Devo ucciderla
Inviato: martedì 19 marzo 2019, 0:17
DEVO UCCIDERLA
Era una strana domenica mattina di un'estate che proprio non ne voleva sapere di decollare. Erano le sette e mi affacciai alla finestra, svogliato. Inalavo boccate di fumo dalla prima sigaretta mentre, all'orizzonte, nubi minacciose nascondevano le vette delle colline gialle di grano. Accesi il computer e controllai la posta. Poi andai sul sito e subito sentii il cuore che prese a galoppare, impazzito. Mi avvicinai per leggere meglio: mio Dio!
Infilai un paio di jeans e la prima maglietta che mi capitò a tiro e uscii sulla strada. Il paese si stava appena svegliando e c'era poca gente in giro. Di lì a poco l’odore del ragù avrebbe preso a correre per i vicoli stretti. Attraversai la strada e un ragazzetto in motorino mi salutò con un gesto della mano mentre, sul marciapiede opposto, un vecchietto era intento a raccogliere la cacca del suo cane. Decisi di allontanarmi dal mio rione perché, per queste cose, è meglio agire in luoghi dove non si è conosciuti. Questa cosa l'avevo letta su un manuale di scrittura per libri gialli.
Maledetto destino, padrone del mio futuro! Perché non mi lasci libero di agire come meglio credo? Avvinghiato alla tua ruota, impantanato nel tuo caos, danzo con te al ritmo di una musica che non conosco.
Eccola, può andar bene. Era una vecchietta che camminava piano e appariva debole e indifesa. In mano aveva una busta della spesa e, a giudicare dalle poche cose che aveva comprato, doveva vivere da sola o al massimo con un marito malandato come lei.
Si avvicinò all’ingresso di un vecchio palazzo e aprì il portone. Con un balzo fui alle sue spalle. Nell’androne c’era un gran puzzo di umidità che esalava dagli intonaci scrostati. Lei si voltò e mi guardò con sospetto.
“Sono il tecnico del gas” le dissi. “Dovrei fare un controllo in casa sua”.
“Di domenica mattina?” domandò la donna.
“Si”.
“Va bene, salga con me”.
Mi faceva pena. Il giorno dopo i giornali ne avrebbero parlato di sfuggita poiché l’omicidio di una vecchietta come lei non interessa più di tanto alla gente.
“Faccia quello che deve fare. Io intanto metto a posto la spesa. Vuole un bicchiere di rosolio?” mi domandò.
“Ci sediamo due minuti, signora?”
Ci accomodammo al tavolo di cucina. Prese la bottiglia di liquore e un bicchiere consumato dal tempo.
“Devo ucciderla” dichiarai per rompere gli indugi.
“Oh bella, e perché?”
Bevvi una sorsata di rosolio e la guardai negli occhi, mentre estraevo dalla tasca un coltello da cucina. Lo stringevo nella mano che tremava come una foglia.
“Se proprio devo morire, posso avere il piacere di sapere il perché?”
Avevo gli occhi pieni di lacrime. In quella casa sentivo il profumo di quand’ero bambino.
“Sto partecipando a un contest di scrittura e voglio vincerlo.”
“E devi uccidermi per vincere?” mi dava del tu e mi accarezzò la mano che, in quell’istante, smise di tremare. Anche la sua mano non era più fredda. Come allora.
Bevvi un altro bicchiere di rosolio perché è quasi impossibile, per chi non l'ha mai fatto, uccidere a mente fredda.
“Deve succedere qualcosa di strano in un condominio” sussurrai fra i singhiozzi.
“E’ già successa” mi disse, mentre mi baciava sulla fronte. “Adesso vai da papà che ti sta aspettando.”
Mi incamminai sul selciato, fra i fiori, verso un’altra tomba. Mi girava la testa, mentre una nuova storia andava a incominciare.
Francesco Epico
Era una strana domenica mattina di un'estate che proprio non ne voleva sapere di decollare. Erano le sette e mi affacciai alla finestra, svogliato. Inalavo boccate di fumo dalla prima sigaretta mentre, all'orizzonte, nubi minacciose nascondevano le vette delle colline gialle di grano. Accesi il computer e controllai la posta. Poi andai sul sito e subito sentii il cuore che prese a galoppare, impazzito. Mi avvicinai per leggere meglio: mio Dio!
Infilai un paio di jeans e la prima maglietta che mi capitò a tiro e uscii sulla strada. Il paese si stava appena svegliando e c'era poca gente in giro. Di lì a poco l’odore del ragù avrebbe preso a correre per i vicoli stretti. Attraversai la strada e un ragazzetto in motorino mi salutò con un gesto della mano mentre, sul marciapiede opposto, un vecchietto era intento a raccogliere la cacca del suo cane. Decisi di allontanarmi dal mio rione perché, per queste cose, è meglio agire in luoghi dove non si è conosciuti. Questa cosa l'avevo letta su un manuale di scrittura per libri gialli.
Maledetto destino, padrone del mio futuro! Perché non mi lasci libero di agire come meglio credo? Avvinghiato alla tua ruota, impantanato nel tuo caos, danzo con te al ritmo di una musica che non conosco.
Eccola, può andar bene. Era una vecchietta che camminava piano e appariva debole e indifesa. In mano aveva una busta della spesa e, a giudicare dalle poche cose che aveva comprato, doveva vivere da sola o al massimo con un marito malandato come lei.
Si avvicinò all’ingresso di un vecchio palazzo e aprì il portone. Con un balzo fui alle sue spalle. Nell’androne c’era un gran puzzo di umidità che esalava dagli intonaci scrostati. Lei si voltò e mi guardò con sospetto.
“Sono il tecnico del gas” le dissi. “Dovrei fare un controllo in casa sua”.
“Di domenica mattina?” domandò la donna.
“Si”.
“Va bene, salga con me”.
Mi faceva pena. Il giorno dopo i giornali ne avrebbero parlato di sfuggita poiché l’omicidio di una vecchietta come lei non interessa più di tanto alla gente.
“Faccia quello che deve fare. Io intanto metto a posto la spesa. Vuole un bicchiere di rosolio?” mi domandò.
“Ci sediamo due minuti, signora?”
Ci accomodammo al tavolo di cucina. Prese la bottiglia di liquore e un bicchiere consumato dal tempo.
“Devo ucciderla” dichiarai per rompere gli indugi.
“Oh bella, e perché?”
Bevvi una sorsata di rosolio e la guardai negli occhi, mentre estraevo dalla tasca un coltello da cucina. Lo stringevo nella mano che tremava come una foglia.
“Se proprio devo morire, posso avere il piacere di sapere il perché?”
Avevo gli occhi pieni di lacrime. In quella casa sentivo il profumo di quand’ero bambino.
“Sto partecipando a un contest di scrittura e voglio vincerlo.”
“E devi uccidermi per vincere?” mi dava del tu e mi accarezzò la mano che, in quell’istante, smise di tremare. Anche la sua mano non era più fredda. Come allora.
Bevvi un altro bicchiere di rosolio perché è quasi impossibile, per chi non l'ha mai fatto, uccidere a mente fredda.
“Deve succedere qualcosa di strano in un condominio” sussurrai fra i singhiozzi.
“E’ già successa” mi disse, mentre mi baciava sulla fronte. “Adesso vai da papà che ti sta aspettando.”
Mi incamminai sul selciato, fra i fiori, verso un’altra tomba. Mi girava la testa, mentre una nuova storia andava a incominciare.
Francesco Epico