Un'altra Angelica
Inviato: domenica 19 gennaio 2020, 23:10
Un’altra Angelica
Dicono che la vendetta è un piatto da servire freddo. Nel mio caso, l’avevo tenuta in fresco così a lungo che avrei dovuto scongelarla, prima di poterla portare in tavola. Ma questo non contava. L’importante era che, dopo tanto tempo, l’ora tanto attesa stesse arrivando.
Sulle prime, avevo pensato che si trattasse di uno scherzo. Sapete, sono diventato diffidente. È abbastanza normale, data la mia storia. Mettetevi nei miei panni: non solo la donna di cui ero innamorato mi giocò un brutto scherzo e si mise con un altro, facendomi andare del tutto fuori di senno, ma poco tempo dopo fui anche vittima di un tradimento da parte di una persona di cui avevo piena fiducia. Con il tempo, a furia di rimediare bastonate, ho imparato ad andarci cauto, anche perché se c’è una cosa che non sopporto è proprio quella di essere preso in giro. Così, quando il Guardiano delle Case dell’Immaginazione era venuto a risvegliarmi, non avevo risposto subito, ma me ne ero rimasto bello comodo nel mio Involucro di Oblio. “Tanto, se è uno scherzo e io non rispondo, quello si stancherà prima o poi”.
- Cosa sei, sordo? Ti ho detto che ti stanno aspettando ai piani alti - aveva insistito il Guardiano, un pezzo di mostro metà cane e metà drago che era buona norma non fare infastidire troppo.
- Sei proprio sicuro che stiano aspettando me? - gli avevo chiesto stizzito, pronto a riprendere il mio sonno.
- Orlando sei tu, o sbaglio? - aveva biascicato quello zotico, senza nemmeno degnarmi di uno sguardo.
- Sì, certo, sono io.
- E allora vedi di sbrigarti. Lo sai che quelli dei piani alti non hanno tutta questa pazienza. Non vorrai rischiare che cambino idea - aveva insinuato prima di tornare nell’antro che faceva da portineria.
Mentre aspettavo l’ascensore che portava alla Centrale Operativa, avevo gettato una rapida occhiata ai Tabelloni Temporali che si trovavano proprio dirimpetto alle porte dell’ascensore, giusto per controllare che il mio Orologio Interno fosse ben sincronizzato. Non si sa mai, a volte questi cosi si inceppano e capita che ti ritrovi di qualche centinaio di anni in anticipo, o in
ritardo, rispetto al tempo terrestre. In quel caso, però, non c’erano dubbi o errori di sorta. Il Fuso Orario Terrestre era perfettamente sincronizzato sul mio orologio, ed entrambi indicavano che l’anno corrente era il 2020. E chi diamine poteva avere mai intenzione di rispolverare la mia storia nel 2020? A quel che mi risultava, nel 2020 le persone erano interessate a vicende avventurose a base di maghi, draghi, supereroi, alieni e navicelle spaziali. Che se ne facevano, nel 2020, di un cavaliere errante come me, per giunta con la fama di essere uno dei più fenomenali cornuti della storia? Con queste domande che mi turbinavano in testa, bussai all’ufficio del Direttore Generale, divorato dalla curiosità.
La segretaria mi aprì la porta e mi introdusse nell’ufficio del Direttore, che mi stava aspettando già da qualche minuto. Non appena entrai, mi fece cenno di accomodarmi. Erano passati molti anni, dall’ultima volta che l’avevo visto, ma non era per nulla cambiato.
- Allora, Orlando, eccoci qua. Ce ne hai messo di tempo, eh?
- Mi scuso per averla fatta attendere, ma lei potrà immaginare come non potessi presentarmi al suo cospetto senza prima rassettarmi un attimo, non sarebbe stato confacente al mio e al suo rango.
- No - replicò interrompendomi - intendevo dire che ce ne hai messo di tempo a farti ripescare. Sai, cominciavo a pensare che il tuo fosse uno di quei casi senza speranza che finiscono per sempre nell’Oblio, e che non vengono mai più risvegliati dal loro sonno.
- Convengo con lei che la cosa risponda al vero, e non posso che esserne addolorato in ogni fibra del mio essere. Purtroppo, e per somma sventura, pare proprio che i cavalieri erranti siano passati di moda.
- Sì, per la vostra categoria i tempi d’oro sono alle spalle. La gente, al giorno d’oggi, vuole un altro tipo di storie, storie con più azione, più tecnologia, più sangue, più sesso … e voi continuate a non volervi aggiornare, a rimanere fedeli ai vostri quattro principi.
Ecco, siamo alle solite, pensai tra me prima di replicare: - Abbiamo già avuto modo di dibattere questa questione, in passato. Per noi sarebbe tutto più facile se ci prestassimo a una bella operazione di modernizzazione, un po’ come hanno fatto negli ultimi tempi vampiri, centurioni e principi rinascimentali. Ma, vede, e non è per criticare i colleghi, sia ben inteso, ognuno si regola come meglio crede. Il fatto è - e qui cominciai a scandire le parole, per ribadire un concetto che mi era molto caro - che noi non siamo disposti a venir meno ai nostri principi e al nostro codice d’onore. Non ci presteremo mai a certe operazioni. La dignità è tutto, per un cavaliere errante. Per questo non vedrà mai nessuno di noi coinvolto in torbide vicende che prevedano nudità gratuite, orge, trasgressioni e cose del genere. Piuttosto, preferiamo starcene nel nostro oblio …
- Sì, sì, va bene, me l’hai già detto altre volte, e con te anche i tuoi colleghi. Per me, siete una categoria senza speranza, ma lasciamo perdere. Veniamo a noi, e al motivo per cui ti ho fatto chiamare. Per quanto possa sembrare incredibile, pare che nel 2020 ci sia ancora qualcuno disposto a inserirti in una delle sue storie. Niente di trascendentale, sia chiaro. Non farti troppe illusioni.
- E chi sarebbe il soggetto in questione?
- Un aspirante scrittore a tempo perso. Deve presentare un suo racconto per una sfida on line, e avrebbe pensato a te come protagonista.
- Ah, ma bene, proprio un ruolo di prestigio - ribattei ironico, senza potermi trattenere dal pensare a quanto ero caduto in basso.
- Cos’è, mica ti metterai a fare lo schizzinoso? Sono anni che nessuno viene più a risvegliarti dall’Oblio, anche una piccola occasione come questa è sempre meglio di niente. E poi, sono sicuro - ammiccò indicando con la mano una cartellina rossa che si trovava sulla scrivania davanti a lui - che la proposta in questione sarà di tuo gradimento. Niente sesso e niente scandali. C’è solo una piccola richiesta.
- E sarebbe? - domandai sospettoso.
- La storia non si svolgerà in epoca medievale, ma ai tempi moderni.
- Cosa vorrebbe dire, scusi?
- Vorrebbe dire che tu non sarai un Orlando che si aggira per le terre di Francia a cavallo del suo destriero, ma un Orlando che si muove per la città con la sua automobile, vive in una comoda abitazione, ha un lavoro … insomma tutte le cose che fanno le persone negli anni Duemila.
- Il senso di tutto questo mi sfugge.
- Dai su, una minima concessione alla modernità la vogliamo fare oppure no? Non so se ti sei reso conto che sulla Terra sono nel 2020. Non è che puoi pretendere che continuino a parlare di palafreni, schinieri e scudieri!
- Sì, ma continuo a non capire cosa avrebbe a che fare un cavaliere errante come me, con il mondo dei terrestri nel 2020. Perché mai ripescarmi dalle Case dell’Immaginazione e farmi uscire dall’Oblio, se poi non vogliono farmi fare quello per cui sono noto, ossia maneggiare la mia fedele Durlindana davanti al nemico?
- Semplice - rispose il Direttore sorridendomi - e questo è anche il motivo per cui sono certo che accetterai questa proposta. Vedi, l’idea sarebbe quella di permetterti di prendere finalmente la tua vendetta. Il fatto di farti reincarnare nel 2020 serve proprio ad aumentare a dismisura il senso dell’attesa. Pensaci bene: una vendetta che arriva dopo secoli e secoli! Puoi immaginare la soddisfazione che il personaggio, cioè in questo caso tu, potrebbe provare in una simile situazione?
La cosa cominciava a suonarmi interessante, per quanto bizzarra.
- Va bene, darò un’occhiata alla storia e vedrò se mi convince. In fondo, devo confessare che mi piace molto l’idea di potermi vendicare di quel vile mentitore di Gano!
- Guarda che ti sbagli, non è su Gano di Maganza che dovrai prendere la tua vendetta - sogghignò il direttore. Al sentire queste parole, non potei fare a meno di sobbalzare dallo stupore. Se non era Gano, quello su cui dovevo vendicarmi, di chi poteva mai trattarsi?
- Dai, prova a ricordare. Sono sicuro che se ti sforzi un attimo, puoi arrivarci anche da solo - disse il direttore mentre mi allungava la cartellina rossa.
Mi bastò scorrere la proposta contenuta in quella cartellina, per vedervi impresso il nome di colui su cui avrei dovuto vendicarmi. Nel leggere quel nome, subito mi ritornò alla mente una scena persa nella notte dei tempi, che avrei voluto tanto non dover ricordare mai più, e sentii risuonare le parole del poeta, che avevano reso immortale la mia follia:
“Lo strano corso che tenne il cavallo/del Saracin pel bosco senza via,/ fece ch’Orlando andò duo giorni in fallo,/ né lo trovò, né poté averne spia./Giunse ad un rivo che parea cristallo,/ ne le cui sponde un bel pratel fioria,/ di nativo color vago e dipinto,/ e di molti e belli arbori distinto. (Orlando Furioso, XXIII, 100)
E tutto tornò a svolgersi davanti ai miei occhi. Rividi il mio arrivo in quella radura, mentre ero all’inseguimento di Mandricardo. Mi ero fermato per riposarmi, ma molto meglio avrei fatto a tirar dritto, proseguendo nella mia corsa. Non appena arrivato, avevo notato subito una cosa strana: il luogo era pieno di alberi con il tronco inciso. Mi bastò guardarli, per riconoscere subito la grafia di Angelica, la mia amata. All’inizio avevo pensato che avesse inciso il suo nome insieme al mio, come fanno spesso gli innamorati, ma per quanto mi girassi vedevo solo una scritta: “Angelica e Medoro”, “Angelica e Medoro”, e ognuna di quelle lettere era come un chiodo, nella bara in cui mi apprestavo a seppellire il mio cuore. Fu allora che arrivai a quella maledetta grotta, dove il vile Medoro di sua mano aveva scritto questi versi, che ancora oggi a pronunciarli aprono una ferita nel mio animo:
“- Liete piante, verdi erbe, limpide acque,/ spelunca opaca e di fredde ombre grata,/ dove la bella Angelica che nacque/ di Galafron, da molti invano amata,/ spesso ne le mie braccia nuda giacque;/ de la commodità che qui m’è data,/ io pover Medor ricompensarvi/ d’altro non posso, che d’ognor lodarvi” (Orlando Furioso, XXIII, 108)
Leggere quelle frasi e vedere la mia bella Angelica giacere, del tutto nuda, tra le rozze braccia di quel bifolco fu una cosa sola. E tanto a lungo andai rimuginando nella mia mente quella scena insopportabile, da perdere del tutto la ragione … il resto è storia nota.
Mi sembra superfluo dire che accettai di buon grado quella proposta: sarei stato disposto a qualsiasi cosa, pur di avere l’occasione di vendicarmi sull’odiato Medoro. Così abbandonai la mia bella armatura e vestii i panni di un uomo del Duemila. Lasciai il mio Oblio nelle Case dell’Immaginazione e mi ritrovai catapultato di nuovo sulla Terra, con uno scopo ben preciso: rintracciare Medoro, o meglio la sua reincarnazione nel 2020, e ucciderlo.
Devo dire che all’inizio feci po’ di fatica ad ambientarmi, ma uno come me, abituato alle guerre contro i saraceni, non si lascia certo abbattere dalle prime difficolta. Dopo attente ricerche, riuscii a scovare il covo dei due piccioncini: Angelica Biondini e Medoro Carli, abitanti in via Cavalieri del Lavoro al numero 46. Mi appostai davanti alla loro abitazione e attesi il loro rientro. Nel frattempo, misi a punto gli ultimi dettagli del mio piano, che era tanto semplice quanto efficace. Avrei solo dovuto attendere che i due si coricassero, poi li avrei colti di sorpresa nel sonno. Non prevedevo di avere particolari difficoltà a entrare nella loro casa: si trattava di una modesta casa bifamiliare che confinava con una proprietà disabitata, e questo riduceva di molto la possibilità di essere scoperti. Le finestre al piano terra non presentavano inferriate, e avevo notato che non sembravano essere nemmeno molto solide. Forzarne una sarebbe stato un gioco da ragazzi.
Non avevo armi, con me, ma prevedevo di non averne bisogno. Del resto, non sarei mai stato disposto a utilizzare nessun arma che non fosse la mia amata Durlindana, ma una cosa del genere era del tutto anacronistica. Tanto meglio: avrei ucciso il vile Medoro con la sola forza delle mie mani. Certo, gli avrei offerto una possibilità per salvarsi la vita, da buon cavaliere rispettoso del codice d’onore. Se fosse riuscito a sconfiggermi nella lotta, lo avrei lasciato vivere. Tanto, già sapevo che lui non aveva il minimo scampo, in una lotta contro di me. Non vedevo l’ora di potermi battere con lui, di umiliarlo davanti agli occhi di Angelica. Le avrei fatto capire una volta per tutte l’enorme sbaglio che aveva fatto nel preferire quell’omuncolo, a un uomo forte e valoroso come me.
Mentre ero immerso in questi pensieri, mi accorsi che stava giungendo l’ora per entrare in azione. I due avevano appena finito di cenare, fra non molto si sarebbero coricati. La curiosità mi spinse ad avvicinarmi alle loro finestre, per spiare la loro intimità. Mi avvicinai con cautela alle finestre della loro abitazione e gettai uno sguardo all’interno, stando bene attento a non farmi scoprire. Angelica era in cucina, stava finendo di rassettare. La sua fenomenale bellezza, l’arma che le aveva permesso di far ruotare intorno a sé tutti i più valorosi cavalieri della corte di Carlo Magno, era sparita. Le sue forme non erano più definite come un tempo, i fianchi si erano ingrossati. Portava i capelli racchiusi in una crocchia, ma in quella chioma slavata non c’era più traccia alcuna di quei riflessi dorati che mi avevano rapito il cuore. Le guance erano scavate, gli occhi spenti. Nel complesso, sembrava avere un’aria assente. Eppure, anche se era difficile riconoscere in quella anonima casalinga la principessa di un tempo, il solo fatto di rivederla era sufficiente a mandarmi il cuore sottosopra.
Ma lui, lui dov’era? Feci un giro del giardino, fino ad arrivare alla finestra sul retro. C’era una luce accesa: mi avvicinai e mi accorsi che era quella del bagno. Affacciandomi, vidi il vile Medoro, bello seduto sulla tazza del cesso. Per un attimo mi venne la tentazione di sfondare la finestra e farla finita proprio in quel preciso istante: ma mentre già mi apprestavo a dar seguito alle mie intenzioni, notai una cosa molto bizzarra, che mi fece cambiare idea. Il nostro bel Medoro pareva infatti molto intento a guardare il cellulare, che teneva con la mano sinistra, mentre con la destra era impegnato in un’azione che non era certo possibile equivocare!
Per un attimo, non riuscii a credere ai miei occhi: dopo secoli e secoli di attesa mi trovavo alla fine davanti all’uomo che mi aveva rubato la donna e che mi aveva fatto uscire pazzo, ed ecco che lo sorprendevo nell’atto di masturbarsi sulla tazza del cesso mentre guardava filmini pornografici sul cellulare! Era uno scandalo, non riuscivo nemmeno a immaginare una cosa del genere! In quel preciso istante, mi venne in mente che forse potevo volgere la cosa a mio vantaggio: prima di ammazzarlo, mi sarei preso una bella soddisfazione morale. Avrei cercato in qualche modo di avvisare Angelica, e fare in modo che lo cogliesse sul fatto: già me la vedevo, la sua faccia, quando avrebbe scoperto il suo ganzo, tutto intento a menarselo nel cesso come un adolescente brufoloso!
Tutto ringalluzzito dall’idea di far fare a Medoro una figuraccia di proporzioni epiche, feci lesto il giro della casa e tornai sotto alle finestre della cucina, ma affacciandomi mi resi conto che Angelica non c’era più. Si vedeva solo la spia della lavastoviglie che stava andando, ma nella stanza non si vedeva anima viva. Stavo per tornare sul retro della casa, per guardare nelle altre stanze e scoprire dove potesse essersi cacciata, quando sentii la porta dell’ingresso aprirsi all’improvviso. Cercando di fare meno rumore possibile, mi acquattai a ridosso della siepe, nascondendomi alla belle e meglio nell’oscurità. Per mia fortuna, Angelica non pareva fare molta attenzione a quello che succedeva in giardino: era impegnata in una conversazione telefonica, e mentre parlava continuava a tenere d’occhio il soggiorno, per assicurarsi che Medoro non arrivasse sul più bello. Dalla mia postazione, ben al riparo al buio tra la siepe, non mi perdetti nemmeno un secondo di quella telefonata:
- Ti ho detto mille volte di non chiamarmi a quest’ora – sussurrava la voce di Angelica.
Sembrava molto nervosa. Anche se non potevo sentire cosa stava dicendo il suo interlocutore, non mi fu difficile capire, dal tono della conversazione, di cosa stessero parlando:
- Possiamo parlarne domani, per favore? … Sì, sì lo so, anche io vorrei tanto essere lì con te, ma in questo momento non è possibile … Ci sono alcune cose che devo riuscire a sistemare, prima … No, te l’ho già detto, su questo devi stare tranquillo, tra me e lui non c’è più nulla da tempo, è solo che non è così facile … per te è semplice, non devi stravolgere la tua vita … Adesso senti, devo andare, non posso farlo insospettire … Sì, ci vediamo domani. Alle quattro, al solito motel. Sì, ciao, un bacio.
Angelica pose fine alla conversazione e rientrò in casa, mentre io rimasi impalato nella mia postazione. In effetti, la situazione era davvero ironica, a pensarci bene. Ero impazzito di dolore quando Angelica aveva preferito Medoro a me, e quando dopo secoli mi si dava l’opportunità di vendicarmi, ecco che scoprivo che quei due, lungi dal vivere felici e contenti alle mie spalle, conducevano una vita squallida dove lei aveva una tresca con qualcuno, e lui non trovava di meglio che consolarsi con un po’ di pornografia a basso costo!
Non so perché, ma vedere e sentire tutte quelle cose mi fece sentire persino peggio di quando avevo scoperto, tanti secoli prima, il tradimento di Gano e tutte le bugie che mi aveva raccontato. In quel caso, avevo affrontato la mia sorte a testa alta, sicuro che il mio onore di cavaliere non avrebbe potuto far altro che uscire ancora più forte da quella vicenda, che pure mi era costata la vita. Ma la situazione in cui mi trovavo ora era ancor più insopportabile. Non potevo ammettere che la donna a cui avevo dedicato tutto il mio amore si fosse trasformata in una casalinga trascurata che andava avanti a suon di mesti amplessi in qualche motel di quart’ordine, e che il gaglioffo che me l’aveva portata via non fosse altro che un frustrato masturbatore. Avevo tanto pregustato la mia vendetta, ma me l’ero prefigurata in modo del tutto diverso! No, se anche quei due si erano trasformati in due infime macchiette, io non mi sarei lasciato trascinare tanto in basso: ero pur sempre il prode Orlando, e avevo un nome da difendere. Fu in quel momento, che mi venne un’idea …
Epilogo
Il Direttore mi squadrò con aria di sufficienza. Avevo appena finito di esporgli i fatti.
- Così, alla fine non l’hai ucciso?
- No.
- E si potrebbe sapere per quale motivo? Fammi capire: ti si offre su un piatto d’argento l’occasione di prenderti una vendetta che aspettavi da qualche secolo, e tu la butti via così?
- Si sbaglia: io mi sono preso la migliore vendetta possibile.
- Scusami, ma proprio non ti seguo.
- Eppure non è difficile: basta pensarci un attimo. È abbastanza evidente che quei due siano molto infelici, e in questo caso la migliore vendetta consiste proprio nel non liberarli dalla loro infelicità, nel condannarli a viverla fino in fondo.
- Bah, continuo a non capire - fece il Direttore - e qualcosa mi dice che ancora una volta ti sei giocato male la tua occasione. Una bella lotta, magari una scena di strangolamento, con Medoro che implora pietà e tu che lo finisci davanti allo sguardo di Angelica, avrebbe potuto incontrare il gusto dei lettori. A chi vuoi che piaccia un finale così insulso?
- Piace a me - ribattei deciso - e alla fine, sono riuscito a convincere anche l’autore che fosse la cosa migliore. Adesso la saluto. Sa com’è … immergersi nelle logiche del 2020 è stato davvero faticoso! - e così dicendo me ne andai, lieto di tornare al mio caro Oblio, nelle Case dell’Immaginazione.
Dicono che la vendetta è un piatto da servire freddo. Nel mio caso, l’avevo tenuta in fresco così a lungo che avrei dovuto scongelarla, prima di poterla portare in tavola. Ma questo non contava. L’importante era che, dopo tanto tempo, l’ora tanto attesa stesse arrivando.
Sulle prime, avevo pensato che si trattasse di uno scherzo. Sapete, sono diventato diffidente. È abbastanza normale, data la mia storia. Mettetevi nei miei panni: non solo la donna di cui ero innamorato mi giocò un brutto scherzo e si mise con un altro, facendomi andare del tutto fuori di senno, ma poco tempo dopo fui anche vittima di un tradimento da parte di una persona di cui avevo piena fiducia. Con il tempo, a furia di rimediare bastonate, ho imparato ad andarci cauto, anche perché se c’è una cosa che non sopporto è proprio quella di essere preso in giro. Così, quando il Guardiano delle Case dell’Immaginazione era venuto a risvegliarmi, non avevo risposto subito, ma me ne ero rimasto bello comodo nel mio Involucro di Oblio. “Tanto, se è uno scherzo e io non rispondo, quello si stancherà prima o poi”.
- Cosa sei, sordo? Ti ho detto che ti stanno aspettando ai piani alti - aveva insistito il Guardiano, un pezzo di mostro metà cane e metà drago che era buona norma non fare infastidire troppo.
- Sei proprio sicuro che stiano aspettando me? - gli avevo chiesto stizzito, pronto a riprendere il mio sonno.
- Orlando sei tu, o sbaglio? - aveva biascicato quello zotico, senza nemmeno degnarmi di uno sguardo.
- Sì, certo, sono io.
- E allora vedi di sbrigarti. Lo sai che quelli dei piani alti non hanno tutta questa pazienza. Non vorrai rischiare che cambino idea - aveva insinuato prima di tornare nell’antro che faceva da portineria.
Mentre aspettavo l’ascensore che portava alla Centrale Operativa, avevo gettato una rapida occhiata ai Tabelloni Temporali che si trovavano proprio dirimpetto alle porte dell’ascensore, giusto per controllare che il mio Orologio Interno fosse ben sincronizzato. Non si sa mai, a volte questi cosi si inceppano e capita che ti ritrovi di qualche centinaio di anni in anticipo, o in
ritardo, rispetto al tempo terrestre. In quel caso, però, non c’erano dubbi o errori di sorta. Il Fuso Orario Terrestre era perfettamente sincronizzato sul mio orologio, ed entrambi indicavano che l’anno corrente era il 2020. E chi diamine poteva avere mai intenzione di rispolverare la mia storia nel 2020? A quel che mi risultava, nel 2020 le persone erano interessate a vicende avventurose a base di maghi, draghi, supereroi, alieni e navicelle spaziali. Che se ne facevano, nel 2020, di un cavaliere errante come me, per giunta con la fama di essere uno dei più fenomenali cornuti della storia? Con queste domande che mi turbinavano in testa, bussai all’ufficio del Direttore Generale, divorato dalla curiosità.
La segretaria mi aprì la porta e mi introdusse nell’ufficio del Direttore, che mi stava aspettando già da qualche minuto. Non appena entrai, mi fece cenno di accomodarmi. Erano passati molti anni, dall’ultima volta che l’avevo visto, ma non era per nulla cambiato.
- Allora, Orlando, eccoci qua. Ce ne hai messo di tempo, eh?
- Mi scuso per averla fatta attendere, ma lei potrà immaginare come non potessi presentarmi al suo cospetto senza prima rassettarmi un attimo, non sarebbe stato confacente al mio e al suo rango.
- No - replicò interrompendomi - intendevo dire che ce ne hai messo di tempo a farti ripescare. Sai, cominciavo a pensare che il tuo fosse uno di quei casi senza speranza che finiscono per sempre nell’Oblio, e che non vengono mai più risvegliati dal loro sonno.
- Convengo con lei che la cosa risponda al vero, e non posso che esserne addolorato in ogni fibra del mio essere. Purtroppo, e per somma sventura, pare proprio che i cavalieri erranti siano passati di moda.
- Sì, per la vostra categoria i tempi d’oro sono alle spalle. La gente, al giorno d’oggi, vuole un altro tipo di storie, storie con più azione, più tecnologia, più sangue, più sesso … e voi continuate a non volervi aggiornare, a rimanere fedeli ai vostri quattro principi.
Ecco, siamo alle solite, pensai tra me prima di replicare: - Abbiamo già avuto modo di dibattere questa questione, in passato. Per noi sarebbe tutto più facile se ci prestassimo a una bella operazione di modernizzazione, un po’ come hanno fatto negli ultimi tempi vampiri, centurioni e principi rinascimentali. Ma, vede, e non è per criticare i colleghi, sia ben inteso, ognuno si regola come meglio crede. Il fatto è - e qui cominciai a scandire le parole, per ribadire un concetto che mi era molto caro - che noi non siamo disposti a venir meno ai nostri principi e al nostro codice d’onore. Non ci presteremo mai a certe operazioni. La dignità è tutto, per un cavaliere errante. Per questo non vedrà mai nessuno di noi coinvolto in torbide vicende che prevedano nudità gratuite, orge, trasgressioni e cose del genere. Piuttosto, preferiamo starcene nel nostro oblio …
- Sì, sì, va bene, me l’hai già detto altre volte, e con te anche i tuoi colleghi. Per me, siete una categoria senza speranza, ma lasciamo perdere. Veniamo a noi, e al motivo per cui ti ho fatto chiamare. Per quanto possa sembrare incredibile, pare che nel 2020 ci sia ancora qualcuno disposto a inserirti in una delle sue storie. Niente di trascendentale, sia chiaro. Non farti troppe illusioni.
- E chi sarebbe il soggetto in questione?
- Un aspirante scrittore a tempo perso. Deve presentare un suo racconto per una sfida on line, e avrebbe pensato a te come protagonista.
- Ah, ma bene, proprio un ruolo di prestigio - ribattei ironico, senza potermi trattenere dal pensare a quanto ero caduto in basso.
- Cos’è, mica ti metterai a fare lo schizzinoso? Sono anni che nessuno viene più a risvegliarti dall’Oblio, anche una piccola occasione come questa è sempre meglio di niente. E poi, sono sicuro - ammiccò indicando con la mano una cartellina rossa che si trovava sulla scrivania davanti a lui - che la proposta in questione sarà di tuo gradimento. Niente sesso e niente scandali. C’è solo una piccola richiesta.
- E sarebbe? - domandai sospettoso.
- La storia non si svolgerà in epoca medievale, ma ai tempi moderni.
- Cosa vorrebbe dire, scusi?
- Vorrebbe dire che tu non sarai un Orlando che si aggira per le terre di Francia a cavallo del suo destriero, ma un Orlando che si muove per la città con la sua automobile, vive in una comoda abitazione, ha un lavoro … insomma tutte le cose che fanno le persone negli anni Duemila.
- Il senso di tutto questo mi sfugge.
- Dai su, una minima concessione alla modernità la vogliamo fare oppure no? Non so se ti sei reso conto che sulla Terra sono nel 2020. Non è che puoi pretendere che continuino a parlare di palafreni, schinieri e scudieri!
- Sì, ma continuo a non capire cosa avrebbe a che fare un cavaliere errante come me, con il mondo dei terrestri nel 2020. Perché mai ripescarmi dalle Case dell’Immaginazione e farmi uscire dall’Oblio, se poi non vogliono farmi fare quello per cui sono noto, ossia maneggiare la mia fedele Durlindana davanti al nemico?
- Semplice - rispose il Direttore sorridendomi - e questo è anche il motivo per cui sono certo che accetterai questa proposta. Vedi, l’idea sarebbe quella di permetterti di prendere finalmente la tua vendetta. Il fatto di farti reincarnare nel 2020 serve proprio ad aumentare a dismisura il senso dell’attesa. Pensaci bene: una vendetta che arriva dopo secoli e secoli! Puoi immaginare la soddisfazione che il personaggio, cioè in questo caso tu, potrebbe provare in una simile situazione?
La cosa cominciava a suonarmi interessante, per quanto bizzarra.
- Va bene, darò un’occhiata alla storia e vedrò se mi convince. In fondo, devo confessare che mi piace molto l’idea di potermi vendicare di quel vile mentitore di Gano!
- Guarda che ti sbagli, non è su Gano di Maganza che dovrai prendere la tua vendetta - sogghignò il direttore. Al sentire queste parole, non potei fare a meno di sobbalzare dallo stupore. Se non era Gano, quello su cui dovevo vendicarmi, di chi poteva mai trattarsi?
- Dai, prova a ricordare. Sono sicuro che se ti sforzi un attimo, puoi arrivarci anche da solo - disse il direttore mentre mi allungava la cartellina rossa.
Mi bastò scorrere la proposta contenuta in quella cartellina, per vedervi impresso il nome di colui su cui avrei dovuto vendicarmi. Nel leggere quel nome, subito mi ritornò alla mente una scena persa nella notte dei tempi, che avrei voluto tanto non dover ricordare mai più, e sentii risuonare le parole del poeta, che avevano reso immortale la mia follia:
“Lo strano corso che tenne il cavallo/del Saracin pel bosco senza via,/ fece ch’Orlando andò duo giorni in fallo,/ né lo trovò, né poté averne spia./Giunse ad un rivo che parea cristallo,/ ne le cui sponde un bel pratel fioria,/ di nativo color vago e dipinto,/ e di molti e belli arbori distinto. (Orlando Furioso, XXIII, 100)
E tutto tornò a svolgersi davanti ai miei occhi. Rividi il mio arrivo in quella radura, mentre ero all’inseguimento di Mandricardo. Mi ero fermato per riposarmi, ma molto meglio avrei fatto a tirar dritto, proseguendo nella mia corsa. Non appena arrivato, avevo notato subito una cosa strana: il luogo era pieno di alberi con il tronco inciso. Mi bastò guardarli, per riconoscere subito la grafia di Angelica, la mia amata. All’inizio avevo pensato che avesse inciso il suo nome insieme al mio, come fanno spesso gli innamorati, ma per quanto mi girassi vedevo solo una scritta: “Angelica e Medoro”, “Angelica e Medoro”, e ognuna di quelle lettere era come un chiodo, nella bara in cui mi apprestavo a seppellire il mio cuore. Fu allora che arrivai a quella maledetta grotta, dove il vile Medoro di sua mano aveva scritto questi versi, che ancora oggi a pronunciarli aprono una ferita nel mio animo:
“- Liete piante, verdi erbe, limpide acque,/ spelunca opaca e di fredde ombre grata,/ dove la bella Angelica che nacque/ di Galafron, da molti invano amata,/ spesso ne le mie braccia nuda giacque;/ de la commodità che qui m’è data,/ io pover Medor ricompensarvi/ d’altro non posso, che d’ognor lodarvi” (Orlando Furioso, XXIII, 108)
Leggere quelle frasi e vedere la mia bella Angelica giacere, del tutto nuda, tra le rozze braccia di quel bifolco fu una cosa sola. E tanto a lungo andai rimuginando nella mia mente quella scena insopportabile, da perdere del tutto la ragione … il resto è storia nota.
Mi sembra superfluo dire che accettai di buon grado quella proposta: sarei stato disposto a qualsiasi cosa, pur di avere l’occasione di vendicarmi sull’odiato Medoro. Così abbandonai la mia bella armatura e vestii i panni di un uomo del Duemila. Lasciai il mio Oblio nelle Case dell’Immaginazione e mi ritrovai catapultato di nuovo sulla Terra, con uno scopo ben preciso: rintracciare Medoro, o meglio la sua reincarnazione nel 2020, e ucciderlo.
Devo dire che all’inizio feci po’ di fatica ad ambientarmi, ma uno come me, abituato alle guerre contro i saraceni, non si lascia certo abbattere dalle prime difficolta. Dopo attente ricerche, riuscii a scovare il covo dei due piccioncini: Angelica Biondini e Medoro Carli, abitanti in via Cavalieri del Lavoro al numero 46. Mi appostai davanti alla loro abitazione e attesi il loro rientro. Nel frattempo, misi a punto gli ultimi dettagli del mio piano, che era tanto semplice quanto efficace. Avrei solo dovuto attendere che i due si coricassero, poi li avrei colti di sorpresa nel sonno. Non prevedevo di avere particolari difficoltà a entrare nella loro casa: si trattava di una modesta casa bifamiliare che confinava con una proprietà disabitata, e questo riduceva di molto la possibilità di essere scoperti. Le finestre al piano terra non presentavano inferriate, e avevo notato che non sembravano essere nemmeno molto solide. Forzarne una sarebbe stato un gioco da ragazzi.
Non avevo armi, con me, ma prevedevo di non averne bisogno. Del resto, non sarei mai stato disposto a utilizzare nessun arma che non fosse la mia amata Durlindana, ma una cosa del genere era del tutto anacronistica. Tanto meglio: avrei ucciso il vile Medoro con la sola forza delle mie mani. Certo, gli avrei offerto una possibilità per salvarsi la vita, da buon cavaliere rispettoso del codice d’onore. Se fosse riuscito a sconfiggermi nella lotta, lo avrei lasciato vivere. Tanto, già sapevo che lui non aveva il minimo scampo, in una lotta contro di me. Non vedevo l’ora di potermi battere con lui, di umiliarlo davanti agli occhi di Angelica. Le avrei fatto capire una volta per tutte l’enorme sbaglio che aveva fatto nel preferire quell’omuncolo, a un uomo forte e valoroso come me.
Mentre ero immerso in questi pensieri, mi accorsi che stava giungendo l’ora per entrare in azione. I due avevano appena finito di cenare, fra non molto si sarebbero coricati. La curiosità mi spinse ad avvicinarmi alle loro finestre, per spiare la loro intimità. Mi avvicinai con cautela alle finestre della loro abitazione e gettai uno sguardo all’interno, stando bene attento a non farmi scoprire. Angelica era in cucina, stava finendo di rassettare. La sua fenomenale bellezza, l’arma che le aveva permesso di far ruotare intorno a sé tutti i più valorosi cavalieri della corte di Carlo Magno, era sparita. Le sue forme non erano più definite come un tempo, i fianchi si erano ingrossati. Portava i capelli racchiusi in una crocchia, ma in quella chioma slavata non c’era più traccia alcuna di quei riflessi dorati che mi avevano rapito il cuore. Le guance erano scavate, gli occhi spenti. Nel complesso, sembrava avere un’aria assente. Eppure, anche se era difficile riconoscere in quella anonima casalinga la principessa di un tempo, il solo fatto di rivederla era sufficiente a mandarmi il cuore sottosopra.
Ma lui, lui dov’era? Feci un giro del giardino, fino ad arrivare alla finestra sul retro. C’era una luce accesa: mi avvicinai e mi accorsi che era quella del bagno. Affacciandomi, vidi il vile Medoro, bello seduto sulla tazza del cesso. Per un attimo mi venne la tentazione di sfondare la finestra e farla finita proprio in quel preciso istante: ma mentre già mi apprestavo a dar seguito alle mie intenzioni, notai una cosa molto bizzarra, che mi fece cambiare idea. Il nostro bel Medoro pareva infatti molto intento a guardare il cellulare, che teneva con la mano sinistra, mentre con la destra era impegnato in un’azione che non era certo possibile equivocare!
Per un attimo, non riuscii a credere ai miei occhi: dopo secoli e secoli di attesa mi trovavo alla fine davanti all’uomo che mi aveva rubato la donna e che mi aveva fatto uscire pazzo, ed ecco che lo sorprendevo nell’atto di masturbarsi sulla tazza del cesso mentre guardava filmini pornografici sul cellulare! Era uno scandalo, non riuscivo nemmeno a immaginare una cosa del genere! In quel preciso istante, mi venne in mente che forse potevo volgere la cosa a mio vantaggio: prima di ammazzarlo, mi sarei preso una bella soddisfazione morale. Avrei cercato in qualche modo di avvisare Angelica, e fare in modo che lo cogliesse sul fatto: già me la vedevo, la sua faccia, quando avrebbe scoperto il suo ganzo, tutto intento a menarselo nel cesso come un adolescente brufoloso!
Tutto ringalluzzito dall’idea di far fare a Medoro una figuraccia di proporzioni epiche, feci lesto il giro della casa e tornai sotto alle finestre della cucina, ma affacciandomi mi resi conto che Angelica non c’era più. Si vedeva solo la spia della lavastoviglie che stava andando, ma nella stanza non si vedeva anima viva. Stavo per tornare sul retro della casa, per guardare nelle altre stanze e scoprire dove potesse essersi cacciata, quando sentii la porta dell’ingresso aprirsi all’improvviso. Cercando di fare meno rumore possibile, mi acquattai a ridosso della siepe, nascondendomi alla belle e meglio nell’oscurità. Per mia fortuna, Angelica non pareva fare molta attenzione a quello che succedeva in giardino: era impegnata in una conversazione telefonica, e mentre parlava continuava a tenere d’occhio il soggiorno, per assicurarsi che Medoro non arrivasse sul più bello. Dalla mia postazione, ben al riparo al buio tra la siepe, non mi perdetti nemmeno un secondo di quella telefonata:
- Ti ho detto mille volte di non chiamarmi a quest’ora – sussurrava la voce di Angelica.
Sembrava molto nervosa. Anche se non potevo sentire cosa stava dicendo il suo interlocutore, non mi fu difficile capire, dal tono della conversazione, di cosa stessero parlando:
- Possiamo parlarne domani, per favore? … Sì, sì lo so, anche io vorrei tanto essere lì con te, ma in questo momento non è possibile … Ci sono alcune cose che devo riuscire a sistemare, prima … No, te l’ho già detto, su questo devi stare tranquillo, tra me e lui non c’è più nulla da tempo, è solo che non è così facile … per te è semplice, non devi stravolgere la tua vita … Adesso senti, devo andare, non posso farlo insospettire … Sì, ci vediamo domani. Alle quattro, al solito motel. Sì, ciao, un bacio.
Angelica pose fine alla conversazione e rientrò in casa, mentre io rimasi impalato nella mia postazione. In effetti, la situazione era davvero ironica, a pensarci bene. Ero impazzito di dolore quando Angelica aveva preferito Medoro a me, e quando dopo secoli mi si dava l’opportunità di vendicarmi, ecco che scoprivo che quei due, lungi dal vivere felici e contenti alle mie spalle, conducevano una vita squallida dove lei aveva una tresca con qualcuno, e lui non trovava di meglio che consolarsi con un po’ di pornografia a basso costo!
Non so perché, ma vedere e sentire tutte quelle cose mi fece sentire persino peggio di quando avevo scoperto, tanti secoli prima, il tradimento di Gano e tutte le bugie che mi aveva raccontato. In quel caso, avevo affrontato la mia sorte a testa alta, sicuro che il mio onore di cavaliere non avrebbe potuto far altro che uscire ancora più forte da quella vicenda, che pure mi era costata la vita. Ma la situazione in cui mi trovavo ora era ancor più insopportabile. Non potevo ammettere che la donna a cui avevo dedicato tutto il mio amore si fosse trasformata in una casalinga trascurata che andava avanti a suon di mesti amplessi in qualche motel di quart’ordine, e che il gaglioffo che me l’aveva portata via non fosse altro che un frustrato masturbatore. Avevo tanto pregustato la mia vendetta, ma me l’ero prefigurata in modo del tutto diverso! No, se anche quei due si erano trasformati in due infime macchiette, io non mi sarei lasciato trascinare tanto in basso: ero pur sempre il prode Orlando, e avevo un nome da difendere. Fu in quel momento, che mi venne un’idea …
Epilogo
Il Direttore mi squadrò con aria di sufficienza. Avevo appena finito di esporgli i fatti.
- Così, alla fine non l’hai ucciso?
- No.
- E si potrebbe sapere per quale motivo? Fammi capire: ti si offre su un piatto d’argento l’occasione di prenderti una vendetta che aspettavi da qualche secolo, e tu la butti via così?
- Si sbaglia: io mi sono preso la migliore vendetta possibile.
- Scusami, ma proprio non ti seguo.
- Eppure non è difficile: basta pensarci un attimo. È abbastanza evidente che quei due siano molto infelici, e in questo caso la migliore vendetta consiste proprio nel non liberarli dalla loro infelicità, nel condannarli a viverla fino in fondo.
- Bah, continuo a non capire - fece il Direttore - e qualcosa mi dice che ancora una volta ti sei giocato male la tua occasione. Una bella lotta, magari una scena di strangolamento, con Medoro che implora pietà e tu che lo finisci davanti allo sguardo di Angelica, avrebbe potuto incontrare il gusto dei lettori. A chi vuoi che piaccia un finale così insulso?
- Piace a me - ribattei deciso - e alla fine, sono riuscito a convincere anche l’autore che fosse la cosa migliore. Adesso la saluto. Sa com’è … immergersi nelle logiche del 2020 è stato davvero faticoso! - e così dicendo me ne andai, lieto di tornare al mio caro Oblio, nelle Case dell’Immaginazione.