Le tracce del killer
Inviato: lunedì 22 luglio 2019, 11:58
Non so nemmeno se sono ancora in tempo, ma ci provo lo stesso
Le tracce del killer
Ancora una volta, erano arrivati troppo tardi. Arrivavano sempre a cose fatte. “Alla fine, noi non serviamo a niente” – pensò tra sé – “Noi dovremmo impedire che certe cose accadano. E invece, non facciamo altro che presentarci a fatto compiuto, quando ormai non c’è più nulla da fare. La nostra presenza qui è del tutto inutile”. La voce dell’agente Torleschi lo scosse da quei pensieri.
- Commissario, mi scusi –
- Sì, dimmi, Torleschi –
- Il medico legale ha finito la sua analisi preliminare –
- Sì certo, capisco. Andiamo –
Il commissario Mordini spense la sigaretta che si era acceso e si mosse in direzione di un’automobile rossa, di piccola cilindrata, sprofondata in un fossato. All’interno, poche ore prima era stato ritrovato il corpo senza vita di una donna. Era la settima, in poco più di un mese. E nessuna era morta di morte accidentale.
- Dottor Calipari, ha trovato qualcosa di interessante? –
Il medico legale era un uomo alto e robusto, con una stretta di mano vigorosa ed un fare molto diretto. Tutti particolari che contrastavano con il suo sguardo sfuggente. A volte si aveva l’impressione che il dottore fosse immerso in chissà quali pensieri, e che per questo motivo non trovasse il modo di fissare la sua attenzione sul mondo, ma si limitasse a farselo passare davanti agli occhi. Guai a farsi ingannare dalle apparenze, però: nel suo campo, il Dottor Calipari era un vero maestro, e Mordini negli anni aveva stretto con lui un legame di forte collaborazione.
- Allora, dottore, cosa mi può dire delle circostanze del decesso? –
Il dottore guardò appena il commissario, prima di snocciolare le sue prime conclusioni:
- La morte è da collocarsi all’incirca tra l’una e le due di notte, a giudicare dalle condizioni del corpo. L’assassino ha ucciso la donna all’interno dell’abitacolo, sfondandole il cranio con un corpo contundente molto pesante, e in seguito ha fatto in modo di condurre l’automobile nel fossato. Poi è sparito, senza lasciare la minima traccia. –
- Come sempre – aggiunse cupo Mordini
- Lei pensa che abbiamo a che fare con lo stesso assassino? –
- Ne sono sicuro, anche se ancora non riesco a capire quale possa essere il movente, o meglio il motivo di questi omicidi. È come se il killer si stesse divertendo a confondere le acque, per non fornirci il minimo indizio. – Mordini fece una smorfia, prima di continuare nel suo ragionamento. - Non saprei dirle come e perché tutte queste morti siano collegate tra loro. Ma sul fatto che un collegamento esista, non ho il minimo dubbio. –
- Eppure a prima vista sembrano del tutto scollegate tra loro – commentò amaro Calipari.
In effetti, era difficile capire cosa potesse accomunare quella sequenza di morti: le vittime non si conoscevano tra loro, avevano tutte età e professioni diverse, non frequentavano gli stessi ambienti. Mordini era arrivato al punto di far controllare i loro segni zodiacali, le loro date di nascita, alla ricerca di qualche cifra ricorrente nascosta nella cabala, o nella numerologia. Non era emerso nulla. Anche le scene del delitto erano diverse tra loro: alcune vittime erano state ritrovate all’interno della loro abitazione, altre all’aperto, una addirittura nei bagni di un supermercato.
- A prima vista sì, però abbiamo già due elementi in comune: il sesso delle vittime, e il modo in cui sono state uccise. –
- E due elementi fanno già una prova, si dice così giusto? –
- Sarebbero due indizi, in effetti, ma poco cambia. – Mordini scrollò le spalle, cercando di darsi anche fisicamente una scossa, prima che la stanchezza avesse del tutto la meglio. – Sono sicuro che c’è un altro legame tra tutti questi omicidi, anche se al momento non riusciamo a vederlo. E quando troveremo elemento, saremo in grado di arrivare al nostro killer. –
L’intera giornata passò nel vano tentativo di acquisire nuovi elementi utili alle indagini. Anche questa volta, il killer era riuscito a portare a termine il suo delitto senza lasciare la minima traccia. Quando ormai già stava calando la notte, esausto e sconfortato, Mordini si rassegnò a lasciare l’ufficio e a tornare a casa per dormire un paio d’ore. Domani avrebbe dovuto ricominciare tutto da capo. “Come se servisse a qualcosa” si disse tra sé. Aveva una certa esperienza, ma doveva ammettere di non aver mai incontrato prima un assassino così abile. A volte, gli sembrava di avere a che fare con una sorta di superuomo.
Dopo aver consumato una cena molto frugale, Mordini si mise passivamente davanti al televisore. Era molto provato e aveva bisogno di staccare un attimo il cervello, perché la tensione lo stava logorando. Eppure, più si sforzava di non pensare a quei delitti, più essi gli si presentavano alla mente. Era un po’ come in quel famoso esperimento dell’elefante, di cui aveva letto qualche tempo prima, con il professore che dice ai suoi studenti di non pensare all’elefante, e come risultato tutti cominciano a farlo. Allo stesso modo, nonostante Mordini stesse facendo zapping come un disperato, e si stesse ripetendo di non pensare al killer, la sua mente lo riportava sempre a rimuginare su quella questione. Alla fine, esasperato, scagliò via il telecomando e si rassegnò a tornare a guardare per l’ennesima volta gli appunti che aveva preso sul caso.
Era sicuro che ci dovesse essere un collegamento. E forse era anche una cosa molto banale. Doveva solo sforzarsi di guardare a tutte quelle morti da una prospettiva diversa. Liberarsi da tutte le informazioni che aveva accumulato e ricominciare da zero. Accostarsi a quei delitti non con il peso dell’esperienza di uno stanco commissario di polizia, ma con lo sguardo puro di un bambino, che è il primo a vedere cose che gli adulti non vedono. Mentre era immerso in questi pensieri, Mordini aveva riportato su un foglio i nomi e i dati anagrafici delle vittime, che ora erano elencati davanti a lui sul foglio bianco:
Sara Frecassi, 37 anni, impiegata in un’azienda tessile
Elena Roccagli, 60 anni, casalinga
Giulia Sinti, 25 anni, studentessa in Lettere
Ursula Limonova, 28 anni, commessa in un supermercato
Iris De Vecchi, 55 anni, insegnante
Maria Segonti, 42 anni, medico ospedaliero
E infine l’ultima, Isabella Rossettini, 47 anni, disoccupata
Fu allora, riguardando per l’ennesima volta quella lista, che nella sua mente scattò un click. All’inizio fu solo un tenue barlume, che però si portò dietro a cascata tutta una serie di altri elementi, cose nascoste nella sua memoria che ora tornavano a galla. In presa all’esaltazione, Mordini prese una mappa, per verificare la sua intuizione. Come per magia, quella sequenza che fino a pochi minuti fa era stata del tutto muta, gli stava lanciando una precisa indicazione. E se le cose stavano come lui pensava, lui era l’unico e il solo destinatario di quel messaggio.
Senza alcun indugio, Mordini uscì di casa e salì in macchina. La direzione che la mappa gli aveva indicato non lasciava dubbi: se le cose stavano come lui sospettava, la soluzione del caso l’avrebbe trovata nella Casa dei Giochi. Era una vecchia villa fuori città, così chiamata perché uno degli ultimi proprietari l’aveva persa in una partita di carte. La villa aveva avuto altre vicende piuttosto oscure nel corso degli anni, ma ormai da anni era del tutto abbandonata. Da giovane, anche Mordini aveva avuto modo di entrarci: era il periodo in cui i ragazzi del posto la sceglievano come meta preferita per appartarsi e consumare le prime esperienze sessuali al riparo da sguardi indiscreti. Lui stesso ci aveva portato un paio di fidanzatine. Adesso, gli toccava tornarci per tutt’altro motivo.
Parcheggiò la macchina alla fine dello sterrato, sfilò di mano la pistola e nell’altra mano prese una torcia. Cominciò facendo un rapido giro intorno all’edificio, ma non notò nulla di particolare. La villa sembrava addormentata, fissata in un passato lontano. La porta d’ingresso era stata del tutto divelta. Mordini entrò con cautela, facendosi luce con la torcia. Non appena ebbe messo piede all’interno, sentì una voce fin troppo nota chiamare il suo nome. Non ebbe nemmeno il tempo di girarsi in direzione di quel suono, che sentì una botta fortissima in testa. Quella fu l’ultima cosa di cui si rese conto, prima di perdere i sensi.
Quando si riprese, si accorse di essere legato su una sedia. Era in mezzo a una stanza completamente vuota, e qualcuno gli stava puntando una torcia in faccia.
- Sapevo che alla fine avresti capito. –
Erano passati tanti anni, ma Mordini non ebbe alcun problema a capire chi gli stava di fronte, anche se i lineamenti del suo carceriere erano ancora in buona parte avvolti nel buio. I volti possono cambiare, le voci no.
- Cristina? Quindi eri tu il killer. Ma perché? –
- Non lo capisci ancora? – fece la donna
- Ho immaginato che potessi essere tu quando mi sono reso conto del messaggio nascosto, ma forse ho desiderato fino all’ultimo di potermi sbagliare. –
- Nessun errore, commissario Mordini – il tono della donna era tagliente. – Il killer ero io. Chi altri avrebbe potuto lasciarti un simile messaggio? –
Davanti agli occhi di Mordini si materializzarono scene sepolte nella memoria. Una vecchia classe di liceo, un ragazzo e una ragazza innamorati e un po’ impacciati, una ricorrenza speciale, una brutta e goffa poesia in acrostico, di cui cominciò a recitare i primi versi:
- Come un cavaliere/Ramingo/In cerca del suo Graal … -
- Seguo le tracce del/Tuo amore/In questa /Notte /Autunnale – completò la voce di donna. – Vedo che te la ricordi bene. E se sei qui, significa che ti ricordi anche come funziona un acrostico. –
Le lacrime cominciarono a solcare le guance di Mordini: non era solo il peso del passato, che tornava a farsi sentire, ma anche il pensiero di tutte quelle donne che alla fine erano morte solo per una vendetta privata.
- Ma se volevi vendicarti di me, perché hai ucciso tutte quelle donne? Non potevi ammazzarmi direttamente e farla finita? –
- No, sarebbe stata una cosa troppo immediata, e non mi avrebbe ricompensata di tutto il dolore che ho provato in questi anni – fece la donna. – Tu non sai niente. Non hai idea dei disastri che il tuo tradimento mi ha causato. Ho passato anni a cercare di capire perché le cose fossero andate così male tra noi, senza riuscire a capirlo. Non riuscivo più a stare in mezzo alla gente, avevo paura del contatto delle altre persone, paura di essere ancora ferita e abbandonata. E mentre io passavo la vita a struggermi nel dolore, tu andavi avanti come se niente fosse successo. È stata questa cosa, a mandarmi fuori di testa. Mi hai preso, mi hai scaricato come una vecchia scarpa e non ti sei nemmeno posto il minimo problema. Hai fatto carriera, sei andato avanti con la tu vita, mentre io appassivo come un fiore. –
Pazza. Era completamente pazza, pensò Mordini. – Ma ti rendi conto che hai ammazzato sette donne innocenti per vendicarti di una vecchia storia tra liceali? –
- STAI ZITTO! – urlò la donna colpendolo in volto con la torcia. – Non è stata una storia tra liceali, pezzo di merda. È stato un rifiuto, e io non posso essere rifiutata, lo capisci o no? Tu mi hai sedotto, mi hai scritto quella poesia, e pochi mesi dopo mi hai abbandonato. Per anni ho cercato di capire in cosa avessi sbagliato, senza riuscirci. Poi, alla fine ho capito. Io sono perfetta, sei tu che sei sempre stato sbagliato. E quindi meriti di morire, come meritavano di morire quelle sgualdrine che ho ammazzato per metterti sulla giusta pista. Era un altro acrostico, un acrostico di sangue, che ti diceva “Seguimi”. E tu lo hai seguito, hai collegato tra loro tutte quelle morti e hai visto come unendole si formasse una bella freccia, che indicava una direzione ben precisa. – La donna si interruppe per gettare uno sguardo sulla stanza. Quando riprese a parlare, il suo tono si fece per un attimo più nostalgico. – La conoscevi bene quella direzione, vero? Quante altre ne hai portate in questa casa, per divertirti? Beh, io non sono come le altre. Qui tutto è iniziato tra noi, e qui finirà. Come dico io, però, non come volevi tu. -
Mordini si rivide per un attimo mentre, tanti anni prima, faceva l’amore con Cristina in quella stessa stanza. Era la stessa Cristina che ora stava avanzando verso di lui, con un martello in mano, pronta a fracassargli il cranio.
Le tracce del killer
Ancora una volta, erano arrivati troppo tardi. Arrivavano sempre a cose fatte. “Alla fine, noi non serviamo a niente” – pensò tra sé – “Noi dovremmo impedire che certe cose accadano. E invece, non facciamo altro che presentarci a fatto compiuto, quando ormai non c’è più nulla da fare. La nostra presenza qui è del tutto inutile”. La voce dell’agente Torleschi lo scosse da quei pensieri.
- Commissario, mi scusi –
- Sì, dimmi, Torleschi –
- Il medico legale ha finito la sua analisi preliminare –
- Sì certo, capisco. Andiamo –
Il commissario Mordini spense la sigaretta che si era acceso e si mosse in direzione di un’automobile rossa, di piccola cilindrata, sprofondata in un fossato. All’interno, poche ore prima era stato ritrovato il corpo senza vita di una donna. Era la settima, in poco più di un mese. E nessuna era morta di morte accidentale.
- Dottor Calipari, ha trovato qualcosa di interessante? –
Il medico legale era un uomo alto e robusto, con una stretta di mano vigorosa ed un fare molto diretto. Tutti particolari che contrastavano con il suo sguardo sfuggente. A volte si aveva l’impressione che il dottore fosse immerso in chissà quali pensieri, e che per questo motivo non trovasse il modo di fissare la sua attenzione sul mondo, ma si limitasse a farselo passare davanti agli occhi. Guai a farsi ingannare dalle apparenze, però: nel suo campo, il Dottor Calipari era un vero maestro, e Mordini negli anni aveva stretto con lui un legame di forte collaborazione.
- Allora, dottore, cosa mi può dire delle circostanze del decesso? –
Il dottore guardò appena il commissario, prima di snocciolare le sue prime conclusioni:
- La morte è da collocarsi all’incirca tra l’una e le due di notte, a giudicare dalle condizioni del corpo. L’assassino ha ucciso la donna all’interno dell’abitacolo, sfondandole il cranio con un corpo contundente molto pesante, e in seguito ha fatto in modo di condurre l’automobile nel fossato. Poi è sparito, senza lasciare la minima traccia. –
- Come sempre – aggiunse cupo Mordini
- Lei pensa che abbiamo a che fare con lo stesso assassino? –
- Ne sono sicuro, anche se ancora non riesco a capire quale possa essere il movente, o meglio il motivo di questi omicidi. È come se il killer si stesse divertendo a confondere le acque, per non fornirci il minimo indizio. – Mordini fece una smorfia, prima di continuare nel suo ragionamento. - Non saprei dirle come e perché tutte queste morti siano collegate tra loro. Ma sul fatto che un collegamento esista, non ho il minimo dubbio. –
- Eppure a prima vista sembrano del tutto scollegate tra loro – commentò amaro Calipari.
In effetti, era difficile capire cosa potesse accomunare quella sequenza di morti: le vittime non si conoscevano tra loro, avevano tutte età e professioni diverse, non frequentavano gli stessi ambienti. Mordini era arrivato al punto di far controllare i loro segni zodiacali, le loro date di nascita, alla ricerca di qualche cifra ricorrente nascosta nella cabala, o nella numerologia. Non era emerso nulla. Anche le scene del delitto erano diverse tra loro: alcune vittime erano state ritrovate all’interno della loro abitazione, altre all’aperto, una addirittura nei bagni di un supermercato.
- A prima vista sì, però abbiamo già due elementi in comune: il sesso delle vittime, e il modo in cui sono state uccise. –
- E due elementi fanno già una prova, si dice così giusto? –
- Sarebbero due indizi, in effetti, ma poco cambia. – Mordini scrollò le spalle, cercando di darsi anche fisicamente una scossa, prima che la stanchezza avesse del tutto la meglio. – Sono sicuro che c’è un altro legame tra tutti questi omicidi, anche se al momento non riusciamo a vederlo. E quando troveremo elemento, saremo in grado di arrivare al nostro killer. –
L’intera giornata passò nel vano tentativo di acquisire nuovi elementi utili alle indagini. Anche questa volta, il killer era riuscito a portare a termine il suo delitto senza lasciare la minima traccia. Quando ormai già stava calando la notte, esausto e sconfortato, Mordini si rassegnò a lasciare l’ufficio e a tornare a casa per dormire un paio d’ore. Domani avrebbe dovuto ricominciare tutto da capo. “Come se servisse a qualcosa” si disse tra sé. Aveva una certa esperienza, ma doveva ammettere di non aver mai incontrato prima un assassino così abile. A volte, gli sembrava di avere a che fare con una sorta di superuomo.
Dopo aver consumato una cena molto frugale, Mordini si mise passivamente davanti al televisore. Era molto provato e aveva bisogno di staccare un attimo il cervello, perché la tensione lo stava logorando. Eppure, più si sforzava di non pensare a quei delitti, più essi gli si presentavano alla mente. Era un po’ come in quel famoso esperimento dell’elefante, di cui aveva letto qualche tempo prima, con il professore che dice ai suoi studenti di non pensare all’elefante, e come risultato tutti cominciano a farlo. Allo stesso modo, nonostante Mordini stesse facendo zapping come un disperato, e si stesse ripetendo di non pensare al killer, la sua mente lo riportava sempre a rimuginare su quella questione. Alla fine, esasperato, scagliò via il telecomando e si rassegnò a tornare a guardare per l’ennesima volta gli appunti che aveva preso sul caso.
Era sicuro che ci dovesse essere un collegamento. E forse era anche una cosa molto banale. Doveva solo sforzarsi di guardare a tutte quelle morti da una prospettiva diversa. Liberarsi da tutte le informazioni che aveva accumulato e ricominciare da zero. Accostarsi a quei delitti non con il peso dell’esperienza di uno stanco commissario di polizia, ma con lo sguardo puro di un bambino, che è il primo a vedere cose che gli adulti non vedono. Mentre era immerso in questi pensieri, Mordini aveva riportato su un foglio i nomi e i dati anagrafici delle vittime, che ora erano elencati davanti a lui sul foglio bianco:
Sara Frecassi, 37 anni, impiegata in un’azienda tessile
Elena Roccagli, 60 anni, casalinga
Giulia Sinti, 25 anni, studentessa in Lettere
Ursula Limonova, 28 anni, commessa in un supermercato
Iris De Vecchi, 55 anni, insegnante
Maria Segonti, 42 anni, medico ospedaliero
E infine l’ultima, Isabella Rossettini, 47 anni, disoccupata
Fu allora, riguardando per l’ennesima volta quella lista, che nella sua mente scattò un click. All’inizio fu solo un tenue barlume, che però si portò dietro a cascata tutta una serie di altri elementi, cose nascoste nella sua memoria che ora tornavano a galla. In presa all’esaltazione, Mordini prese una mappa, per verificare la sua intuizione. Come per magia, quella sequenza che fino a pochi minuti fa era stata del tutto muta, gli stava lanciando una precisa indicazione. E se le cose stavano come lui pensava, lui era l’unico e il solo destinatario di quel messaggio.
Senza alcun indugio, Mordini uscì di casa e salì in macchina. La direzione che la mappa gli aveva indicato non lasciava dubbi: se le cose stavano come lui sospettava, la soluzione del caso l’avrebbe trovata nella Casa dei Giochi. Era una vecchia villa fuori città, così chiamata perché uno degli ultimi proprietari l’aveva persa in una partita di carte. La villa aveva avuto altre vicende piuttosto oscure nel corso degli anni, ma ormai da anni era del tutto abbandonata. Da giovane, anche Mordini aveva avuto modo di entrarci: era il periodo in cui i ragazzi del posto la sceglievano come meta preferita per appartarsi e consumare le prime esperienze sessuali al riparo da sguardi indiscreti. Lui stesso ci aveva portato un paio di fidanzatine. Adesso, gli toccava tornarci per tutt’altro motivo.
Parcheggiò la macchina alla fine dello sterrato, sfilò di mano la pistola e nell’altra mano prese una torcia. Cominciò facendo un rapido giro intorno all’edificio, ma non notò nulla di particolare. La villa sembrava addormentata, fissata in un passato lontano. La porta d’ingresso era stata del tutto divelta. Mordini entrò con cautela, facendosi luce con la torcia. Non appena ebbe messo piede all’interno, sentì una voce fin troppo nota chiamare il suo nome. Non ebbe nemmeno il tempo di girarsi in direzione di quel suono, che sentì una botta fortissima in testa. Quella fu l’ultima cosa di cui si rese conto, prima di perdere i sensi.
Quando si riprese, si accorse di essere legato su una sedia. Era in mezzo a una stanza completamente vuota, e qualcuno gli stava puntando una torcia in faccia.
- Sapevo che alla fine avresti capito. –
Erano passati tanti anni, ma Mordini non ebbe alcun problema a capire chi gli stava di fronte, anche se i lineamenti del suo carceriere erano ancora in buona parte avvolti nel buio. I volti possono cambiare, le voci no.
- Cristina? Quindi eri tu il killer. Ma perché? –
- Non lo capisci ancora? – fece la donna
- Ho immaginato che potessi essere tu quando mi sono reso conto del messaggio nascosto, ma forse ho desiderato fino all’ultimo di potermi sbagliare. –
- Nessun errore, commissario Mordini – il tono della donna era tagliente. – Il killer ero io. Chi altri avrebbe potuto lasciarti un simile messaggio? –
Davanti agli occhi di Mordini si materializzarono scene sepolte nella memoria. Una vecchia classe di liceo, un ragazzo e una ragazza innamorati e un po’ impacciati, una ricorrenza speciale, una brutta e goffa poesia in acrostico, di cui cominciò a recitare i primi versi:
- Come un cavaliere/Ramingo/In cerca del suo Graal … -
- Seguo le tracce del/Tuo amore/In questa /Notte /Autunnale – completò la voce di donna. – Vedo che te la ricordi bene. E se sei qui, significa che ti ricordi anche come funziona un acrostico. –
Le lacrime cominciarono a solcare le guance di Mordini: non era solo il peso del passato, che tornava a farsi sentire, ma anche il pensiero di tutte quelle donne che alla fine erano morte solo per una vendetta privata.
- Ma se volevi vendicarti di me, perché hai ucciso tutte quelle donne? Non potevi ammazzarmi direttamente e farla finita? –
- No, sarebbe stata una cosa troppo immediata, e non mi avrebbe ricompensata di tutto il dolore che ho provato in questi anni – fece la donna. – Tu non sai niente. Non hai idea dei disastri che il tuo tradimento mi ha causato. Ho passato anni a cercare di capire perché le cose fossero andate così male tra noi, senza riuscire a capirlo. Non riuscivo più a stare in mezzo alla gente, avevo paura del contatto delle altre persone, paura di essere ancora ferita e abbandonata. E mentre io passavo la vita a struggermi nel dolore, tu andavi avanti come se niente fosse successo. È stata questa cosa, a mandarmi fuori di testa. Mi hai preso, mi hai scaricato come una vecchia scarpa e non ti sei nemmeno posto il minimo problema. Hai fatto carriera, sei andato avanti con la tu vita, mentre io appassivo come un fiore. –
Pazza. Era completamente pazza, pensò Mordini. – Ma ti rendi conto che hai ammazzato sette donne innocenti per vendicarti di una vecchia storia tra liceali? –
- STAI ZITTO! – urlò la donna colpendolo in volto con la torcia. – Non è stata una storia tra liceali, pezzo di merda. È stato un rifiuto, e io non posso essere rifiutata, lo capisci o no? Tu mi hai sedotto, mi hai scritto quella poesia, e pochi mesi dopo mi hai abbandonato. Per anni ho cercato di capire in cosa avessi sbagliato, senza riuscirci. Poi, alla fine ho capito. Io sono perfetta, sei tu che sei sempre stato sbagliato. E quindi meriti di morire, come meritavano di morire quelle sgualdrine che ho ammazzato per metterti sulla giusta pista. Era un altro acrostico, un acrostico di sangue, che ti diceva “Seguimi”. E tu lo hai seguito, hai collegato tra loro tutte quelle morti e hai visto come unendole si formasse una bella freccia, che indicava una direzione ben precisa. – La donna si interruppe per gettare uno sguardo sulla stanza. Quando riprese a parlare, il suo tono si fece per un attimo più nostalgico. – La conoscevi bene quella direzione, vero? Quante altre ne hai portate in questa casa, per divertirti? Beh, io non sono come le altre. Qui tutto è iniziato tra noi, e qui finirà. Come dico io, però, non come volevi tu. -
Mordini si rivide per un attimo mentre, tanti anni prima, faceva l’amore con Cristina in quella stessa stanza. Era la stessa Cristina che ora stava avanzando verso di lui, con un martello in mano, pronta a fracassargli il cranio.