Scheggia

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il due gennaio sveleremo il tema deciso da Dario Orilio. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
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Eugene Fitzherbert
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Scheggia

Messaggio#1 » mercoledì 22 gennaio 2020, 22:04

Scheggia
Di Eugene Fitzherbert


1. Diagnosi
Il dottor Curlo si chinò sul volto del Capoquartiere Torres. «Tiri su il collo, Signore.» chiese. Le guance rubiconde erano butterate da escrescenze ossee che emergevano dall’interno. «Esostosi Paraversa.» Sentenziò. Prese una pinza e ne afferrò una. «Stringa i denti…» e strattonò con fermezza. La scheggia di osso venne via con un clac.
«Cazzo!»
«Scusi, signor Torres. Ho bisogno di questo campione per vedere se c’è qualcosa di strano.»
«Il fatto che mi crescano queste schifezze su tutto il corpo non è abbastanza strano?» Torres sbuffò infastidito. «Devo prendere farmaci o mi conviene arruolarmi nel prossimo circo?»
«Siamo nel 1899, Signore, e viviamo nel Regno delle Due Sicilie, il più avanzato nell’intera Europa. Con La Lavonite dei nostri giacimenti facciamo miracoli. Niente circo per lei.» Rispose Curlo, porgendogli una crema.
« Balsamo Trasducente?» Chiese il capoquartiere.
«Deve applicarne un po’ sulle spalle e sulle caviglie e poi…» Il dottore prese dispositivo a manovella, simile a un macinacaffè, sormontato da una cupola di vetro trasparente. «Attaccarvi sopra questi elettrodi a suzione. Giri la manovella fin quando non vedrà le statiche nella sfera di controllo. Le forze galvaniche e l’impedenza delle ossa invertiranno la crescita minerale.»
«Sembra una stronzata, per usare le parole dei filosofi, ma mi fiderò di lei. Dio sa se non ho battuto ogni strada per risolvere questo problema.» Torres mise da parte il marchingegno. «Le va un cognac, Curlo?» E senza attendere risposta: «Luiza! Portaci due cognac.»
Dall’ombra vicino alla porta della camera di Torres emerse una ragazzina magra dai capelli lunghi. Senza emettere un suono, con lo sguardo a terra, uscì e tornò dopo pochi secondi con i bicchieri.
Quando i due uomini iniziarono a sorseggiare il liquore, Luiza si mosse per andarsene.
«Ma no, Luiza, resta qui.» Torres la attirò a sé. «Stasera dovrai aiutarmi con la terapia.» E si leccò le labbra.
Il dottore finì il drink. «Signor Capoquartiere, la contatto appena ho novità. Metta il Balsamo tre volte al giorno.»
I due si strinsero la mano e a Curlo sembrò di strizzare un sacchetto pieno di denti.

2. Etiologia
Due giorni dopo, al tramonto, Curlo si precipitò nello studio di Torres, portandosi dietro l’aria sporca di Brundisium. Varcata la soglia, rimase interdetto.
«Non è proprio un bello spettacolo, vero?» Lo apostrofò Torres.
«Non speravo in un vero miglioramento.»
«Anche se ho sentito dire che questo galvanismo fa resuscitare i morti, a me ha fatto solo addormentare le mani.»
L’Esostosi Paraversa era peggiorata e Torres era simile a un mostro dalla faccia raggrumata. Le mani erano degli artigli di pelle e osso, e sotto la camicia il torace e le spalle erano deformate.
«Signor Capoquartiere, ho due notizie.» Deglutì. «La prima: lei non è malato.»
«Certo, sono il ritratto della salute. Peccato per questi tumori ossei. Lo sa che preso sette chili? E non per quello che mangio, ma perché ho le ossa grosse! In effetti, non sono malato.»
«Non mi fraintenda. Lei non ha una malattia e le terapie non servono a niente.»
L’altro rimase in silenzio in attesa.
«Ho notato che il campione ha continuato a crescere anche se era staccato dal corpo. Tutti i test clinici che ho fatto sono risultati alterati, quasi impossibili…»
«Non mi interessano i dettagli. COSA. HO.»
«E va bene.» Strinse le labbra. «Lei ha una maledizione
«Eh?»
«Una specie di malocchio ma molto più grave. Probabilm…»
La risata sguaiata di Torres lo interruppe. «Non ci posso credere. Mi avevano detto che era un tipo aperto, ma mi aspettavo che fosse votato alla modernità.» Sbuffò una risata amara. «E ora mi viene a dire che sono vittima di un incantesimo?»
«Signor Capoquartiere, sono affascinato dalle conoscenze… occulte.» Il cuore gli batteva a mille. «E quello che ha è peggio di un incantesimo. Sa chi è Siapath, il Signore delle Ossa?»
Lo sguardo scettico di Torres lo indusse a non aspettare la risposta. «È un Dio temuto in Medio Oriente, dalle tribù nomadi dei deserti.»
«Maledetti barbari.»
«Un altro nome con cui è noto Siapath è il Rheumator, il Portatore Di Dolore. Lei è vittima di una maledizione antichissima.» Curlo tirò fuori un libro dalla sua borsa. «È una punizione riservata a gente malvagia: dapprima le ossa crescono, fino a ricoprire il corpo. Dopo un periodo di preparazione, interviene il vero potere del Rheumator. Il libro non entra nei particolari, si limita a dire è doloroso
Torres lo guardava con gli occhi sgranati. «Cos'altro doveva dirmi?»
«Non abbiamo molto tempo.»
«Lo temevo. C’è una soluzione?»
«Il libro parla di un Sigillo che serve a tenere viva la maledizione. La sua distruzione porta alla regressione del maleficio. Ha dei nemici?»
«Sono il Capoquartiere, perdio, ho rovinato decine di persone e ne ho favorite altre che ricatto ogni giorno. Ho solo nemici, come ogni persona del mio rango in una città pericolosa come Brundisium. Ma non è il loro stile: loro mi taglierebbero la gola o mi sparerebbero con un Arroventatore.»
«Uhm… Quando ha avuto i primi sintomi?»
Torres ci pensò un po’ su. «Circa quattro settimane fa, sì.»
«L’hanno invitata in un posto inusuale?»
Torres guardò il soffitto. «Un mese fa… No. Niente di che.»
«Posso avere un po’ d’acqua?» Chiese Curlo, per guadagnare un po’ di tempo.
«Certo. Luiza! Porta…» Torres si bloccò. «Per la barba di Garibaldi!»
«Eh?»
«LUIZA!» La ragazza entrò di corsa. «È LEI! Un mese fa mi è stata ricapitata qui. Vede, adotto delle ragazzine dell’Orfanarium grazie a un accordo con Madame Convals, una vecchia puttana francese che mi deve la vita. Regalo un po’ di benessere a queste ragazze così la megera può adottarne di altre.»
«E Luiza?»
«Lei si è presentata da sola a casa con una lettera della Convals. Non mi sono fatto molte domande. Non avevo una sguattera a casa e lei era carina. Perché rifiutare?»
Nel frattempo Luiza si era avvicinata con il bicchiere d’acqua.
«Interroghiamola.» propose Curlo.
«Ma no! È sicuramente lei la causa!» E le diede un ceffone sulla nuca. «Facciamola fuori e basta. È una sguattera, non interessa a nessuno.»
Curlo era inorridito. «Se ci sbagliamo, perdiamo l’unica persona che potrebbe dirci qualcosa. E il tempo stringe. Interroghiamola.»
«Non si può! La ragazza è muta
«L’avevo intuito per deformazione professionale». Soprattutto quando una ragazza colpita alla testa non emette neanche un verso. Ma questo preferì non aggiungerlo. «Ho la soluzione. Andiamo nel mio laboratorio.»
«Non sei contenta di uscire di qui, Luiza?» Esclamò Torres sculacciando la ragazza.

3. Esame Obiettivo
Curlo corse veloce tra i vicoli del Quartiere Aloysiano di Brundisium, seguito da Torres che si trascinava dietro Luiza. Arrivarono al laboratorio occupato da un enorme macchinario.
«Ecco L’ipno-Induttore, la prima interfaccia tra menti.» Disse, con orgoglio Curlo. «La sua sola esistenza mi farebbe finire nelle Prigioni di Faraday.»
«Con quel coglione di Mazzini!» Torres rise. «Buono a sapersi, comunque.»
Curlo si rese conto di aver detto troppo. Che idiota! «Userò l’Ipno-Induttore per interrogare Luiza. Prepariamoci»
Torres diede uno spintone alla ragazza. «Avanti, sgualdrinella, è il tuo momento.»
La macchina era composta da due chaise longue, collegate con tubi di rame e cuoio a un corpo cilindrico di legno alto due metri. Tra le intarsiature di ottone, c’erano degli indicatori ad ago e un paio di barometri. Sulla cima della colonna, in una teca brillava rossastra una pietra di Lavonite carica di energia.
Curlo tirò una leva e la macchina cominciò a ronzare. «Adesso viene il bello.» Abbassò due interruttori e ruotò una manopola. Del vapore sfiatò da un ugello e la Lavonite si accese come un tizzone ardente.
Torres osservava il medico, mentre sotto la pelle quelle escrescenze ossee emergevano come denti in eccesso. «È tutto pronto?»
«Eh, sì, sì, un attimo.»
Curlo afferrò una maniglia e aprì uno sportellino sulla struttura di legno scoprendo il motore portante dell’Ipno-Induttore.
«Ma cosa…?» Le parole di Torres furono coperte dal rumore di Luiza che si accasciava priva di sensi.
Dietro lo sportellino, immerso in un liquido gelatinoso illuminato dalla Lavonite, galleggiava un cervello umano, sospinto da una corrente di bolle d’aria.
«Mi aiuti a stendere la ragazza.»
Torres rimase immobile, stupefatto. «È un cervello vero?»
Curlo lo guardò. «, è un cervello. , è tenuto in vita artificialmente. E , grazie a lui interrogheremo la ragazza. Ora mi dia una mano. Presto
Torres tirò un ceffone alla ragazza. «Apri gli occhi, principessa. Il dottore ti deve rovistare nella testa.»
Luiza aprì gli occhi, cerea. Cercò di divincolarsi, ma il Capoquartiere la tenne ferma, mentre Curlo la legava con delle cinghie.
Curlo prese un paio di occhiali dalle lenti oscurate, fatti di legno e ottone, e li assicurò sul volto di Luiza. La ragazza cercò di sottrarsi, ma Torres la calmò con pugno nello stomaco.
Dopo aver controllato nuovamente il caschetto della ragazza, Curlo si accomodò sull’altra chaise longue. «Vado.»
«E io?»
«Se vede qualcosa di strano, tiri quella maniglia rossa.» Poi Curlo si calcò il suo casco sulla testa e tirò una leva.
Le bollicine nel cilindro aumentarono e comparvero delle scariche elettriche intorno al cervello. Luiza si inarcò sulla sua lettiga tendendo le cinghie e poi cadde in un sonno profondo.
Il Capoquartiere osservò Curlo: il dottore ruotava la testa come per se si stesse guardando intorno. Lo udì grugnire, quando i tubi che arrivavano al caschetto di Curlo furono percorsi da vapore e luce.
Poi prese a contorcersi in preda al dolore, le mani strette all’inguine. Mugolò qualcosa di incomprensibile, come se all’improvviso avesse perso il dono della parola. Singhiozzò ancora, mentre le mani si toccavano il petto e l’inguine come per difendersi.
A Torres quell’atteggiamento sembrò famigliare. Si era già trovato di fronte a quella scena?
«Dolore. Umiliazione.» Le parole uscirono dalla bocca di Curlo in un rantolo. «Devo andare più dietro, prima di questo orrore.»
E Torres capì. Curlo era entrato nella testa della ragazza e stava percorrendo i suoi ricordi. Aveva appena passato il momento in cui lui e Luiza si erano conosciuti. Cazzo! Probabilmente sapeva quello che aveva fatto alla ragazza. Doveva fermarlo.
Allungò la mano verso la maniglia rossa. Al diavolo l’interrogatorio!

4. Anamnesi Remota
Prima del dolore.
Prima dell’Umiliazione.
Prima del Silenzio.
«Come ti chiami, tesoro?»
«Luiza Korlova, signora.»
«Quanti anni hai?»
«Dodici.»
La donna al di là della scrivania è la Padrona dell’Orfanarium. Non conosco il nome, ma è dolce. Perché mi ha convocata stanotte?
Ho paura.
«Luiza, non temere. Devo chiederti un favore.»
Stringo le mani, ma non dico niente.
«C’è un uomo a cui tu devi portare un dono.»
«Devo portare un pacchetto?»
La Padrona dell’Orfanarium sorride. «Luiza, sarai tu, il pacchetto. Sarai il dono e il pacchetto.»
«Non capisco.»
«Non c’è bisogno.»

I ricordi sono spezzati, le immagini sfocate.
Una stanza buia e una lampada fatta di ossa. Davanti a me c’è un braciere pieno di tizzoni ardenti e una pentola dove bolle dell’acqua salmastra.
«Le vestigia del Rheumator devono essere dentro di te, per condurle fino al nostro uomo.»
Sento odore di bergamotto e cannella.
«Respira il vapore, ti terrà pura.»
Mi inchino e il calore dell’acqua mi colpisce il volto e mi fa sudare.
Una mano getta nella pentola della povere bianca e l’acqua sembra impazzire. I vapori si intensificano. Mi ritraggo, ma mani decise mi afferrano le spalle e la testa e mi spingono a pochi centimetri dalla superficie ribollente. Chiudo gli occhi.
«Basta, vi prego.»
«Luiza», la voce della Padrona ha il potere di calmarmi. «Respira, come se fosse un suffumigio. Stai respirando acqua santa, non può farti male.»
Ubbidisco e respiro a bocca aperta. Un odore di morte mi investe la gola: ha il sapore di un sasso ricoperto di sangue vecchio, l’odore di vermi sotto una tomba scoperchiata. E mi penetra bruciante nel petto. Un fiotto di quell’acqua maledetta, o benedetta a un Dio sbagliato, mi schizza nella gola. Poi c’è la tosse squassante: un dolore lancinante mi lacera la gola e dalla bocca sputo due grumi rossi, filiformi.
«Il prezzo è stato pagato. Siapath ha accettato la voce del Vessillo. La maledizione è pronta per essere inviata.» La padrona mi abbraccia. «Brava Luiza. Ora viene la parte difficile. Verrai mandata da un uomo che ti vorrà bene nel modo peggiore possibile. Sii forte.»
Cerco di parlare, gli occhi spalancati per il terrore, ma nessun suono esce dalla mia bocca.
È arrivato il silenzio.
Poi il Dolore.
E l’Umiliazione.
E finalmente la maledizione.
Sono il pacchetto e il dono.


Torres tirò la maniglia rossa, interrompendo il collegamento.
Curlo si mise a sedere e si strappò dalla faccia il caschetto. «Cosa ha fatto a questa povera bambina?»
«Suvvia, Dottore. Non si scandalizzi per un po’ di divertimento. E poi ha quattordici anni, è praticamente una donna.»
«Ne ha dodici, perdio!» Il dottore si alzò a fronteggiare Torres. «Dovrei denunciarla.»
«Dottore, lei deve solo guarirmi e dimenticare. Così anche io dimenticherò i progetti contrabbandati che potrebbero costarle un soggiorno nelle Prigioni di Faraday. Che ne dice, dottore?»
Curlo strinse i denti, in trappola.
«Allora abbiamo un accordo. Cosa ha scoperto nella testa di questa stronzetta?»
Dopo il racconto di Curlo, Torres slegò la ragazza e la prese per i capelli. «In marcia. Si torna a casa, bellezza, all’Orfanarium di madame Convals!»

5. Terapia
Il gruppo lasciò il ricco Quartiere Aloysiano verso il degrado del Rione Paradisium. Torres, ormai deforme per le esostosi paraverse, trascinava Luiza, mentre Curlo cercava di metabolizzare le visioni delle violenze subite dalla ragazza.
«Quello che non capisco», disse Torres. «È perché madame Convals abbia architettato tutto ciò. Sono anni che la aiuto a mantenere a galla il suo Orfanarium. Perché?»
Curlo non rispose.
«Quella stronza avrà molto da spiegare. E ce n’è anche per te, puttanella. Quando questa storia sarà finita, diventeremo molto amici…»
Era sera, quando sbucarono di fronte all’Orfanarium. Torres imboccò un vicolo laterale e spalancò una porta che dava nelle cucine. Il Capoquartiere si fece strada tra cuoche e sguattere terrorizzate. «Levatevi davanti, idiote!»
Curlo seguì Torres su per una scaletta e lungo un corridoio fino a una porta a due battenti.
«Siamo arrivati.» La spalancò e si tuffò oltre.
Curlo, entrando, notò la targa: il nome M.me Geneviève Convals era stato cancellato con una riga.
«Dove cazzo sei, maledetta bastarda?» tuonò Torres al centro della stanza.
Curlo chiuse la porta. Luiza singhiozzava, spaventata.
Il dottore riconobbe l’ambiente: era quello che aveva visto nei ricordi di Luiza. C’era la scrivania, e la sedia in pelle. Seduta, li aspettava una donna dalla carnagione olivastra.
Torres rimase interdetto. «E tu chi sei? Dov’è quella stronza di Madame Convals?»
«Capoquartiere Torres, non si parla così davanti a una bambina.» Volse lo sguardo a Luiza. «Vero, Luiza?»
Curlo riconobbe quella voce. «Lei è il capo dell’Orfanarium!» esclamò.
«Esatto.»
«Capo? E madame Convals?»
«Signor Torres, Madame è morta tre mesi fa. E da quel momento, io mi occupo della gestione di questo posto.» Osservò il suo interlocutore. «Cosa l’ha portata fin qui, Capoquartiere?»
«Lo puoi vedere da te, megera. Sei stata tu a farmi questo.»
«Per la sua condizione, dovrebbe rivolgersi a un medico.»
«Sono qui grazie al medico. Dimmi del sigillo.»
«Il sigillo è al sicuro e non lo avrà mai. La maledizione è quasi all’apice del suo corso, perché interromperla proprio ora? Grazie, Siapath!»
Il capoquartiere si lanciò verso la scrivania, ma la donna gli puntò un arroventatore a disco: l’arma piatta e lunga ronzava carica e pronta a sparare le due munizioni incandescenti. «Ah ah, Torres. Niente movimenti strani o ti trancio in due.»
«Ma chi sei?»
«Non ti ricordi di me? Mi avevi detto che ero stata unica. Sono la piccola Fanie. A undici anni mi hai seviziato per un anno e mezzo, mi hai maltrattato e punito per poter fare la pace. Sono la bambina che hai distrutto, tra lacrime e sangue. E so anche che hai abusato della piccola Luiza: la maledizione sarebbe scattata alla prima violenza. Hai l’aspetto del mostro che sei!»

6. Complicanze
Curlo si avvicinò a Torres per calmarlo. Fanie aveva due proiettili in canna e uno era destinato a lui.
«Signore, la prego, usiamo un po’ di diplomazia.»
Torres lo guardò, e il volto parve distendersi, illuminato dalla comprensione.
Curlo era a un passo dal Capoquartiere, quando Torres lo afferrò e lo scagliò contro la scrivania.
Fanie fece fuoco: il disco rovente colpì Curlo tra il naso e l’occhio sinistro, tagliandogli un enorme pezzo di cranio. Mentre la coscienza del dottore di spegneva in un grumo di sangue e cervello sul pavimento vicino a Luiza, Torres ribaltò la scrivania, si lanciò su Fanie e con una manata fatta più di osso che di carne le strappò via l’arma.
«Il sigillo. ORA!» disse, afferrandola per il collo.
«Preferisco morire.»
«Non sarò così clemente con…» Ma non riuscì a finire la frase: il suo braccio si piegò in una posa innaturale.
Torres perse la presa sul collo di Fanie e la ragazza cercò di fuggire.
Il capoquartiere urlava di dolore. Il suo corpo era in balia della maledizione: l’avambraccio era ricoperto di spuntoni di osso che gli stracciavano gli indumenti, il volto era un incubo biancastro e luccicante in cui si intravedevano gli occhi e il naso; la bocca era ricoperta da una museruola di ossa.
«Strega bastarda!» urlò, mentre un suono di rami spezzati emergeva dalle profondità del suo corpo in rovina: erano le ossa che si fratturavano.
«Rheumaton.» Disse Fanie mentre gattonava via. «Il Portatore Di Dolore.»
L’aria della stanza fu lacerata dall’esplosione sibilante dell’Arroventatore attivato da Luiza. Il disco colpì il Capoquartiere al braccio teso. La lama rovente scalzò un’Esostosi di almeno venti centimetri e rimbalzò verso Fanie, stracciandole la veste e aprendo un squarcio sulla schiena.
Gli occhi di Torres si illuminarono. «Eccolo!» E si lanciò sulla donna, strappando la camicia e scoprendo del tutto il Sigillo, inciso nella carne come una enorme cicatrice.

7. Exitus
Fanie, schiacciata pancia a terra sotto il peso del Capoquartiere, rimase senza fiato, incapace gridare anche quando quel bastardo le scoprì l’intricato arabesco inciso sulla schiena.
Torres si trovava di fronte al Sigillo di Siapath, un teschio appoggiato su due mani ossificate: affondò l’artiglio che era la sua mano destra nella schiena di Fanie, strappandole brandelli di pelle. La sentì inarcarsi per il dolore. Sotto la maschera di ossa, Torres sorrise. «Ti piace così!» Si piegò sull’orecchio di Fanie. «Mi sta venendo duro. Come se fosse fatto di osso!» e scoppiò in una risata sguaiata, mentre riduceva il Sigillo a un ricordo fatto di sangue.
Luiza si lanciò contro il Capoquartiere, e cominciò a tempestarlo di pugni, ma la corazza di osso era impenetrabile. Nonostante lei avvertisse piccoli cedimenti nelle profondità della carne di Torres, notò qualcosa che la terrorizzò: i capelli sulla la nuca fecero capolino, quando due enormi spuntoni piatti si assottigliarono e indietreggiarono fino alle orecchie. Stava guarendo!
«Levati di dosso, piattola!» Strillò Torres e spedì la ragazzina sul pavimento. «Di te mi occuperò dopo.»
Luiza rotolò vicino alla scheggia di osso staccata dall’Arroventatore. Anche quella si stava rarefacendo, rimpicciolendosi: i venti centimetri erano diventati quasi quindici. Luiza la afferrò con entrambe le mani e si scagliò contro la nuca di Torres. Un colpo secco fu sufficiente: lo spuntone d’osso penetrò nella zona tra il collo e il cranio ed emerse sanguinante dalla bocca, tranciando di netto l’urlo che stava nascendo dalla gola del Capoquartiere.
L’uomo franò al suolo, mentre le Esostosi Paraverse continuavano a ritrarsi.
Fanie si mise a sedere.
«Foddidi, baghstaddo!». Disse con enorme sforzo Luiza.
La maledizione stava lasciando anche lei.
Ultima modifica di Eugene Fitzherbert il mercoledì 22 gennaio 2020, 23:38, modificato 2 volte in totale.



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Eugene Fitzherbert
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Re: Scheggia

Messaggio#2 » mercoledì 22 gennaio 2020, 23:14

Ecco i bonus (che potrei aver sbagliato)

- epoca storica: siamo nel 1899 in una specie di steampunk neoborbonico®️
- invenzione fantascientifica: ce ne sono tre (a cautela), la scatoletta galvanizzante, l'arroventatore a disco, l'Ipno-Induttore
- il flashback. C'è un intero capitoletto dedicato a un piccolo viaggio nei ricordi.
- qualcuno mente al protagonista: é Fanie che fa credere a Torres che la convals è viva e gli regala le bambine.
- plot twist: ce n'è più di uno; la convals è morta, il sigillo è parte integrante di Fanie, Fanie è una ex bambina violentata da Torres; il dottore muore, etc etc.

E con questo è tutto. Vi ringrazio per l'attenzione!

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Re: Scheggia

Messaggio#3 » venerdì 24 gennaio 2020, 15:24

Ciao Eugene! Felice che tu ce l’abbia fatta. Comincio col dire:
“Tutto sto casino, la proroga, la rottura di palle, solo per un racconto di merda.”
Lo dico solo perché non ho ancora visto il mio 10%.

Veniamo al racconto (di merda). Mi è piaciuto molto come hai reso differenti i personaggi di Curlo e Torres fin dall’inizio. Le battute hanno un registro e un tono molto diverso e ottieni subito credibilità e profondità. Ho apprezzato molto il tono medicheggiante di Curlo e come hai fuso gli elementi fantascientifici con l’ambientazione storica. Dosi bene i dettagli in modo da rendere più vivide le immagini che mostri. Un ottimo stile (di merda), come sempre. E una fantasia (di merda) invidiabile.
Sulla trama devo dire che gli elementi della maledizione e del sigillo mi sono piaciuti molto. Quello che ho gradito di meno è la presentazione di Fanie. Questo perché si tratta di un personaggio fondamentale allo sviluppo della trama e arriva tra capo e collo. Sono certo che nella versione più lunga il personaggio poteva essere intravisto prima o comunque aveva un incastro più efficace. Curlo muore a cazzo e ci piace, anche perché ora l’attenzione è carpita da Luiza che ottiene un lieto fine. Li finale (parlo solo delle ultime battute) mi risulta un po’ affrettato. Manca un po’ di epilogo, ma immagino ci fosse nella forma originale.
Nell’insieme un bel racconto (di merda).

Bonus:
Ho un dubbio solo su “qualcuno mente al protagonista”. Perché il protagonista io me lo immaginavo Curlo nel tentativo di risolvere il caso Torres. Poi Torres diventa un cattivo, un antagonista che mina la libertà di Luiza, la nuova protagonista. Insomma, Torres non aveva l’aria del protagonista, perché non è un gran portatore di agency, almeno secondo la mia analisi (di merda).
Quindi, io direi di no.
Gli altri ci sono.

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Re: Scheggia

Messaggio#4 » venerdì 24 gennaio 2020, 20:00

Ciao, Moglie di Luca Nesler che si spaccia per Luca Nesler!
Era da un po' che non mi facevo vedere da queste parti ed è stata una vera sfida.
Le tue sottolineature sul mio raccontodimerda sono sacrosante e ne farò tesoro. Certo, è vero, il lavoro di macelleria alle spalle della stesura finale ha reso tutto un po' troppo veloce, ma insomma, sono contento che alla fine della fiera ti sia piaciuto.
Ammetto che il finale mi ha dato da pensare e ti confesso che se vado in semifinale (UHAHAHUAHUAHU!) o non vado in semifinale, correggerò qualcosina con un'idea che mi è frullata in testa in questi giorni.

A proposito: grazie per aver apprezzato il tono medicheggiante: ci riesco grazie a una specie di dono (e anche un maledizione: si chiama laurea in medicina! :D

Ora vado a leggere il tuo e ti fo sapere, Moglie di Nesler che si spaccia per Nesler.

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Re: Scheggia

Messaggio#5 » venerdì 24 gennaio 2020, 20:16

Eugene Fitzherbert ha scritto:A proposito: grazie per aver apprezzato il tono medicheggiante: ci riesco grazie a una specie di dono (e anche un maledizione: si chiama laurea in medicina!


Certo, mi era capitato di leggere del tuo mestiere, ma intendevo che usi le tue vaste conoscenze della Divina scuola di Hokuto senza risultare eccessivo e annoiare con dettagli incomprensibili da Power player.
A noi ragazze non piacciono gli spacconi...

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Re: Scheggia

Messaggio#6 » sabato 25 gennaio 2020, 12:56

Ciao,

direi che è il racconto che ho gradito di più. Una buona ambientazione che mischia parecchi elementi e, per andare sul sicuro ed essere a prova di obiezioni, spinge parecchio sul bizzaro. Potrebbe essere considerato gioco sporco, ma, poco importa. Vale tutto.
Perdi in alcuni punti il controllo, o forse sono solo gli effetti del taglia e cuci senza una doverosa pulizia, ad esempio quando inserisci un pensiero sarcastico del dottore (dopo la sberla alla ragazza).
La fine non mi ha entusiasmato. Tirare fuori una vititma delle attenzioni puzza troppo di Deus Ex Machina, avresti potuto usare gli elementi che già avevi senza tirarne fuori una nuova, bastava anche solo che Luiza fosse stata la sorella piccola della precedente, e avesse ordito lei la vendetta, sacrificando la voce e ingannando, anche, la vecchia Convals che le aveva sottratto il ricordo di famiglia (gioiellone usato poi come focus/Sigillo)... Doppia vendetta (su chi ha venduto la sorella e lei e sul loro stupratore) e risoluzione con anche il ritorno della voce.

Caso unico nel tuo girone, non ho appunti per i bonus.

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Re: Scheggia

Messaggio#7 » sabato 25 gennaio 2020, 19:23

Ciao Eugene e piacere di leggerti.

Il racconto mi ha divertito. Penso che i suoi punti di forza siano soprattutto l'ambientazione steampunk insolita (al "Il Regno delle Due Sicilie" tra gli stati più potenti del mondo mi stavo spanciando) i personaggi dai caratteri non esaltanti, ma ben delineati e i dialoghi molto gustosi. Ho avuto difficoltà a capire la portata effettiva della maledizione di Torres, più che altro perché durante il combattimento gli offre persino un vantaggio. Se posso darti un suggerimento, penso che funzionerebbe meglio un finale in cui il Capoquartiere finisce letteralmente "ossificato" ed è condannato a vivere in eterno come una sorta di statua vivente perennemente in pena. Il punto più debole del racconto, a mio giudizio, è il personaggio di che, pur restando centrale per gran parte della storia, finisce per morire in modo frettoloso, quando penso che avrebbe potuto offrire ancora qualcosa alla narrazione. Allo stesso tempo, il combattimento finale, benché molto ben descritto, finisce per essere un po' guastato dal fatto che la maledizione si riveli essere un vantaggio per Torres, generando quello che io chiamo "effetto Pirati dei Caraibi".

Alla prossima!

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Eugene Fitzherbert
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Re: Scheggia

Messaggio#8 » domenica 26 gennaio 2020, 14:51

@Vastatio
Roberto, il fatto che tu abbia gradito qualcosa vuol dire solo che dovevi ancora smaltire l'alcool della sera prima.
A parte questa realtà, hai ragione sul finale, avrei dovuto rifletterci di più, ma il tempo è stato così poco!
Mi riservo di riscriverlo e mi appunto i tuoi appunti. Il taglia e cuci è stato un po' deleterio, ma pazienza.
Grazie dei consigli.

@Pretorian
Agostino, grazie per gli apprezzamenti e ti confesso che avrei voluti dire di più sul Nuovo Regno delle Due Sicilie, della sua espansione e tutto il resto, ma non c'era spazio.
Sulla maledizione: è vero che in un primo momento l'ossificazione sembra un vantaggio, ma quando le ossa cominciano a fratturarsi spontaneamente, Torres si trova in un mare di dolore e comincia a diventare deforme. Non si evince e su questo la colpa è solo ed esclusivamente mia. Mi rompo un braccio per solidarietà verso il Capoquartiere.

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Pretorian
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Re: Scheggia

Messaggio#9 » lunedì 27 gennaio 2020, 23:10

Eugene Fitzherbert ha scritto:@Vastatio

@Pretorian
Agostino, grazie per gli apprezzamenti e ti confesso che avrei voluti dire di più sul Nuovo Regno delle Due Sicilie, della sua espansione e tutto il resto, ma non c'era spazio.
Sulla maledizione: è vero che in un primo momento l'ossificazione sembra un vantaggio, ma quando le ossa cominciano a fratturarsi spontaneamente, Torres si trova in un mare di dolore e comincia a diventare deforme. Non si evince e su questo la colpa è solo ed esclusivamente mia. Mi rompo un braccio per solidarietà verso il Capoquartiere.


Eh, si: il fatto che le ossa si fratturino è davvero poco chiaro. Pensa che avevo inizialmente supposto che il dolore fosse una sorta di massiccia "fitta reumatica" che colpiva il corpo tutt'ossa di Torres. Nulla che qualche migliaio di caratteri in più non possa sanare.

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Andrea Lauro
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Re: Scheggia

Messaggio#10 » martedì 28 gennaio 2020, 23:35

Ciao Eugene, mi inchino alla tua “specie di steampunk neoborbonico®️”!
Racconto stupendo, ti piazzo subito in cima alla classifica senza “se” e senza “ma”. Mi ha tenuto incollato fino all’ultimo: i personaggi sono ben delineati, le scene d’effetto, i dialoghi mirati e mai scontati. E pensare che su Minuti Contati “Erik” non mi aveva entusiasmato; questo invece è un pezzo da novanta.
Bellissima quest’immagine: “I due si strinsero la mano e a Curlo sembrò di strizzare un sacchetto pieno di denti.”
C’è qualche errorino qua e là che ti segnalo per la revisione:
“prese UN dispositivo a manovella”
“Lo sa che HO preso sette chili?”
“Ecco L’ipno-Induttore,”
“Disse, con orgoglio Curlo.”
“ruotava la testa come per se si stesse guardando”

grazie per la lettura, a presto!
andrea

BONUS: OK per tutti

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Eugene Fitzherbert
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Re: Scheggia

Messaggio#11 » mercoledì 29 gennaio 2020, 9:54

Andrea Lauro ha scritto:Ciao Eugene, mi inchino alla tua “specie di steampunk neoborbonico®️”!
Racconto stupendo, ti piazzo subito in cima alla classifica senza “se” e senza “ma”. Mi ha tenuto incollato fino all’ultimo: i personaggi sono ben delineati, le scene d’effetto, i dialoghi mirati e mai scontati. E pensare che su Minuti Contati “Erik” non mi aveva entusiasmato; questo invece è un pezzo da novanta.
Bellissima quest’immagine: “I due si strinsero la mano e a Curlo sembrò di strizzare un sacchetto pieno di denti.”
C’è qualche errorino qua e là che ti segnalo per la revisione:
“prese UN dispositivo a manovella”
“Lo sa che HO preso sette chili?”
“Ecco L’ipno-Induttore,”
“Disse, con orgoglio Curlo.”
“ruotava la testa come per se si stesse guardando”

grazie per la lettura, a presto!
andrea

BONUS: OK per tutti


Ciao, Andrea,
grazie per i complimenti (ché scaldano il cuore) e soprattutto grazie per aver scovato quei fottutissimi errori in giro per il testo. Sono per la maggior parte delle vestigia della stesura precedente.
Per Erik: era un racconto di cazzo e come tale deve essere considerato. Mi interessava solo consegnarlo per far fronte al digiuno da scrittura che mi stava un po' ottenebrando. Ma comunque, le critiche che stanno venendo su, mi hanno un po' solleticato e probabilmente non lo lascerò morire da solo sotto la pioggia... :D

andyvox
Messaggi: 122

Re: Scheggia

Messaggio#12 » venerdì 31 gennaio 2020, 18:36

Mi arrendo: se questo è un “racconto di merda” allora è proprio meglio che io appenda penna (e pc) al chiodo e mi dia alla filatelia. Per distacco il racconto più bello del girone, una inventiva come al solito debordante (ma come ti vengono in mente certe idee?) e una buonissima capacità di tenere le fila della narrazione. Forse è vero, il personaggio di Fanie cade un po’ dall’alto, ma è una cosa da meno. Mi rifugio nel segnalare alcuni refusi, altrimenti non avrei quasi niente da dire: “Il dottore prese dispositivo a manovella” “Un mese fa mi è stata ricapitata qui” “il dottore ruotava la testa come per se si stesse guardando intorno” “Mentre la coscienza del dottore di spegneva in un grumo di sangue” “incapace gridare anche quando quel bastardo le scoprì l’intricato arabesco inciso sulla schiena.”
Andrea Pozzali

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