Pani ca meusa

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il primo marzo sveleremo il tema deciso da Massimo Spiga. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Massimo Spiga assegnerà la vittoria.
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Marco Lomonaco - Master
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Pani ca meusa

Messaggio#1 » lunedì 25 marzo 2019, 23:57

N.B. il mio siciliano è parecchio arrugginito, sorvolate. È più he altro una traccia... :D


È tutto vero. Non mi affannerò a negare.
Voglio dire sin da subito che non intendo fare pubblicità alla cosa, quindi la Santa Sede non avrà bisogno di mandare qualcuno a fare “le dovute pulizie”, come direbbe sua Eminenza. Mi limiterò ad andarmene per la mia strada e non sentirete più parlare di me.
Un’altra cosa che non mi affannerò a fare è chiedere perdono. Non mi pento di nulla.
Per oltre un decennio ho detto ai fedeli di due continenti che l’amore è un dono di Dio e che voltargli le spalle è come voltarle a Dio stesso. Non erano solo parole.
So cosa direte: è stato tutto un tranello di Satana per corrompere un altro servo devoto di Nostro Signore. L’ho pensato anche io, all’inizio, ma poi ho compreso la Verità.
La terza e ultima cosa che non mi affannerò a fare è spiegarvela, questa Verità: non è compito mio, deciderà il Signore se e quando.
Dico solo che la perfezione è divina, per sua stessa natura Satana non può ambire a tanto.
E quindi, senza timore di blasfemia, posso dire con certezza che con quel pompino, con quei seni e financo con la rottura dell’altare, Satana non c’entra proprio niente.
Deus lo volt, come disse Pietro l’Eremita per la crociata dei pezzenti.
Non siamo forse tutti pezzenti di fronte a Dio e all’Amore?


Il Cardinal Morazzi strinse il pugno attorno al foglio di carta e fissò gelido il sottoposto.
«Un altro?»
«Un altro, Eminenza.»
«Si può sapere che hanno le fanciulle di Palermo? È il sesto in due anni.»
«Se volete posso procurarle del materiale per, come dire, approfondire la questione. Deve solo dirmi di che età le grad…»
Morazzi batté il pugno sul tavolo, impattando su un fermacarte a forma di corona di spine che gli graffiò un dito. Digrignò i denti, sospeso tra l’istinto di infilare all’assistente il fermacarte in gola e quello di rispondergli che le donne gli facevano schifo.
Fece un respiro profondo mentre guardava le gocce di sangue scomparire tra le venature scure del noce nero della scrivania. «Ci avevano assicurato che questo aragonese era un devoto asessuato. L’avevamo scelto apposta.»
Il sottoposto sorrise. «La parola degli spagnoli è seconda solo a quella dei francesi in quanto ad inaffidabilità, Eminenza.»
«No,» rispose il porporato, «c’è sotto qualcosa. Per tutti i Santi, non uno, sei. Capisci? Sei! Non può essere un caso: siamo sotto attacco.»
«Non so, eminenza, le ragazze palermitane sanno essere molto…» Si fermò, come se non riuscisse a trovare la parola giusta, il suo volto sembrava raccontare mille storie tutte insieme. Scegliere un laico per assistente era stata una buona decisione, dopotutto.
«Fa’ quel che devi,» disse il cardinale, «muovi i tuoi fili. Senti anche il tuo parente, quello che fa i panini con la milza giù in Vucciria, come si chiama? Dici sempre che non c’è nulla che succeda a Palermo senza che lui lo sappia; bene, che ribalti ogni pietra da Cefalù a Trapani, se qualcuno cospira contro la mia Arcidiocesi, lo devo sapere.»
«Mio cugino Mimmo, cioè, Domenico, Eminenza. Lo contatterò subito. Ma non si faccia aspettative. Temo che lo spagnolo sarà solo l’ennesimo uomo casto che ha ceduto alle quattro labbra. Sic et simpliciter.»
«Non devi temere, non devi pensare, devi agire. E chiamiamo i gesuiti, che ci mandino Monsignor Spanò.» Il cardinale si infilò il dito gocciolante tra le labbra e cominciò a succhiare.

«Smettila di mangiugare idda merda, finirai col diventare stupido.»
Mimmozzo diede una pedata nelle costole al figlio che ruzzolò giù dalla poltrona.
Il ragazzo non mollò il controller della Switch e, in una mancanza d’istinto di conservazione da vero maschio alfa, si schiantò sul pavimento col volto. La barretta ai cereali light che aveva tra i denti colpì le piastrelle per prima senza lasciare scampo agli incisivi: in un fiotto di sangue, i denti si piegarono all’indietro, lasciando nelle gengive quattro piccoli fori allungati.
«Sei più ciuccio come tuo fratello, pace all’anima sua, ma almeno lui teneva due palle da toro e lo stomaco di un mangiacarogne.» Mimmo alzò lo sguardo al soffitto e sentì un inizio di pianto pizzicargli il naso.
Il ragazzo gorgogliò qualcosa in risposta dal tappeto, le labbra tirate e le gengive in bella vista.
«Che schifo, Santino,» continuò Mimmozzo, «chiudi quella bocca che fai impressione. Te lo diceva sempre tua madre, pace all’anima sua, che mangiare tutte quelle barrette ti avrebbe rovinato i denti. Ora mi toccherà pure riempire di soldi il signor Fredo per farteli rifare.»
Tirò fuori di tasca un rotolo di banconote e lo gettò a terra, centrando la chiazza di sangue che si allargava fin sulle piastrelle candide. La televisione mandò dei rumori di auto che si schiantavano.
«Tiè, vai a farti i denti nuovi, e poi vieni in negozio. Che ormai hai sette anni: se sei abbastanza grande per cominciare il catechismo, è ora che impari anche i segreti di famiglia.»
Con l’altra mano, Mimmo prese anche la barretta light, un incisivo del figlio sbucava ancora incastrato tra due fiocchi d’avena, appena sopra Il logo di Vitherba impresso nel cioccolato del rivestimento. Sbuffò. «Un Gambino a pane e milza deve crescere. Che direbbe tuo nonno, pace all’anima sua? Ah?» Alzò il mento inquisitorio. «Le sue ultime parole sono state proprio per te: “Un vero Gambinu iè, tiene ‘a baddazza come a mmia”.» Diede una manata sul ventre piatto del figlioletto. «E adesso guarda qua, che mi significa ‘sta panza piatta? Sei una disgrazia, un disonore.»
Il bambino si rimise in piedi, non piangeva. Abbassò il capo e un filamento di bava rossa gli colò dal labbro fino ai piedi. «Ma il maestro dice che la pancia è sint…»
La mano spessa come un tavolo da taverna gli si abbatté sulla guancia, mandandolo sdraiato dopo una piroetta. «Iddu nuddu ammiscatu ccu nienti iè. Muto deve stare.» Fece un respiro e abbassò il tono della voce. «Santuzzo, rispondi a papà: si dà retta alle minchie caricata ad acqua? A uno che tiene tre figli con la faccia del signor Fredo?»
«No, babà.»
Mimmozzo sollevò il figlio per il colletto e se lo mise in braccio. Il corto grembiule in vita riempì la maglietta del ragazzo di strisciate unte. «Bravo. Che t’ho detto che ci devi rispondere, a lui e a tutta questa gente che ti vuol mettere in testa strane idee?»
«Di stare muto…»
«E?»
Il figlio sputò a terra un grumo denso e si asciugò la bocca dal sangue con l’avambraccio. Fissò lo sguardo in quello del padre. «E che se non lo fa gli caccio i denti così giù per la gola che il prossimo pasto lo ha da masticare col culo.»
Un sorriso si allargò sul volto di Mimmo. Gli occhi pieni di lacrime. «Bravo Santuzzo a papà, io lo sapevo che sotto quell’aria da maccarruni si nascondeva un vero Gambino. Ma come t’è venuta in mente, è beddissima!» Tirò su col naso e scrollò il capo. «Però, Santù, dillo in dialetto, che fa più effetto. Non c’è cosa come il siculo per zittire i fetusi, ah?»
«Sì, papà. Ma non è mia, l’ho sentita in un film.»
«Sta’ senza pensieri e nun t’arriminare: arricriarsi con i film giusti, quelli bbuóni, è una cosa! Io sono cresciuto con Svarziniggher e, modestamente…» Si chinò, poggiò il figlio a terra e gli diede una pacca sul fondoschiena. «Da bravo, ora vai a cambiarti e raggiungimi di sotto, è ora che impari il mestiere dei tuoi avi.» Gli fece l’occhiolino. «E lavati bene la faccia, sembra che hai fatto di bocca a una bottana col marchese.»
«Sì, papà.» Aveva già cominciato a parlare meglio, era un duro suo figlio.
Lo guardò zompettare rapido fuori dalla stanza. Il ragazzo era il futuro dei Gambino, l’avrebbe presto messo a parte del segreto che si tramandavano di padre in figlio da quattro secoli.
Mimmo si alzò e si avviò a propria volta verso la porta.
«Lo sto tirando su proprio bene.» lanciò un’occhiata alla parete, la vecchia foto di suo padre in colori slavati lo guardava torva. «Fare il padre mi viene persino meglio che fare i panini.»
La scritta “GAME OVER” lampeggiava sulla televisione.

Mimmozzo vide il figlio attraverso la vetrata, appena al di là della scritta “macelleria taglio kosher”, retaggio di suo padre.
«Eccomi, papà.» Santuzzo entrò in bottega, rivolgendogli un sorriso a sedici denti, i fori degli incisivi spiccavano ancora lividi nel rosa delle gengive.
Dietro di lui, appena fuori dalla porta, quello che aveva tutta l’aria di essere un turista: Mimmozzo avrebbe detto americano per la stazza, greco per il profilo.
«Deve entrare?» si sbracciò Mimmo verso il forestiero, conscio che non lo avrebbe sentito attraverso i doppi vetri, ma quello fece un sorriso e si affannò ad alzare le mani scuotendo la testa.
«Guadda, guadda, ficci i foto pi l’Instagrammi» Gli strillò sorridendo affabile, «N’addiventano minne se continui a fissarli, sempre pani ca meusa sono.» Scompigliò i capelli del figlio e si avviò alla porta. «Insta di minchia.» Abbozzò un inchino e girò il cartello di metallo a ventose sulla scritta “chiuso”.

La cantina era umida, un vago odore di muffa aleggiava tra i sentori di rosmarino, coriandolo e urina stantia. Mimmozzo spinse dentro il figlio.
Al centro della stanza, legato per i polsi a un gancio di metallo che calava dal soffitto, c’era un uomo nudo. Aveva il pisello piccolissimo, poteva passare per un fagiolo.
«Forse che ti sei spretato per una bottana non è molto credibile come storia.» Disse Mimmozzo carezzandosi il mento. «Ma ormai è tardi per preoccuparsene.» Diede una manata sulle spalle di Santuzzo finché il piccolo fu davanti al prigioniero. «Colpiscilo.»
Il ragazzo esitò.
«Forte.» Il padre insisté.
Un’altra esitazione.
Mimmozzo si chinò dinanzi al figlio e gli carezzò la fronte. «Figghiu miu,» disse, «u sacciu ch’è difficile la prima volta…»
«Papà, io…»
Mimmozzo lo interruppe con una ginocchiata nel basso ventre che lo mandò carponi. Non gli piaceva picchiarlo, ma pisciare sangue per qualche giorno gli avrebbe fatto bene. A lui ne aveva fatto. «Qual è la prima regola di un Gambino?»
Tra i colpi di tosse, la voce di Santuzzo risuonò stentorea «N-nessuna pietà.»
«E picché cincischi allora? Un Gambino non cincischia.» Si avviò verso il prigioniero e gli tirò un cazzotto, appena sotto la linea delle costole. Il rumore sordo delle nocche fu lo stesso del batticarne su quattro dita di polpa.
«Vedi? Accussì, dritto in da mèusa, se la pesti quando è ancora vivo poi viene più morbida e tiene meglio i succhi.» Guardò il figlio. «Ora tu.»
«Sì, papà.» Santuzzo si alzò a stento, digrignò i denti e si schiantò con tutti i suoi venticinque chili nell’esatto punto in cui era ancora visibile la chiazza rossa del colpo del padre. Pareva posseduto: pugni chiusi, mani aperte, colpi di taglio, persino una testata. Era una furia.
«Hai visto che quando vuoi…» Mimmozzo lo guardò orgoglioso. «Dagli al porco, senza pietà, per tutti i tuoi avi.»
Durò un paio di minuti, poi il piccolo si lasciò cadere a terra, esausto. Lacrime di rabbia gli rigavano le gote. L’uomo appeso si contorceva e strillava nel bavaglio da quando uno dei colpi di Santuzzo lo aveva colpito sul fagiolo.
«Beddu, beddu e bravo. Ora cosa bisogna fare prima di macellarlo?»
«Rendere onore al giuramento» ansimò il piccolo.
«È il periodo più attivo di sempre della nostra famiglia, e io sono fiero che è arrivato il tuo momento.»
Santuzzo si mise di fronte all’incaprettato e si schiarì la voce.

«Voi cristiani avete rotto la minchia, e ora avete a pagare.» Santuzzo lanciò un’occhiata al padre che annuiva serafico, fino a qui tutto bene. Ogni volta che Mimmo si muoveva, a lui si contraevano in automatico tutti i muscoli dal collo all’inguine. Lo faceva per il suo bene, lo capiva, gliel’aveva detto chiaro il nonno prima di morire: “Santuzzino, tuo padre è un po’ ciuccio, forse gliele ho suonate troppe da picciriddu, ma spero ca lui farà lo stesso con te, perché sei un Gambino, e noi veniamo su a botte e pani ca meusa. Accetta tutto con grande orgoglio, l’orgoglio dei Gambino.”
Erano state parole più o meno vuote fino a quella mattina, quando Mimmo l’aveva messo a parte del segreto di famiglia.
«Conosci le origini storiche del panino con la milza?» chiese al salame umano, non rispose. «Il 1492 per molti è l’anno in cui fu scoperta l’America, ma per noi…» Un’altra occhiata al padre. «Per noi è l’anno in cui il cattolicissimo Ferdinando d’Aragona, su consiglio del Cardinale di Palermo, impedì a tutti gli ebrei nelle città del Regno di Sicilia di venire pagati in denaro. “Sono già fin troppo ricchi”, aveva detto. Ma per ogni strozzino ebreo, c’erano almeno cinquanta sguatteri ebrei che lavoravano dai macellai, che furono molto contenti dell’editto e presero quindi a pagarci con gli scarti: trachea, vene, intestini e… milza.»
Mimmozzo muoveva la mandibola, come se i denti fossero a caccia di pellicine.
«Ci avete rovinati, ridotti alla fame. Le parole di un cattolicissimo ci hanno feriti e uccisi più di spade e cannoni.»
«Ahi.» disse Mimmozzo grave.
Santuzzo sentì la rabbia montargli dentro, gli sembrava di sentire la sofferenza dei suoi avi, la loro sete di vendetta.
«Ma noi non ci siamo arresi. Quando la vita ti dà le milze, tu fai panini, vendili fuori dalle città, in mezzo alla merda, a pochi centesimi, pochi ma che si accumulano, fino a quando puoi pagare dei documenti falsi che certificano il tuo stato di sangue e cambiano il tuo cognome da Gabbai al cristianissimo Gambino, riconsegnandoti a una vita da dignitoso figlio di Cristo.» Prese fiato, ansante. «Quei tempi sono passati, ma la mia gente non dimentica: il debito è ancora aperto e gli interessi corrono.»
«Quanto trasporto,» disse Mimmozzo, «mi hai fatto emozionare.» Si alzò in piedi e posò gli occhi sul prigioniero. «Da quattro secoli la famiglia Gambino tiene i conti e passa a riscuotere. Abati, frati, vicari. I nostri preferiti sono i preti del rione, quelli che controllavano che gli ebrei avessero ciò che il re aveva comandato.» Rise. «Ma, per noi, siete solo rate. Come dicevano i latini: peculia non dolet. Tu lo sai il latino? So che non ve lo studiano più. Vuol dire che non c’importa da dove vengono i pagamenti, i soldi son soldi.» Si portò una mano alla cintura e ne trasse un lungo coltello che porse al figlio. «Avanti, Santu’, e ricordati la seconda regola: nessuno spreco.»
Il ragazzo prese la lama e la soppesò. Il padre scattò in piedi e gli diede un ceffone dietro la nuca. «Basta scrupoli, Santuzzo!»
Avrebbe voluto dirgli che lui era un Gambino, che di scrupoli non ne aveva mai avuti, che voleva solo gustarsi i momenti. Alla fine, era la sua prima volta, il suo primo contributo alla causa.
«Sì, papà» rispose. Si fece sotto al bersaglio e affondò la lama lungo la linea tra le costole e gli addominali, disegnando una linea che gli parve perfetta. Il sanguinamento fu minimo e, attraverso lo squarcio, si scorgevano la pelle rosata degli intestini e lei: la milza.
«Minchia,» sentenziò Mimmozzo, «iè grossa. Chi l’avrebbe detto? ‘sta minchia monca tiene i visciri d’un montone.» Si leccò le labbra. «Idda stufata in da sausa sarà ‘na prelibatezza.»
Santuzzo alzò gli occhi alla preda che strillava e provava a dibattersi, sembrava uno stoccafisso. «Da buoni Ebrei avremmo voluto chiedere dei soldi come risarcimento. Però, vedi, i macellai ebrei non possono venire pagati in denaro. Ci avete obbligati ad accettare pagamenti in frattaglie e ci siamo adattati.» Affondò la lama nel tessuto che collegava milza e intestini al resto del corpo e una cascata di viscere crollò sul pavimento, spandendo nell’aria l’odore acre della bile e dello sterco. «Accettiamo questa rata a parziale copertura del debito secolare che voi cattolici avete con la nostra gente.»
Alle loro spalle, la porta della cantina cigolò.

L’uomo che entrò era grosso, di sicuro un forestiero. Aveva il fisico di una di quelle comparse americane nei fast food dei film. Suo nonno l’avrebbe apprezzato: un ventre tanto prominente era sempre degno di un certo rispetto.
Da sotto il cappotto nero che calava come una campana fino quasi a terra, sbucavano due piedi nudi dentro sandali di cuoio, una croce tau in legno al centro del petto.
«Chi minchia vuoi? Non hai visto il cartello?» esplose Mimmozzo.
L’intruso sorrise e scosse appena la testa, non sembrava capire una parola. Indicò l’uomo sbudellato.
Suo padre si diresse a passi rapidi verso di lui. «Voi cristiani sempre a cacciare la minchia dove non dovreste. Poco male, con idda panza, terrai ‘na meusa come un cocomero.»
Mimmo afferrò l’uomo per le spalle e tirò per rovesciarlo a terra, ma quello non si mosse. Come un macigno enorme di cui sporgeva dal terreno solo la punta.
Accadde in un attimo: le braccia dell’uomo rotearono attorno ai polsi di Mimmozzo e li chiusero in una chiave articolare come quelle dei film. Nello stesso movimento fluido, il panzone si infilò una mano sotto la giacca e ne trasse una pesante croce di metallo i cui bracci corti erano penne di un’ascia.
L’arma si abbatté su suo padre prima che Santuzzo potesse rendersene conto.
Tanto, troppo sangue.
«Dominus pascit me, et nihil mihi deerit.»
La voce dell’uomo era profonda, una specie di gracidio faceva capolino su ogni sillaba intermedia. Lasciò la presa e Mimmozzo cadde a terra, l’ascia che gli scompariva tra la clavicola e la scapola. Tossì una schiuma rosso vivo e prese a trascinarsi con il braccio sano, il volto contratto in una maschera furiosa. Raggiunse Santuzzo in tre lunghe bracciate e lo usò come una stampella per rimettersi in piedi.
Il turista sorrideva, ancora fermo all’ingresso. «Così è questo il motivo,» disse, nella voce sempre quel maledetto gracidio. «Siete stati bravi, bellissime lettere, molto realistiche: nessuno in curia aveva mai sospettato nulla fino a questo momento. Ma è proprio questo il problema del “fino a questo momento”, che dura solo, appunto, fino a questo momento.»
«Santu’,» gorgogliò Mimmozo con un filo di voce, il braccio ferito che penzolava inerte. «Non aver paura. Qui ci penso io, lo distraggo e tu intanto scappi.»
«Non vado da nessuna parte!» rispose lui, la rabbia che gli bruciava dentro sovrastando la disperazione.
«Tu hai da fare quello che tta dicu io!» Tossì. «Ricordati la sacra missione, è più importante di qualsiasi cosa.»
Avrebbe voluto dirgli di no, che avrebbero ammazzato insieme quel panzone, che lui, sì, lui perdeva troppo sangue e non ce l’avrebbe fatta da solo.
«Sì, papà» disse.
«Bravo Santuzzo mio!» Sputò a terra un grumo di sangue. «Hai davanti giorni duri, ma dovrai ricostruire, e a questo scopo ricordati sempre la terza e ultima regola.»
«La terza regola?» Chiese il figlio.
«Sì, è la più importante di tutte, alla base di tutte le nostre possibilità.» Espirò altre bolle di saliva mista a sangue. «Ascolta bene.» Gli accostò le labbra all’orecchio. «Nessuno. Scontrino. Fiscale.»
Gli strappò di mano il coltello da macellaio e si lanciò verso il panzone in un ringhio lacerante. Non l’aveva mai visto tanto determinato, faceva paura.
Senza pensare, Santuzzo corse verso l’uscita a denti stretti. A poche spanne da lui, il rumore sordo di un corpo che cadeva a terra.
«Fa’ che sia il panzone,» pensò serrando le palpebre. «Il panzone!»
Agguantò la maniglia e tirò con tutte le forze che aveva. La porta si aprì e lui riaprì gli occhi: la stretta scalinata si inerpicava fino al piano di sopra. Ci si lanciò a rotta di collo.
Poggiò il piede sul primo gradino e una mano lo afferrò per la collottola. Si sentì sollevare e trascinare indietro. Solo suo padre aveva tanta forza nelle braccia, gli pareva di riconoscerne il tocco brutale.
Santuzzo finì scaraventato a terra, al centro di un’enorme chiazza di sangue. Volse lo sguardo e, accanto a sé, il corpo inerme di Mimmozzo lo fissava con occhi vuoti.
«Salve, Eminenza,» ancora il gracidio. Santuzzo si voltò e vide il turista che parlava al telefono. «Sono Spanò.» Pausa. «Il problema è risolto. Era l’informatore.» Pausa. «Non me l’aspettavo nemmeno io. Stenderò un rapporto al mio rientro.» Pausa. «Avrò anche un piccolo regalo.»
Si rimise il telefono in tasca e fece due passi verso di lui. Gli fu sopra in un respiro. Bastardo.
«U-uccidimi,» gli disse Santuzzo, «un Gambino non si doma!»
Spanò rise.
«Non essere sciocco, piccolo.» Si schiuse in un ghigno sadico. «Siamo preti, noi i bambini mica li uccidiamo…»


Se dici cose senza senso, sarai trattato come un paroliere.
Sbattuto su e giù e ribaltato su un tavolo, fino a che le tue interiora saranno fuoriuscite.
E ci leggerò dentro ciò che mi pare, magari il futuro. [cit.]

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Marco Lomonaco - Master
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Re: Pani ca meusa

Messaggio#2 » martedì 26 marzo 2019, 13:01

Bonus, boh, non ci ho fatto molto caso mentre scrivevo ma:
1) mortalità, in questa parte al 40% dei pg in scena e del 60% dei pg citati, non è male... Se può valere qualcosa, nella storia intera muoiono anche tutti gli altri xD
2) La scurrilità creativa mi pare ci sia...
3) Latino c'è n'è...
Se dici cose senza senso, sarai trattato come un paroliere.
Sbattuto su e giù e ribaltato su un tavolo, fino a che le tue interiora saranno fuoriuscite.
E ci leggerò dentro ciò che mi pare, magari il futuro. [cit.]

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Re: Pani ca meusa

Messaggio#3 » martedì 26 marzo 2019, 23:48

Lo stile è fresco e interessante. La scrittura di questo racconto mi ha colpito e la giudico la migliore di tutti. I dialoghi e le immagini evocate sono splendide e coinvolgenti. L'espediente del panino con la milza che nasce dall'editto di Ferdinando d'Aragona è un'idea molto buona (che sia storicamente fedele o meno). Ho apprezzato molto alcune battute (su tutte la terza regola di Mimmuzzo) e le parlate dialettali che sono state usate molto bene.
I difetti, secondo il mio parere, sono due: la trama e il finale.
Mi spiego meglio: la trama è narrata in modo impeccabile, avvincente. Ma a conti fatti qual è? Non l'ho capita. Pur rileggendolo più volte (perché mi sarebbe piaciuto non fare la figura dell'ingenuo) non sono riuscito a capire il collegamento tra l'incipit e il finale, e nemmeno tra l'inizio e il finale. Capisco che c'è a causa dei nomi usati, ma se fossero diversi direi che sono due racconti incompiuti mischiati assieme dalla stampante.
Il finale muore nel buio e mi ha lasciato insoddisfatto (non ho capito, appunto) e mi è parso buttare via tutto l'ottimo lavoro fatto fino lì coi personaggi e le situazioni.
La battuta finale, invece, è perfetta e di grande effetto.
Questo racconto mi mette davvero in difficoltà perché è scritto troppo bene per non buttarlo in cima alla classifica ed è troppo deludente per farlo.
Mannaggia Marco!

Uso creativo della scurrilità: presente
Termine latino: presente.
Altissima mortalità dei personaggi: assente. Nelle scene mostrate muore solo Mimmo.

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Eugene Fitzherbert
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Re: Pani ca meusa

Messaggio#4 » mercoledì 27 marzo 2019, 20:32

MarcoMaster! Finalmente leggo qualcosa di tuo.

Allora, ti dico che non faccio il lavoro di fino che ti ho visto fare, con le note a margine del racconto, non saprei neanche come farlo, non è il mestiere mio. Ti faccio un po' di commenti in sequenza, nella maniera più organica possibile.

Il racconto in quanto tale è divertente e prende in considerazione una delle tradizioni siciliane più radicate e conosciute (se ci avessi messo pure la mafia e gli scacciapensieri, avevamo il piatto completo! Just kidding!). È una vicenda abbastanza articolata, che mette le radici addirittura cinquecento anni e più anni fa e quello che ci fai vedere è che certe tradizioni non muoiono mai. Sono arrivato alla fine della lettura soddisfatto, contento di aver speso quei quindici minuti in compagnia di Santuzzo e Mimmozzo. C'è un però, e te lo dico di seguito. Se ho preso cantonate, se ho detto cazzate, allora perdonami, ma è così che mi è arrivato il racconto...

1 - La 'lettera' iniziale (che ha il suo valore di sviare i sospetti sulle morti dei preti) contiene degli elementi di troppo, che restano lì (la rottura dell'altare, ad esempio; o i fedeli dei due continenti). La spiegazione che mi sono dato è che, essendo la lettera un fake, allora sono notizie buttate a caso, e che quindi lì devono rimanere. Mi spiegherai.

2 - Il secondo paragrafo introduce l'assistente di sua Eminenza, che è anche il cugino di Mimmo; di lui poi si perdono completamente le tracce, nonostante il grado di parentela con il protagonista. Mi chiedo se magari fosse a conoscenza dell'attività di famiglia e se magari avesse mai cercato di avvertire Mimmo di quello che stava per accadere.

3 - La cosa che più mi ha fatto storcere il naso è il bambino. A sette anni parla come un uomo di quaranta (rata per debito secolare, per esempio). Ho cercato di interpretare che sia una cosa che gli ha fatto imparare a memoria Mimmo e che Santuzzo sta ripetendo a pappardella, ma è una mia interpretazione che non si evince dal testo.

4 - L'anatomia della tua splenectomia è un po' erratica, e te lo dico per deformazione professionale, mio malgrado. E ti assicuro (avendone viste a decine, soprattutto traumatiche) che non si sente odore di bile, visto che fegato e cistifellea stanno dall'altra parte dell'addome.

5 - Il prigioniero spesso strilla nonostante sia imbavagliato e si agita sembrando uno stoccafisso.

6 - Non ho capito se Spanò (che compare nell'ultima sequenza) è lo stesso forestiero che Mimmo vede fuori dalla porta della bottega. E se lo è allora, nella sua comparsa non è specificato.

7 - Spanò mi puzza di deus ex machina, che arriva in men che non si dica e risolve tutto il caso. Magari potevi far dire a sua Eminenza di contattare Spanò e vedere a che punto erano le indagini, così per far incastrare questo finale che altrimenti sembra un po' tirato. Sorvolo sull'ingresso dell'uomo senza alcun rumore di scasso, perché immagino che sia uno abbastanza scafato, una sorta di Wolfe che risolve i problemi e lo fa discretamente. Alla stessa maniera, non mi spiego il senso del suo gracidio nel suo modo di parlare e perché sia 'maledetto' alle orecchie di Mimmo.

8 - La costruzione della scena finale è anche leggermente spiazzante: se l'uomo è entrato in cantina dalla porta che cigola alle spalle dei due protagonisti, come fa poi il bambino a correre verso la porta dando le spalle al padre che sta combattendo? In linea di massima, Spanò avrebbe dovuto trovarsi tra Mimmo e la porta. Ma forse non l'ho visualizzata bene.

9 - 'le braccia dell’uomo rotearono attorno ai polsi di Mimmozzo e li chiusero in una chiave articolare come quelle dei film. Nello stesso movimento fluido, il panzone si infilò una mano sotto la giacca e ne trasse una pesante croce', in questa frase, non riesco a capire quante mani abbia Spanò, se con due fa una chiave articolare (presumo che sia una presa da autodifesa) e con l'altra mano prende la croce/ascia.

10 - Ti segnalo alcune imprecisioni di poco conto sparse qua e là: l'uomo appeso a un gancio non è 'incaprettato'; non mi va di fare ricerche su Kosher, ma mi ricordo una cosa sugli ebrei siciliani che erano serfarditi e non lo pronunciavano alla stessa maniera, ma mi sa che mi sbaglio, sono riconglionito al 75% oggi, che è pure poco; Immagino che la citazione Pecunia non DOLET sia voluta per dare più caratterizzazione al personaggio di Mimmo, un po' grezzo; più altra roba che non mi ricordo ma veramente minore.

Tecnicamente, ci sono alcuni punti in cui il soggetto cambia all'interno della stessa frase, qualche cambio di PdV, pochi sparsi refusi.
Stilisticamente è uniforme, con pochissime sbavature ("lacrime sulle gote").

Va da sé che sei uno che scrive, e questa ne è la prova provata. Va anche da sé che questa storia l'hai scritta un po' di fretta e l'obbligo di stralciare pezzi e caratteri per colpa di Nucera ti ha fatto fare delle scelte, che sono pesate sull'economia stessa del racconto, soprattutto nel finale che è molto veloce e il colpo di scena della lettera finta passa quasi in sordina.
Chissà com'era in versione totale, senza compromessi. Ecco, di quello sono curioso.
Complimenti, e te li faccio sinceramente, perché la scrittura è pulita e precisa, nulla da eccepire. Sei il Master e si vede.

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Re: Pani ca meusa

Messaggio#5 » venerdì 29 marzo 2019, 11:29

Ciao Luca, ti rispondo direttamente in blu nel tuo commento ;)

Luca Nesler ha scritto:Lo stile è fresco e interessante. La scrittura di questo racconto mi ha colpito e la giudico la migliore di tutti. I dialoghi e le immagini evocate sono splendide e coinvolgenti. grazie delle belle paroleL'espediente del panino con la milza che nasce dall'editto di Ferdinando d'Aragona è un'idea molto buona (che sia storicamente fedele o meno fedele al 75%, è soricamente vera, ma mimmo e la sua famiglia la manipolano un pochino a causa del loro pdv interno alla vicenda e della loro sete di vendetta, ma è in buona parte vera). Ho apprezzato molto alcune battute (su tutte la terza regola di Mimmuzzo) e le parlate dialettali che sono state usate molto bene.
I difetti, secondo il mio parere, sono due: la trama e il finale.
Mi spiego meglio: la trama è narrata in modo impeccabile, avvincente. Ma a conti fatti qual è? Non l'ho capita. Pur rileggendolo più volte (perché mi sarebbe piaciuto non fare la figura dell'ingenuo) non sono riuscito a capire il collegamento tra l'incipit e il finale, e nemmeno tra l'inizio e il finale. uhm, vediamo, quello che dico è che qualche collegamento e riferimento intenro potrebbe tranquillamente essersi perso nell'operazione di taglio caratteri del'ultimo minuto (lavoro che ho finito alle 23.56 del giorno di consegna :D ), quindi puoi avere ragionissima a dire che non si colga, non saprei dirti visto che poi non ho fatto a tempo a rileggere se tornasse tutto. Non ha nemmeno aiutato aver scritto tutto di volata, magari non si capiva nemmeno nella versine pre-taglio, controllerò. Il punto della trama comunque è che Mimmo e famiglia ammazzano i preti e usano le loro interiora per fare panini con la milza (non solo le interiora dei preti, ovviamente, ma è un ingrediente speciale extra :P ), quando i preti spariscono, mimmo e famiglia devono creare un diversivo e mandano la lettera al cardinale, in modo che non si pensi "ci hanno ammazzato un prete" ma "guarda te le ragazze di palermo che mi corrompono tutti i ministri". Però mimmo, che non è proprio il top dell'intelligenza, usa per tot volte lo stesso espediente e il cardinale mangia un po' la foglia e fa arrivare un "pulitore" dal vaticano (le pulizie sono una citazione da Leon) per assicurarsi di scoprire se ci sia sotto qualcosa che non va. L'attendente del cardinale è il cugino di mimmozzo, gli fa da spia e cerca di rinforzare l'idea che siano le ragazze di palermo la vera causa delle sparizioni, ed è l'errore strategico che porta alla rovina. Per ricoprire bene quel ruolo, l'attendente deve ovviamente avere degli informatori, tra cui proprio mimmozzo (che non è un vero informatore, ovviamente, ma il cugino gli passa le info sottobanco con la scusa di andare a prendere info da lui), essendo il cardinale a conoscenza di mimmozzo, manda il sicario da lui a chiedere informazioni, e così il sicario stesso trova la risposta a tutte le domande del cardinale e fa quello che sa fare meglio: le pulizie. Comunica quindi al cardinale che è tutto sistemato e che gli porterà un "piccolo" regalo e una riga dopo chiama "piccolo" il figlio di mimmozzo. Ripeto che può tranquillamente essere che tagliando tagliando qualche collegamento tra queste cose si sia perso. Il collegamento si ha quando il sicario entra in cantina, vede il prete squartato e capisce, dicendo "beh, se non altro belle lettere, molto convincenti". Questo è quanto, che si capisca o meno dal testo è tutt'altro paio di maniche :D Capisco che c'è a causa dei nomi usati, ma se fossero diversi direi che sono due racconti incompiuti mischiati assieme dalla stampante.
Il finale muore nel buio e mi ha lasciato insoddisfatto (non ho capito, appunto) e mi è parso buttare via tutto l'ottimo lavoro fatto fino lì coi personaggi e le situazioni. Mi spiace di non essere riuscito a rendere chiari i collegamenti e dare compiutezza alla questione, rileggere sarebbe stato utile in tal senso, ma ci tenevo a partecipare e il tempo è stato quello che è stato. Spero di fare meglio la prossima volta :)
La battuta finale, invece, è perfetta e di grande effetto.
Questo racconto mi mette davvero in difficoltà perché è scritto troppo bene per non buttarlo in cima alla classifica ed è troppo deludente per farlo. Se posso sollevarti dal dilemma, non mi è mai importato molto della posizione in classifica, partecipo per la compagnia ;)
Mannaggia Marco!

Uso creativo della scurrilità: presente
Termine latino: presente.
Altissima mortalità dei personaggi: assente. Nelle scene mostrate muore solo Mimmo. nulla da eccepire, e non è nemmeno che sposti gli equilibri, ma muore anche il prete appeso, è dura sopravvivere con milza e intestino sul pavimento :D

Comunque grazie del tempo che mi hai dedicato e mi spiace che ti sia perso per strada la trama :)
Se dici cose senza senso, sarai trattato come un paroliere.
Sbattuto su e giù e ribaltato su un tavolo, fino a che le tue interiora saranno fuoriuscite.
E ci leggerò dentro ciò che mi pare, magari il futuro. [cit.]

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Marco Lomonaco - Master
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Re: Pani ca meusa

Messaggio#6 » venerdì 29 marzo 2019, 12:02

Ciao Eugene, anche a te rispondo direttamente in blu sul tuo testo.

Eugene Fitzherbert ha scritto:MarcoMaster! Finalmente leggo qualcosa di tuo. attento, che le disgrazie non vengono mai da sole :D

Allora, ti dico che non faccio il lavoro di fino che ti ho visto fare, con le note a margine del racconto, non saprei neanche come farlo, non è il mestiere mio. Ti faccio un po' di commenti in sequenza, nella maniera più organica possibile. Non preoccuparti, basta il pensiero :P (non è vero, se non mi hai dato spunti utili tolgo tutte le indorature che ti ho scritto nel commento al tuo brano XD sì, l'ho già letto e commentato u.u )

Il racconto in quanto tale è divertente e prende in considerazione una delle tradizioni siciliane più radicate e conosciute (se ci avessi messo pure la mafia e gli scacciapensieri, avevamo il piatto completo! Just kidding!). È una vicenda abbastanza articolata, che mette le radici addirittura cinquecento anni e più anni fa e quello che ci fai vedere è che certe tradizioni non muoiono mai. Sono arrivato alla fine della lettura soddisfatto, contento di aver speso quei quindici minuti in compagnia di Santuzzo e Mimmozzo. C'è un però, e te lo dico di seguito. Se ho preso cantonate, se ho detto cazzate, allora perdonami, ma è così che mi è arrivato il racconto... figurati, per me chi legge ha quasi sempre ragione, non fosse altro che è parte di una specie da proteggere :P

1 - La 'lettera' iniziale (che ha il suo valore di sviare i sospetti sulle morti dei preti) contiene degli elementi di troppo, che restano lì (la rottura dell'altare hai ragione, questo era un elemento che effettivamente non mi sono ricordato di ricollegare alla fine... mimmozzo quando ha rapito il prete ci ha combattuto e si era rotto un pezzo di altare e quindi ha inserito la cosa nella lettera come se il prete l'avesse rotto scopandoci sopra, ad esempio; o i fedeli dei due continenti questo era parte della caratterizzazione del prete, non sopravvissuta al taglio, che puntava a collegare un po' la figura del prete rapito a quella di ferdinando d'aragona per spingere di più sul senso di vendetta, ma l'ho in buona parte tolta e avrei dovuto togliere anche gli altri riferimenti, mea culpa). La spiegazione che mi sono dato è che, essendo la lettera un fake, allora sono notizie buttate a caso, e che quindi lì devono rimanere. Mi spiegherai.

2 - Il secondo paragrafo introduce l'assistente di sua Eminenza, che è anche il cugino di Mimmo; di lui poi si perdono completamente le tracce, nonostante il grado di parentela con il protagonista. Mi chiedo se magari fosse a conoscenza dell'attività di famiglia e se magari avesse mai cercato di avvertire Mimmo di quello che stava per accadere anche questo è stato in parte tagliato, l'assistente è un infiltrato della famiglia di mimmozzo, aiuta la sacra missione di famiglia depistando il cardinale, come cerca di fare all'inizio, e dà le info a mimmozzo.

3 - La cosa che più mi ha fatto storcere il naso è il bambino. A sette anni parla come un uomo di quaranta (rata per debito secolare, per esempio). Ho cercato di interpretare che sia una cosa che gli ha fatto imparare a memoria Mimmo e che Santuzzo sta ripetendo a pappardella, ma è una mia interpretazione che non si evince dal testo. sì, era così, mi pareva di averlo scritto nel paragrafo col pdv di santuzzo, ma potrei sbagliarmi

4 - L'anatomia della tua splenectomia è un po' erratica, e te lo dico per deformazione professionale, mio malgrado. che lavoro fai? E ti assicuro (avendone viste a decine, soprattutto traumatiche) che non si sente odore di bile, visto che fegato e cistifellea stanno dall'altra parte dell'addome. la bile l'ho messa per l'intestino, in realtà, nel primo tratto, che fa la curva in quella prima parte di addome, la bile dovrebbe essere ancora presente, correggimi se sbaglio, che io invece non sono del mestiere ma solo un curioso patologico :P poi mi rileggo il passaggio perché magari ho omesso i dettagli utili a capire meglio la dinamica

5 - Il prigioniero spesso strilla nonostante sia imbavagliato e si agita sembrando uno stoccafisso si può strillare da imbavagliati, tuta la parte di sonorità che arriva dalla gola si sente, il rumore finale è attutito dal bavaglio ma il resto resta, e se sei appeso per i polsi ti puoi dibattere, proprio perché hai un punto fisso in alto se ti dibatti sembri un pesce, no? me l'ero immaginata così, sai dirmi cos'è che non ti torna di questa cosa? .

6 - Non ho capito se Spanò (che compare nell'ultima sequenza) è lo stesso forestiero che Mimmo vede fuori dalla porta della bottega. E se lo è allora, nella sua comparsa non è specificato. è lo stesso e non è specificato perché i due momenti in cui appare sono uno dal pdv di mimmo e uno dal pdv di santuzzo, quindi non potevo dirlo esplicitamente, ma ho usato la stessa metafora (quella del turista, che ora mi viene il dubbio magari di aver tagliato), pensavo bastasse

7 - Spanò mi puzza di deus ex machina, che arriva in men che non si dica e risolve tutto il caso. Magari potevi far dire a sua Eminenza di contattare Spanò e vedere a che punto erano le indagini, così per far incastrare questo finale che altrimenti sembra un po' tirato. Sorvolo sull'ingresso dell'uomo senza alcun rumore di scasso, perché immagino che sia uno abbastanza scafato, una sorta di Wolfe che risolve i problemi e lo fa discretamente in realtà se fai caso, mimmo non chiude a chiave la porta di sopra, gira solo il cartello, non c'era nulla da scassinare. Mimmo è uno non molto sveglio e un po' approssimativo. Spanò arriva perché lo chiama il cardinale all'inizio (dice che lo fa) e se uno viene chiamato a indagare la prima cosa che fa è andare dagli informatori, e mimmo è categorizzato così all'inizio dal cardinale stesso. Lo dico meglio nella risposta sulla trama al commento precedente, se guardi sopra lo trovi. Comuqneu, come detto sopra, ci sta che non si capisca e me lo dovrò riguardare meglio, ma la cosa era così.. Alla stessa maniera, non mi spiego il senso del suo gracidio nel suo modo di parlare e perché sia 'maledetto' alle orecchie di Mimmo.

8 - La costruzione della scena finale è anche leggermente spiazzante: se l'uomo è entrato in cantina dalla porta che cigola alle spalle dei due protagonisti, come fa poi il bambino a correre verso la porta dando le spalle al padre che sta combattendo? In linea di massima, Spanò avrebbe dovuto trovarsi tra Mimmo e la porta. Ma forse non l'ho visualizzata bene. per quello mimmo tiene occupato spanò, per dare a santuzzo l'occasione di aggirarlo e scappare, però a quel punto ero già in penuria di caratteri sin da prima del taglio, ho asciugato magari un po' troppo

9 - 'le braccia dell’uomo rotearono attorno ai polsi di Mimmozzo e li chiusero in una chiave articolare come quelle dei film. Nello stesso movimento fluido, il panzone si infilò una mano sotto la giacca e ne trasse una pesante croce', in questa frase, non riesco a capire quante mani abbia Spanò, se con due fa una chiave articolare (presumo che sia una presa da autodifesa) e con l'altra mano prende la croce/ascia. eh, no, sono le braccia che ruotano attorno ai polsi, non le mani... sono tecniche marziali, le mani dell'aggressore vengono bloccate dal braccio del difensore, lasciando libere entrambe le mani... però se non si capisce la spiego meglio, queste son cose che io tendo a dare un po' per scontate perché le conosco bene :)

10 - Ti segnalo alcune imprecisioni di poco conto sparse qua e là: l'uomo appeso a un gancio non è 'incaprettato' azz, me la sono dimenticata, all'inizio era proprio incaprettato, poi mi sembrava eccessivo e quindi l'ho "solo" appeso, mi dev'essere sfuggito; non mi va di fare ricerche su Kosher, ma mi ricordo una cosa sugli ebrei siciliani che erano serfarditi e non lo pronunciavano alla stessa maniera, ma mi sa che mi sbaglio, sono riconglionito al 75% oggi, che è pure poco questo effettivamente non lo so, controllerò meglio e grazie per la dritta; Immagino che la citazione Pecunia non DOLET sia voluta per dare più caratterizzazione al personaggio di Mimmo, un po' grezzo questa è un doppio gioco di parole, da una parte mimmozzo che sbaglia i detti perché è una capra ignorante, dall'altr aperò vuol dire "i soldi non fanno male" che se pensi che lui è ebreo, dovrebbe strappare un po' un sorriso sullo stereotipo; più altra roba che non mi ricordo ma veramente minore.

Tecnicamente, ci sono alcuni punti in cui il soggetto cambia all'interno della stessa frase, qualche cambio di PdV ok, grazie, poi li stano , pochi sparsi refusi.
Stilisticamente è uniforme, con pochissime sbavature ("lacrime sulle gote").

Va da sé che sei uno che scrive, e questa ne è la prova provata. Va anche da sé che questa storia l'hai scritta un po' di fretta e l'obbligo di stralciare pezzi e caratteri per colpa di Nucera lo dico anche io, colpa di Nucera! ti ha fatto fare delle scelte, che sono pesate sull'economia stessa del racconto, soprattutto nel finale che è molto veloce e il colpo di scena della lettera finta passa quasi in sordina.
Chissà com'era in versione totale, senza compromessi oddio, anche in versione totale non è che fosse senza compromessi :D però ho tagliato direttamente sul testo, quindi la vecchia versione non c'è più (quando mene sono accorto ho imprecato, ma ormai era tardi). Ecco, di quello sono curioso.
Complimenti, e te li faccio sinceramente, perché la scrittura è pulita e precisa, nulla da eccepire. Sei il Master e si vede.

Grazie, mi fa piacere che ci siano state cose per te gradevoli, e mi fa piacere l'attenzione che hai dedicato al mio testo, alcune delle segnalazioni che mi hai fatto sono molto interessanti ;)
Appena finisco di commentare anche gli altri del tuo girone posto i miei e ti rendo il "favore" :D
Se dici cose senza senso, sarai trattato come un paroliere.
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Eugene Fitzherbert
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Re: Pani ca meusa

Messaggio#7 » domenica 31 marzo 2019, 3:36

Marco, grazie per la risposta nella risposta.
Alla fine vale una sola cosa: È tutta colpa di Nucera che limita i caratteri arbitrariamente!
Siccome me l'haii chiesto: sono un anestesista rianimatore.

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DandElion
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Re: Pani ca meusa

Messaggio#8 » martedì 2 aprile 2019, 16:52

Ciauuu!
A parte un paio di refusi di latino maccheronico (volontari o meno) la narrazione è buona, scorrevole e piacevole. Ci sono alcune parti che ti hanno già ben fatto notare e che tu hai giustificato figlie della potatura il che da un certo punto di vista è una aggravante e non una scusante..
Btw, molto bella l'idea di raccontare questa faida lungo i secoli, un po' troppo tirato li il finale. Manca qualcosa, si percepisce una non completezza.
*Alta mortalità dei personaggi direi nì, in fondo muore solo Mimmuzzo.
*Scurrilità creativa, non c'è. C'è violenza e autogiustificazione della violenza, scurrilità vera e propria non c'è. La tendenza di alcuni in questo gruppo è stata confondere "creativo" con "forbito".
*Parole in latino.. oltre al maccheronico c'è anche del latino verace.
#AbbassoIlTerzoPuntino #NonSmerigliateLeBalle
#LicenzaPoeticaGrammatica
Adoro le critiche, ma -ve prego!- che siano costruttive!!

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Marco Lomonaco - Master
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Re: Pani ca meusa

Messaggio#9 » mercoledì 3 aprile 2019, 13:33

DandElion ha scritto:Ciauuu! ciau a te :P
A parte un paio di refusi di latino maccheronico (volontari o meno) la narrazione è buona, scorrevole e piacevole. Ci sono alcune parti che ti hanno già ben fatto notare e che tu hai giustificato figlie della potatura il che da un certo punto di vista è una aggravante e non una scusante.. già
Btw, molto bella l'idea di raccontare questa faida lungo i secoli, un po' troppo tirato li il finale. Manca qualcosa, si percepisce una non completezza. se posso chiedere, non completezza a tuo parere data da?
*Alta mortalità dei personaggi direi nì, in fondo muore solo Mimmuzzo.
*Scurrilità creativa, non c'è. C'è violenza e autogiustificazione della violenza, scurrilità vera e propria non c'è. La tendenza di alcuni in questo gruppo è stata confondere "creativo" con "forbito". se intendi che il mio racconto rientri in questa "tendenza", probabilmente vediamo le cose in modo molto diverso, non che sia un male (per te, s'intende, non augurerei di condividere i miei punti di vista al mio peggior nemico XD )
*Parole in latino.. oltre al maccheronico c'è anche del latino verace.

Grazie intanto per la lettura e il tempo che hai dedicato al mio brano!
Se dici cose senza senso, sarai trattato come un paroliere.
Sbattuto su e giù e ribaltato su un tavolo, fino a che le tue interiora saranno fuoriuscite.
E ci leggerò dentro ciò che mi pare, magari il futuro. [cit.]

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Eugene Fitzherbert
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Re: Pani ca meusa

Messaggio#10 » mercoledì 3 aprile 2019, 15:10

Allora, Master, mi sono reso conto che maleducatamente non ho risposto ad alcune tue perplessità. Shame on me.

Well:
La questione anatomica: la bile sta tutta bella e conservata nella colecisti e viene secreta nel duodeno (proprio quel primo tratto di intestino tenue che ha la forma di C, la C duodenale appunto), durante la digestione. Se un cristiano è a stomaco vuoto (e non credo che il tizio imbavagliato e appeso a un gancio avesse fatto chissà quale pasto luculliano) di bile non ce n'è quasi per niente. Inoltre, per una questione di contatti tra organi e di vicinanze, se incidi lungo il margine sottocostale (come fa mimmuzzo), dopo, la pelle, il grasso sottocutaneo, i muscoli, la prima struttura che si incontra (a voler semplificare) è la flessura colica destra (e per questo l'odore di merda ci sta! E le mascherine chirurgiche ti salvano la giornata, fidati!). Dopo più in profondità c'è la milza. Puoi incidere anche anse dell'intestino tenue, ma è probabile che siano tratti intermedi, come il digiuno, o l'ileo. E anche lì, l'odore di bile non c'è.
A parte questa lezione di anatomia, quella parte non è affatto cruciale, è solo che, dal canto mio, non ce l'ho fatta lasciarla andare. Sono inezie, e non è certo un'imprecisione di cui non dovevi neanche essere a conoscenza che inficia la leggibilità del racconto!

Lo stoccafisso è un pesce essiccato per allungarne la conservazione. Il processo di essiccazione toglie un po' di vitalità all'animale, che si dibatte molto poco... :D

Non so niente di arti marziali, lotte e quant'altro. Io le persone le addormento e basta... Grazie per la spiegazione!

[Se usi yWriter su PC, l'autosalvataggio salva su file sempre diverso, riconoscibile per data e ora, così non perdi le versioni! Non esiste per MAC, perché apple è il male]

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Marco Lomonaco - Master
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Re: Pani ca meusa

Messaggio#11 » mercoledì 3 aprile 2019, 17:25

Eugene Fitzherbert ha scritto:Allora, Master, mi sono reso conto che maleducatamente non ho risposto ad alcune tue perplessità. Shame on me. figurati, al massimo per queste cose ci possiamo fare una chiacchierata in chat quando vuoi ;)

Well:
La questione anatomica: la bile sta tutta bella e conservata nella colecisti e viene secreta nel duodeno (proprio quel primo tratto di intestino tenue che ha la forma di C, la C duodenale appunto), durante la digestione. Se un cristiano è a stomaco vuoto (e non credo che il tizio imbavagliato e appeso a un gancio avesse fatto chissà quale pasto luculliano) di bile non ce n'è quasi per niente. Inoltre, per una questione di contatti tra organi e di vicinanze, se incidi lungo il margine sottocostale (come fa mimmuzzo), dopo, la pelle, il grasso sottocutaneo, i muscoli, la prima struttura che si incontra (a voler semplificare) è la flessura colica destra (e per questo l'odore di merda ci sta! E le mascherine chirurgiche ti salvano la giornata, fidati!). Dopo più in profondità c'è la milza. Puoi incidere anche anse dell'intestino tenue, ma è probabile che siano tratti intermedi, come il digiuno, o l'ileo. E anche lì, l'odore di bile non c'è.
A parte questa lezione di anatomia, quella parte non è affatto cruciale, è solo che, dal canto mio, non ce l'ho fatta lasciarla andare. Sono inezie, e non è certo un'imprecisione di cui non dovevi neanche essere a conoscenza che inficia la leggibilità del racconto!
No beh, è importante invece. E ti ringrazio per l'approfondimento, è stato apprezzatissimo e utile!

Lo stoccafisso è un pesce essiccato per allungarne la conservazione. Il processo di essiccazione toglie un po' di vitalità all'animale, che si dibatte molto poco... :D
Sai che anche questa non la sapevo? Nel senso, so che lo stoccafisso è il merluzzo essiccato, ma ero anche convinto che fosse divenuto nel tempo un altro modo di chiamare il merluzzo, per estensione dal piatto essiccato al pesce normale (con alcune zone in cui è diventato un modo per chiamare persino il baccalà). Intanto ti ringrazio, poi approfondirò con la dovuta calma la questione.

Non so niente di arti marziali, lotte e quant'altro. Io le persone le addormento e basta... Grazie per la spiegazione! detta così è un po' creepy XD

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eeeeehhh... indovina un po'? :D lavoro su mac :D
Comunque grazie, vado a rimettere le indorature al tuo commento :P
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lordmax
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Re: Pani ca meusa

Messaggio#12 » giovedì 4 aprile 2019, 17:48

Idea veramente originale riportare uno dei 'piatti' più famosi a una vendetta storica. Molto gradevole.
Il latino maccheronico di Mimmo mi piace molto di più di quello forbito e quindi per me il bonus è pienamente preso.
Il racconto è molto ben strutturato, fila via liscio e lineare. Il problema principale è la presenza di elementi all'inizio che poi scompaiono completamente durante il racconto: La lettera che non si capisce come interagisca nella storia, l'assistente che è imparentato ma è quello che chiama l'inquisitore e non si capisce da che parte stà. Il turista compare e scompare, non poteva essere l'inquisitore perché è vestito in modo troppo evidente per non essere notato immediatamente.
Nota di colore, un dente staccato da una gengiva NON smette di sanguinare e non lascia un filo di bava ma provoca una emorragia vera e propria figuriamoci più di uno. Un uomo appeso per le mani non è incaprettato. L'inquisitore sembra avere troppe mani quando si scontra con Mimmo. Sono solo dettagli ma stonano un po'.
Cosi a sensazione direi che il racconto originale era molto più ampio e lo hai tagliato troppo togliendo parti importanti per capire i dettagli.
Bellissima la frase finale che fa intendere come la sorte peggiore non sia toccata a Mimmo.
Per i bonus direi che manca la scurrilità creativa e l'alta mortalità, alla fine muore solo Mimmo e il figlio, che è il vero protagonista fa sì una bruttissima fine ma resterà in vita per parecchi anni ancora, troppi.

Bonus: termini latini

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Re: Pani ca meusa

Messaggio#13 » giovedì 4 aprile 2019, 18:43

lordmax ha scritto:Idea veramente originale riportare uno dei 'piatti' più famosi a una vendetta storica. Molto gradevole.
Il latino maccheronico di Mimmo mi piace molto di più di quello forbito e quindi per me il bonus è pienamente preso.
Il racconto è molto ben strutturato, fila via liscio e lineare. Il problema principale è la presenza di elementi all'inizio che poi scompaiono completamente durante il racconto: La lettera che non si capisce come interagisca nella storia posso essere d'accordo sul fatto che magari non si capisca bene e che avrei dovuto evidenziare di più la cosa, ma non sparisce la lettera, Spanò alla fine ne parla ;) , l'assistente che è imparentato ma è quello che chiama l'inquisitore e non si capisce da che parte stà. Il turista compare e scompare, non poteva essere l'inquisitore perché è vestito in modo troppo evidente per non essere notato immediatamente in realtà è proprio lui, e un cappottone e i sandali non mi sembrava un vestiario che spicca poi molto, ma colgo i feedback, grazie.
Nota di colore, un dente staccato da una gengiva NON smette di sanguinare e non lascia un filo di bava ma provoca una emorragia vera e propria figuriamoci più di uno. sono stato testimone diretto (più di una volta, tra l'altro) di denti da latte strappati che hanno smesso di sanguinare quasi del tutto in tempi brevissimi, tipo un minuto dopo, non so se sia la norma o se i tizi in questione fossero magari uomini-squalo, ma tant'è :P Un uomo appeso per le mani non è incaprettato. L'inquisitore sembra avere troppe mani quando si scontra con Mimmo. Sono solo dettagli ma stonano un po'.
Cosi a sensazione direi che il racconto originale era molto più ampio e lo hai tagliato troppo togliendo parti importanti per capire i dettagli.
Bellissima la frase finale che fa intendere come la sorte peggiore non sia toccata a Mimmo.
Per i bonus direi che manca la scurrilità creativa e l'alta mortalità, alla fine muore solo Mimmo e il figlio, che è il vero protagonista fa sì una bruttissima fine ma resterà in vita per parecchi anni ancora, troppi.

Ho risposto solo alle cose che non avevo già detto nei commenti sopra ;)
Comunque grazie dei feedback!

Bonus: termini latini
Se dici cose senza senso, sarai trattato come un paroliere.
Sbattuto su e giù e ribaltato su un tavolo, fino a che le tue interiora saranno fuoriuscite.
E ci leggerò dentro ciò che mi pare, magari il futuro. [cit.]

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