A tua immagine e differenza (di Alberto Tivoli)
Inviato: martedì 16 aprile 2019, 0:11
A TUA IMMAGINE E DIFFERENZA
Alberto Tivoli
Venni da te al morire del crepuscolo, mentre esplosioni cangianti marezzavano le onnipresenti nubi d’incombusti come cristalli di un vorticante caleidoscopio.
Al cospetto dei cadaveri della mia gente mi ero interrogata sul perché avessi estirpato gli occhi e compresi che la mutilazione non era casuale. Tu avevi paura di noi, perciò prendevi disprezzando.
Stizzita, Altea interruppe la lettura.
Racchiuso nell’armatura da combattimento, corrosa e cadente, lorda di lubrificante, Meleagro si sforzava di stare sull’attenti. – I battaglioni aerei austriaci hanno bombardato le nostre postazioni per tutta la notte. Nonostante il continuo cannoneggiamento della Grande Doria, la quinta divisione corazzata dell’Impero ha sfondato il fronte. In questo momento avanza verso Sebenico, seguendo il corso della Cherca.
– Bisogna inchiodarli al terreno. Contrattaccheremo con l’appoggio di due fortezze volanti, mobiliteremo i corazzati e l’intera divisione della città muoverà contro il nemico.
– Così lascerai Sebenico indifesa.
– Audacia! Li fermeremo a nord, non arriveranno mai in vista del mare. Mi occuperò personalmente del comando in campo.
Meleagro sgranò gli occhi – È troppo rischioso. Se dovessi cadere...
Altea sghignazzò – A quanto pare, ho già l’epitaffio. – Estrasse la lettera dallo scomparto della corazza. – Me l’ha inviata Mila.
– Cosa? – Il soldato sporse il braccio spogliato dell’acciaio, la mano tremava a un soffio dalla lettera.
Altea lo studiò. Indubbiamente il fascino della ragazza aveva colpito anche Meleagro.
Altea sentì la propria fede vacillare. Eppure gli occhi di Mila la celebravano ogni volta che si intratteneva con lei. Il riflesso delle iridi verdi, l’unico colore vivo in un mondo di petrolio e ruggine, la esaltava. Doveva dimostrare di esserne all’altezza. Questo doveva fare.
– Se una bambina terrorizzata ha avuto il coraggio di andare dal suo nemico e conquistarlo, allora io devo avanzare contro il mio e perseguire la vittoria.
– Agli ordini– obbedì un rassegnato Meleagro.
Venni da te che ero una ragazzina.
Pochi i passi che hai compiuto verso di me in quest’ultimo lustro. Se ti fossi fatta più vicina, avresti compreso la mia strategia. Ma a te basta specchiarti nei miei occhi, che chiami gli smeraldi perduti della Serenissima. Sei superficiale, Altea. Ingenua e manipolabile.
Io ho imparato che ciò di cui abbiamo paura può sedurci e l’ho sperimentato su di te.
Strappasti gli occhi ai miei fratelli e sorelle di Sebenico, perché ti atterriva quello che vedevi riflesso nelle loro pupille. Guardavi te stessa corrotta. Allora via, sradicare quegli specchi deformi. Poveri fratelli e sorelle! Se avessero riflettuto, avrebbero modulato il riflesso che i loro occhi ti offrirono. E così feci io.
Perciò ti scrivo. Perché voglio che tu sia consapevole che quando ti troverai di fronte al nemico, debole e ferita, inerme e sola, non sarai in grado di fare in modo che si vedano perfetti attraverso te. Dunque muori, Altea, e redimi i tuoi peccati.
– Fianco sinistro scoperto. Maledizione! Ignorano gli ordini? – gridò Altea.
– Non gli arrivano gli ordini! Il nemico brucia i piccioni. I Fokker picchiano e li arrostiscono con i lanciafiamme. – Meleagro le si rivolse spiritato.
Il veicolo vibrava, le lastre schioccavano, giunture e tiranti lamentavano lo snervamento. Altea mise al sicuro la lettera e si sganciò dalla sua postazione. Senza cerimonie prese il posto dell’osservatore a nord. «Collisione!» urlò.
L’esplosione le fece sanguinare le orecchie, l’urto con la paratia flagellò i suoi organi interni.
– Altea! – gridò Meleagro e poi trapassò avvolto nelle fiamme.
Un drappello di fanti austriaci invase il relitto e si schierò di fronte ad Altea. Spianarono le armi ma non aprirono il fuoco. Le insegne sull’armatura la denunciavano come un ufficiale superiore, un prigioniero prezioso.
Altea chiuse gli occhi e pianse abbracciata all’Altea di Mila, figura tanto perfetta quanto falsa.
Una mano nemica la toccò. Altea armò una granata e baciò Mila in sogno.
Alberto Tivoli
Venni da te al morire del crepuscolo, mentre esplosioni cangianti marezzavano le onnipresenti nubi d’incombusti come cristalli di un vorticante caleidoscopio.
Al cospetto dei cadaveri della mia gente mi ero interrogata sul perché avessi estirpato gli occhi e compresi che la mutilazione non era casuale. Tu avevi paura di noi, perciò prendevi disprezzando.
Stizzita, Altea interruppe la lettura.
Racchiuso nell’armatura da combattimento, corrosa e cadente, lorda di lubrificante, Meleagro si sforzava di stare sull’attenti. – I battaglioni aerei austriaci hanno bombardato le nostre postazioni per tutta la notte. Nonostante il continuo cannoneggiamento della Grande Doria, la quinta divisione corazzata dell’Impero ha sfondato il fronte. In questo momento avanza verso Sebenico, seguendo il corso della Cherca.
– Bisogna inchiodarli al terreno. Contrattaccheremo con l’appoggio di due fortezze volanti, mobiliteremo i corazzati e l’intera divisione della città muoverà contro il nemico.
– Così lascerai Sebenico indifesa.
– Audacia! Li fermeremo a nord, non arriveranno mai in vista del mare. Mi occuperò personalmente del comando in campo.
Meleagro sgranò gli occhi – È troppo rischioso. Se dovessi cadere...
Altea sghignazzò – A quanto pare, ho già l’epitaffio. – Estrasse la lettera dallo scomparto della corazza. – Me l’ha inviata Mila.
– Cosa? – Il soldato sporse il braccio spogliato dell’acciaio, la mano tremava a un soffio dalla lettera.
Altea lo studiò. Indubbiamente il fascino della ragazza aveva colpito anche Meleagro.
Altea sentì la propria fede vacillare. Eppure gli occhi di Mila la celebravano ogni volta che si intratteneva con lei. Il riflesso delle iridi verdi, l’unico colore vivo in un mondo di petrolio e ruggine, la esaltava. Doveva dimostrare di esserne all’altezza. Questo doveva fare.
– Se una bambina terrorizzata ha avuto il coraggio di andare dal suo nemico e conquistarlo, allora io devo avanzare contro il mio e perseguire la vittoria.
– Agli ordini– obbedì un rassegnato Meleagro.
Venni da te che ero una ragazzina.
Pochi i passi che hai compiuto verso di me in quest’ultimo lustro. Se ti fossi fatta più vicina, avresti compreso la mia strategia. Ma a te basta specchiarti nei miei occhi, che chiami gli smeraldi perduti della Serenissima. Sei superficiale, Altea. Ingenua e manipolabile.
Io ho imparato che ciò di cui abbiamo paura può sedurci e l’ho sperimentato su di te.
Strappasti gli occhi ai miei fratelli e sorelle di Sebenico, perché ti atterriva quello che vedevi riflesso nelle loro pupille. Guardavi te stessa corrotta. Allora via, sradicare quegli specchi deformi. Poveri fratelli e sorelle! Se avessero riflettuto, avrebbero modulato il riflesso che i loro occhi ti offrirono. E così feci io.
Perciò ti scrivo. Perché voglio che tu sia consapevole che quando ti troverai di fronte al nemico, debole e ferita, inerme e sola, non sarai in grado di fare in modo che si vedano perfetti attraverso te. Dunque muori, Altea, e redimi i tuoi peccati.
– Fianco sinistro scoperto. Maledizione! Ignorano gli ordini? – gridò Altea.
– Non gli arrivano gli ordini! Il nemico brucia i piccioni. I Fokker picchiano e li arrostiscono con i lanciafiamme. – Meleagro le si rivolse spiritato.
Il veicolo vibrava, le lastre schioccavano, giunture e tiranti lamentavano lo snervamento. Altea mise al sicuro la lettera e si sganciò dalla sua postazione. Senza cerimonie prese il posto dell’osservatore a nord. «Collisione!» urlò.
L’esplosione le fece sanguinare le orecchie, l’urto con la paratia flagellò i suoi organi interni.
– Altea! – gridò Meleagro e poi trapassò avvolto nelle fiamme.
Un drappello di fanti austriaci invase il relitto e si schierò di fronte ad Altea. Spianarono le armi ma non aprirono il fuoco. Le insegne sull’armatura la denunciavano come un ufficiale superiore, un prigioniero prezioso.
Altea chiuse gli occhi e pianse abbracciata all’Altea di Mila, figura tanto perfetta quanto falsa.
Una mano nemica la toccò. Altea armò una granata e baciò Mila in sogno.