Siccità (RACCONTO SQUALIFICATO)
Inviato: lunedì 20 gennaio 2020, 23:23
Non pioveva da giorni.
Non sei depressa, sei solo un po’ triste, diceva sua madre. Sembreresti anche meno pienotta se ridessi un po’. Da piccola eri più allegra. E più magra, vabbè.
Quando in città faceva caldo Martina aveva voglia di morire. Stesa sul letto in una posa umiliante, con gli arti distesi a quattro di bastoni per supplicare un refolo di brezza; grondava di sudore e il suo corpo come sempre se ne stava inerme, burroso e lucido.
Martina lo sapeva bene di essere depressa, l’avrebbe saputo anche se non gliel’avesse sussurrato la sua ultima amica due giorni prima. Lo sai, Marti, forse sei depressa.
Forse. Non si concedeva il lusso del “forse” da mesi, da quando sua madre era partita e lei aveva passato il suo primo giorno di tregua senza le forze alzarsi dal letto, soffocata da un corpo pesante e da strati di coperte che la proteggevano dal mondo. Aveva aspettato placidamente, con rassegnazione, che fuori il giorno scorresse senza di lei, la mattina e poi il pomeriggio e la sera e infine la notte confortante. Si era addormentata di nuovo senza nemmeno avere il tempo di accendere la luce.
Non vedeva suo padre da mesi e non voleva vederlo quel giorno. Non d’estate, quando la calura la rendeva una pietosa caricatura di se stessa; non durante le vacanze, quando sarebbe stato più ovvio che mai che non aveva niente da fare – peggio ancora, non aveva alcuna voglia di voler fare niente.
Aveva addentato la ciambella e si era goduta lo sguardo disgustato. In realtà non la voleva, faceva troppo caldo, ma quegli sguardi tra il pietoso e l’interdetto erano la sua personale vendetta ed erano il vero dolce dell’incontro.
- Come sta la mamma? –
- Come stava prima. –
Chissà se si ricordava. Sua madre ultimamente la metteva in guardia dagli uomini con luoghi comuni più o meno veritieri, e nessuno meglio del suo ex marito poteva ergersi a esempio della viltà maschile per eccellenza. Gli uomini hanno la memoria corta, bimba mia. Si scorderanno sempre del male che ti fanno per poter vivere con i loro rimorsi.
- E’ sempre grassa. Come me. –
- Non sei grassa. –
Martina aveva riso: lo zucchero sciolto della ciambella le era colato sulla maglietta, stratificandosi su un alone di sudore, e il patetismo del dettaglio l’aveva fatta ridere di più.
- Forse tua madre dovrebbe smetterla di piangersi addosso. –
Martina si era pulita gli angoli della bocca e aveva spostato lo sguardo sulle crepe della strada. Vecchie ferite nell’asfalto sembravano aperte dalla siccità degli ultimi giorni. Anche lei aveva sete.
“Piangersi addosso”. Quante volte l’aveva gridata lei, quella frase: a se stessa o a sua madre, non faceva differenza. Erano lo stesso, o lo sarebbero diventate presto. Piangersi addosso e mangiare ciambelle.
- Me ne vado, Martina. Vado via. Parto. –
Era rimasta a sudare immobile, senza parlare. E mentre suo padre parlava, con il tono fievole di un penitente strozzato dalla vergogna, a Martina era sembrato che una lievissima frescura cominciasse a salire dal suolo spaccato.
- Ciao, Martina, vado via. Coraggio, - l’aveva accarezzata, poi aveva ritirato la mano umida – lo sai, non può piovere per sempre.
Mentre si allontanava, una pioggerellina caritatevole aveva cominciato a scendere sulla sua figura, e Martina aveva alzato la testa verso il cielo. Non pioveva da giorni.
Non sei depressa, sei solo un po’ triste, diceva sua madre. Sembreresti anche meno pienotta se ridessi un po’. Da piccola eri più allegra. E più magra, vabbè.
Quando in città faceva caldo Martina aveva voglia di morire. Stesa sul letto in una posa umiliante, con gli arti distesi a quattro di bastoni per supplicare un refolo di brezza; grondava di sudore e il suo corpo come sempre se ne stava inerme, burroso e lucido.
Martina lo sapeva bene di essere depressa, l’avrebbe saputo anche se non gliel’avesse sussurrato la sua ultima amica due giorni prima. Lo sai, Marti, forse sei depressa.
Forse. Non si concedeva il lusso del “forse” da mesi, da quando sua madre era partita e lei aveva passato il suo primo giorno di tregua senza le forze alzarsi dal letto, soffocata da un corpo pesante e da strati di coperte che la proteggevano dal mondo. Aveva aspettato placidamente, con rassegnazione, che fuori il giorno scorresse senza di lei, la mattina e poi il pomeriggio e la sera e infine la notte confortante. Si era addormentata di nuovo senza nemmeno avere il tempo di accendere la luce.
Non vedeva suo padre da mesi e non voleva vederlo quel giorno. Non d’estate, quando la calura la rendeva una pietosa caricatura di se stessa; non durante le vacanze, quando sarebbe stato più ovvio che mai che non aveva niente da fare – peggio ancora, non aveva alcuna voglia di voler fare niente.
Aveva addentato la ciambella e si era goduta lo sguardo disgustato. In realtà non la voleva, faceva troppo caldo, ma quegli sguardi tra il pietoso e l’interdetto erano la sua personale vendetta ed erano il vero dolce dell’incontro.
- Come sta la mamma? –
- Come stava prima. –
Chissà se si ricordava. Sua madre ultimamente la metteva in guardia dagli uomini con luoghi comuni più o meno veritieri, e nessuno meglio del suo ex marito poteva ergersi a esempio della viltà maschile per eccellenza. Gli uomini hanno la memoria corta, bimba mia. Si scorderanno sempre del male che ti fanno per poter vivere con i loro rimorsi.
- E’ sempre grassa. Come me. –
- Non sei grassa. –
Martina aveva riso: lo zucchero sciolto della ciambella le era colato sulla maglietta, stratificandosi su un alone di sudore, e il patetismo del dettaglio l’aveva fatta ridere di più.
- Forse tua madre dovrebbe smetterla di piangersi addosso. –
Martina si era pulita gli angoli della bocca e aveva spostato lo sguardo sulle crepe della strada. Vecchie ferite nell’asfalto sembravano aperte dalla siccità degli ultimi giorni. Anche lei aveva sete.
“Piangersi addosso”. Quante volte l’aveva gridata lei, quella frase: a se stessa o a sua madre, non faceva differenza. Erano lo stesso, o lo sarebbero diventate presto. Piangersi addosso e mangiare ciambelle.
- Me ne vado, Martina. Vado via. Parto. –
Era rimasta a sudare immobile, senza parlare. E mentre suo padre parlava, con il tono fievole di un penitente strozzato dalla vergogna, a Martina era sembrato che una lievissima frescura cominciasse a salire dal suolo spaccato.
- Ciao, Martina, vado via. Coraggio, - l’aveva accarezzata, poi aveva ritirato la mano umida – lo sai, non può piovere per sempre.
Mentre si allontanava, una pioggerellina caritatevole aveva cominciato a scendere sulla sua figura, e Martina aveva alzato la testa verso il cielo. Non pioveva da giorni.