Sotto la superfice

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il due gennaio sveleremo il tema deciso da Maurizio Ferrero. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
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el_tom
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Sotto la superfice

Messaggio#1 » venerdì 13 marzo 2020, 22:53

Sotto la superficie

Il borgo di KameiSceltā prendeva il nome dalle miniere di zolfo sulla montagna ed il tanfo di uova marce appestava tutto: l’aria, l’acqua, le case e gli abitanti, donando una sfumatura gialla che dava l’idea di malsano al primo sguardo.
Essendo situato ai piedi del monte Burnaia, le poche ore di luce erano compensate dall’abbondate umidità che rendeva tutto scivoloso e marcescente.
Formalmente faceva parte del Principato di Volk ma era profondamente incuneato all’interno del Ducato di Podnori: questo connubio di geografia e politica faceva si che KameiSceltā fosse perlopiù ignorato da entrambe le fazioni.
I viaggiatori arrivarono a tarda ora, nessuno li vide ma molti sentirono il frastuono provocato dal loro carrozzone sgangherato.
A dire il vero, la colpa di quel rumore non era tutta loro, il mezzo era malridotto per l’uso e l’incuria, vi era appeso ciarpame d’ogni sorta che cozzava fragorosamente ad ogni movimento.
Avrebbero potuto essere più accorti nell’accomodarlo e certamente più solerti nelle manutenzioni, ma anche se fosse stato un mezzo nuovo fiammante, su quel manto sconquassato, sarebbe stato impossibile non fare rumore.
Ci voleva una buona dose di fantasia per chiamare “strada” quella serie di buche circondate da pantano putrido, gli abitanti si erano arresi generazioni orsono all’idea di avere un regolare manto dove poter circolare agevolmente con carri, cavalli o somari.
Si posizionarono nello spiazzo più grande che riuscirono ad individuare confidando di essere approdati nella piazza principale.
La luce del mattino, filtrando dalle lerce finestre del carro, accarezzò i loro volti e li fece destare.
“Ichabod! Maledetto buono a nulla mangia a sbaffo che non sei altro! Oltre a costarmi una fortuna in viveri devi anche cercare di avvelenarmi con le tue flatulenze! Che razza di visceri malati contiene quel tue ventre senza fondo?”.
Il giovane apprendista si destò di soprassalto socchiudendo gli occhi ancora cisposi dopo il sonno.
“Ecc… eccc… eccomi mastro Cornelius, sono sveglio, si, sono al tuo servizio”. Fiutò l’aria e produsse una smorfia di disgusto, innocentemente si rivolse all’anziano al suo fianco:
“Mastro Cornelius, stai marcendo? Potenti miasmi di morte hai generato nel sonno”.
Mentre l’ira del maestro cresceva fino a raggiungere vette mai esplorate da l’uomo, nel borgo, i villani incuriositi lentamente si radunavano nei pressi del carro che quel mattino era comparso nel giardino della casa comune.
Si era formato un capannello di gente intorno al veicolo, i paesani parlottavano tra loro producendo un leggero brusio che ratto terminò quando il carrozzone cominciò a dondolare e si sentì provenire dal suo interno dei tonfi e uno sbattere di metallo oltre a delle urla:
“Maledetto ingrato!”
“No maestro, piano, piano ahh!”
“Screanzato!”
“Smettila, per favore maestro!”
“Vieni qui che non ti faccio niente”
“Aaaaahhh”
“Torna qui! Accetta la punizione del tuo maestro!”
“Io non c’entro! Non sono stato io!”
“Ah no? E da dove viene questo tanfo immondo? Tu nascondi le porte degli inferi tra quelle chiappe secche! Vieni qui che ti esorcizzo porco di un demonio!”
“No, No, NOOOOOOO!”
La porta di quel vagone con le ruote si spalancò improvvisamente sbattendo con fragore e venne scagliato fuori un giovinetto lungo e secco come il ramo di un giunco che, dopo un brevissimo volo, atterrò malamente nella mota ai piedi degli abitanti li radunatisi. Questi non mostrarono reazione alcuna, si limitarono a guardare indifferenti e silenziosi, sembravano quasi dei mansueti bovini durante il loro continuo e infinito ruminare.
Dall’interno del veicolo furono espulse con la stessa violenza le urla di una voce malvagia e con molte primavere sulla groppa: “Per i sette inferni di Zandruh! In che posto dimenticato dalla civiltà mi hai portato, maledetto idiota! C’è più puzza fuori che dentro! Che razza di ratti possono mai vivere in questa fogna putrida?!”.
Dopo la voce comparse anche il suo padrone, un vecchio storto e nodoso avvolto in un cencio consunto che un tempo era stato un vestito pulito o perlomeno un vestito.
Appena vide la folla il suo volto abbandonò l’espressione ingrugnata e si distese, per quanto possibile, in un sorriso viscido.
“Buongiorno miei cari amici” ammiccò allora con un tono mellifluo, tanto subdolo e sibillino che se tra i suoi denti fosse comparsa una lingua biforcuta non avrebbe stonato per nulla.
Spalancò le braccia e si produsse in uno sgraziato inchino.
“Io sono il famosissimo Cornelius Oculus, itinerante alchimista, farmacista, dentista, dottore delle arti arcane, medico chirurgo, maestro dell’ignoto, dell’insondabile e dello scibile umano” ne seguì una pausa ad effetto che non produsse alcuna reazione dalla platea.
“Vengo qui da voi, signori e signore, accompagnato dal mio allievo ed apprendista, il mio fido vassallo, Ichabod LeBaudet, per portarvi cure e giovamento, lozioni, pozioni, intrugli e consigli ed aiutarvi a guarire dai mali che vi affliggono, risolvere i problemi che vi turbano e scacciare i demoni che vi tormentano” inchino finale.
Un ometto in prima fila avanzò di un passo, era vestito con una camicia color pozzanghera ed un gilet nero di lana di capra sopra a delle brache lise, di una taglia indefinibile, troppo lunghe per essere corte, troppo corte per essere lunghe, mentre ai piedi calzava degli zoccoli di tipo neerlandese.
Era di gran lunga il più elegante della ghenga.
La sua voce era come l’espressione della sua faccia, piatta ed atona: “Vostro caro su giardino di casa di popolo, vostri cavali cacato su di prato, voi pagare gabela.”
Cornelius rimase interdetto per un attimo mentre Ichabod che si era alzato e si percuoteva vigorosamente il fondoschiena cercando di mondarlo, trattenne a stento una risata.
“Oh certo, anzi, ci scusiamo con lor signori per la nostra arroganza” riprese Cornelius “Purtroppo nottetempo siamo giunti nel Vostro splendido borgo quando le tenebre già l’avevano avvolto, se poteste indicarci chi è o dove alloggia il Vostro capo villaggio saremo lieti di poterci accordare con lui per il saldo della gabella”.
La mente di Cornelius stava già calcolando quanto gli sarebbe convenuto pagare una sanzione piuttosto che cercare di corrompere il detentore del pubblico potere, magari con qualche intruglio, quando notò che i popolani di fronte a lui indicavano un punto in alto alle sue spalle.
I due professionisti itineranti si voltarono all’unisono osservando che, dietro la casa del popolo, appesi ad un alto palo levigato, c’erano i resti di quelli che un tempo erano tre corpi umani ed ora erano il rimasuglio del banchetto degli avvoltoi.
L’omuncolo, di capra vestito, spiegò: “Quelo è nostro ultimo starosta, noi sorprenduto lui che cerca di intascare gabela di ultimi stragnieri venuti qui, altri due è stragnieri che cercato di paga meno di gabela”.
Cornelius deglutì rumorosamente mentre Ichabod smise di pulirsi i calzoni e di ridere sotto i baffi.
“Ah giusto. Giusto. La giustizia del popolo, non c’è niente di peggio della corruzione dell’ordine costituito! Ma vedo che Voi siete un gruppo civico attento ed organizzato.
Ora però smettiamola di parlare di questi tristi fatti, sono qui per alleviare le vostre pene, fisiche, psicologiche e spirituali.
Ichabod, di grazia, il campionario”.
Il giovane si mosse velocissimo, da consumato assistente qual era, sparì dentro il carrozzone e riapparve con un baule di legno che, in poche e rapide mosse, si trasformò in un bancone da lavoro dove comparvero una miriade di bottiglie e bottigliette contenenti liquidi dei più svariati colori.
Cornelius gesticolò per far avvicinare il titubante pubblico:
“Venite nobili signori e graziose signore, non siate timidi, offro i miei servigi e le mie conoscenze a modici prezzi, qui ci sono rimedi per molti mali e la mia padronanza delle arti divinatorie può anche prevenire quelli futuri”.
Notando la ritrosia degli astanti decise di adottare una tattica più attiva; individuò tra il pubblico una vecchia signora, i capelli grigio topo erano scarmigliati e annodati tra loro e il viso sporco rendeva impossibile valutarne l’era geologica che ne vide i natali. Era gobba e sciancata e quando il sapiente la indicò sorrise mostrando una dentatura che aveva l’aria di essere atta alla coltivazione di funghi o alghe.
“Venga qui da me, cara nonnina” la esortò l’imbonitore e immediatamente si pentì quando, dopo pochi trascinati passi della megera, venne sopraffatto dal di lei aroma che trionfava nella straordinaria impresa di contrastare il puzzo permanente del luogo.
Cornelius mantenne il suo sorriso professionale ma i suoi occhi tradirono per un attimo il terrore che lo stava assalendo mentre la vegliarda si avvicinava.
“Come si chiama mia cara signora?”
“Sigrid” gracchiò l’antica con voce d’arpia, insufflando il suo alito di morte sul volto del venditore che trattenne a stento nello stomaco la cena della sera prima.
“Ah, che splendido nome per una signora con i suoi nobili lineamenti, le si addice proprio. Dalla luce del suo sguardo posso già intuire la magnanimità del suo cuore e la mitezza del carattere, immagino lei abbia un sacco di nipotini che le sono molto affezionati.
Mi scusi l’ardire, posso chiederle qual è la sua età?”
La bacucca lo guardò sognante esibendo ancora il suo sorriso smagliante e rispose con quello che sembrava il verso di un corvo “Ventitré cicli”.
Cornelius strabuzzò gli occhi, era già pronto a rispondere,come sua consuetudine, che non dimostrava certamente la sua veneranda età ma sicuramente almeno due decadi in meno,ma la realtà lo sorprese lasciandolo senza fiato e quasi senza parole.
L’esperienza accumulata gli venne in soccorso, non si perse d’animo, aveva sicuramente sbagliato a valutare quel caso umano credendo la donna una signora a cui sarebbe bastato un unguento contro i reumatismi invece di una giovane con la necessità di diversi miracoli.
Come ogni mercante, la sua voce era il suo potere, creava verità con arte sopraffina.
“Ichabod, la vasca, svelto” proferì risoluto alla volta del suo garzone.
Il ragazzo staccò da un lato del carrozzone una tinozza e la portò davanti al pubblico che ora mormorava incuriosito.
Cornelius intanto era andato a prendere un barattolone di latta dall’interno della sua casa mobile.
Fece entrare la paziente nella tinozza, le innalzò una sorta di barriera attorno con una tela liscia che celava gran parte dello sguardo ma comunque permetteva di osservare le operazioni che venivano compiute.
Le ordinò di spogliarsi e le assicurò che, con l’aiuto della protezione che era stata imbastita, nessuno avrebbe potuto ammirare le sue grazie, anche se dubitava che qualcuno sano di mente l’avrebbe voluto.
Versò quindi abbondante acqua calda nella tinozza.
Si rivolse al pubblico che ora era totalmente avvinto dalla curiosità.
“Miei cari, qui, in questo barattolo, c’è un composto di mia invenzione le cui componenti e proporzioni sono segrete, ne darò una piccola quantità alla vostra compaesana e le illustrerò come farne uso.
Solo un abile alchimista, quale io sono, è in grado di preparare tale composto in quanto alcune sue parti non possono essere maneggiate senza una ferrea educazione e disciplina et financo il procurarsele è sì arduo da far desistere molti impavidi cavalieri, per esempio le lacrime di un basilisco raccolte durante la luna piena, il sangue di una viverna dopo che ha mangiato un capro nero, il latte di una sirena che ha partorito tre tritoni gemelli”.
I villani ora seguivano il suo discorso con attenzione, chi ammirato, chi spaventato, chi rapito da quei nomi esotici.
Cornelius prese dal barattolone una manciata di una sostanza rosea di consistenza simile alla creta, la passò alla sua assistita e le disse con un tono paterno e rassicurante:
“Tenga mia cara, se lo strofini addosso con vigore e senza paura, anche sul capo, stia solo attenta agli occhi, potrebbero bruciarle un pochino ma non ne avrà nocumento”.
La donna, titubante in principio, cominciò a massaggiarsi con quella sostanza, quando ne sentì il dolce profumo e vide che la sua pelle cambiava colore perse gli indugi, cominciò a strofinarsi furiosamente il corpo ed il capo. Consumato il composto si immerse nella vasca per sciacquarsi.
Cornelius le passò una sorta di spesso lenzuolo e le ordinò di utilizzarlo per asciugarsi e coprirsi, l’aiutò quindi ad uscire dalla tinozza e la condusse davanti al pubblico.
Il miracolo era avvenuto, la trasformazione fu sorprendente, i capelli, prima grigi ed opachi ora erano color dell’oro e altrettanto lucenti, luminosi. La pelle del viso era distesa ed il colorito sano, le rughe erano sparite. Sprigionava un profumo dolce che copriva quello di uova marce che imperava nel circondario. Anche il portamento ne aveva giovato, era armoniosa e slanciata, il corpo tonico.
La folla rumoreggio lodando Cornelius ma più ancora Sigrid che, sorpresa e stordita dal getto di complimenti, arrossi e sorrise beata esibendo la coltivazione micotica e riportando il silenzio.
Cornelius sorrise sornione e da sotto la veste estrasse un piccolo contenitore, prese la mano della (ora) avvenente fanciulla, mise un po' di una sostanza cremosa su un dito di questa e le suggerì di lustrarsi la dentatura. Sigrid eseguì e la metamorfosi arrivò a compimento, il suo bianco sorriso illuminò la plebe.
Cornelius si rivolse ai villani:
“Come avete potuto vedere miei cari, le mie conoscenze sono in grado di compiere atti mirabolanti e sono a vostra disposizione.
Il composto nel barattolone vi costerà solo tre svanziche d’argento l’oncia, quello nel barattolino cinque scudi di bronzo l’oncia, se acquistati in coppia vi regalerò una tesa di tessuto pulente che altrimenti costerebbe una svanzica d’argento.
Il banco dei due girovaghi venne assaltato dai popolani, i preparati vennero acquistati da tutti i presenti.
Fioccarono le più disparate suppliche:
“Oh Kaldun, ogni di volta che piove io male di anca, aiuta me prego”
“Moscnosti Kaldun, domovoj cativo tormenta casa, aiuta me con tua magia”
“Versovi Kaldun, mio uomo qui morto, resuscita qui lui che ritorna uomo e fa me molie contenta”
Cornelius accontentava tutti, dava ad Ichabod secche indicazioni ed egli consegnava un flaconcino al maestro, questi lo consegnava a sua volta al cliente di turno ed illustrava le istruzioni per l’uso in cambio di una spropositata quantità di monete.
L’attività continuò ininterrotta fino a che la notte venne a reclamare il suo tempo.
Cornelius fece smontare il banco da Ichabod e la coppia si ritirò nel carro.
Quando furono certi che nessuno potesse sentirli, i due scoppiarono in grasse risate.
“Ah ah ah maestro, sapone, SAPONE! Hai venduto sapone a peso d’oro a quei fecciosi!” Ichabod sghignazzava fino alle lacrime e si teneva la pancia ed aggiunse “Hai visto che facce hanno fatto quei bifolchi quando la ragazza si è lavata? Alcuni hanno gridato al miracolo! Al prodigio!”
Cornelius rideva e si batteva il ginocchio con una mano ma il suo sguardo sembrava comunicare altro.
“E le panzane che gli hai raccontato?” Chiese allora Ichabod “Lacrime di basilisco? Sangue di viverna? Ci mancavano solo i coglioni di un minotauro!”
I due ghignarono ancora più forte per alcuni minuti poi, esaurita la vena d’allegria, decisero di andare a riposare, il giorno seguente avrebbero avuto ancora occasione di spennare i polli di KameiSceltā.
La notte passò tranquilla donando un sonno ristoratore alla coppia di girovaghi e sogni felici ai soddisfatti clienti.
Si prospettava una mattina produttiva e proficua.
Cornelius e Ichabod erano svegli e di buon umore, pronti a una robusta colazione quando la porta di legno esplose verso l’interno del carrozzone abbattuta da un enorme maglio di metallo, un’ombra occupò il varco creatosi dalla deflagrazione e seguì un urlo bestiale e inarticolato
“VOI!! MALEDETIBASTARDIAARGHHH!”
Cornelius, nonostante la stagionatura, fu il più lesto a reagire, si portò dietro a Ichabod e lo spinse verso il Koscmar che era comparso all'improvviso.
Lo sfortunato giovane ruzzolò ai piedi dell’essere e questi fece calare il suo maglio su una gamba del tapino maciullandola all'altezza del ginocchio.
Ichabod urlò selvaggiamente, l’ombra urlò ancora più forte, lo afferrò por il capo e lo alzò con un solo braccio.
Cornelius, aprì una botola nascosta sul fondo del carro e uscì, si ritrovò a strisciare nel fango sottostante il mezzo in cerca della salvezza.
Si mosse velocemente pur essendo un vegliardo tanto che fu più rapido dell’oscuro assalitore e si portò nello spiazzo antistante il carro prima dell’orrido aggressore.
Quando questo uscì dal vagone portandosi appresso lo sfortunato Ichabod, vide che non era un demone della notte ma un uomo furioso.
Cornelius si calmò e cercò di ricordare chi fosse e quale truffa avesse cercato di perpetrare a suo danno ma non riusciva proprio a rammentare nulla.
L’uomo guardò per un attimo Ichabod e poi lo gettò via come fosse un pupazzo di pezza, questi finì violentemente contro il muro della casa comune producendo un terrificante rumore liquido, cadde al suolo, dalla bocca e dalle orecchie gli uscirono dei rivoli di sangue.
“Oh potente signore, vi prego, ragioniamo, parliamone, quale torto vi ho mai fatto? Forse che i miei rimedi non vi han soddisfatto? Possiamo trattare un risarcimento, non occorre scatenare tale violenza” disse Cornelius cercando di rabbonire il titano.
“AAAARGH” fu la risposta del colosso seguita da un colpo del suo martello che sfiorò il vecchio che stava strisciando via.
“Calmatevi, vi prego, sono solo un vecchio, non avrete certo soddisfazione ne gloria a percuotermi, ma solo rimorsi e tristezza fino alle lacrime”.
“MISERABILEBASTARDO!” gridò allora il gigante e colpì il fango con il suo strumento, ancora vicino a Cornelius.
L'errante indietreggiò fino a sbattere contro il muro di una casa, la furia umana gli si fece sotto, sollevò il martellone con due mani ma, un attimo prima di calarlo violentemente sull’anziano emise un urlo bestiale alla volta del cielo, crollò in ginocchio e si mise a piangere.
Tra i singhiozzi, finalmente, si spiegò con l’alchimista.
“Andata, amore fugito, colpa tua caronnia”.
Cornelius non capiva cosa dicesse quella montagna di muscoli singhiozzante.
“Lei perfietta, tu, doemon, con pozioni hai stregato lei”
Timidamente Cornelius chiese “Perdonatemi signore, ma non capisco di chi tu stia parlando”
“SIGRID, BASTARDO, Sigrid, tornata casa diversa, scapata con Yur, alba parlato con di molie Yur, deto me lui casa fato magia di sechio e anche lui diverso”
Cornelius allora gli parlò con il suo tono più suadente.
“Mio caro, vedi che con la calma e la favella possiamo risolvere tutto, per fortuna ci sono io qui a consigliarti, ora ti preparerò un potente filtro d’amore, tu non dovrai far altro che ritrovare la tua amata e farglielo bere e vedrai che tornerà e non ti abbandonerà mai più” e fece l’occhiolino al maciste.
Questi si fece immediatamente docile, s’illumino di speranza e tra le lacrime chiese “Di vero tu, Kaldun?”
“Certamente” rispose l’anziano sorridendo “e visto che mi sembri un bravo giovane, non te lo farò nemmeno pagare”.
Prese da sotto la veste una bottiglietta colorata, la depose nella manona del disperato e gli augurò buona fortuna guardandolo negli occhi.
Si scusò con la gente che stava accorrendo, adducendo al fatto che non poteva fermarsi. Purtroppo l’incidente lo aveva lasciato sfornito di un assistente, una vera sfortuna, ma giurò che sarebbe tornato non appena ne avesse trovato uno degno e che ci avrebbe messo poco, il tempo di un sogno.
Lo salutarono senza entusiasmo, come se lo stessero già dimenticando.
Cornelius salì sul carro a cassetta e se ne andò com'era arrivato, nessuno aveva visto da dove era venuto e nemmeno dove sarebbe andato.
Non versò lacrime per Ichabod, era solo un misero e stupido umano in fondo, uno dei molti che aveva incantato e reso suo servo nel suo continuo vagare tra i mondi.




Zabludsci Doemon ti vende i tuoi sogni a peso d'oro
Detto delle popolazioni della zona montuosa del KameiZulfur


Tom
Ultima modifica di el_tom il sabato 14 marzo 2020, 17:58, modificato 3 volte in totale.


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Re: Sotto la superfice

Messaggio#2 » venerdì 13 marzo 2020, 22:54

Punto a tutti i bonus

Glossario
Kaldun: nel folclore russo stregone/sciamano.
Moscnosti Kaldun: potente Kaldun, russo.
Versovi Kaldun: supremo Kaldun
Domovoj: nel folclore russo folletto, spiritello della casa, se trattato male diventa dispettoso.
Koscmar: incubo.
Doemon: demone.
Zabludsci doemon: demone errante.
La frase più pericolosa in assoluto è: Abbiamo sempre fatto così.

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Re: Sotto la superfice

Messaggio#3 » martedì 17 marzo 2020, 22:10

Ciao, El-Tom e piacere di leggerti.
Devo dirtelo: questo racconto mi ha divertito tantissimo e penso che tu lo abbia costruito molto bene. L'ambientazione fantasy da Europa Orientale è abbastanza inusuale e mi è piaciuto il modo in cui l'hai adattata al parlato dei popolani. Paradossalmente, il glossario extra non solo non era necessario, ma penso che tolga anche un pochino di magia al tutto.
Il testo è godibile e ho trovato giusto qualche punto che, secondo me, potrebbe essere migliorato.
L'incipit: partire con un infodump pazzesco non è proprio il modo migliore di cominciare una storia. Ricorda sempre: le informazioni di "ambientazione" sono importanti, ma vanno dosate accuratamente e, soprattutto, conviene distribuirle nel testo, per evitare muri di testo indigesti.
La trasformazione di Sigrid: ecco, posso capire i miracoli di dentifricio e sapone, ma penso che tu qui abbia esagerato. Sigrid non appare anziana: è anziana. Facci caso: nella tia descrizione dici che è gobba, parli di rughe infossate e di pelle cadente. Questi sono segni che nessun tipo di sporcizia potrebbe lasciare e che nessun tipo di sapone potrebbe pulire. Piuttosto, forse sarebbe stato meglio restare maggiormente sul vago, limitarti a caratterizzare la donna in modo da mantenere il dubbio sulla sua vera età, ma senza caratteristiche proprie della sola vecchiaia.
Il finale: da come concludi, sembra che Cornelius non sia umano, ma accenni alla cosa in modo così frettoloso che il tutto risuilta confuso. Inoltre, lasci indietro un bestione con una boccetta in mano senza risolvere la vicenda, anche solo esprimendo in maniera esplicita il fatto che si tratti di un diversivo. Anche questo lascia il tutto abbastanza monco.

Insomma, pregi e difetti.

Alla prossima1

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el_tom
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Re: Sotto la superfice

Messaggio#4 » martedì 17 marzo 2020, 22:38

Ciao, come sempre un grazie per i complimenti e due per le critiche.
Vado al punto, la parte finale, la rivelazione della natura di Cornelius era pensata per generare il dubbio.
Qui e la ho nascosto piccoli indizzi su questo fatto, forse troppo nascosti mi sa, non volevo arrivare ad un finale telefonato, come avevo già fatto nel racconto d'esordio, ma cercavo di far porre al lettore la domanda: ma erano veramente solo acqua, sapone e dentifricio?
Evidentemente, ad ora, ho fallito. Anche l'azione della consegna del filtro d'amore avviene dopo che Cornelius parla e manipola lo sventurato amante.
Vabbè, ci ho provato : -)
Molte grazie per avermi dato ottimi spunti di riflessione.
Ultima modifica di el_tom il mercoledì 18 marzo 2020, 7:18, modificato 1 volta in totale.
La frase più pericolosa in assoluto è: Abbiamo sempre fatto così.

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el_tom
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Re: Sotto la superfice

Messaggio#5 » mercoledì 18 marzo 2020, 7:17

Ciao!
Ti ringrazio tantissimo per il tuo commento e mi sento molto lusingato!
Sinceramente non ho capito l'errore in "si sentirono provenire dei rumori", hai scritto due volte la stessa frase, immagino sia un errore di correttore automatico e quindi mi cogli doppiamente impreparato.
La furia improvvisa di uno dei villani voleva avere un po' lo stesso effetto del bagno miracoloso, meno esagerato ma comunque un po' banale, una sorta di finto colpo di scena deludente per non annacquare quello finale.
Non ho pensato di far reagire Ichabod in quanto le forze in gioco erano troppo dispari su tutti i piani, un gigante contro un ragazzino scheletrico colto alla sprovvista e lanciato sul pericolo per guadagnare tempo.
Ti ringrazio ancora per i tuoi complimenti e ancora di più per le critiche e perplessità che hai esternato e che prendero sicuramente in considerazione.
La frase più pericolosa in assoluto è: Abbiamo sempre fatto così.

Kiljedayn
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Re: Sotto la superfice

Messaggio#6 » mercoledì 18 marzo 2020, 10:53

Ehi, el_tom, piacere di conoscerti!
Il tuo racconto è davvero divertente, complimenti! Far ridere non è mai una cosa semplice, ma tu ci sei riuscito (almeno, nel mio caso :) ). Il racconto è ben scritto, penso che non sfigurerebbe troppo in una raccolta di racconti in stile "Il Guardiano degli Innocenti", vista anche l'ambientazione e il folklore di riferimento non troppo distanti da quelli in cui si muove Geralt. Ho solo trovato un po' anticlimatico il finale: come ha scritto qualcuno prima di me, accenni al fatto che Cornelius non si umano e che più che un truffatore sia una sorta di demone o spirito che trasforma i sogni in pozioni. La cosa è interessante e può aiutare a spiegare il perché della trasformazione miracolosa di Sigrid, purtroppo però, questa rivelazione sembra infilata in maniera un po' frettolosa nelle ultime righe di spazio a disposizione, come pure la vicenda del povero innamorato di Sigrid che rimane sostanzialmente irrisolta. Consiglio anche io di ridurre l'infodump iniziale, quando hai a disposizione un numero di caratteri così limitato, così avrai più spazio per le scene importanti della vicenda.
I bonus mi sembrano tutti presenti e ben sfruttati.
In bocca al lupo e grazie per le risate!

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el_tom
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Re: Sotto la superfice

Messaggio#7 » mercoledì 18 marzo 2020, 17:02

Kiljedayn ha scritto:Ehi, el_tom, piacere di conoscerti!
Il tuo racconto è davvero divertente, complimenti! Far ridere non è mai una cosa semplice, ma tu ci sei riuscito (almeno, nel mio caso :) ). Il racconto è ben scritto, penso che non sfigurerebbe troppo in una raccolta di racconti in stile "Il Guardiano degli Innocenti", vista anche l'ambientazione e il folklore di riferimento non troppo distanti da quelli in cui si muove Geralt. Ho solo trovato un po' anticlimatico il finale: come ha scritto qualcuno prima di me, accenni al fatto che Cornelius non si umano e che più che un truffatore sia una sorta di demone o spirito che trasforma i sogni in pozioni. La cosa è interessante e può aiutare a spiegare il perché della trasformazione miracolosa di Sigrid, purtroppo però, questa rivelazione sembra infilata in maniera un po' frettolosa nelle ultime righe di spazio a disposizione, come pure la vicenda del povero innamorato di Sigrid che rimane sostanzialmente irrisolta. Consiglio anche io di ridurre l'infodump iniziale, quando hai a disposizione un numero di caratteri così limitato, così avrai più spazio per le scene importanti della vicenda.
I bonus mi sembrano tutti presenti e ben sfruttati.
In bocca al lupo e grazie per le risate!



Ciao e grazie per il tuo commento, sono contento che il racconto ti sia piaciuto e ti abbia divertito.
Mi sento di sintetizzare i commenti fin qui pervenuti in un consiglio a gestire meglio i tempi del racconto e dei caratteri, se avessi dosato meglio le informazioni iniziali spalmandole lungo la via probabilmente sarei anche riuscuto a gestire meglio le parti finali, sia la scena violenta che il vero e proprio finale.
Non è cosa da poco soprattutto in un racconto a caratteri limitati, ne terrò sicuramente conto.
Grazie ancora
La frase più pericolosa in assoluto è: Abbiamo sempre fatto così.

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el_tom
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Re: Sotto la superfice

Messaggio#8 » mercoledì 18 marzo 2020, 17:04

valeriocovaia2502 ha scritto:
el_tom ha scritto:Ciao!
Ti ringrazio tantissimo per il tuo commento e mi sento molto lusingato!
Sinceramente non ho capito l'errore in "si sentirono provenire dei rumori", hai scritto due volte la stessa frase, immagino sia un errore di correttore automatico e quindi mi cogli doppiamente impreparato.
La furia improvvisa di uno dei villani voleva avere un po' lo stesso effetto del bagno miracoloso, meno esagerato ma comunque un po' banale, una sorta di finto colpo di scena deludente per non annacquare quello finale.
Non ho pensato di far reagire Ichabod in quanto le forze in gioco erano troppo dispari su tutti i piani, un gigante contro un ragazzino scheletrico colto alla sprovvista e lanciato sul pericolo per guadagnare tempo.
Ti ringrazio ancora per i tuoi complimenti e ancora di più per le critiche e perplessità che hai esternato e che prendero sicuramente in considerazione.

Sì, scusa, tu avevi scritto: "si sentì provenire".



Grazie, ora mi è piu chiaro :-)
La frase più pericolosa in assoluto è: Abbiamo sempre fatto così.

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Andrea Lauro
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Re: Sotto la superfice

Messaggio#9 » sabato 21 marzo 2020, 21:57

Ciao Tom, ti ricordavo come autore divertente già dalla “Sfida ad Alieni da Crema”: con grande entusiasmo noto che non hai perso la verve. Hai un talento per i tempi comici, non è da tutti e questo è un dono che va coltivato assolutamente. Tu pensa: ho letto il tuo racconto mentre avevo l’impasto in forno e aspettavo bevendo un bicchiere di vino. Mi son detto: “vediamo un po’ cosa ha scritto El Tom a ‘sto giro”... e mi è saltato fuori un super aperitivo! Me la ridevo da solo. Quindi grazie per l’ottimo momento che mi hai regalato.
L’ambientazione è particolare e ben descritta, i tre bonus anche, mi resta da capire se il tema è rispettato oppure no. Qui però mi dovresti aiutare: mi spieghi come hai interpretato il “sia santi che diavoli”? Il venditore-imbonitore è un santo perché fa del bene regalando sogni alla gente, ma è anche un demone (diavolo) che non piange per la morte del suo assistente?
Tranquillo, aspetto una tua risposta prima di esprimermi.
Grazie ancora del momento aperitivo!
andrea

PS: Come l’altra volta, ti segnalo un po’ di errori per la revisione.
“dall’abbondate umidità”
“faceva si che”
“vette mai esplorate da l’uomo”
“abitanti li radunatisi.”
“La folla rumoreggio” “arrossi e sorrise”, “soddisfazione ne gloria” “s’illumino di speranza”
“lo afferrò por il capo”

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el_tom
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Re: Sotto la superfice

Messaggio#10 » sabato 21 marzo 2020, 22:52

Ciao Andrea, innanzi tutto grazie per aver apprezzato il mio racconto.
Riguardo al tema, con la tua interpretazione, sei andato vicinissimo al mio intento, si basa tutto su Cornelius nello specifico e sul dubbio in generale per il racconto.
Il Kaldun è un sapiente che aiuta i suoi assistiti, volevo renderlo più corrispondente possibile alla frase popolare: "quel sant' uomo che ci aiuta" per poi lasciare la rivelazione sulla sua natura demoniaca, intesa come soprannaturale. La parola doemon e comunque il demone nel folclore pre-censura cattolica, non è necessariamente maligno,un esempio che ho citato nel testo è il domovoj che è uno spirito essenzialmente benevolo se rispettato, un altro esempio sono le streghe, da praticanti di "magia" bianca e guaritrici ad adoratrice del maligno è un attimo a quanto pare, quindi è anche il dubbio sulla natura stessa del doemon in gioco e non solo della definizione della sua natura.
Onestamente è molto sul filo del tema e il mio intento primario è stato quello di cercare di generare il dubbio nel lettore, talmente tanto dubbio che c'è il dubbio sul tema :-) comunque se questa spiegazione non dovesse essere accettata lo capirei benissimo.
Riguardo la parte comica, ti ringrazio molto, mi fa piacere sapere di riuscire a suscitare allegria anche perché scrivendo mi diverto un sacco, ho intenzione di coltivarla e lo sto faccendo con progetti laterali nel mio piccolo, ho però anche l'intenzione di provare altre strade e la sfida mi sembra un ottimo palco in cui sperimentare.
Ancora molte grazie
A presto :-)
La frase più pericolosa in assoluto è: Abbiamo sempre fatto così.

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Andrea Lauro
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Re: Sotto la superfice

Messaggio#11 » domenica 22 marzo 2020, 7:22

el_tom ha scritto:Ciao Andrea, innanzi tutto grazie per aver apprezzato il mio racconto.
Riguardo al tema, con la tua interpretazione, sei andato vicinissimo al mio intento, si basa tutto su Cornelius nello specifico e sul dubbio in generale per il racconto.
Il Kaldun è un sapiente che aiuta i suoi assistiti, volevo renderlo più corrispondente possibile alla frase popolare: "quel sant' uomo che ci aiuta" per poi lasciare la rivelazione sulla sua natura demoniaca, intesa come soprannaturale. La parola doemon e comunque il demone nel folclore pre-censura cattolica, non è necessariamente maligno,un esempio che ho citato nel testo è il domovoj che è uno spirito essenzialmente benevolo se rispettato, un altro esempio sono le streghe, da praticanti di "magia" bianca e guaritrici ad adoratrice del maligno è un attimo a quanto pare, quindi è anche il dubbio sulla natura stessa del doemon in gioco e non solo della definizione della sua natura.

grazie per la spiegazione, avevo bisogno di essere indirizzato: per me OK, anche l'aderenza al tema c'è.

el_tom ha scritto:Riguardo la parte comica, ti ringrazio molto, mi fa piacere sapere di riuscire a suscitare allegria anche perché scrivendo mi diverto un sacco, ho intenzione di coltivarla e lo sto faccendo con progetti laterali nel mio piccolo, ho però anche l'intenzione di provare altre strade e la sfida mi sembra un ottimo palco in cui sperimentare.


benissimo! tienimi aggiornato
a presto
andrea

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Davide Di Tullio
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Re: Sotto la superfice

Messaggio#12 » domenica 22 marzo 2020, 9:48

Buongiorno El Tom

ho letto il tuo racconto. Devo dire che ho trovato azzeccato il taglio ironico che hai dato alla narrazione: hai recuperato gli stereotipi della narrazione fantasy, rovesciandoli per creare un effetto comico. bravo.
Alcuni passaggi dialogati sono davvero brillanti: sei riuscito a ricreare nella mia mente la situazione e, credimi, non è un lavoro semplice. Insomma, essendo riuscito a strapparmi un sorriso (e considerato che il genere fantasy non è proprio la mia prima scelta) riconosco il valore del tuo sforzo narrativo.
Tuttavia, ci sono aspetti che azzoppano la performance. Hai scelto di avvalerti di un narratore onnisciente. Lo considero un registro un po "vintage" diciamo, ma di per se non è un errore. Non lo considero nemmeno un problema, se usato sapientemente. Il problema del narratore onnisciente, però, nasce quando la voce narrante si lascia andare a giudizi sugli eventi e suoi personaggi del racconto, per esempio:

el_tom ha scritto:Mentre l’ira del maestro cresceva fino a raggiungere vette mai esplorate da l’uomo


Qui il dio/narratore (dio inteso come colui che sa tutto degli eventi narrati e quindi può permettersi di dare un giudizio), non solo entra nella testa del personaggio, ma ne misura i pensieri rispetto a una realtà che conosce solo lui (il narratore). L' effetto è straniante. Ci si distacca dagli eventi narrati, in cui ci si era faticosamente immersi, per riemergere e guardare gli stessi eventi da uno scranno. Personalmente eliminerei questi momenti, perché interferiscono con la fluidità della lettura. Sceglierei un punto di vista limitato(per esempio quello del protagonista) e non lo mollerei più. Questo non significa che devi narrare in prima persona, ma semplicemente che fai riflessioni e descrivi il mondo come se fosse con una telecamere che segue il protagonista (e ne legge i pensieri)

Un altro elemento che mi ha colpito è l'uso di espressioni passive. Disturbano la lettura, ed il più delle volte, con una corretta rielaborazione della frase, possono tranquillamente essere sostituite da espressioni attive, mantenendo inalterato il senso.

Ci sono digressioni ed espressioni un po astratte o elaborate che stridono con il taglio comico (ed in generale con lo stile della scrittura narrativa). Per es.

el_tom ha scritto:Formalmente faceva parte del Principato di Volk ma era profondamente incuneato all’interno del Ducato di Podnori: questo connubio di geografia e politica faceva si che KameiSceltā fosse perlopiù ignorato da entrambe le fazioni.


Capisco la necessità di inquadrare l'area e spiegare che in fondo quel posto era dimenticato da Dio. Tuttavia quel "formalmente" è un pugno nell'occhio (o un calcio nelle palle, vedi tu :-D). Questo periodo sembra una didascalia di un vecchio atlante De Agostini: abbonda di avverbi modali (sconsigliato!). Ancora il narratore onnisciente

Ci sono poi termini troppo avulsi dal contesto, per es. "sanzione", "professionisti" che stonano con il mood scanzonato e paiono troppo "burocratici". Queste parole si notano come la nutella sulle cozze, diciamo cosi. Anche l' espressione "zoccoli di tipo neerlandese" è molto atlante De Agostini (non era un fantasy?): se avessi scritto zoccoli di legno, sono sicuro che al 99% avremmo pensato tutti agli zoccoli di qualche bella olandese popputa che si vede in tante immagini cliché dei Paesi Bassi. L'apoteosi però la raggiungi con l' espressione "Era di gran lunga il più elegante della ghenga"... Ghenga... Devo dire che leggendola mi è passato un brivido per la schiena... Ghenga è un termine di qualche dialetto del nord italia? sta per Gang? (in questo caso il mio pensiero è volato ad una gang bang, il che non credo fosse esattamente l' effetto voluto dal narratore). A parte gli scherzi, credo che, qualsiasi sia l' origine della parola, qui il narratore si veda davvero troppo. Il flusso immersivo è interrotto.

Per riassumere, hai composto parti dialogate di buona fattura (con punte di grande sagacia) inframmezzata da parti narrate che richiedono però, a mio parere, delle sistemazioni. Fatto questo, il tuo scritto svilupperebbe a pieno il suo potenziale di irriverenza.

Ultimo (ma non per importanza) la chiosa finale è un po sbrigativa. Sarebbe stato bello vedere con una magia/truffa il mago avesse accontentato l' energumeno. Penso che tu abbia tagliato il finale in questo modo perchè eri a corto di caratteri (problema che abbiamo tutti :-), però è un peccato.

Malgrado la mia critica, il tuo racconto è quello che ho fatto meno fatica a leggere. Tu potresti dire "mbe? cazzo me ne frega" e avresti ragione. Ma questo per dire che hai un potenziale tutto ancora da esplorare.

Spero di essere stato utile e spero di rileggerti ancora

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el_tom
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Re: Sotto la superfice

Messaggio#13 » domenica 22 marzo 2020, 11:40

Ciao Davide, grazie per il tuo commento molto preciso e soprattutto attento e utile, mi hai dato molto su cui riflettere e te ne sono sinceramente grato, ho bisogno di elaborare alcuni dati ed utilizzarli nelle prossime produzioni, comincerò dal POV, una cosa alla volta :-)
Una veloce spiegazione su alcune scelte lessicale, i termini "burocratici" nascono dall'esigenza di fornire una certa varietà lessicale, soprattutto per l'uso di "professionisti" ho pensato a vari sinonimi ma ad un certo punto non sapevo chr pesci pigliare, potevo pescare meglio.
Neerlandese me l'ero inventato per dare una connotazione verosimile sempre restando nella definizione di dubbio, se non reale almeno verosimile, ad una successiva ricerca ho scoperto che esisteva veramente, zoccoli di legno non mi piaceva sinceramente.
Ghenga é italiano, ghenga o ganga da definizione, é un inglesismo come bovindo, di lunga data, me lo diceva mia madre quando le distruggevamo i tulipani con il pallone "sparite da qua tu e la tua ghenga" seguito da svariate divinità animali, ho scoperto così di avere antenati dell'antico egitto adoratori di Anubi.
Questo non vuol dire che i termini siano adatti, anzi, se hanno creato un senso di straniazione dal resto del racconto é un fattore da non sottovalutare visto anche che ci tengo particolarmente ad un utilizzo lessicale adeguato.
Ti ringrazio ancora per il tuo commento, mi hai dato molto materiale su cui lavorare :-)
A presto
La frase più pericolosa in assoluto è: Abbiamo sempre fatto così.

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Luca Nesler
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Re: Sotto la superfice

Messaggio#14 » lunedì 23 marzo 2020, 23:51

Ciao Tom! I tuoi racconti sono sempre molto fantasiosi e ricchi di stranezze. Questo mi piace molto.
Questo tuo pezzo mi ha fatto sorridere: l'idea del sapone venduto come filtro di bellezza agli abitanti lerci mi ha davvero divertito. Ma dove l'hai pescata?
Mi è venuto un dubbio sull'onestà del narratore in questa vicenda, perché la descrizione che fai quando il viso cambia ha proprio del sovrannaturale (le rughe, per esempio, sono ben più dello sporco) come se avessi calcato la mano per ingannare il lettore e ottenere l'effetto sorpresa desiderato. Questo potrebbe un po' rovinare l'effetto, ma anche i prestigiatori mentono. Non so, lascio a te la riflessione.
I personaggi del racconto mi sono piaciuti fino al finale. Trovavo il racconto un fantasy umoristico, ma la morte del povero Ichabod e la descrizione finale di Cornelius, secondo me, stonano col resto del racconto. E questo rende tutto un po' sprecato, capisci che intendo? Come se avessi annullato l'effetto ottenuto fin lì. Mi era piaciuta molto anche la scelta di far incazzare un abitante che ha perduto la donna perché "diventata bella". Idee molto buone! Il finale non è brutto in assoluto, ma non combacia con l'idea che mi ero fatto nel resto del racconto.

Sulla scrittura penso che tu possa curarla di più. In primo luogo sarebbe utile alla gradevolezza del racconto se tu adottassi un focus più chiaro e ti tenessi lontano dal narratore onnisciente (dovrebbe essere illegale!).

"A dire il vero, la colpa di quel rumore non era tutta loro, il mezzo era malridotto per l’uso e l’incuria, vi era appeso ciarpame d’ogni sorta che cozzava fragorosamente ad ogni movimento."
Questo chi lo dice a chi? Tu a me, e questo non va bene. Se è una fiaba mi piace che ci sia un cantastorie che me la racconta, altrimenti vorrei immergermi con l'immaginazione nella vicenda, dimenticare che qualcuno l'ha scritta e sentire il profumo del fango. A questo serve curare focus e punto di vista. Il nemico massimo è il narratore onnisciente e le sue interferenze, non pensi?

E poi dovresti stare attento a frasi come:
"Formalmente faceva parte del Principato di Volk ma era profondamente incuneato all’interno del Ducato di Podnori: questo connubio di geografia e politica faceva si che KameiSceltā fosse perlopiù ignorato da entrambe le fazioni."
Queste sono informazioni assolutamente inutili, noiose e hanno un tono che non centra nulla col contesto del racconto. Mi tengono lontano dalla storia, inoltre rovini l'incipit che, invece, dovrebbe essere molto curato.

Inoltre usi troppi avverbi (che rallentano) e termini un po' vetusti (come destare) che distraggono, e eviterei anche cose come: “No, No, NOOOOOOO!”, perché sembra preso da un fumetto o da una chat. Contesto, beat e punteggiatura dovrebbero bastare a passare le battute come le immagini, altrimenti il lettore si accorge che sta leggendo e perde interesse nella vicenda. Tutto quel dialogo è spassosissimo e possiamo facilmente immaginare l'assistente che scappa.

Insomma, i tuoi racconti mi piacciono e penso che valga la pena migliorare un po' la tecnica per impreziosirli.

Per me i bonus ci sono tutti e tre!
Alla prossima!

costellazione di bacco
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Re: Sotto la superfice

Messaggio#15 » martedì 24 marzo 2020, 0:21

Ciao El Tom,
Nel leggere il tuo racconto ho riso fino alle lacrime, ho apprezzato molto il taglio ironico che hai dato alla tematica. Il racconto si legge bene e presenta un linguaggio ricercato. L'unico dubbio che mi è sopraggiunto durante la lettura è il seguente: come può del sapone togliere le rughe e resuscitare i morti? è un sapone davvero speciale?
Chiusa la questione sapone, ho notato alcuni errori che ti sono già stati riportati da altri lettori/ici.
A rileggerti.
Arianna

dreamscapers___
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Re: Sotto la superfice

Messaggio#16 » mercoledì 25 marzo 2020, 0:51

Ciao El tom, sono Dario, il giudice del tuo girone.
il tono scanzonato e ironico del racconto mi ha fatto molto divertire: è stata una ventata maleodorante di novità nella generale pesantezza degli altri racconti. Interessante soprattutto il carattere folcloristico dell'Est Europa, ben reso anche dai dialoghi volgarizzati ad arte. Qualche ingenuità, come la questione già da altri evidenziata dell'unguento magico in grado di curare tutto, o la giovane anziana; tuttavia personalmente ho percepito da subito l'afflato da favola del tuo racconto e non mi ha infastidito. Una favola oscura, quindi, che mi ha lasciato con la voglia di saperne di più su Cornelius. Ho la speranza di rivederlo invischiato in qualche altro casino futuro? ;)

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el_tom
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Re: Sotto la superfice

Messaggio#17 » mercoledì 25 marzo 2020, 12:25

Eccomi qui, scusate la latenza ma, come immagino saprete, sono giorni un po' particolari.
Direi di cominciare dall'inizio che è sempre un buon punto.

Ciao Luca, come sempre ti ringrazio per i complimenti ma ancor di più per le critiche che accolgo di buon grado, mi difendo/giustifico solo sulla scelta di termini vetusti, è una scelta stilistica, l'esagerazione, l'utilizzare alcuni termini inconsueti o datati e una sintassi arzigogolata fanno molto nella realizzazione di un testo che tenta di strappare un sorriso, mia opinione naturalmente, questo può portare ad una certa pesantezza per il lettore, la bravura è riuscire a bilanciare il tutto, ancora non ci sono ma piano piano credo di potermici avvicinare molto. Per quanto riguarda la fantasia... beh, mi pare di essere in buona compagnia qui su MC..e poi... un maiale che sorride... :-)

Ciao Arianna, sono contento di essere riuscito a divertirti. Riguardo al sapone, il mio intento era quello, con la rivelazione finale, di generale appunto la domanda, era semplice sapone? Cornelius era un ciarlatano o un essere soprannaturale? In parte credo anche di esserci riuscito ma non sono riuscito al contempo a creare una sorta di effetto meraviglia. Ci si prova e, come ti ho scritto, siamo tutti qui per migliorare :-) Ancora grazie per il tuo commento.

Ciao Dario e grazie per il tuo commento.
Riguardo a Cornelius e ad una sua eventuale ricomparsa... non lo so, dipende da voi, le minacce sono efficaci solo quando si è in grado di portarle a termine, se vi comportate bene non mi servirà estrarlo dal cilindro :-)
Grazie ancora, a presto
La frase più pericolosa in assoluto è: Abbiamo sempre fatto così.

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