Il macellaio di via Torino

Appuntamento per lunedì 17 febbraio 2020 dalle 21.00 all'una con un tema scelto da Lorenzo Marone!
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Davide Di Tullio
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Il macellaio di via Torino

Messaggio#1 » lunedì 17 febbraio 2020, 23:45

40 gradi. Umido. Civico 1176. Armindo corse su per le scale ciabattando con un paio di sandali da quarantacinque, logori ed impolverati come le strade di Mogadiscio. Chiave nella toppa, spallata, la porta serrata alle spalle. Di fronte, il ritratto della Vergine Maria, occhi al cielo e mani giunte.
«È stato il tuo vicino, te lo dico io». La signora di sotto: abito impiastricciato, odore di polvere.
«Quello manco si vede di giorno, figurati di notte», Armindo la tranquillizzava. Ma quel tarlo... scava, scava. «Vuoi vedere che Rita c'ha ragione?». Nel dubbio si chiuse dietro: prima mandata; seconda mandate; catenella. «Non c'ho mica paura io, però non si sa mai». Doccia, TV, acqua di colonia. Aprì il frigo ed addentò pezzo di cacio ingiallito. «Miseria ladra, ho dimenticato di fare la spesa». Lo stomaco urlava vendetta. «Faccio un salto dal romagnolo». Guardò l'ora: mezzanotte e un quarto. Se faccio una corsa, azzanno un panino con la soppressa». Patapum! «Che è sto trambusto?» Accostò l'orecchio alla porta. Silenzio. Aprì lo spioncino ed infilò l'occhietto villoso.
«Me lo diceva mia madre: cambia sto binocolo, che non si vede un h... Guarda, guarda, il macaco». Tirava su con forza qualcuno, un bel manzo...«Madonnina. Ha accoppato un cristiano. Guarda, guarda... Una sagoma, di donna, di uomo, insomma... di umano! Sulle spalle: lo vedo, gronda sangue. L'ha sgozzato. Mamma, mamma, che paura. Lo spioncino si è appannato. Quante è vero Iddio faccio un casino». Armindo corse. A momenti s'ammazzava «Pronto, Carabinieri? Fate presto hanno stroncato un cristiano! Come chi? Il macellaio via Torino!». Clic.«E mo che faccio? Questa andrà bene». Afferrò il battipanni.« Lo placco. Farlo fuori, no!». Patapum. «Quello ha fatto una strage». Allo spioncino. «Mamma, mamma... l'ha scotennato. Maria Vergine». Armindo giunse le mani e guardò Sant'Antonio da Padova incorniciato. «Dammi il coraggio». Mollò il battipanni ed afferrò il mattarello «Questo è più robusto». Catenella; seconda mandata; prima mandata: «Molla l'osso, macellaio!». Armindo sembrava un crociato, con la canotta unta, la croce greca e il matterello sollevato al cielo. L'altro: due occhi spiritati, la fronte perlata di sudore ed un cosciotto d'agnello sulle spalle. «Signor Arimindo, che c'avete?». Quello: bocca aperta. Una statua di sale. «Qualcuno fatto scherzo brutto». Ah. Il macaco parla italiano. «Tolto corrente, tolto corrente». Il pianerottolo un lago di sangue. «Che fai con un quarto di bue poggiato alla porta?»
«Sono rovinato!». Da lontano la volante urlava nella notte. Mustafà piangeva come un bambino, piegato dal peso di un mazzo di fiorentine halal. Curvo ed imbrattato, sembrava Gesù sul calvario. «Sono rovinato!». Armindo c'aveva un groppo in gola.

«C'hai le chiavi della cantina, Armindo?
«Che ci devi fare, Rita?»
«M'è saltata la corrente due volte sta settimana, e mio figlio s'è portato le chiavi dell'armadio dei contatori»

Armindo ebbe un'illuminazione: Il macellaio era un macellaio per davvero, non come quelli dei film americani. E Rita, quella lì... doveva dire almeno dieci avemaria per farsi perdonare. Doveva scandirli forte e chiaro se voleva guadagnarsi il paradiso.



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antico
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Re: Il macellaio di via Torino

Messaggio#2 » lunedì 17 febbraio 2020, 23:59

Ciao Davide e benvenuto su Minuti Contati! Se ancora non sei dentro, ti invito a entrare a fare parte anche del gruppo fb di Minuti Contati, lo trovi QUI (farne parte non è obbligatorio, ma ti permetterebbe di goderti l'edizione insieme a tutta la community).

Venendo a noi, tutto ok con caratteri e tempo, buona Lorenzo Marone Edition!

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Davide Di Tullio
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Re: Il macellaio di via Torino

Messaggio#3 » martedì 18 febbraio 2020, 0:01

Fatto! grazie :-)

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antico
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Re: Il macellaio di via Torino

Messaggio#4 » martedì 18 febbraio 2020, 0:03

Ho visto! Vuoi che ti tagghi quando cito il tuo racconto (quindi con il nick del tuo account) oppure metto il tuo nome senza tag? :)

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Davide Di Tullio
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Re: Il macellaio di via Torino

Messaggio#5 » martedì 18 febbraio 2020, 0:11

Taggami puer, grazie mille :-)

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Laura Cazzari
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Re: Il macellaio di via Torino

Messaggio#6 » martedì 18 febbraio 2020, 21:57

Ciao Davide, ben arrivato su Minuti Contati. Allora il tema direi che è centrato ed è anche in linea con quello che ho scelto io. La paura del diverso. Hai descritto bene questo signore timorato di Dio. Tuttavia, la tua scrittura risulta un po’ caotica. Avevi caratteri a sufficienza quindi non capisco la tua scelta di non andare mai a capo, appesantendo molto la lettura del racconto. La storia in questo modo perde di chiarezza e di linearità. Non capisco la frase “«È stato il tuo vicino, te lo dico io». La signora di sotto….” Quando gliel’ha detto? È stato lui a fare cosa? Occhio ai refusi “prima mandata; seconda mandate”.
Laura Cazzari

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Davide Di Tullio
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Re: Il macellaio di via Torino

Messaggio#7 » martedì 18 febbraio 2020, 23:39

Ciao Laura. Grazie per le osservazioni. In effetti l'idea era quella di dare un ritmo concitato. Volevo costruire un intreccio che fosse il più possibile serrato e senza soluzione di continuità. Creare smarrimento, perché era così che immaginavo lo stato d'animo del protagonista. Condivido il fatto che la lettura possa risultare un po' confusionale, ma ho voluto rischiare "l'effetto collaterale" nella speranza di ottenere quello che cercavo. Non ho ritenuto necessario spiegare il dialogo, perché mi Interessava più descrivere l'effetto di un timore infondato, che la sua causa, lasciando al lettore questo onere. Non so quanto paghi questa scelta, ma trattandosi di un racconto breve forse è un rischio che ci si può prendere

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A.B Radley
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Re: Il macellaio di via Torino

Messaggio#8 » giovedì 20 febbraio 2020, 22:19

Ciao,
il racconto ansia ne trasmette e la paura si sente. Ha molta atmosfera e in questo è davvero bello.
Bellino il patapum, i nomi che hai scelto, quel "macaco" che ha pure un bel suono, ma io però, abbi pazienza, non ho capito cosa succede. Ma ti giuro.
Per esempio, quando leggo:
"«È stato il tuo vicino, te lo dico io». La signora di sotto: abito impiastricciato, odore di polvere"
non capisco chi parla, a chi, e perché.
L'ho riletto le tre volte prima di capire che no, Mogadiscio non è il luogo dov'è ambientata la vicenda, e nonostante questo ancora non ho so chi sia Rita. Abbi pietà, sgarbuglia il gomitolo. Fatto quello secondo me sei bravo.
Scrivo sci-fi, gioco a baseball (molto male) e ascolto colonne sonore
L'araldo nudo è il mio primo libro

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Andrea Lauro
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Re: Il macellaio di via Torino

Messaggio#9 » giovedì 20 febbraio 2020, 22:32

Ciao Davide e ben trovato. La storia è interessante e rendi bene la concitazione dell’italianotto con le ciabatte taglia 45 timorato di Dio. Il tema c’è; ci sono dei punti in cui la lettura si è fermata (ed è meglio se non succede), te li elenco:
“«È stato il tuo vicino, te lo dico io». La signora di sotto: abito impiastricciato": rileggendolo un paio di volte capisco che è successo precedentemente, che il protagonista sta ricordando una situazione. Ma non è subito chiaro: lo sistemerei.
“ed addentò UN pezzo di cacio ingiallito “
“l'occhietto villoso”: strano accostamento: intendevi che aveva le sopracciglia folte e mal curate?
“che non si vede un h…” avrei scritto “che non si vede un’acca (o un acca, va bene uguale)”. so che son caratteri in più, ma guadagna in scorrevolezza durante la lettura.
“«Signor Arimindo, che c'avete?»”: è intenzionale il nome proprio storpiato? immagino di sì.
“mio figlio s'è portato VIA le chiavi dell'armadio”
So che il tempo durante il contest è poco e il brivido della consegna pressante, ma insistendo nella rilettura son tutte cosette che si trovano facilmente e rendono il testo più piacevole da affrontare; spero d’aver dato validi suggerimenti per la revisione!
a presto
andrea

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Davide Di Tullio
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Re: Il macellaio di via Torino

Messaggio#10 » venerdì 21 febbraio 2020, 12:46

Ciao a tutti

intanto grazie per le vostre osservazioni. Vorrei subito scusarmi per i refusi. Sono un principiante di Minuti Contati e data la furia di postare il racconto (che per altro avevo riletto velocemente), non ho avuto cura a sufficienza per sistemare tutto. Concordo che i refusi siano piuttosto disturbanti, quindi terró a mente il suggerimento per le prossime edizioni.

A.B Radley ha scritto:"«È stato il tuo vicino, te lo dico io». La signora di sotto: abito impiastricciato, odore di polvere"
non capisco chi parla, a chi, e perché.


Questo passaggio é stato contestato da tutti quelli che hanno commentato il racconto. é innegabile quindi che l´ho costruito in maniera inappropriata. è probabile che avrei potuto creare l´effetto desiderato lavorando meglio sulla punteggiatura e sistemando meglio l´ordine delle proposizioni. Ho creato una trama non lineare per dare risalto al fatto che il protagonista ripensasse a quello che la vicina del piano di sotto gli aveva raccontato, ma a questo punto credo di aver gestito male l'escamotage. Peccato.

A.B Radley ha scritto:non ho so chi sia Rita


Rita é la signora del piano di sotto. Volevo creare un effetto circolare, tornando all´inizio del racconto, ma era solo tutto nella mia mente. Ancora colpa dell´incipit non adeguatamente costruito
Ultima modifica di Davide Di Tullio il venerdì 21 febbraio 2020, 23:17, modificato 1 volta in totale.

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Gennibo
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Re: Il macellaio di via Torino

Messaggio#11 » venerdì 21 febbraio 2020, 22:29

Ciao Davide, se da un lato mi è piaciuta l’idea di questo racconto e ho apprezzato moltissimo lo stile originale ed essenziale, dall’altro lato ci sono molti inciampi che annullano le cose positive che vi ho trovato.
Dove dici: Il tipo sale le scale (direi “del” quarantacinque.) entra, ha di fronte la Vergine, però, la battuta dopo sei ancora fuori con la vicina, (è possibile che anche se è così lontana ne senti l’odore di polvere? E se è di sotto, come fa a vederla? Potrebbe benissimo ma andrebbe spiegato, tipo: si sporge, la vicina…) Se è un ricordo potresti tenere il racconto al presente e mettere il resto al passato. A questo proposito, potresti provare anche a metterlo in prima persona e vedere come viene.
Occhietto villoso? Bah.
“Ed afferrò” “Ed addentò” “Ed infilò” Ed un cosciotto” per la D eufonica è consigliato usarla per dividere due vocali uguali tipo: ed era. Potrebbe essere un tuo stile, ma scrivi anche “e il matterello” annullando quello che potrebbe essere un tuo gusto personale.
Secondo me se ci lavori un po’ potrebbe venire molto bello.

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Davide Di Tullio
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Re: Il macellaio di via Torino

Messaggio#12 » venerdì 21 febbraio 2020, 23:13

ciao Gennibo

grazie per le tue osservazioni.

Gennibo ha scritto:direi “del” quarantacinque


questa espressione potrebbe essere un pò ambigua. se provo a sostituirla nel racconto suona quasi che i sandali siano del 1945

Gennibo ha scritto:la battuta dopo sei ancora fuori con la vicina, (è possibile che anche se è così lontana ne senti l’odore di polvere? E se è di sotto, come fa a vederla?


purtroppo ho cannato l'incipit. quell'espressione non è altro che il ricordo di Armindo che, una volta in casa, riflette sulla chiacchierata che ha appena avuto con la vicina del piano di sotto

Gennibo ha scritto:Occhietto villoso? Bah


Mi sono avventurato in una sinestesia un po' poetica, sempre con l' obiettivo di ridurre al massimo il numero dei caratteri; avrebbe rallentato i ritmo indugiare nella descrizione delle sopracciglia folte del protagonista. Noto però che questa espressione suona ai più quanto meno bizzarra

Gennibo ha scritto:“Ed afferrò” “Ed addentò” “Ed infilò” Ed un cosciotto” per la D eufonica è consigliato usarla per dividere due vocali uguali tipo: ed era. Potrebbe essere un tuo stile, ma scrivi anche “e il matterello” annullando quello che potrebbe essere un tuo gusto personale.


Questa tua riflessione è molto interessante. l' uso della d eufonica di fronte ad altre vocali che non siano le stesse della congiunzione non è propriamente un errore. Vero è che oggi l' uso più frequente che se ne fa è proprio nel modo da te indicato.
Siccome, riflettendoci un attimo, ne faccio un uso abbondante potrebbe certo definirsi parte del mio stile di scrivere, ammesso che ne abbia uno. Fino a questo momento non ci avevo mai pensato. Grazie per questa preziosa annotazione.

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Luca Nesler
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Re: Il macellaio di via Torino

Messaggio#13 » domenica 23 febbraio 2020, 1:23

Carissimo Davide! Sono molto contento che tu ti sia finalmente deciso a scendere nell’infernale arena di MC (come direbbe Emiliano). Come spesso succede, penso che ci sia da prendere la mano col format rapido e bastardo del contest, e questo tuo primo racconto, secondo me, ne risente. So per esperienza che sai fare di molto meglio senza pressione, ma proprio per questo sono contento di trovarti qui.
Ma veniamo al dunque.
L’idea del racconto funziona e la esponi in modo spiritoso e ricco di immagini saporite, come è tuo stile, solo che ci sono alcuni difetti che ottenebrano un po’ il tutto. In primo luogo sono un po’ stranito dall’accostamento dello stile laconico (didascalico?) e il passato remoto. Penso funzionerebbe meglio col presente, ma dimmi tu. Per il resto trovo che il difetto maggiore sia di ritmo, a causa dell’uso dei capoversi che crea confusione.

L’inizio funziona, ma i problemi arrivano qui:
“«È stato il tuo vicino, te lo dico io». La signora di sotto: abito impiastricciato, odore di polvere.”
Fin’ora hai utilizzato una tecnica per mostrare la realtà di Armindo (che nome! Mi piace, mi fa ridere), ma poi usi la stessa tecnica per mostrare una scena nel passato, creando un vero casino. Armindo è solo? La signora è di sotto? Perché c’è qualcuno in casa sua se l’ha appena aperta e non è sua moglie/mamma/sorella se la chiama signora? L’odore come lo sente? Quando glielo dice?

“«Quello manco si vede di giorno, figurati di notte», Armindo la tranquillizzava.”
Qui l’imperfetto mi suggerisce che si tratti di un flashback, ma allora perché ci viene proposto come un botta e risposta inserito nel presente (cioè con lo stesso ritmo e tecnica narrativa)?
Inoltre ci avrei visto meglio un trapassato prossimo, perché la frase che hai inserito suggerisce che Armindo l’abbia tranquillizzata una volta sola e non d’abitudine. Anche se…

“Ma quel tarlo... scava, scava. «Vuoi vedere che Rita c'ha ragione?».”
Qui la battuta (pensiero ad alta voce) viene esattamente come la battuta di dialogo avvenuta in passato con la signora Rita. Per di più, sulla stessa riga. Caos.

“Nel dubbio si chiuse dietro: prima mandata; seconda mandate; catenella. «Non c'ho mica paura io, però non si sa mai».”
Questo ok, ma sempre su un’unica riga. Poi arriva un passaggio che fatico a inquadrare:

“Doccia, TV, acqua di colonia. Aprì il frigo ed addentò (un) pezzo di cacio ingiallito.”
Non vedo il nesso con la sua corsa spaventata, il suo chiudersi in casa e il suo pensare alle raccomandazioni di Rita. Evidentemente non hai intenzione di spiegare cosa sta succedendo, ma io me lo chiedo e il fatto che non ci sia alcun tipo di stacco pone la mia immaginazione ancora sul binario della paura e della risoluzione del quesito: “che sta succedendo ad Armindo?”
Quindi tutto questo passaggio per me non ha senso.

«Miseria ladra, ho dimenticato di fare la spesa».
Avrei scritto “Miseria ladra! Ho dimenticato di fare la spesa” per enfatizzare l’imprecazione e darle forza. (sì, lo so, è solo una cagatina)

“Lo stomaco urlava vendetta. «Faccio un salto dal romagnolo». Guardò l'ora: mezzanotte e un quarto. Se faccio una corsa, azzanno un panino con la soppressa». Patapum! «Che è sto trambusto?» Accostò l'orecchio alla porta. Silenzio. Aprì lo spioncino ed infilò l'occhietto villoso.”
A parte l’occhietto villoso che… manco Gandalf il Grigio. Ma qui il “Patapum!” e tutto il resto sulla stessa riga non ti aiuta a scandire il ritmo nel modo giusto. Io penso che con una diversa disposizione dei capoversi il racconto migliorerebbe già tanto.

“«Me lo diceva mia madre: cambia sto binocolo, che non si vede un h... Guarda, guarda, il macaco».”
Metterei “un’acca”, perché così la leggo sempre come l’inizio di qualcosa. Un’alitata, insomma.
Mi ha fatto storcere il naso il fatto che sua mamma gli facesse delle raccomandazioni sullo spioncino della porta, come se le capitasse di usarlo. Che poi si rivela perfettamente funzionante.
Il resto del pensiero che scandisce ciò che vede Armindo mi è piaciuto molto.

“Armindo corse. A momenti s'ammazzava”
Questa espressione è molto tell.

“«E mo che faccio? Questa andrà bene». Afferrò il battipanni.”
Avrei messo l’ “afferrò il battipanni” prima di “Questa andrà bene” (Questo), in modo che l’immaginazione del lettore sia guidata meglio sulla scena.
La parte successiva soffre un po’ di una punteggiatura pesante e dei capoversi mancanti.

“Armindo sembrava un crociato, con la canotta unta, la croce greca e il matterello sollevato al cielo.”
E questa è l’opinione di chi? Di un narratore onnisciente, ma fin qui avevi utilizzato una focalizzazione esterna limitata, come una videocamera, quindi questo cambio repentino con delle similitudini che nascono dall’etere, mi ha un po’ spiazzato. Capisci? Cambi i punti di riferimento e il lettore non sa bene dove si trova.

“L'altro: due occhi spiritati, la fronte perlata di sudore ed un cosciotto d'agnello sulle spalle.”
Recentemente mi è capitato di tagliare a pezzi mezzo agnello. Il cosciotto è piuttosto piccolo, quindi: o sta facendo a pezzi una bestiola in giroscale o il carico che trasportava non giustifica tutto il trambusto né il fraintendimento di Armindo. Penso che dovrebbe trasportare almeno un quarto di bue.

“«Che fai con un quarto di bue poggiato alla porta?»”
Ah, ecco! E l’agnello dov’è?

“dal peso di un mazzo di fiorentine halal.”
Aspetta… ma cosa sta trasportando sto poveraccio?

“Armindo c'aveva un groppo in gola.”
Qui non è ben chiaro il perché Armindo si senta così. Forse una piccola descrizione o qualche battuta in più potrebbero levare ogni dubbio.

“«C'hai le chiavi della cantina, Armindo?
«Che ci devi fare, Rita?»
«M'è saltata la corrente due volte sta settimana, e mio figlio s'è portato le chiavi dell'armadio dei contatori»”
A parte che qui, come sopra, pensavo che Mustafà stesse parlando con Armindo e la comparsa di Rita mi ha colto di sorpresa, ma non capisco la dinamica del figlio e del blackout.

Non ho capito nemmeno il finale. Perché Armindo giudica Rita colpevole? Di cosa?
Da quello che intuisco, abbiamo un Armindo che fronteggia i suoi pregiudizi scaricando la colpa degli stessi sulla vicina. E, naturalmente, un povero macellaio con la carne da buttare per il freezer senza corrente.
Il problema è che è tutto dettato dall’intuito dopo una seconda rilettura e il testo è molto caotico.
So che è un esperimento, ma secondo me ti è un po’ sfuggito di mano. Vedrai che ci metterai poco ad adattarti ai meccanismi del contest. Purtroppo devo sbatterti in fondo alla classifica (purtroppo sto par di ciufoli! In realtà ci godo!)

Sono ansioso di leggere il tuo prossimo racconto ;)
A presto!

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Davide Di Tullio
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Re: Il macellaio di via Torino

Messaggio#14 » domenica 23 febbraio 2020, 11:31

Caro Luca, grazie a questo tuo commento ti sei giocato il conto corrente con credito illimitato alle Cayman, aperto appositamente per un giudizio clemente... A parte gli scherzi, grazie per i tuoi commenti sempre molto insidiosi. Alcuni sono in linea con quelli degli altri, altri direi decisamente inediti.

Andiamo con ordine

Luca Nesler ha scritto:“«È stato il tuo vicino, te lo dico io». La signora di sotto: abito impiastricciato, odore di polvere.”
Fin’ora hai utilizzato una tecnica per mostrare la realtà di Armindo (che nome! Mi piace, mi fa ridere), ma poi usi la stessa tecnica per mostrare una scena nel passato, creando un vero casino. Armindo è solo? La signora è di sotto? Perché c’è qualcuno in casa sua se l’ha appena aperta e non è sua moglie/mamma/sorella se la chiama signora? L’odore come lo sente? Quando glielo dice?


Come già fatto notare, questo incipit non funziona granché. Ho individuato le possibili soluzioni. Purtroppo, devo riconoscere che questo inizio disastroso ha condizionato la comprensione del resto del racconto.

Luca Nesler ha scritto:“«Quello manco si vede di giorno, figurati di notte», Armindo la tranquillizzava.”
Qui l’imperfetto mi suggerisce che si tratti di un flashback, ma allora perché ci viene proposto come un botta e risposta inserito nel presente (cioè con lo stesso ritmo e tecnica narrativa)?
Inoltre ci avrei visto meglio un trapassato prossimo, perché la frase che hai inserito suggerisce che Armindo l’abbia tranquillizzata una volta sola e non d’abitudine. Anche se…


il tuo dubbio si sarebbe probabilmente sciolto se l'incipit avesse chiarito meglio la situazione, potendo così fare anche a meno del trapassato prossimo. Il flashback si riferisce ad eventi vicinissimi nel tempo, qualche minuto prima.

Luca Nesler ha scritto:“Ma quel tarlo... scava, scava. «Vuoi vedere che Rita c'ha ragione?».”
Qui la battuta (pensiero ad alta voce) viene esattamente come la battuta di dialogo avvenuta in passato con la signora Rita. Per di più, sulla stessa riga. Caos.


il concatenarsi della parte narrata e del dialogo interno (più che dialogo ad alta voce, è un solipsismo, un pensiero del protagonista) ha un unità logica. A mio avviso questa è una scelta legittima. Ancora una volta, la confusione nasce dall'incipit errato, che ha fuorviato molto sul registro narrativo del resto del racconto.

Luca Nesler ha scritto:“Nel dubbio si chiuse dietro: prima mandata; seconda mandate; catenella. «Non c'ho mica paura io, però non si sa mai».”


Vale quanto scritto nel commento precedente.

Luca Nesler ha scritto:Poi arriva un passaggio che fatico a inquadrare:

“Doccia, TV, acqua di colonia. Aprì il frigo ed addentò (un) pezzo di cacio ingiallito.”
Non vedo il nesso con la sua corsa spaventata, il suo chiudersi in casa e il suo pensare alle raccomandazioni di Rita. Evidentemente non hai intenzione di spiegare cosa sta succedendo, ma io me lo chiedo e il fatto che non ci sia alcun tipo di stacco pone la mia immaginazione ancora sul binario della paura e della risoluzione del quesito: “che sta succedendo ad Armindo?”
Quindi tutto questo passaggio per me non ha senso.


Non ho ben compreso questa tua osservazione. Ho semplicemente descritto quello che accade ad Armindo dopo che si è serrato in casa. L'uomo si rilassa e cerca qualcosa da mangiare. Questo è un preludio a quello che accade dopo.

Luca Nesler ha scritto:«Miseria ladra, ho dimenticato di fare la spesa».
Avrei scritto “Miseria ladra! Ho dimenticato di fare la spesa” per enfatizzare l’imprecazione e darle forza. (sì, lo so, è solo una cagatina)


Ci sta, nulla da dire.

Luca Nesler ha scritto:“Lo stomaco urlava vendetta. «Faccio un salto dal romagnolo». Guardò l'ora: mezzanotte e un quarto. Se faccio una corsa, azzanno un panino con la soppressa». Patapum! «Che è sto trambusto?» Accostò l'orecchio alla porta. Silenzio. Aprì lo spioncino ed infilò l'occhietto villoso.”
A parte l’occhietto villoso che… manco Gandalf il Grigio. Ma qui il “Patapum!” e tutto il resto sulla stessa riga non ti aiuta a scandire il ritmo nel modo giusto. Io penso che con una diversa disposizione dei capoversi il racconto migliorerebbe già tanto


L'intenzione era creare un'unità logico-temporale, ma forse qualche capoverso avrebbe aiutato.

Luca Nesler ha scritto:“«Me lo diceva mia madre: cambia sto binocolo, che non si vede un h... Guarda, guarda, il macaco».”
Metterei “un’acca”, perché così la leggo sempre come l’inizio di qualcosa. Un’alitata, insomma


l' osservazione è stata già fatta e mi sembra pertinente.

Luca Nesler ha scritto:Mi ha fatto storcere il naso il fatto che sua mamma gli facesse delle raccomandazioni sullo spioncino della porta, come se le capitasse di usarlo. Che poi si rivela perfettamente funzionante.


Non vedo l'anomalia. in realtà l'autore sta dicendo, per bocca di Armindo, che lo spioncino non è perfettamente funzionante e infatti Armindo scambia un quarto di bue per un cadavere. Il fatto che sia la madre a dirlo poi è un informazione che dovrebbe (e dico dovrebbe :-D) dare delle informazioni su che tipo di persona sia Armindo. Vive solo, non ha una compagna o un compagno, si fa dare consigli dalla madre.

Luca Nesler ha scritto:“Armindo corse. A momenti s'ammazzava”
Questa espressione è molto tell


sì, è vero. Ma è una piccola concessione che non credo modifichi lo stile del racconto.

Luca Nesler ha scritto:“«E mo che faccio? Questa andrà bene». Afferrò il battipanni.”
Avrei messo l’ “afferrò il battipanni” prima di “Questa andrà bene” (Questo), in modo che l’immaginazione del lettore sia guidata meglio sulla scena.


Potrebbe essere. Tuttavia da un punto di vista logico-temporale: 1. Armindo vede il battipanni e pensa che andrà bene. 2. Afferra il battipanni

Luca Nesler ha scritto:“Armindo sembrava un crociato, con la canotta unta, la croce greca e il matterello sollevato al cielo.”
E questa è l’opinione di chi? Di un narratore onnisciente, ma fin qui avevi utilizzato una focalizzazione esterna limitata, come una videocamera, quindi questo cambio repentino con delle similitudini che nascono dall’etere, mi ha un po’ spiazzato. Capisci? Cambi i punti di riferimento e il lettore non sa bene dove si trova.


l' osservazione è molto sottile. è vero che qui compare il narratore onnisciente, ma credo sia l' unica volta e onestamente non credo che incidi molto sul punto focale del racconto. Avrei potuto non inserirlo per coerenza ed hai fatto bene a farlo notare, tuttavia non credo nemmeno che sia cosi rilevante ai fini della omogeneità del racconto. La tua osservazione resta comunque sensata

Luca Nesler ha scritto:“L'altro: due occhi spiritati, la fronte perlata di sudore ed un cosciotto d'agnello sulle spalle.”
Recentemente mi è capitato di tagliare a pezzi mezzo agnello. Il cosciotto è piuttosto piccolo, quindi: o sta facendo a pezzi una bestiola in giroscale o il carico che trasportava non giustifica tutto il trambusto né il fraintendimento di Armindo. Penso che dovrebbe trasportare almeno un quarto di bue.


Armindo sorprende il vicino a trasportare un cosciotto di agnello. Ma è un pezzo che il tipo porta su carne dunque è affaticato non per il cosciotto, ma per tutto il lavoro fatto fino a quel momento

Luca Nesler ha scritto:“Armindo c'aveva un groppo in gola.”

Qui non è ben chiaro il perché Armindo si senta così. Forse una piccola descrizione o qualche battuta in più potrebbero levare ogni dubbio.


Avendo caratteri limitati, ho cercato di fare economia, anche se mi pare che riflettendoci un attimo l'espressione sia abbastanza chiara. Pure un ottuso come Armindo, capito il malinteso, si sente in colpa per aver pensato male del vicino e vedendolo disperato quasi si commuove.

Luca Nesler ha scritto:«C'hai le chiavi della cantina, Armindo?
«Che ci devi fare, Rita?»
«M'è saltata la corrente due volte sta settimana, e mio figlio s'è portato le chiavi dell'armadio dei contatori»”
A parte che qui, come sopra, pensavo che Mustafà stesse parlando con Armindo e la comparsa di Rita mi ha colto di sorpresa, ma non capisco la dinamica del figlio e del blackout.


ho lasciato uno spazio di stacco per creare una frattura (cosa che non ho fatto nell'incipit), eppure il passaggio resta oscuro. La frattura è funzionale al flashback (che altrimenti non saprei come rendere) che riporta Armindo alla discussione di qualche tempo prima (non si sa bene di quanti giorni prima), in cui Rita le chiede la chiave dell'armadietto dei contatori elettrici... Avendo Mustafà trovato il contatore del suo negozio staccato, ho lasciato ad intendere che è stata Rita a fare il brutto scherzo. In fondo era lei all'inizio a parlare male di Mustafà (Aspetto questo, che riporta ancora all'incipit maldestramente costruito)
Da qui si dovrebbe capire il finale (credo!)

alexandra.fischer
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Re: Il macellaio di via Torino

Messaggio#15 » domenica 23 febbraio 2020, 20:06

Il tema del racconto è centrato. Le Paure del Presente che tormentano Armindo riguardano il vicino di casa, straniero e presunto assassino (vedi il quarto di bue scambiato per una vittima umana dalla vicina Rita, e il tutto per via della penombra causata dalla mancanza di corrente). Ci sono anche echi di una situazione di emergenza (Armindo si è dimenticato di fare la spesa e questo aggiunge un dettaglio inquietante, viste le recenti notizie che ribadiscono l’importanza di avere la dispensa ben fornita) e il dettaglio dello stomaco vuoto e della fretta rendono irrazionale il suo comportamento (avvertire i carabinieri senza essere certo di quello che ha visto: gli costa il reato di procurato allarme). Il racconto procede bene, con stile misurato: descrizioni particolareggiate ne rendono bene atmosfera (calura estiva, immagini sacre, abiti intrisi di sudore e polvere di Armindo e Rita e anche l’aspetto di Mustafà imbrattato di sangue e curvo sotto il peso del presunto cadavere umano). C’è una nota di umorismo sardonico: Rita ammette di aver dimenticato di chiedere al figlio le chiavi dell’armadio del contatore difettoso, il suo. E questo dopo aver quasi indotto all’assassinio il povero Armindo (vedi la scelta delle armi: battipanni, mattarello). La scrittura è molto realistica, credo sia voluta apposta così (immagino Armindo solitario, di una certa età, e un tipo semplice. La parlata mi ricorda un po' quella toscana, e ne rendi il lato grottesco). Per me, è un esercizio di stile alla Queneau.
Attento a:
spallata. Porta serrata alle spalle (riscriverei: porta serrata dietro di sé per evitare vicinanza eccessiva: spallata-spalle.)

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Davide Di Tullio
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Re: Il macellaio di via Torino

Messaggio#16 » domenica 23 febbraio 2020, 23:04

Ciao Alexandra, grazie molte per il tuo commento :-)

viviana.tenga
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Re: Il macellaio di via Torino

Messaggio#17 » domenica 23 febbraio 2020, 23:36

Ciao Davide, e benvenuto su Minuti Contati.
Arrivo tardi a commentare, quindi mi tocca ripetere cose già dette da altri. Buona l'idea, centrato il tema, ma racconto che rimane un po' confuso (non sto a segnalarti singoli passaggi perché sono sostanzialmente d'accordo con i commenti precedenti).
Personalmente ho trovato che, per quanto riguarda l'incipit, non è che non si capisca che la frase della vicina è un flashback, il problema è che non si capisce alla prima lettura, ma bisogna fermarsi, rileggere e mettere insieme il quadro (per lo meno, per me è stato così). Il che è comunque fastidioso e non facilita la lettura.
Ho trovato superflua l'ultima parte (quella in cui Armindo capisce cosa è successo). In fondo, al lettore è già chiaro, ed è già chiaro che lui ha capito. Probabilmente erano caratteri che si potevano risparmiare e impegnare meglio nel rendere più chiari passaggi precedenti.

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Wladimiro Borchi
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Re: Il macellaio di via Torino

Messaggio#18 » martedì 25 febbraio 2020, 13:31

Ciao Davide e benvenuto su minuti contati anche da parte mia.
Condivido tutti i commenti precedenti, tema centrato, molte idee e passaggi carini, un po' troppa confusione nello stile.
Sei, in ogni caso, riuscito, con lo stile, ha dare un sapore del tutto particolare al racconto rendendolo ancor più credibile.
Giudizio nel complesso positivo, ma il racconto può davvero crescere seguendo le linee guida che in molti, prima di me, ti hanno indicato.
A rileggerci presto.
Wladimiro
IMBUTO!!!

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daniele.mammana-torrisi
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Re: Il macellaio di via Torino

Messaggio#19 » giovedì 27 febbraio 2020, 13:06

Ciao, Davide! Benvenuto a Minuti Contati!

Questo tuo primo scritto, te lo devo dire, è migliore di quello che produssi io per il primo contest. Placcare il tema della paura del diverso è stata una mossa astuta; sul piatto hai messo qualcosa di originale rispetto a virus e virus, ma la nota dolente sta nella stesura.
Lo stile è simpatico e creativo, con poi delle onomatopee che contribuiscono a creare un po' di atmosfera simpatica, ma penso che tu lo debba disciplinare un pochino. Come hanno detto -e stanno dicendo- a me da alcuni contest, la difficoltà maggiore è fare capire agli altri quello che hai in testa. Per te è chiarissimo, ma all'occhio di un lettore può non esserlo.
I pochi caratteri penalizzano, lo so. Con un po' di direzione in più ed una lucidatura, tuttavia, potrebbe essere un racconto breve niente male! ^^

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Davide Di Tullio
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Re: Il macellaio di via Torino

Messaggio#20 » domenica 1 marzo 2020, 14:17

Grazie ancora per i commenti ragazzi. Pago lo scotto di un esordio un po' improvvisato, ma ho recepito i messaggi. Ho a che fare con osservatori attenti. Una validissima palestra per fare sempre meglio!

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antico
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Re: Il macellaio di via Torino

Messaggio#21 » domenica 1 marzo 2020, 18:45

Sì, questo racconto non ti è uscito con il buco, ma mi è stato sufficiente per capire che hai una voce ben distinta e sono molto curioso di vederti alla prova nei prossimi mesi nei quali ti esorto a prendere tutto il tempo concesso e a pensare che anche una volta postato puoi correggere fino a chiusura. Tornando a questo testo: la strategia da te adottata non si è rivelata funzionale e ne è uscito un po' un pastrocchio che mi fa tenere la valutazione su un pollice ni tendente però verso il positivo perché alcune soluzioni mi hanno fatto sorridere, le ho apprezzate. Sul finale, però, si capisce poco e si confonde molto. Se hai voglia di rimetterci mano, c'è il Laboratorio, altrimenti aspetti un paio di settimane e si torna a scendere nell'Arena.

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