UN FILE CHIAMATO FUTURO
- Francesco.Epico
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UN FILE CHIAMATO FUTURO
«Ragazzi, stiamo per atterrare. Sintonizzate i vostri hard disk e preparatevi per l’uscita come da esercitazione BK1. Tutto chiaro?»
«Sì» digitarono gli studenti, mentre ciascuno trasferiva il grafico delle proprie emozioni sul monitor del professore. Si disposero in fila ordinata e si diressero verso l’uscita, adottando lo schema che avevano salvato nelle rispettive memorie nella cartella gita. Intanto le eliche dei droni, sistemati sul tetto del veicolo, avevano preso a diminuire i giri.
Dopo qualche minuto studenti e insegnante si ritrovano allineati su una piattaforma galleggiante in mezzo al mare.
«Bene, ragazzi. Siamo finalmente nel punto IT.25 dove, un centinaio di anni fa, si trovava la nazione chiamata Italia. Chi si ricorda a quale città corrisponde IT.25?».
«Dovrebbe essere Firenze, capoluogo della Toscana e culla del Rinascimento».
«Bravo Plontark», disse il professore. Il ragazzo salvò il complimento nella cartella soddisfazione.
Il mare calmo brillava sotto i raggi del sole e nell’aria si respirava un odore strano, quasi salato. La quiete di quello scenario sconosciuto venne interrotta dalla capsula marbus dell’Alfa Romeo che emerse dalle acque come una balena d’altri tempi. Entrarono e presero posto.
«Dunque, ragazzi. Fra poco cominceremo il nostro percorso di studio con la visita di quello che fu il Duomo di Firenze. Ma prima di addentrarci nella cattedrale sommersa, prima di nuotare nella storia, voglio ancora ricordarvi che l’Italia era un territorio a forma di stivale. Un piccolo staterello in mezzo al Mediterraneo in cui si sono insediate, nel tempo, molte civiltà antiche.
In questo percorso cosa vi aspettate di vedere? Chi vuole rispondere?».
Plontark accese il led di prenotazione e il professore gli accordò il permesso di parlare.
«Io vorrei vedere il tempo, professore».
Tutti i compagni si misero in modalità sghignazzo. Tutti tranne Jesuelle.
«Silenzio! Spiegati meglio, Plontark».
«Io avevo un nonno. Era italiano e si chiamava Antonio. Mio padre mi parla spesso di lui. Nonno Antonio è morto ma, attraverso i racconti di mio padre, è come se fosse ancora vivo. Io lo vedo».
«Sì. E cosa c’entra il tempo?».
«L’essere umano cerca in tutti i modi di vivere più a lungo. E’ come se prolungare la propria vita rappresentasse l’unica missione della propria vita. Oggi si muore a centotrenta anni, ma comunque si muore. Quando finisce l’esistenza rimane solo il tempo e l’uomo, in quella piccola frazione di infinito che è la sua vita, fa di tutto per guastare il tempo».
«Sinceramente non capisco» disse il professore. Jesuelle, la biondina con gli occhi azzurri, trovava quel ragazzo veramente intrigante.
« Lei ci ha spiegato che l’Italia è stata sommersa dalle acque del mare a causa di tutti quei fenomeni che si sono verificati nello scorso secolo».
«Certo. Il riscaldamento globale del pianeta, lo scioglimento dei ghiacciai e i cambiamenti climatici hanno contribuito all’innalzamento dei mari, con conseguente allagamento di intere nazioni. Forse inizio a capire cosa vuoi dire, Plontark».
La scolaresca uscì dalla capsula e si ritrovò nella piazza del Duomo. Spugne colorate adornavano la grande scalinata di marmo. Avevano tutti indossato le speciali tute subacquee che avevano imparato a usare durante le ore di esercitazione in aula. Entrarono ordinatamente nella cattedrale. Jesuelle camminava accanto a Plontark. Lì dentro c’era un’atmosfera magica, ardente. Le pareti di marmo, adesso spoglie e cosparse di alghe, un giorno avevano ospitato gli affreschi del Giudizio Universale. Plontark prese Jesuelle per mano e si diressero, insieme, verso il grande altare in fondo alla navata centrale.
«In questo posto, tanto tempo fa, hanno camminato Giotto, Brunelleschi, i Medici, i Guelfi e i Ghibellini» disse il ragazzo avvicinandosi al chip udito di Jesuelle.
«E Dante e Beatrice» aggiunse lei.
Arrivati all’altare si abbracciarono e si scambiarono promesse, cominciando a scrivere una nuova commedia, divina, in un file chiamato futuro.
«Sì» digitarono gli studenti, mentre ciascuno trasferiva il grafico delle proprie emozioni sul monitor del professore. Si disposero in fila ordinata e si diressero verso l’uscita, adottando lo schema che avevano salvato nelle rispettive memorie nella cartella gita. Intanto le eliche dei droni, sistemati sul tetto del veicolo, avevano preso a diminuire i giri.
Dopo qualche minuto studenti e insegnante si ritrovano allineati su una piattaforma galleggiante in mezzo al mare.
«Bene, ragazzi. Siamo finalmente nel punto IT.25 dove, un centinaio di anni fa, si trovava la nazione chiamata Italia. Chi si ricorda a quale città corrisponde IT.25?».
«Dovrebbe essere Firenze, capoluogo della Toscana e culla del Rinascimento».
«Bravo Plontark», disse il professore. Il ragazzo salvò il complimento nella cartella soddisfazione.
Il mare calmo brillava sotto i raggi del sole e nell’aria si respirava un odore strano, quasi salato. La quiete di quello scenario sconosciuto venne interrotta dalla capsula marbus dell’Alfa Romeo che emerse dalle acque come una balena d’altri tempi. Entrarono e presero posto.
«Dunque, ragazzi. Fra poco cominceremo il nostro percorso di studio con la visita di quello che fu il Duomo di Firenze. Ma prima di addentrarci nella cattedrale sommersa, prima di nuotare nella storia, voglio ancora ricordarvi che l’Italia era un territorio a forma di stivale. Un piccolo staterello in mezzo al Mediterraneo in cui si sono insediate, nel tempo, molte civiltà antiche.
In questo percorso cosa vi aspettate di vedere? Chi vuole rispondere?».
Plontark accese il led di prenotazione e il professore gli accordò il permesso di parlare.
«Io vorrei vedere il tempo, professore».
Tutti i compagni si misero in modalità sghignazzo. Tutti tranne Jesuelle.
«Silenzio! Spiegati meglio, Plontark».
«Io avevo un nonno. Era italiano e si chiamava Antonio. Mio padre mi parla spesso di lui. Nonno Antonio è morto ma, attraverso i racconti di mio padre, è come se fosse ancora vivo. Io lo vedo».
«Sì. E cosa c’entra il tempo?».
«L’essere umano cerca in tutti i modi di vivere più a lungo. E’ come se prolungare la propria vita rappresentasse l’unica missione della propria vita. Oggi si muore a centotrenta anni, ma comunque si muore. Quando finisce l’esistenza rimane solo il tempo e l’uomo, in quella piccola frazione di infinito che è la sua vita, fa di tutto per guastare il tempo».
«Sinceramente non capisco» disse il professore. Jesuelle, la biondina con gli occhi azzurri, trovava quel ragazzo veramente intrigante.
« Lei ci ha spiegato che l’Italia è stata sommersa dalle acque del mare a causa di tutti quei fenomeni che si sono verificati nello scorso secolo».
«Certo. Il riscaldamento globale del pianeta, lo scioglimento dei ghiacciai e i cambiamenti climatici hanno contribuito all’innalzamento dei mari, con conseguente allagamento di intere nazioni. Forse inizio a capire cosa vuoi dire, Plontark».
La scolaresca uscì dalla capsula e si ritrovò nella piazza del Duomo. Spugne colorate adornavano la grande scalinata di marmo. Avevano tutti indossato le speciali tute subacquee che avevano imparato a usare durante le ore di esercitazione in aula. Entrarono ordinatamente nella cattedrale. Jesuelle camminava accanto a Plontark. Lì dentro c’era un’atmosfera magica, ardente. Le pareti di marmo, adesso spoglie e cosparse di alghe, un giorno avevano ospitato gli affreschi del Giudizio Universale. Plontark prese Jesuelle per mano e si diressero, insieme, verso il grande altare in fondo alla navata centrale.
«In questo posto, tanto tempo fa, hanno camminato Giotto, Brunelleschi, i Medici, i Guelfi e i Ghibellini» disse il ragazzo avvicinandosi al chip udito di Jesuelle.
«E Dante e Beatrice» aggiunse lei.
Arrivati all’altare si abbracciarono e si scambiarono promesse, cominciando a scrivere una nuova commedia, divina, in un file chiamato futuro.
Re: UN FILE CHIAMATO FUTURO
Ciao Francesco! Terzo MC di fila per te, giusto? Mooolto bene! Tutto ok con caratteri e tempo, divertiti in questa ALL STARS EDITION!
- maurizio.ferrero
- Messaggi: 529
Re: UN FILE CHIAMATO FUTURO
Ciao Francesco, è un piacere rileggerti.
Idea interessante il gruppo di studenti in gita scolastica in un mondo alla Waterworld. Mi è piaciuto molto la descrizione che fai della mentalità di questi "nuovi" umani che hanno dei settaggi preimpostati in cartelle di memoria, li fa apparire evoluti ma al tempo stesso uniformati a uno standard.
Ti dirò però una cosa: a differenza del professore, il discorso di Plontark sul tempo non mi è molto chiaro. Insomma, ho capito che tutto verte sul tema dell'uomo che distrugge ciò che ha intorno, ma alla fine non ho ben capito come si risolva la questione del "vedere il tempo" proposta dal ragazzo. La gita alla cattedrale era già in programma... Credo di non aver capito qualcosa.
Anche il pezzo conclusivo, in cui il protagonista e la ragazza si scambiano promesse, è un finale che sa di speranza, ma non mi risulta ben chiaro che cosa si siano promessi. Un domani migliore per l'umanità?
Idea interessante il gruppo di studenti in gita scolastica in un mondo alla Waterworld. Mi è piaciuto molto la descrizione che fai della mentalità di questi "nuovi" umani che hanno dei settaggi preimpostati in cartelle di memoria, li fa apparire evoluti ma al tempo stesso uniformati a uno standard.
Ti dirò però una cosa: a differenza del professore, il discorso di Plontark sul tempo non mi è molto chiaro. Insomma, ho capito che tutto verte sul tema dell'uomo che distrugge ciò che ha intorno, ma alla fine non ho ben capito come si risolva la questione del "vedere il tempo" proposta dal ragazzo. La gita alla cattedrale era già in programma... Credo di non aver capito qualcosa.
Anche il pezzo conclusivo, in cui il protagonista e la ragazza si scambiano promesse, è un finale che sa di speranza, ma non mi risulta ben chiaro che cosa si siano promessi. Un domani migliore per l'umanità?
- Francesco.Epico
- Messaggi: 36
Re: UN FILE CHIAMATO FUTURO
Grazie Maurizio per il tuo commento. I ragazzi si promettono amore. Il fatto che si danno la mano e vanno verso l'altare, nelle mie intenzioni, voleva rendere in qualche modo palese che anche in un mondo futuro, un mondo fatto di file e cartelle, l'amore resterà qualcosa di naturale e insostituibile. Se non lo hai intuito è segno che non sono stato bravo.
A presto.
A presto.
- Massimo Tivoli
- Messaggi: 396
- Contatta:
Re: UN FILE CHIAMATO FUTURO
Ciao Francesco. Il racconto si legge bene, fila liscio. Mi è piaciuta l’idea della scolaresca in gita in un mondo ormai sommerso dalle acque. Bello il finale di speranza, che fa presagire un futuro roseo per Plontark e Jesuelle. Molto tenero.
Quello che mi dispiace, è non aver capito cosa intendesse Plontark per “vedere il tempo”. Mi dispiace perché ho trovato efficace l’immagine di lui che sembra conoscere il nonno, sebbene non lo abbia mai conosciuto davvero, perché il padre gliene ha parlato spesso. È un immagine condivisibile dai più ed emozionalmente, fa il suo lavoro, ma non sono riuscito a trovarne il nesso con l’espressione “vedere il tempo”.
Quello che mi dispiace, è non aver capito cosa intendesse Plontark per “vedere il tempo”. Mi dispiace perché ho trovato efficace l’immagine di lui che sembra conoscere il nonno, sebbene non lo abbia mai conosciuto davvero, perché il padre gliene ha parlato spesso. È un immagine condivisibile dai più ed emozionalmente, fa il suo lavoro, ma non sono riuscito a trovarne il nesso con l’espressione “vedere il tempo”.
- Francesco.Epico
- Messaggi: 36
Re: UN FILE CHIAMATO FUTURO
@Ocean..... sono contento che tu abbia provato piacere a leggere il mio racconto. Grazie.
@Massimo..... quello di non dire fino in fondo è il mio modo di scrivere. Mi piace che chi legge possa arrivare a una sua conclusione, personalizzata secondo le proprie aspettative. Anche il professore sembra cominciare a capire. Lo lascio lì a pensare e cambio scena. Grazie comunque delle tue parole e a presto.
@Massimo..... quello di non dire fino in fondo è il mio modo di scrivere. Mi piace che chi legge possa arrivare a una sua conclusione, personalizzata secondo le proprie aspettative. Anche il professore sembra cominciare a capire. Lo lascio lì a pensare e cambio scena. Grazie comunque delle tue parole e a presto.
Re: UN FILE CHIAMATO FUTURO
se devo trovare un difetto in questo racconto sono i nomi dei personaggi, che sanno tanto di planetary romance anni 50. peraltro mi pare un po' azzardato che cent'anni da ora gente di discendenza italiana possa avere un nome come "plontark", voglio dire ancora oggi abbiamo nomi che erano in uso migliaia di anni fa. ma insomma è davvero una piccolezza. tra quelli che ho letto questo racconto è quello che esprime meglio il confronto tra ieri/oggi/domani, inoltre ci sono dei sottintesi molto forti, certi dettagli messi lì quasi senza nessun peso in realtà nascondo un worldbuilding impressionante per le dimensioni ridotte del testo. ho qualche perplessità sull'idea di tempo/umanità del ragazzino, ma visto che pare sia un po' saccentello non fatico a credere che si esprima in maniera un po' contorta per dire in sostanza che le persone non vorrebbero morire mai. per me ottima prova.
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unknown to millions
unknown to millions
- erika.adale
- Messaggi: 304
Re: UN FILE CHIAMATO FUTURO
Un racconto che mi ha convinto, sia dal punto di vista dello scenario (il mondo del passato sommerso è sempre affascinante) sia della gestione emotiva dei personaggi. Non ho capito neanche io cosa voglia dire il giovane Plontark, ma ritengo che al fine del racconto sia più utile lo capisca il professore. Questo per dire che non è necessario esplicitare tutto, anzi, mi intriga di più una sospensione di senso che una spiegazione cartesiana... tanto che la parte che mi ha convinto meno è il finale: sia perché si è apparentemente balzati da una ragazzina affascinata da un compagno brillante a promesse per l'eternità (magari le basi c'erano già, ma allora avrei preferito che venissero accennate), sia perché il fatto che sia scoppiato l'Amore con la maiuscola è fin troppo sottolineato in un racconto che, fino a quel punto, mi era sembrato più elegante nell'accennare senza dire. (Mi sarò spiegata? Boh!)
Complimenti, comunque!
Complimenti, comunque!
Re: UN FILE CHIAMATO FUTURO
Ciao Francesco,
il tuo è un racconto con una struttura e uno stile molto classico, che sviluppi in un futuro in cui le attuali irresponsabilità portano a conseguenze irreparabili.
Hai ben presente e sotto controllo ritmo e cosa vuoi far succedere ad ogni passaggio, quindi bravo...solo che anche io non ho capito molto che voleva dire il ragazzo, e anche supponendo che il generico spiegone del protagonista sulle tragedie che hanno portato a Water World sia stato sufficiente ad illuminare improvvisamente il prof, quello che mi strania è il passaggio "voglio vedere il tempo/avevo un nonno/eh ne è passata di acqua sotto i ponti" (pun intended;)) nonché il linguaggio molto formale del ragazzo ("Quando finisce l’esistenza rimane solo il tempo e l’uomo, in quella piccola frazione di infinito che è la sua vita, fa di tutto per guastare il tempo"): aveva caricato vocabolario 3.0?^^
A parte gli scherzi, un'altra cosa veramente piccola di linguaggio: "sintonizzare i vostri hard disk" mi strania subito, mi sembra la componente meno adatta di una macchina a tale funzione (ma non sono un ingegnere, magari sbaglio io).
Buon contest!
il tuo è un racconto con una struttura e uno stile molto classico, che sviluppi in un futuro in cui le attuali irresponsabilità portano a conseguenze irreparabili.
Hai ben presente e sotto controllo ritmo e cosa vuoi far succedere ad ogni passaggio, quindi bravo...solo che anche io non ho capito molto che voleva dire il ragazzo, e anche supponendo che il generico spiegone del protagonista sulle tragedie che hanno portato a Water World sia stato sufficiente ad illuminare improvvisamente il prof, quello che mi strania è il passaggio "voglio vedere il tempo/avevo un nonno/eh ne è passata di acqua sotto i ponti" (pun intended;)) nonché il linguaggio molto formale del ragazzo ("Quando finisce l’esistenza rimane solo il tempo e l’uomo, in quella piccola frazione di infinito che è la sua vita, fa di tutto per guastare il tempo"): aveva caricato vocabolario 3.0?^^
A parte gli scherzi, un'altra cosa veramente piccola di linguaggio: "sintonizzare i vostri hard disk" mi strania subito, mi sembra la componente meno adatta di una macchina a tale funzione (ma non sono un ingegnere, magari sbaglio io).
Buon contest!
- Francesco.Epico
- Messaggi: 36
Re: UN FILE CHIAMATO FUTURO
@Piscu.....@Erika.....@Rionero.
Grazie davvero per i vostri commenti e per le belle parole che avete usato per la mia ministoria.
@Erika, sì, non mi sono mai piaciuti gli spiegoni. Adoro lasciare tutto aperto ad ogni interpretazione. Cerco di disseminare indizi durante il tragitto, ma mi piace che ciascuno alla fine scriva i propri finali di pensiero.
Siccome mi sembrate tutti d'accordo sul desiderio di vedere il tempo da parte del protagonista, sicuramente non sono stato all'altezza.
Grazie a tutti e alla prossima.
Grazie davvero per i vostri commenti e per le belle parole che avete usato per la mia ministoria.
@Erika, sì, non mi sono mai piaciuti gli spiegoni. Adoro lasciare tutto aperto ad ogni interpretazione. Cerco di disseminare indizi durante il tragitto, ma mi piace che ciascuno alla fine scriva i propri finali di pensiero.
Siccome mi sembrate tutti d'accordo sul desiderio di vedere il tempo da parte del protagonista, sicuramente non sono stato all'altezza.
Grazie a tutti e alla prossima.
Re: UN FILE CHIAMATO FUTURO
Un file chiamato futuro
Ciao Francesco,
allora il tema è senza dubbio centrato e lo stile è scorrevole, quindi per questo nulla da dire. Per un racconto breve quando ad una prima lettura tutto risulta abbastanza fluido e comprensibile non può che essere una nota di merito.
Quello che mi ha convinto meno è il contenuto.
Provo a spiegarmi.
La parte iniziale mi aveva abbastanza intrigato ed ero curioso di vedere come sarebbe proseguita, poi però ho iniziato a non crederci più tanto.
In cento anni il mondo è cambiato, l’Italia non c’è più e va bene ci sta come cosa, ma da come parlano i personaggi sembra quasi che vengano da un altro mondo, hanno nomi strani, sembra un futuro molto più lontano di cento anni secondo me e questo mi ha reso il tutto meno credibile.
Cento anni a partire da oggi secondo me sono un lasso di tempo troppo breve per un futuro così iper tecnologico.
Altra cosa è stata il discorso sul tempo, non lo so, detto da un ragazzino mi è parso un po’ forzato.
Ma si trastta comunque di mie pure e semplici impressioni personali ovviamente.
Vedrò come collocarlo in classifica.
Ciao Francesco,
allora il tema è senza dubbio centrato e lo stile è scorrevole, quindi per questo nulla da dire. Per un racconto breve quando ad una prima lettura tutto risulta abbastanza fluido e comprensibile non può che essere una nota di merito.
Quello che mi ha convinto meno è il contenuto.
Provo a spiegarmi.
La parte iniziale mi aveva abbastanza intrigato ed ero curioso di vedere come sarebbe proseguita, poi però ho iniziato a non crederci più tanto.
In cento anni il mondo è cambiato, l’Italia non c’è più e va bene ci sta come cosa, ma da come parlano i personaggi sembra quasi che vengano da un altro mondo, hanno nomi strani, sembra un futuro molto più lontano di cento anni secondo me e questo mi ha reso il tutto meno credibile.
Cento anni a partire da oggi secondo me sono un lasso di tempo troppo breve per un futuro così iper tecnologico.
Altra cosa è stata il discorso sul tempo, non lo so, detto da un ragazzino mi è parso un po’ forzato.
Ma si trastta comunque di mie pure e semplici impressioni personali ovviamente.
Vedrò come collocarlo in classifica.
Re: UN FILE CHIAMATO FUTURO
Tema e paletto perfettamente centrati e anche qui si affronta proprio l'argomento che speravo di sollevare. Il mio giudizio è buono anche se ci sono un paio di elementi che indeboliscono, a mio parere ovviamente, il tutto. In primis, questi ragazzi mi sembravano robot con tutta questa enfasi nel catalogare emozioni e ogni tipo di atto. Forse eccessivo e ancora troppo "meccanizzato". A questo punto perché non byepassare gli oggetti e passare a una sorta di connessione neurale che permette condivisione completa? Chiaro che per me non ci sono limiti: in cento anni siamo passati dal treno che arriva incontro agli spettatori di un cinema alla realtà virtuale. Non pongo limiti a come potremmo essere tra altri cento anni. Ma veniamo a quello che mi pare essere il problema più grosso del racconto: troppo forzato. Sostanzialmente non accade nulla se non la riflessione di questo ragazzo, completamente tesa al quidi del racconto. Oh, mi trova totalmente d'accordo, ma arriva dal nulla, funzionale a se stessa e al messaggio del testo, non accade altro. E questo "non accadere" mi porta dunque a non empatizzare con i due "innamorati" e al loro lancio verso il futuro. In buona sostanza: molto bella l'idea, ma necessitava di un diverso sviluppo per quelli che erano i caratteri. Allo stato attuale mi sembra un ottimo spunto per un racconto più ampio. Pollice tendente all'alto per me.
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