una birra?
— Cosa?
— La birra che voleva prendere con me, scommetto che ce n’è nel frigorifero.
— Ma non sono cose sue.
— Sono cose dell’energumeno. Non se ne accorgerà neppure. Non si sentirà in colpa, ormai?
— Forse un po’.
— La vuole o no?
— Dia qua.
— La stappo, uso le chiavi per fare leva.
— Che porcheria, sembra acqua sporca.
— A me non dispiace
— Magari all’energumeno piace.
— Almeno è fredda.
— È tutto buio e spento qua in casa.
— Già.
— Se ci fosse stata mia moglie da qualche parte, le luci sarebbero state tutte accese. Se le scorda sempre quando va da una stanza all’altra.
— Usciamo?
— Un’ultima stanza.
— Va bene, ma si spicci, mi sembra di sentire dei rumori in strada.
— Ehi, venga qua.
— Sì?
— Guardi questa foto.
— La vedo…
— È lei in questa foto?
— Io?
— Sì, lei!
— Mi somiglia.
— È lei da giovane.
— È una coincidenza. Il paese è piccolo, siamo tutti cugini di secondo o terzo grado.
— Non le credo.
— Perché mentire?
— Perché questa è casa sua.
— Gliel’avrei detto quando stava buttando giù la porta!
— Forse, non posso saperlo.
— Sì che l’avrei detto! Tantopiù che non c’è nessuno qua, ha visto?
— In effetti…
— L’avrei fatta entrare, le avrei detto che non conosco sua moglie e l’avrei mandata per la sua strada!
— Quindi lei conosce mia moglie!
— No, cioè, sì. La conosco.
— Lei è piccolo per essere l’energumeno.
— Non sono niente del genere, sono una persona normale. Ho scattato io quella foto.
— A mia moglie?
— Sì, a sua moglie.
— Siete amanti?
— No, non siamo amanti.
— Non credo neppure a questo.
— Eppure è vero.
— E cosa siete, allora?
— Parliamo.
— Parlate?
— Ci siamo conosciuti al corso di uncinetto della biblioteca.
— Uncinetto?
— Sì, cosa c’è di strano, è perché sono un uomo?
— Insomma… sì. È strano. Ma per caso lei è…
— No. Ma mi piace l’unicinetto. Sono proiezionista giù in paese, quattro ore ogni giorno ad aspettare che i film scorrano.
— Bella vita, la sua.
— Non è male. Pop-corn illimitati ogni giorno, praticamente il mio ideale di vita di quando avevo dieci anni.
— Potrebbe leggere, sarebbe più dignitoso.
— Non amo leggere, mi piace fare cose con le mani…
— Non mi distragga! Non mi importa di cosa fa nel suo tempo libero…
— Vuole sapere di sua moglie, eh?
— Sì, dov’è?
— Non lo so. Non la vedo da diversi giorni.
— Ma sa dove potrebbe essere?
— Forse.
— Mi ci porta?
— Lei non vorrebbe.
— E cosa ne sai, tu?
— Gliel’ho detto, parliamo.
— Cosa ti ha raccontato, esattamente? Mia moglie mente, sai?
— Mi ha detto che avresti finito per trovarmi, dopo aver visto quella foto. E mi ha detto che non sai resistere a una birra.
— Balle.
— Una bella birra ghiacciata, o due, o dieci.
— Cosa hai fatto?
— Quel che mi ha chiesto un’amica.