Regressione

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il primo settembre sveleremo il tema deciso da Aislinn. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Aislinn assegnerà la vittoria.
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Marco Travaglini
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Regressione

Messaggio#1 » lunedì 1 ottobre 2018, 1:33

«Dai Cri, qui va bene» disse Rebecca slacciandosi la cinta.
«No, qui è divieto di sosta, vado a parcheggiare in fondo alla strada.»
«Ma dai che sono le undici di sera, chi vuoi che venga a controllare?»
Cristiano non rispose. Guidò per altri duecento metri sopportando il cicalino di allarme delle cinture di sicurezza e ignorando la ragazza che sbuffava. Parcheggiò la sua C3 sul bordo del parco, cercando di stare all’interno delle strisce, anche se poteva solo immaginarle. Il crocifisso appeso allo specchietto dondolava. Si slacciò la cinta.
«Ecco fatto, non capisco cosa cambi aspettare un pochino per rispettare le regole» rivolgendosi a Rebecca.
«Dai piantala Cri, guarda un po’ qui invece.» Prese una ciocca da dietro l’orecchio destro e la mise in mostra.
«L’hai colorata? Che diranno i tuoi genitori?»
«Che palle oh. Pensavo ti sarebbe piaciuta. A Bologna ero l’unica a non aver mai tinto i capelli, volevo provare. Comunque questo rosso andrà via con un quattro o cinque lavaggi.»
«Allora l’hai fatta apposta per farti vedere da loro.»
«No scemo, l’ho fatta per te,» avvicinando il volto al suo, «sai che succede se la guardi da vicino?»
«In che senso?»
«Avvicinati e basta.»
Un po’ titubante, Cristiano si avvicinò alla ciocca. All’improvviso la ragazza girò la testa e lui si sentì qualcosa di umido dentro l’orecchio. Un brivido di piacere gli percorse tutta la spina dorsale. Rebecca si lasciò andare ad un risolino di soddisfazione poi continuò a girare la lingua nel suo orecchio, mentre con una mano gli accarezzava il braccio. I peli dritti per la pelle d’oca si abbassavano al passaggio del palmo della ragazza, solo per scattare sull’attenti subito dopo. Cristiano non pensava a niente, si godeva quella piccola trasgressione. Rebecca staccò la mano dal suo braccio e la posò sulla sua gamba destra, iniziando a risalire. Cristiano iniziò a sentirsi un po’ in difficoltà. La mano della ragazza arrivò a tastare la sua erezione.
«No, basta così» allontanandosi dalla sua lingua e scostandole la mano.
«Perché?»
«Lo sai che è peccato.»
Rebecca lo squadrò. Indicò l’escrescenza in mezzo ai pantaloni. «A lui non dispiaceva però.»
«Dai Rebe, non voglio. E poi se ci vedesse qualcuno della parrocchia e lo dicesse ai miei?»
«Qualcuno della parrocchia? Qui nel bel mezzo del nulla a quest’ora di notte?»
«Per favore, non passiamo il poco tempo che abbiamo a litigare, che da quando sei andata all’università non ci vediamo mai.»
«Va bene, va bene, bacchettone. Allora visto che non ci vediamo da un po’ ti ho portato una cosa» disse porgendogli un pacchetto infiocchettato.
Cristiano prese il pacchetto. «Ma io non ti ho preso niente.»
«E allora? Dai aprilo, aprilo!»
Cristiano tolse la carta argentata e si ritrovò tra le mani un CD. Dream Theater, Metropolis pt.2: scenes from a memory.
«È musica metal?»
«Progressive Metal»
«Ma Rebe, non mi è permesso sentire questa roba, perché mi vuoi sempre mettere nei guai?»
«Questa “roba” è un concept album capolavoro. Inoltre parla di regressione, lo sai che è un argomento che mi sta molto a cuore.»
«E tu invece sai che è un argomento che va contro tutto quello in cui credo», la guardò di sottecchi, «e in cui dovresti credere anche tu.»
«Ma perché devi essere sempre così… quadrato», disse mimando la figura con le mani. «Sembra di sentir parlare Don Bastiano, o peggio ancora, i tuoi genitori. “È peccato, è proibito, e la parrocchia e il credo.” Che. Palle!» Si girò dalla parte opposta a braccia conserte.
Cristiano la guardava infastidito: le voleva bene, erano praticamente cresciuti insieme, ma ogni volta lei faceva di tutto per metterlo in difficoltà.
Rebecca si girò di scatto «va bene, sapevo che non avresti trasgredito alla tua irreprensibile morale solo per me, ma guarda cosa c’è dentro» disse indicando il contenitore del CD.
Cristiano lo aprì e una foto stampata su carta gli scivolò sulle gambe. La osservò da vicino: sembrava un’esibizione live, probabilmente dello stesso gruppo. «Embè?»
«Guarda bene chi c'è dietro le pelli.»
«Dietro che?»
«Il batterista!»
La foto era un po’ sgranata ma Cristiano riuscì a mettere a fuoco. I suoi occhi si illuminarono: stagione 2004-2005, sponsor tecnico UhlSport, sesto posto in serie B che in virtù di una serie di fallimenti e illeciti delle avversarie, si trasforma in terzo.
«Hai visto? Mike Portnoy, uno dei batteristi più famosi al mondo, indossa una maglia dell’Ascoli.»
Cristiano non smetteva di fissare la foto. «La maglia dell’ultima promozione in serie A» sussurrò quasi in trance.
«Allora Cri, gliela diamo una chance a questo gruppo?»
Cristiano si riebbe e la guardò sorridendo. Prese il CD e lo inserì dentro l’autoradio.
«Ecco, lo sapevo di contare meno dell’Ascoli per te. Almeno godiamoci un pochino il panorama.»
«Va bene» disse Cristiano mentre azionava il comando che apriva il tettuccio panoramico. I due ragazzi abbassarono i rispettivi sedili e Cristiano si ritrovò a fissare il bagliore della luna mentre l’eccitazione per il ricordo dell’ultima promozione ancora non lo abbandonava. Nella mano sinistra stringeva ancora la foto di Portnoy.


Scene One: Regression
Chiudi gli occhi e rilassati
Immagina una luce intensa
e bianca sopra di te,
e mettila a fuoco mentre
attraversa il tuo corpo.
Lascia che i tuoi pensieri fluttuino
mentre cadi sempre più
profondamente in uno stato mentale di completa rilassatezza.
Ora mentre conto alla rovescia da dieci a
uno, ti sentirai più in pace e calmo.
Dieci, nove, otto...


Eccoli lì i due viscidi. Infami. INFAMI! Oggi farete la comunione col diavolo.
Si avvicina un ragazzo. «Mia signora abbiamo controllato tutta la cripta», mi sussurra, «ci sono solo due mercanti nella navata laterale, ma non sono guelfi. Il priore e suo fratello sono assorti nella preghiera davanti ai resti del patrono e non hanno nemmeno servi o bastoni con loro.»
«Molto bene Branca, andiamo a prendere i nostri strumenti.»
Mi infilo nel buio nelle catacombe. Odore di muffa e putrefazione. Uno, due, tre, quattro. Il cunicolo dovrebbe essere questo. Tasto all’altezza del terzo cubicolo dal basso. Ecco, lo stemma inciso: le spighe e l’elmo. Provo a tirare la pietra: si smuove.
«Aiutami Branca, adagio» bisbiglio.
A tentoni segue il mio braccio e riusciamo a togliere la pietra. Rumore di passi furtivi. Sono arrivati anche gli altri. Mi sembrano pochi.
«Chi manca?»
«Cecco non se l’è sentita. Aveva paura di avere l’anima dannata quando ha saputo che li avremmo attaccati dentro il duomo.»
Bene, gli farà piacere diventare un martire allora.
Branca ci passa gli stiletti.
«Lascia quello di Cecco al suo posto.»
«Come desiderate madonna.»
Ci avviamo alla cappella centrale. I due fratelli sono in ginocchio, separati. Oddo è dietro, sulla destra. I miei gli si piazzano alle spalle. Branca si mette dietro al priore. Lentamente vado a mettermi davanti, in piedi, la lama celata sotto la veste. Mi abbasso il cappuccio. Passano pochi istanti. Sento che si alza. Mi sento afferrare il braccio.
«Come osa una donna mettersi davanti a un nobile?» C’è irritazione nella sua voce.
Mi volto, accennando un sorriso all’angolo della bocca. «Melchiorre»
Con una mossa repentina la mano grassoccia che mi tratteneva da padrona diventa schiava. Do uno strattone repentino e il priore è di nuovo in ginocchio. Dall’altra parte i miei uomini immobilizzano suo fratello. Sfodero la lama. Melchiorre ansima, si rialza in piedi. Branca prontamente gli afferra le braccia, bloccandolo. Gli afferro i capelli e gli punto lo stiletto sotto la mandibola.
Melchiorre mi guarda. I nostri volti non sono mai stati così vicini. Nei suoi occhi non c’è più la sicurezza dell’uomo nobile contro una donna indifesa. No, ora c’è paura. La paura del vigliacco contro il guerriero.
«Flavia, nemmeno tu puoi arrivare a tanto.» Deglutisce. «Dentro una chiesa, al cospetto di Dio e Sant’Emidio, tu non puoi...»
«Taci infame!» Aumento la pressione dello stiletto, un piccolo rivolo di sangue inizia a colare sulla lama. «Taci! Lurido, viscido cane. Hai fatto morire donne e bambini. Hai dato alle fiamme il palazzo della mia famiglia e stasera… stasera brucerai tra le fiamme dell’inferno!»
Spingo con forza la lama verso l’alto. Un fiotto di sangue mi imbratta mano e veste rendendo scivolosa la presa. Dall’altra parte oddo urla, i miei uomini lo zittiscono per sempre. Mi pulisco la mano sulla veste, strappo lo stiletto di mano a Branca e lo infilzo con violenza nell’occhio di Melchiorre.
Muori infame. Questa città non sarà mai vostra.

«Oddio, oddio, oddio!»
«Non imprecare Rebe.»
«Ma ti rendi conto?» La ragazza gesticolava in preda all’esaltazione. «Hai avuto una regressione spontanea! Tu, razza di un… quadrato scettico.»
«Non so, forse stavo solo parlando nel sonno.» Cristiano era confuso, continuava a stropicciarsi gli occhi mentre si rimetteva seduto. In sottofondo un assolo di chitarra che non riconosceva.
«Ma dai Cri, non dire scemenze, ma ti sei sentito mentre parlavi? Tutto quell’odio, tutta quella rabbia. Non eri tu. Era una tua vita passata. E credo anche di sapere chi. Portavano vestiti rinascimentali?»
«Eh?»
«Quelli che hai assassinato.»
«Oh, oh. Ma che cazzo dici? Io non ho assassinato nessuno!»
«Uh, addirittura una parolaccia? Allora ce li avevano o no?»
«Non lo so. Sembravano… vestiti medievali, ma più sfarzosi.»
«Oddio!»
«Rebe...»
«Dai tu eri Flavia Guiderocchi!»
«Chi?»
«Ma che ne vuoi sapere tu, sei un uomo. Era la figlia di Tommaso, la donna guerriera.» Si prese il mento tra le mani, pensierosa. «Sì sì, ha tutto un senso. Eri violenta, hai ucciso addirittura dentro una chiesa.»
«Io non ho ucciso proprio nessuno oh, basta con questa storia!»
«Sì, sì. Non tu, la tua anima. Lo capisci? Ora sei l’esatto opposto! Non te ne rendi conto? Sei tutto casa e chiesa, l’esatto opposto, per espiare l’omicidio di quei… come si chiamavano?»
«Sgariglia» Cristiano pronunciò quel nome con odio.
Rebecca lo guardava dritto negli occhi. «Lo sai vero che non avevi mai detto il loro cognome durante quello che chiami sogno?»
Cristiano ora era completamente disorientato. Si voltò verso il finestrino, cercando di far sbollire rabbia e adrenalina che gli scorrevano ancora in corpo. Doveva capire. Doveva parlarne con qualcuno che lo rassicurasse.
Tirò su il sedile e mise in moto la macchina. «Scusami ti riporto a casa.»
«Va bene.»
Un’idea si fece strada improvvisa nella sua testa.
«Dimmi solo una cosa Rebe. Questa storia non è vera, non deve, non può essere vera», guardò la ragazza dritta negli occhi. «Ma se lo fosse, potrei…» Cristiano non riusciva quasi a dirlo, quel pensiero andava contro ogni precetto della sua religione. «Con un po’ di prove, potrei rivivere il tempo dei primi cristiani?»
Rebecca gli afferrò il braccio. «No. Non è così che funziona. È già strano che tu abbia rivissuto un episodio così lontano nel tempo. Guardami Cri. Non funziona a comando, non sei tu a decidere. Di solito ci si affida a un professionista che ti ferma quando è il momento, perché è molto facile che la mente inizi ad inventare tutto di sana pianta. Hai capito?»
«Ma se io rimettessi questo CD e mi concentrassi su quel periodo magari»
«No, no e no. Se tu vuoi rivivere qualcosa di specifico, sta sicuro che la tua mente si inventerà tutto. Non devi farlo da solo, capito?» Cristiano non rispondeva. «Capito?»
«Va bene.»


Don Bastiano non faceva che camminare avanti e indietro. Scuoteva la testa.
«Figliolo mio, io davvero non capisco. Poi da te, da te! Non mi sarei mai aspettato una cosa simile.»
Cristiano guardava mestamente a terra.
«Lo capisci che se continui con questa storia devo prendere dei provvedimenti? Anche soltanto parlare di reincarnazione per un buon cattolico deve essere proibito, siamo nel campo della blasfemia lo capisci?»
«Sì padre. Ma...»
«No! Non c’è nessun ma. Se ti intestardisci con questa storia dovrò riconsiderare la tua domanda di ammissione al corso di teologia.»
«No padre la prego. I miei genitori ne sarebbero distrutti.»
«I tuoi genitori? Qui stiamo parlando di te, non di loro. Qui parliamo della tua anima.»
«È vero padre. Mi perdoni.»
«Bene, per fortuna torni a ragionare. Ora vai a confessarti da padre Anselmo.»

Cristiano era combattuto. Da una parte sapeva che non doveva considerare tutto questo nulla più di un sogno. Ma le sensazioni che aveva provato erano così reali, così profonde. Quando provava ad afferrare la vastità di ciò che aveva vissuto la notte prima in macchina, si sentiva mancare la terra sotto i piedi. Eppure doveva sapere, doveva capire se era stato davvero solo un sogno.
Entrò nel portone del Duomo di Sant’Emidio e si fece il segno della croce con l’acqua santa. Senza guardare nessuno si avviò verso le scale che conducevano alla cripta. Un cordone ne chiudeva il passaggio. Cristiano si fermò e fece per andarsene. Ma la sensazione di vita e paura avvampò dentro di lui. Sganciò il cordone e scese le scale nonostante il divieto, dirigendosi verso le catacombe. Quarto cunicolo. Terzo cubicolo dal basso. Uno stemma consumato dal tempo: su due quadranti un elmo, sugli altri due spighe di grano. Lo stemma dei Guiderocchi, l’aveva visto su Wikipedia. Cristiano toccò la pietra. Non si muoveva. Il suo respiro rallentò, il mondo ritornò al suo posto. Provò un secondo strattone più forte, per sicurezza. La pietra si mosse. Il cuore gli salì in gola. Si aggrappò con tutte le sue forze a quel pezzo di mondo, smuovendolo a destra e a sinistra, graffiando la terra intorno, ferendosi e tirando come se dietro quella pietra ci fosse celato il segreto della vita stessa. La pietra cadde a terra. Cristiano si avvicinò alla cavità, facendo luce con la torcia del suo smartphone: vuoto.

L’aria entrava dal finestrino aperto, mentre Cristiano percorreva la strada verso il Colle San Marco. Il terrore e la sensazione di vuoto gli opprimevano il petto. Non c’era nessuna lama all’interno dello scomparto segreto, ma la pietra e lo stemma erano esattamente là dove dovevano essere. E le parole di Rebecca non sembravano più sciocchezze campate per aria. Don Bastiano parlava esattamente come avrebbe parlato lui se non avesse vissuto quell’esperienza. Ma l’aveva vissuta, e ora non era sicuro più di niente.
Parcheggiò nello stesso punto della notte precedente, sotto la stessa luna. Accese l’autoradio e fece partire la prima traccia, sforzandosi di concentrarsi, nonostante l’ansia. Il freddo che era entrato nell’abitacolo gli procurava un leggero battito di denti. Chiuse gli occhi, serrandoli. La voce narrante della canzone aveva terminato il conto alla rovescia. Una voce chiara iniziò a cantare. Cristiano aprì gli occhi e fece ripartire la traccia dall’inizio. Le dita tamburellavano tra loro. Una civetta su un albero vicino iniziò a cantare. Cristiano scese dalla macchina, prese una pietra e gliela scagliò contro, facendola volare via. Di nuovo in macchina, di nuovo traccia uno. Provò con dei respiri profondi. Dieci, nove, otto...

Publio Terenzio arrivò di corsa alle sue spalle, fermandosi con le mani sulle ginocchia per il fiatone. L’alito puzzava di vino. I ladri erano scappati, irraggiungibili ormai. Cassio Longino scalciò via una pietra con un gesto di stizza. Fece segno al suo commilitone di seguirlo, mentre tornava verso il sepolcro. Si lasciò cadere al suo interno, premendosi i palmi contro gli occhi. La civetta col suo richiamo gli faceva scoppiare le tempie. Il prefetto li avrebbe fatti fustigare nella migliore delle ipotesi. Era sudato, stanco e rassegnato. Asciugò il sudore sul volto con il sudario che giaceva ai suoi piedi. Si alzò e andò a controllare la pietra. Guardò di nuovo il sudario che aveva lasciato per terra. Una musica gli ronzava in testa.
«Publio Terenzio, procurati altre funi, possiamo rifare il sigillo, il prefetto e i giudei non dovranno mai sapere quello che è successo.»

Cristiano si svegliò in un bagno di sudore. Non riusciva a rialzarsi. Gli sembrava di cadere dentro sé stesso, senza più nulla a cui aggrapparsi. La civetta col suo richiamo gli faceva scoppiare le tempie. L’intestino aveva smesso di rispondere ai suoi comandi e gli procurava fitte lancinanti. Aprì il finestrino per prendere aria. Cercò di tirarsi su aggrappandosi al volante della macchina. Le mani tremavano. Il crocifisso appeso allo specchietto retrovisore dondolava. Cristiano lo fissò: tutta la sua vita era stata costruita su quel simbolo, e forse anche le vite precedenti. Lo strappò con violenza e lo gettò dal finestrino. Come avrebbe potuto continuare guardare i suoi genitori in faccia? Come avrebbe potuto continuare a frequentare la parrocchia o parlare di teologia? Ora che sapeva, ora che tutto era chiaro, ora che la grande menzogna era rivelata. Ed era su di lui, su una sua vita passata che ricadeva la colpa di un inganno di duemila anni. Era tutta colpa sua, di Cristiano Traini, di Flavia Guiderocchi, di Cassio Longino: tanti nomi, una sola anima dannata.
Mise in moto la macchina. La musica non si era mai fermata. Maledisse quel CD e maledisse Rebecca. Andassero al diavolo, o chi per lui a questo punto.
Affrontò il primo tornante a velocità sostenuta, mentre scendeva dal colle.
Quanto sarebbe stato meglio non sapere, vivere nell’ignoranza. Forse per quello la reincarnazione era argomento tabù, forse anche in quella proibizione c’era lo zampino di una sua vita passata. Forse era davvero tutto un percorso di espiazione di quel peccato originale.
Il cartello indicava il secondo tornante, velocità massima 30 chilometri orari. Cristiano accelerò. La curva arrivò velocemente, la macchina prese il volo sopra la scarpata. Tutto rimandato alla prossima vita.



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Marco Travaglini
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Re: Regressione

Messaggio#2 » lunedì 1 ottobre 2018, 2:22

È la prima volta che partecipo, spero di aver fatto tutto correttamente, scadenza a parte. Mi scuso per il ritardo e per eventuali errori.

Ricapitolando per i bonus:

► Mostra testo


Curiosità: Mike Portnoy ha realmente indossato la maglietta dell'Ascoli Calcio in un concerto che (Dio solo sa per quale motivo) i Dream Theater hanno tenuto gratuitamente in una città sperduta come Ascoli nel 2005.
https://www.youtube.com/watch?v=V0ezA7p-uD4

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Wladimiro Borchi
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Re: Regressione

Messaggio#3 » lunedì 8 ottobre 2018, 16:01

Ciao, piacere di conoscerti e di leggerti.
Mi è sembrato proprio un buon racconto.
La penna mi sembra ottima, non mi pare ci siano eccessi né di aggettivazione, né con gli avverbi.
Non ho trovato frasi fatte, né refusi.
La trama e i personaggi ci sono, anche se il protagonista diventa un po' grottesco per quanto è bacchettone.
Capisco che sia necessario per arrivare all'eclatante gesto finale, ma forse necessiterebbe di qualche sfumatura ulteriore.
L'unica pecca sta nelle didascalie che sei stato costretto a inserire nel dialogo post "regressione", per spiegare appunto di che diamine si tratti.
Nel complesso un buonissimo lavoro.
I bonus dichiarati ci sono tutti.
A presto
Wladimiro
IMBUTO!!!

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Eugene Fitzherbert
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Re: Regressione

Messaggio#4 » martedì 9 ottobre 2018, 19:45

Ciao, Marco,
piacere di conoscerti!
Beh, inizio subito a farti i complimenti per il racconto, per l'idea e per come hai costruito le diverse scene, reinterpertando lo stesso concept album dei Dream Theater. A proposito di Portnoy, non so se hai visto le selezioni dopo la sua partenza: come cazzo suonano, quei quattro figli di puttana! E Mangini era l'unico che potesse raggiungere il tecnicismo dell'ex batterista...

Ok dopo questa regressione o digressione, torniamo al tuo racconto. Bello, sicuramente, ma un po' da limare, colpa soprattutto il limite maledetto dei caratteri, che ti hanno chiaramente obbligato a scorciare qua e là. Soprattutto nella prima regressione, quella che dovrebbe sorprendere il lettore, il cambio di prospettiva (obbligato, lo capisco perfettamente) sembra quasi fatto al buio. Però, devo ammettere che dopo poche righe, tutto si rimette in carreggiata, e l'azione e la storia riprendono quota.
La rivelazione finale, poi, è di quelle che distruggono la psiche e le certezze del protagonista che è giustamente bigotto al limite del bigotto.

Devo rilevare alcune sbavature, qualche virgola mancante qua e là (esempio: "Come desiderate madonna.", sarebbe più corretto "Come desiderate, madonna"; e altri analoghi esempi sparsi per il testo) e una o due lettere maiuscole che si sono perse per strada.
La citazione della canzone tradotta in italiano è una introduzione alla regressione ben congegnata (anche se indirizzata ai veri amanti dei dream theater che conoscono le parole con cui si apre l'album...)

Beh, basta, così, ho scritto pure troppo, maledett'a me! Bravo ancora, spero di leggere altro di tuo! E ancora benvenuto in questi lidi.

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Marco Travaglini
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Re: Regressione

Messaggio#5 » mercoledì 10 ottobre 2018, 10:20

Come prima cosa, vorrei ringraziarvi per il super benvenuto e per i complimenti. Entrare a far parte di questo gruppo è una cosa davvero emozionante per me.
Volevo poi ringraziarvi ancora di più per i suggerimenti che mi avete dato nei commenti al racconto: è la prima volta che scrivo qualcosa oltre i 5 mila caratteri e ogni minimo suggerimento per me è oro colato.

Veniamo alla ciccia.

Wladimiro Borchi ha scritto:La trama e i personaggi ci sono, anche se il protagonista diventa un po' grottesco per quanto è bacchettone.
Capisco che sia necessario per arrivare all'eclatante gesto finale, ma forse necessiterebbe di qualche sfumatura ulteriore.

Alessandro Calvi ha scritto:[...] Accanto a questo, inoltre, ho trovato eccessivamente caricaturale sia la sua fede che soprattutto il prete. Mi rendo conto che sia difficile caratterizzare i personaggi in pochissime righe come in questo caso, ma entrambi non sono riusciti a convincermi e mi sono suonati finti. Tutti e due sono "troppo": troppo credenti, troppo bacchettoni, troppo ottusi.

Eugene Fitzherbert ha scritto:[...] La rivelazione finale, poi, è di quelle che distruggono la psiche e le certezze del protagonista che è giustamente bigotto al limite del bigotto.

Alessandro e Wladimiro hanno parlato di una caratterizzazione di Cristiano eccessivamente grottesca, e sono d'accordo. D'altro canto come sottolinea Eugene, il suicidio può arrivare solo con qualcosa che distrugge ogni certezza. Sto provando a rendere Cristiano un po' meno caricaturale e a mantenere comunque scioccante e distruttiva la rivelazione finale, ma non so se ci riuscirò senza snaturare il racconto, magari proverò ad accentuare un po' di più la parte fragile di Cristiano a cui la religione fa solo da sostegno.

Eugene Fitzherbert ha scritto:[...] Soprattutto nella prima regressione, quella che dovrebbe sorprendere il lettore, il cambio di prospettiva (obbligato, lo capisco perfettamente) sembra quasi fatto al buio. Però, devo ammettere che dopo poche righe, tutto si rimette in carreggiata, e l'azione e la storia riprendono quota.

Wladimiro Borchi ha scritto:[...] L'unica pecca sta nelle didascalie che sei stato costretto a inserire nel dialogo post "regressione", per spiegare appunto di che diamine si tratti.


Proverò anche a rendere un po' meno eccessivo lo stacco tra presente e passato nella prima regressione come suggerito da Eugene. Magari spostando parte della spiegazione della regressione a prima della stessa e cercando di renderla un po' meno didascalica come suggerito da Wladimiro. Credo che con questo e una o due righe prima di entrare a pié pari dentro l'odio di Flavia, il lettore dovrebbe riuscire a capire dove si trova e cosa sta succedendo senza sentirsi troppo smarrito.

Ora veniamo al commento di Alessandro, in particolare questa parte che mi ha messo molti dubbi su come il racconto sia arrivato ai lettori:

Alessandro Calvi ha scritto:[...] Ecco, per quanto sia utile alla trama e al raccontare ciò che vuoi raccontare, a me stona che proprio lui sia non tanto Flavia Guiderocchi, quanto il centurione responsabile del falso su Cristo. Lì la mia sospensione dell'incredulità è andata in pezzi. Se già è difficile mantenerla intatta quando il protagonista di una vicenda è sempre al posto giusto nel momento giusto, ancor peggio è se un tizio a caso che per caso ha questo evento di regressione spontanea, risulta essere proprio quello responsabile di un evento che ha cambiato la storia dell'umanità. Uno ci stà (Flavia), due diventa già un po' troppo. L'ho trovato un po' troppo tirato per i capelli, ecco. [...]


Non potrei essere più d'accordo Alessandro, infatti l'unica vera regressione è la prima. La seconda, autoindotta, forzata, falsa, altro non è che frutto della fantasia di Cristiano e infatti si manifesta uno dei suoi peggiori incubi, ma lui non può rendersene conto. Ho provato a mettere in risalto la cosa con gli avvertimenti iniziali di Rebecca, con i riferimenti alla civetta e alla musica che sono delle ancore al presente, e non mutando il tempo del racconto come invece avviene nella prima regressione. Mi sarebbe molto utile sapere se questa parte è arrivata correttamente agli altri o se devo rincarare un pochino la dose di avvertimenti di Rebecca, magari rendendoli un pochino più espliciti e inserire qualche altro particolare che renda più chiara la falsità della regressione.

Ancora grazie a tutti, è un onore e un immenso piacere per me essere qui. Mi chiedo perché non ci sono arrivato prima.

PS: Eugene sì, le ho viste le selezioni. Tutte. Ce le vedevamo insieme ai colleghi in ufficio. Tanta roba ragazzi, tanta roba.

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