Berenice

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DandElion
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Berenice

Messaggio#1 » venerdì 6 ottobre 2017, 16:16

giovedì 31 agosto 2017, 1:02

Chiave della felicità
è la saggezza;
non dobbiamo
fare torto agli dei;
le parole superbe
degli uomini arroganti
si scontano con i gravi colpi
del destino e insegnano, in vecchiaia
ad esser saggi.
(Sofocle-Antigone)


-“Berenice! BERENICE!”
Tutto sembrava fermo. L’aria era irrespirabile per via della calura d’agosto. Persino gli insetti avevano smesso di impastare la terra di merda e saliva.
La macchia rinsecchita era un tripudio di giallo e di spini- un odore da stare male- violento e diretto. Ginestra.
Berenice aveva imparato ad amare le ginestre da piccola, quando a casa della nonna zia Ifigenia ne prendeva sempre un ramo da mettere al centro della tavola, l’estate, quando c’era ancora la nonna. Quando zia Ifigenia era ancora “zia Ifigenia” come la ricordava lei: occhi verdi penetranti, due tette enormi- avrà avuto una coppa F?- e una lunga criniera liscia e nera portata sempre legata in alto.
Dio se era bella zia Ifigenia. Prima.
Prima che l’acido corrompesse i suoi lineamenti, trasformando il suo viso espressivo da attrice teatrale nella maschera di una lugubre morte messicana.

Prima che un pomeriggio di aprile passando per i vicoli del centro la SPQR nota come “Squadra Purificazione Quadrupedi Reticenti”, la bollasse come cagna, abbastanza da darle la caccia, come si farebbe con una volpe, e stanarla per cercare di renderla ciò che non poteva essere.
Prima che questo regime insensato di potere e odio prettamente maschile imponesse alle donne di mangiare la polvere, schiacciando loro di nuovo la testa. Prima del crollo.

L’impero di Antigone affondava le sue radici nella guerra civile, nata dalla ribellione delle donne che covava come il tizzone di Meleagro, silenziosa e viva sotto la cenere. Durante il regno di Edipo, anziano e malato, si era fatta via via più consistente una frangia estrema di violenza e maschilismo. Il coprifuoco era stato istituito affinché un minor numero di donne fossero stuprate, ma di giorno nessuno le poteva difendere dai picchiatori ufficiali della frangia, collusi tanto con la malavita quanto con gli organi di potere. Catenari sadici e senza scrupoli.
Le donne sole- ma anche quelle che avevano la prudenza di uscire accompagnate- potevano essere prese, schiacciate, umiliate e derise perché troppo magre, troppo grasse, troppo vestite o troppo spogliate; un inconsistente incrociarsi di occhi per strada poteva decretare l’insorgere di una violenza, uno stupro di gruppo o persino una uccisione tanto pubblica quanto immotivata.
E i compagni, i fratelli i padri di queste donne, ridotti ad esseri di dubbia mascolinità e senza alcun onore non trovavano la ragione e il coraggio di difenderle, o provando, a loro volta il gusto sadico della condivisione, passavano a traditori, aiutando nell’impresa gli stessi aguzzini.

Atalanta e Ippolita, compagne d’arme e nella vita, guidarono la rivolta.
Radunarono nel silenzio della clandestinità tutte le donne oppresse. Tutte quelle donne la cui natura selvaggia soffriva della clausura forzata. Tutte le donne che non solo non amavano più gli uomini sminuiti nel loro ruolo ma che forse non li stimavano proprio più, dopo aver cercato in loro almeno una sola qualità residua.

Fu guerra civile, sanguinosa e violenta. Le donne lasciarono libera la loro istintualità lupigna. Furono ore di orrore e giorni di raccapriccio. Schioccarono le fruste. Volarono i coltelli. Le più astute, con le corde fecero dei giochi niente male riducendo al silenzio per sempre chi le teneva nel buio.
Le nove code dei gatti fendevano l’aria e i corpi dei prigionieri di questa guerra, finché non rimasero vivi soltanto coloro che avevano dimostrato segni di obbedienza.
La resa veniva impressa con il marchio a fuoco, il vestito degli schiavi era la visibilità del collare, lasciarsi schiacciare come tappeti umani, muti, un privilegio.
Chi osava protestare pagava con la lingua o con la vita.

Molte donne rinunciarono alla propria preda di guerra, decretandone la morte, diffidenti e non più desiderose di avere un uomo nei paraggi.
Mia zia tra loro, si accompagnò con Atalanta stessa, consolandola della perdita dell’amata Ippolita, morta nei tafferugli.
Venne scelta per governare Antigone, fiera nei modi e competente figlia di re, che rinunciò alla sua pietà, ma per igiene chiese di fare un’alta pira sulla quale tutti i riottosi sconfitti di Tebe fossero bruciati.

Se poteste guardare indietro nel tempo notereste una donna, albina e minuta, che in un angolo per strada durante la notte peggiore di lotte partorisce una testolina, fulva di pelo e con gli occhi di ghiaccio.
La donna ferita a morte non trova che le forze per metterla al mondo, le circonda la testa con la mano insanguinata e le vorrebbe sussurrare dolce qualcosa, ma non riesce, anche avesse ancora il fiato per farlo le hanno strappato la lingua. Il sangue la strozza, ma Ifigenia la nota mentre corre nel buio, si ferma. La guarda negli occhi. Le sposta il viso con manico della sua frusta. Un rivolo di sangue glielo incornicia.
Un colpo di tosse la scuote.
Il colpo di grazia arriva fulmineo e incontrastato, come un rapace. Ifigenia la finisce col pugnale evitandole di morire piano e con la sola sinistra raccatta il neonato come un gattino. Femmina, decreta. Vivrà.

A questi avvenimenti seguirono tre lustri di pace.
Dove la violenza pubblica e privata era stata bandita, pena la morte, dove l’unica prevaricazione consisteva nella pubblica esposizione del collare, ma al contrario delle donne prima, gli schiavi godevano della possibilità di una posizione sociale ed erano protetti dalla donna che li possedeva.

Il pesce, però, puzza sempre dalla testa e proprio la nostra imperatrice e regina si rivelò essere la causa della nostra sciagura.
Emone, mio padre, figlio di Creonte era stato il peggiore dei sadici stupratori e proprio lui ruppe l’armonia. Ex marito di Antigone e capo dei rivoltosi era stato risparmiato, non per amore, come ci era stato fatto credere, ma affinché la sua punizione durasse una vita intera. Evirato e ridicolizzato portava il marchio di Antigone che soleva riservargli nell’intimo del loro privato la stessa cura sadica lui le aveva inflitto, nel silenzio del palazzo e della servitù, per anni.
Antigone era stata costretta da un padrone che non aveva scelto ad ogni sorta di sottomissione ed era quello che si dice un allieva che supera il maestro nella pratica del supplizio.
Emone, pertanto, raccogliendo dapprima resistenza tra gli uomini inermi, poi via via consensi instillando la paura e raccontando il dolore, tramò come un ragno eludendo la sorveglianza della sua padrona e riuscì ad istituire negli anni e lentamente una associazione clandestina di schiavi, che non si potevano riunire, ma avevano trovato il modo di comunicare.

Così dopo quasi 16 anni avvenne l’impensabile. Un nuovo sovvertimento violento, dove gli schiavi ribellandosi alle loro padrone cercarono di sopraffarle. Dapprima l’armonia delle case venne meno, persino i bambini si ribellarono alle loro madri, sobillate dai padri schiavi. Poi venne il peggio, in segno di sfida gli uomini coprirono i marchi con dei tatuaggi e strapparono dai colli i loro collari. Venne infine la notte dei lunghi coltelli dove tutte le padrone rischiarono di perdere la vita, le lesbiche vennero sfregiate e l’esistenza della SPQR fu resa nota a tutti.
Le giovani, come me, vennero costrette alla fuga. Abbandonammo madri e sorelle. Fuggimmo nella macchia inseguite da mute di cani e di uomini muti. Un rastrellamento. Ci presero quasi tutte.

Siamo rimaste in dodici, donne libere, su tutta Tebe.

Antigone vede la città dall’alto, la sua testa impalata domina la porta, accanto a quella di Atalanta, comandante delle guardie. Mia zia, muta per la stessa mano che ammutolì mia madre, dopo una fuga lunga mesi è ridotta in schiavitù, sfregiata e ripetutamente stuprata oggi è di Emone, che adesso è imperatore di una città morta, passata a fil di spada, vuota, dove gli uomini, da soli si stanno distruggendo gli uni con gli altri, in una escalation di insensata violenza.
Non c’è più acqua potabile.
Gli animali muoiono di fame: nessuno li cura.
I campi soffrono: le piante non hanno più nessuno che le ascolti.
Le poche donne, sottomesse e schiacciate, non hanno più la possibilità di rimettere in circolo l’energia del Cosmo. Tebe è un cimitero. Un immenso desolato campo, così macchiato di sangue da non avere più nulla di santo. Gli uomini si sfidano in bande, per strada, per il dominio dei quartieri e l’unica festa è per i cani randagi che hanno ogni giorno carcasse di cui nutrirsi.

Noi dodici siamo l’unica speranza di Tebe per rifiorire, o almeno lo eravamo, prima dell’ultimo attacco.
Le SPQR hanno trovato il nostro nascondiglio e solo la metà di noi, ferita è riuscita a salvarsi. Nella fuga ho con me l’arco che fu di Atalanta, ma pochissime frecce. Ho perso il conto degli uomini che ho ucciso, proprio io che sono stata cresciuta nel rispetto della vita e nella non violenza. Ma ecco che ho sentito il rumore di uno scocco, ma le mie mani sono ferme, non è un mio dardo. La violenza dell’impatto mi spinge nella macchia. Striscio sotto ad una ginestra.

-“Berenice! BERENICE!”
Tutto sembra fermo. L’aria è irrespirabile per via della calura d’agosto. Persino gli insetti hanno smesso di impastare la terra di merda e saliva: la fecondo io col mio stesso sangue.
La macchia rinsecchita è un tripudio di giallo e di spini- un odore da stare male- violento e diretto. Ginestra.
Ho milioni di sogni. Amo la mia città, ma non la rivedrò più. Non godrò del pomo maturo della vecchiaia. Come tutti gli abitanti di Tebe ho peccato di Hybris. Siamo maledetti. Maledetti nel sangue.

La vista sempre più annebbiata. Il dardo intriso nel sangue di Nesso. La voce di mia zia, nelle mie orecchie.
L’unica donna che io abbia mai amato- nel segreto del mio cuore- nelle lunghe sere d’inverno, quando abbracciata al suo corpo anche io, orfana e fulva ho conosciuto di quali prodezze è capace il cuore di una donna.
Ultima modifica di DandElion il mercoledì 18 ottobre 2017, 22:42, modificato 2 volte in totale.


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DandElion
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Re: Berenice

Messaggio#2 » venerdì 6 ottobre 2017, 16:20

Berenice è la figlia storpia dell'ultimo Camaleonte. Conosco l'autore troppo poco, ho voluto provare lo stesso, sono caduta nello spiegone, il tema della violenza/ guerra/ combattimento c'è. Lo stile no. D'altra parte mi sono arresa subito al fatto che cambiare arma significa utilizzare un'altra onomatopea..
Vorrei riproporre il racconto in maniera "altra" laddove il camaleonte non influisca sul risultato finale, dando quindi un nuovo senso a Berenice. Mi date una mano?
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Massimo Tivoli
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Re: Berenice

Messaggio#3 » martedì 10 ottobre 2017, 11:47

Ciao DandElion, premetto che a me già così è piaciuto molto. Tiri certe bordate! in senso buono intendo... Certo, il tuo è un racconto difficile. Bisogna studiare per coglierlo a pieno. Io stesso non credo di averlo colto nella sua interezza. Detto questo, non mi sento la persona giusta che può aiutarti nella tua richiesta. Però, nel volerti ringraziare per il tuo commento al mio raccontino che mi ha spinto a rifletterlo un po' di più, provo a dire quello che è arrivato a me, scusandomi in anticipo se ahimè probabilmente non ti sarà di aiuto.

Da -“Berenice! BERENICE!” fino a “...prima del crollo” e poi più in là da “Così dopo quasi 16 anni avvenne l’impensabile. Un nuovo sovvertimento violento...” fino al finale, andrebbe pure bene.

Lo “spiegone” si avverte forte nella parte di mezzo. Ripeto che il tuo è un racconto difficile e probabilmente io non sono in grado di aiutarti. Comunque leggendolo pensavo: ma perché invece di narrare col PdV di Berenice, che tra l’altro molte cose non le ha vissute direttamente (mi riferisco al pezzo nel mezzo), ma le racconta perché probabilmente gliele ha riferite Ifigenia, non provi a narrare col PdV di Ifigenia? Che, a meno che non mi sia perso, ha vissuto tutto, anche la parte nel mezzo.

La parte nel mezzo potrebbe essere “mostrata” con flashback di Ifigenia, episodi salienti appartenenti a quel passato (come, ad esempio, l'incontro con la madre di Berenice partoriente e morente) per poi tornare al finale, al momento in cui chiama Berenice in punto di morte.

Alla fine, almeno a me, qua mi sembra che la vera protagonista sia Ifigenia.

Un caro saluto e scusami se quanto scritto potrà aiutarti poco o niente.

alexandra.fischer
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Re: Berenice

Messaggio#4 » domenica 15 ottobre 2017, 12:38

Questo racconto è notevole per la rielaborazione delle atmosfere classiche in chiave distopica.
Racconti con grande abilità la guerra fra i sessi. Donne forti come Ifigenia (zia della protagonista Berenice) e l’imperatrice Antigone hanno schiacciato il predominio maschile (evirazione di Emone) per un po’, ma gli uomini si sono ripresi il loro potere (sconfitta di Ippolita e di Atalanta, e morte per decapitazione di Antigone). L’idea è molto intrigante e la scrittura è quella di una persona colta (vedi la citazione all’inizio della storia) e ricca di esperienza.
Unici punti oscuri: il nome del movimento antifemminista, Squadra Purificazione Quadrupedi Reticenti (perché quadrupedi? Io ci metterei il nome di un animale, oppure scriverei Bipedi Femmine).
la scena del parto della donna albina (chi è la piccola?)

Attenzione a : cercarono sopraffarle (manca il di dopo cercarono)
Ubris io conosco questa parola nella grafia: hybris.

Aspetto notizie.

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DandElion
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Re: Berenice

Messaggio#5 » mercoledì 18 ottobre 2017, 22:22

Massimo Tivoli ha scritto: Ciao DandElion, premetto che a me già così è piaciuto molto. Tiri certe bordate! in senso buono intendo... Certo, il tuo è un racconto difficile. Bisogna studiare per coglierlo a pieno. Io stesso non credo di averlo colto nella sua interezza. Detto questo, non mi sento la persona giusta che può aiutarti nella tua richiesta. Però, nel volerti ringraziare per il tuo commento al mio raccontino che mi ha spinto a rifletterlo un po' di più, provo a dire quello che è arrivato a me, scusandomi in anticipo se ahimè probabilmente non ti sarà di aiuto.


Tutti i pareri sono d'aiuto <3

Massimo Tivoli ha scritto:Lo “spiegone” si avverte forte nella parte di mezzo.

eh lo so :/

Massimo Tivoli ha scritto: Comunque leggendolo pensavo: ma perché invece di narrare col PdV di Berenice, che tra l’altro molte cose non le ha vissute direttamente (mi riferisco al pezzo nel mezzo), ma le racconta perché probabilmente gliele ha riferite Ifigenia, non provi a narrare col PdV di Ifigenia? Che, a meno che non mi sia perso, ha vissuto tutto, anche la parte nel mezzo.

Berenice, ferita a morte, ricorda tutte le vicende e si rende conto che la sua morte è inutile e stupida, che con lei muore tutto il suo popolo.. Ifigenia può solo guardare -muta perché seviziata e senza lingua- da lontano la scena e allora in questo caso potrei farla pensare da Ifigenia.

Massimo Tivoli ha scritto:La parte nel mezzo potrebbe essere “mostrata” con flashback di Ifigenia, episodi salienti appartenenti a quel passato (come, ad esempio, l'incontro con la madre di Berenice partoriente e morente) per poi tornare al finale, al momento in cui chiama Berenice in punto di morte.

In punto di morte non è Ifigenia a cercarla, ma i "cacciatori"..

Massimo Tivoli ha scritto:Alla fine, almeno a me, qua mi sembra che la vera protagonista sia Ifigenia.

Un caro saluto e scusami se quanto scritto potrà aiutarti poco o niente.


grazie mille <3 invece mi sei stato utile :)
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DandElion
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Re: Berenice

Messaggio#6 » mercoledì 18 ottobre 2017, 22:41

alexandra.fischer ha scritto: Questo racconto è notevole per la rielaborazione delle atmosfere classiche in chiave distopica.
Racconti con grande abilità la guerra fra i sessi. Donne forti come Ifigenia (zia della protagonista Berenice) e l’imperatrice Antigone hanno schiacciato il predominio maschile (evirazione di Emone) per un po’, ma gli uomini si sono ripresi il loro potere (sconfitta di Ippolita e di Atalanta, e morte per decapitazione di Antigone). L’idea è molto intrigante e la scrittura è quella di una persona colta (vedi la citazione all’inizio della storia) e ricca di esperienza.

Ehi grazie!

alexandra.fischer ha scritto: Unici punti oscuri: il nome del movimento antifemminista, Squadra Purificazione Quadrupedi Reticenti (perché quadrupedi? Io ci metterei il nome di un animale, oppure scriverei Bipedi Femmine).

dalle mie parti gli uomini che non possono averti ti danno della "cagna" (quadrupede), con la "q" mi è rimasto solo il quokka.. inoltre il tratto tipico della dominazione sadomaso è il collare con l'obbligo di stare a terra, appunto, a quattro zampe come un cane..

alexandra.fischer ha scritto: la scena del parto della donna albina (chi è la piccola?)
È Berenice!!

alexandra.fischer ha scritto: Attenzione a : cercarono sopraffarle (manca il di dopo cercarono)
Ubris io conosco questa parola nella grafia: hybris.

Aspetto notizie.


grazie <3
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Re: Berenice

Messaggio#7 » giovedì 14 dicembre 2017, 0:19

Le mie reminiscenze classiche mi hanno fatto apprezzare tutto moltissimo. Non riesco a trovare nulla che non vada in questa rielaborazione. Una rielaborazione originalissima delle Ekklesiazousai di Aristofane. Se devo trovare un difetto(ma mi sembra proprio il pelo nell'uovo) eliminerei l'acronimo SPQR che riporta a un modo romano mentre qui tutto sa di grecità!
CHIEDO(comunque) LA GRAZIA

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Re: Berenice

Messaggio#8 » martedì 9 gennaio 2018, 14:03

Ciao, Dand. Che vuoi farne del racconto? E' da un po' di tempo che non ci lavori sopra:
- hai tre opzioni: riprendi a lavorarci;
- lo passiamo nel deposito dei racconto abbandonati (il raccontile :D)
- ti senti piuttosto sicura dello stato in cui è attualmente e mi chiedi di valutarlo lo stesso (vedi il punto 7 del regolamento https://www.minuticontati.com/forum/viewtopic.php?f=3&t=616)
Sono pronto a vivisezionare i vostri racconti... soffriranno, ma sarà per il vostro bene!

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Re: Berenice

Messaggio#9 » lunedì 22 gennaio 2018, 23:19

roberto.masini ha scritto:Le mie reminiscenze classiche mi hanno fatto apprezzare tutto moltissimo. Non riesco a trovare nulla che non vada in questa rielaborazione. Una rielaborazione originalissima delle Ekklesiazousai di Aristofane. Se devo trovare un difetto(ma mi sembra proprio il pelo nell'uovo) eliminerei l'acronimo SPQR che riporta a un modo romano mentre qui tutto sa di grecità!
CHIEDO(comunque) LA GRAZIA

GRAZIE <3
Hai ragione, devo trovare qualcosa di Greco da metterci.. Consigli? <3
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Re: Berenice

Messaggio#10 » lunedì 22 gennaio 2018, 23:24

Il Dottore ha scritto:Ciao, Dand. Che vuoi farne del racconto? E' da un po' di tempo che non ci lavori sopra:
- hai tre opzioni: riprendi a lavorarci;
- lo passiamo nel deposito dei racconto abbandonati (il raccontile :D)
- ti senti piuttosto sicura dello stato in cui è attualmente e mi chiedi di valutarlo lo stesso (vedi il punto 7 del regolamento https://www.minuticontati.com/forum/viewtopic.php?f=3&t=616)

Vorrei correggere la nota stonata segnalatami su SPQR prima di decidere. Posso?
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Re: Berenice

Messaggio#11 » martedì 23 gennaio 2018, 10:55

Io spero che ti si dia del tempo per correggere, perché credo che ne valga la pena. Prova a rileggerlo tutto e vedi se è solo SPQR da modificare o anche altro. Aspetto di vedere le tue modifiche, prima di chiedere la grazia.

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Re: Berenice

Messaggio#12 » martedì 23 gennaio 2018, 14:06

DandElion ha scritto:Vorrei correggere la nota stonata segnalatami su SPQR prima di decidere. Posso?


Ciao, Dand.

Da regolamento del laboratorio, finché ci lavori su, il racconto può rimanere nel Laboratorio a tempo indeterminato.
Io comincio a tirarvi per la giacchetta solo quando il racconto rimane fermo per più di un mese (e siccome sono un Buon Dottore, in realtà di solito aspetto di più).
Questo serve a evitare che qualcuni si scordi di aver messo un racconto qui e lo lasci ad ammuffire (capita molto più spesso di quanto crediate: SPQR, Sbadati Parcheggiano Qui Racconti :P ).

Buon lavoro
Sono pronto a vivisezionare i vostri racconti... soffriranno, ma sarà per il vostro bene!

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Re: Berenice

Messaggio#13 » giovedì 1 febbraio 2018, 22:55

Spero che sistemando un paio di cosette mi arrivino un altro paio di richieste di grazia.. penso che la mia richiesta- supportata da un solo altro di noi- non basti, vero?
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Re: Berenice

Messaggio#14 » venerdì 2 febbraio 2018, 17:29

Ciao, Dand.

Se lo ritieni, dopo aver modificato il racconto, puoi richiedere l'applicazione del punto 7 del regolamento:

7) nel caso, passato un mese dalla sua pubblicazione, il racconto non abbia ancora ricevuto le tre richieste di ammissione, ma l’autore si sia ben impegnato nel commentare i racconti altrui presenti (commentando il numero massimo fra 3 e la metà dei racconti presenti in vetrina più uno (*)) e ritenga il proprio racconto meritevole di figurare in Vetrina, potrà comunque chiedere di accedere al GIUDIZIO DEL MODERATORE, scrivendo RICHIEDO IL GIUDIZIO DIRETTO DEL DOTTORE.
Nel caso il MODERATORE non dovesse ritenere quel racconto meritevole di accesso alla Vetrina, nella partecipazione successiva al Laboratorio, il suo autore non potrà accedere al GIUDIZIO con meno di 4 richieste di GRAZIA da parte degli altri utenti.
Sono pronto a vivisezionare i vostri racconti... soffriranno, ma sarà per il vostro bene!

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Re: Berenice

Messaggio#15 » mercoledì 30 maggio 2018, 23:17

**ULTIMA STESURA**


Chiave della felicità
è la saggezza;
non dobbiamo
fare torto agli dei;
le parole superbe
degli uomini arroganti
si scontano con i gravi colpi
del destino e insegnano, in vecchiaia
ad esser saggi.
(Sofocle-Antigone)


-“Berenice! BERENICE!”
Tutto sembrava fermo. L’aria era irrespirabile per via della calura d’agosto. Persino gli insetti avevano smesso di impastare la terra di merda e saliva.
La macchia rinsecchita era un tripudio di giallo e di spini- un odore da stare male- violento e diretto: Ginestra.
Berenice aveva imparato ad amare le ginestre da piccola, quando a casa della nonna zia Ifigenia ne prendeva sempre un ramo da mettere al centro della tavola, l’estate, quando c’era ancora la nonna. Quando zia Ifigenia era ancora “zia Ifigenia” come la ricordava lei: occhi verdi penetranti, due tette enormi- avrà avuto una coppa F?- e una lunga criniera liscia e nera portata sempre legata in alto.
Dio se era bella zia Ifigenia. Prima.
Prima che l’acido corrompesse i suoi lineamenti, trasformando il suo viso espressivo da attrice teatrale nella maschera di una lugubre morte messicana.

Prima che un pomeriggio di aprile passando per i vicoli del centro la "φύω" passata al secolo come “Flagellatori Ultra Ortodossi”, la bollasse come cagna, abbastanza da darle la caccia, come si farebbe con una volpe, e stanarla per cercare di renderla ciò che non poteva essere.
Prima che questo regime insensato di potere e odio prettamente maschile imponesse alle donne di mangiare la polvere, schiacciando loro di nuovo la testa. Prima del crollo.

L’impero di Antigone affondava le sue radici nella guerra civile, nata dalla ribellione delle donne che covava come il tizzone di Meleagro, silenziosa e viva sotto la cenere. Durante il regno di Edipo, anziano e malato, si era fatta via via più consistente una frangia estrema di violenza e maschilismo. Il coprifuoco era stato istituito affinché un minor numero di donne fossero stuprate, ma di giorno nessuno le poteva difendere dai picchiatori ufficiali della frangia, collusi tanto con la malavita quanto con gli organi di potere. Catenari sadici e senza scrupoli.
Le donne sole- ma anche quelle che avevano la prudenza di uscire accompagnate- potevano essere prese, schiacciate, umiliate e derise perché troppo magre, troppo grasse, troppo vestite o troppo spogliate; un inconsistente incrociarsi di occhi per strada poteva decretare l’insorgere di una violenza, uno stupro di gruppo o persino una uccisione tanto pubblica quanto immotivata.
E i compagni, i fratelli i padri di queste donne, ridotti ad esseri di dubbia mascolinità e senza alcun onore non trovavano la ragione e il coraggio di difenderle, o provando, a loro volta il gusto sadico della condivisione, passavano a traditori, aiutando nell’impresa gli stessi aguzzini.

Atalanta e Ippolita, compagne d’arme e nella vita, guidarono la rivolta.
Radunarono nel silenzio della clandestinità tutte le donne oppresse. Tutte quelle donne la cui natura selvaggia soffriva della clausura forzata. Tutte le donne che non solo non amavano più gli uomini sminuiti nel loro ruolo ma che forse non li stimavano proprio più, dopo aver cercato in loro almeno una sola qualità residua. Tutte le donne che amavano le donne.

Fu guerra civile, sanguinosa e violenta. Le donne lasciarono libera la loro istintualità lupigna. Furono ore di orrore e giorni di raccapriccio. Schioccarono le fruste. Volarono i coltelli. Le più astute, con le corde fecero dei giochi niente male riducendo al silenzio per sempre chi le teneva nel buio.
Le nove code dei gatti fendevano l’aria e i corpi dei prigionieri di questa guerra, finché non rimasero vivi soltanto coloro che avevano dimostrato segni di obbedienza.
La resa veniva impressa con il marchio a fuoco, il vestito degli schiavi era la visibilità del collare, lasciarsi schiacciare come tappeti umani, muti, un privilegio.
Chi osava protestare pagava con la lingua o con la vita.

Molte donne rinunciarono alla propria preda di guerra, decretandone la morte, diffidenti e non più desiderose di avere un uomo nei paraggi.
Mia zia tra loro, si accompagnò con Atalanta stessa, consolandola della perdita dell’amata Ippolita, morta nei tafferugli.
Venne scelta per governare Antigone, fiera nei modi e competente figlia di re, discepola di Saffo, che rinunciò alla sua pietà, ma per igiene chiese di fare un’alta pira sulla quale tutti i riottosi sconfitti di Tebe fossero bruciati.

Se poteste guardare indietro nel tempo notereste una donna, albina e minuta, che in un angolo per strada durante la notte peggiore di lotte partorisce una testolina, fulva di pelo e con gli occhi di ghiaccio.
La donna ferita a morte non trova che le forze per metterla al mondo, le circonda la testa con la mano insanguinata e le vorrebbe sussurrare dolce qualcosa, ma non riesce: anche avesse ancora il fiato per farlo, le hanno strappato la lingua. Il sangue la strozza, ma Ifigenia la nota mentre corre nel buio, si ferma. La guarda negli occhi. Le sposta il viso con manico della sua frusta. Un rivolo di sangue glielo incornicia.
Un colpo di tosse la scuote.
Il colpo di grazia arriva fulmineo e incontrastato, come un rapace. Ifigenia la finisce col pugnale evitandole di morire piano e con la sola sinistra raccatta il neonato come un gattino. Femmina, decreta: Vivrà.

A questi avvenimenti seguirono tre lustri di pace.
Dove la violenza pubblica e privata venne bandita, pena la morte, dove l’unica prevaricazione fu nella pubblica esposizione del collare, ma al contrario delle donne prima, gli schiavi godevano della possibilità di una posizione sociale ed erano protetti dalla donna che li possedeva.

Il pesce, però, puzza sempre dalla testa e proprio la nostra imperatrice e regina si rivelò essere la causa della nostra sciagura.

L'orribile Emone, mio padre, figlio di Creonte era stato il peggiore dei sadici stupratori. Proprio a causa sua l’armonia fu spezzata. Ex marito di Antigone e capo dei rivoltosi era stato risparmiato, non per amore, come ci era stato fatto credere, ma affinché la sua punizione durasse una vita intera. Evirato e ridicolizzato portava il marchio di Antigone, che soleva riservargli, nell’intimo del loro talamo privato, la stessa cura sadica lui le aveva inflitto, nel silenzio del palazzo e della servitù, per anni.
Antigone era stata costretta da un padrone che non aveva scelto ad ogni sorta di sottomissione ed era quello che si dice un allieva che supera il maestro nella pratica del supplizio.
Emone, pertanto, raccogliendo dapprima resistenza tra gli uomini inermi, poi via via consensi instillando la paura e raccontando il dolore, tramò come un ragno, eludendo la sorveglianza della sua padrona e riuscì ad istituire negli anni e lentamente una associazione clandestina di schiavi, che non si potevano riunire, ma avevano trovato il modo di comunicare.

Così dopo quasi 16 anni avvenne l’impensabile. Un nuovo sovvertimento violento, dove gli schiavi ribellandosi alle loro padrone cercarono di sopraffarle. Dapprima la pace delle case venne meno, persino i bambini si ribellarono alle loro madri, sobillate dai padri schiavi. Poi venne il peggio, in segno di sfida gli uomini coprirono i marchi con dei tatuaggi e strapparono dai colli i loro collari. Venne infine la notte dei lunghi coltelli dove tutte le padrone rischiarono di perdere la vita, le lesbiche vennero sfregiate e l’esistenza della "φύω" fu resa nota a tutti.
Le giovani, come me, vennero costrette alla fuga. Abbandonammo madri e sorelle. Fuggimmo nella macchia inseguite da mute di cani e di uomini muti. Un rastrellamento. Ci presero. Ci presero quasi tutte.

Siamo rimaste in dodici, donne libere, su tutta Tebe.

Antigone vede ancora la città dall’alto, la sua testa impalata domina la porta, accanto a quella di Atalanta, comandante delle guardie. Mia zia, muta per la stessa mano che ammutolì mia madre, dopo una fuga lunga mesi è ridotta in schiavitù, sfregiata e ripetutamente stuprata. Oggi è il nuovo giocattolo della follia di Emone, che adesso è imperatore ostile di una città morta, passata a fil di spada, vuota, dove gli uomini, da soli si stanno distruggendo gli uni con gli altri, in una escalation di insensata violenza. Tutto è desolazione. Tutto è devastazione. Il fuoco divora ogni cosa, le ville, un tempo meravigliose, sono nere di abbandono.
Non c’è più acqua potabile.
Gli animali muoiono di fame: nessuno li cura.
I campi soffrono: le piante non hanno più nessuno che le ascolti.
Le poche donne, sottomesse e schiacciate, non hanno più la possibilità di rimettere in circolo l’energia del Cosmo.
Tebe è un cupo cimitero. Un immenso desolato campo, così macchiato di sangue da non avere più nulla di santo. Gli uomini si sfidano in bande, per strada, per il dominio dei quartieri e l’unica festa è per i cani randagi che hanno ogni giorno carcasse di cui nutrirsi.

Noi dodici siamo l’unica speranza di Tebe per rifiorire, o almeno lo eravamo, prima dell’ultimo attacco.
Le squadre della φύω hanno trovato il nostro nascondiglio e solo la metà di noi, ferita è riuscita a salvarsi. Nella fuga ho con me l’arco che fu di Atalanta, ma pochissime frecce.
Ho perso il conto degli uomini che ho ucciso, proprio io che sono stata cresciuta nel rispetto della vita e nella non violenza.. Ma ecco che mentre rievoco tutto il dolore che mi ha portato ad essere oggi "me", ecco ho sentito il rumore secco di uno scocco, ma le mie mani sono ferme: non è un mio dardo.
La violenza dell’impatto mi spinge nella macchia. Striscio, immobile, sotto ad una ginestra.

-“Berenice! BERENICE!”
Tutto sembra fermo. L’aria è irrespirabile per via della calura d’agosto. Persino gli insetti hanno smesso di impastare la terra di merda e saliva: la fecondo io, col mio stesso sangue.
La macchia rinsecchita è un tripudio di giallo e di spini- un odore da stare male- violento e diretto. Ginestra.
Ho milioni di sogni. Amo la mia città, ma non la rivedrò più. Non godrò del pomo maturo della vecchiaia. Come tutti gli abitanti di Tebe ho peccato di Hybris. Siamo maledetti. Siamo maledetti dentro. Maledetti nel sangue.

I miei occhi si intrecciano. La vista è sempre più annebbiata.
Il dardo deve essere intriso nel sangue di Nesso: brucia, il mondo svanisce e io non sono più in grado di capire cosa mi stia succedendo: solo la voce di mia zia, nelle mie orecchie.
Per lei il mio ultimo pensiero.
Per l'’unica donna che io abbia mai amato- nel segreto del mio cuore- nelle lunghe sere d’inverno, quando abbracciata al suo corpo anche io, orfana e fulva, ho conosciuto di quali prodezze è capace il cuore di una donna.
#AbbassoIlTerzoPuntino #NonSmerigliateLeBalle
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Re: Berenice

Messaggio#16 » sabato 9 giugno 2018, 13:52

A parte qualche punteggiatura, tipo due puntini sospensivi invece di tre e piccolezze simili, trovo la storia migliorata e ne chiedo l'ammissione in vetrina.

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DandElion
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Re: Berenice

Messaggio#17 » lunedì 18 giugno 2018, 23:22

Wiiii grazie!!
Sai che sui puntini non cedo :P
Le "altre piccolezze", invece quali sono? Così vedo se volontarie o involontarie, da correggere :)
Grazie <3
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Re: Berenice

Messaggio#18 » domenica 12 agosto 2018, 15:49

RICHIEDO GIUDIZIO DIRETTO DEL DOTTORE!!
Frust(r)ami, ma non troppo <3
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Re: Berenice

Messaggio#19 » martedì 14 agosto 2018, 0:16

Flagellatori Ultra Ortodossi ! Superbe!!!

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Re: Berenice

Messaggio#20 » mercoledì 15 agosto 2018, 22:10

Ciao, Dand.

Il racconto globalmente mi è piaciuto. Ho una sensazione di molto "tell" e poco "show", ma chiederti di rimediare a questa caratteristica significherebbe chiederti di stravolgerlo. Allora va bene così, anche perché ci sono comunque molte immagini vivide che bilanciano l'eccesso di narrazione indiretta e rendono il racconto piacevole.
Ti chiedo solo qualche piccolo intervento per uniformare lo stile a quello della vetrina:
1) Dovresti sostituire nei dialoghi gli apici con i caporali («»).
2) Dovresti sostituire il 16 in cifre con la parola sedici
3) Visto che usi i trattini per gli incisi, ti chiederei di sostituire il segno meno (-) con il trattino un po' più lungo (–) e di inserire lo spazio per separarlo sia dalla parola precedente che dalla successiva

Detto questo ti passiamo in Vetrina :)
Sono pronto a vivisezionare i vostri racconti... soffriranno, ma sarà per il vostro bene!

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Re: Berenice

Messaggio#21 » mercoledì 26 settembre 2018, 21:37

**STESURA CON CORREZIONI**


Chiave della felicità
è la saggezza;
non dobbiamo
fare torto agli dei;
le parole superbe
degli uomini arroganti
si scontano con i gravi colpi
del destino e insegnano, in vecchiaia
ad esser saggi.
(Sofocle-Antigone)


«Berenice! BERENICE!»
Tutto sembrava fermo. L’aria era irrespirabile per via della calura d’agosto. Persino gli insetti avevano smesso di impastare la terra di merda e saliva.
La macchia rinsecchita era un tripudio di giallo e di spini – un odore da star male – violento e diretto: Ginestra.

Berenice aveva imparato ad amare le ginestre da piccola, quando a casa della nonna zia Ifigenia ne prendeva sempre un ramo da mettere al centro della tavola, l’estate, quando c’era ancora la nonna. Quando zia Ifigenia era ancora “zia Ifigenia” come la ricordava lei: occhi verdi penetranti, due tette enormi – avrà avuto una coppa F? – e una lunga criniera liscia e nera portata sempre legata in alto.
Dio se era bella zia Ifigenia. Prima.
Prima che l’acido corrompesse i suoi lineamenti, trasformando il suo viso espressivo da attrice teatrale nella maschera di una lugubre morte messicana.

Prima che un pomeriggio di aprile passando per i vicoli del centro la "φύω" passata al secolo come “Flagellatori Ultra Ortodossi”, la bollasse come cagna, abbastanza da darle la caccia, come si farebbe con una volpe, e stanarla per cercare di renderla ciò che non poteva essere.
Prima che questo regime insensato di potere e odio prettamente maschile imponesse alle donne di mangiare la polvere, schiacciando loro di nuovo la testa. Prima del crollo.

L’impero di Antigone affondava le sue radici nella guerra civile, nata dalla ribellione delle donne che covava come il tizzone di Meleagro, silenziosa e viva sotto la cenere. Durante il regno di Edipo, anziano e malato, si era fatta via via più consistente una frangia estrema di violenza e maschilismo. Il coprifuoco era stato istituito affinché un minor numero di donne fossero stuprate, ma di giorno nessuno le poteva difendere dai picchiatori ufficiali della frangia, collusi tanto con la malavita quanto con gli organi di potere. Catenari sadici e senza scrupoli.
Le donne sole – ma anche quelle che avevano la prudenza di uscire accompagnate – potevano essere prese, schiacciate, umiliate e derise perché troppo magre, troppo grasse, troppo vestite o troppo spogliate; un inconsistente incrociarsi di occhi per strada poteva decretare l’insorgere di una violenza, uno stupro di gruppo o persino una uccisione tanto pubblica quanto immotivata.
E i compagni, i fratelli i padri di queste donne, ridotti ad esseri di dubbia mascolinità e senza alcun onore, non trovavano la ragione e il coraggio di difenderle, o provando a loro volta il gusto sadico della condivisione, passavano a traditori, aiutando nell’impresa gli stessi aguzzini.

Atalanta e Ippolita, compagne d’arme e nella vita, guidarono la rivolta.
Radunarono nel silenzio della clandestinità tutte le donne oppresse. Tutte quelle donne la cui natura selvaggia soffriva della clausura forzata. Tutte le donne che non solo non amavano più gli uomini sminuiti nel loro ruolo ma che forse non li stimavano proprio più, dopo aver cercato in loro almeno una sola qualità residua. Tutte le donne che amavano le donne.

Fu guerra civile, sanguinosa e violenta. Le donne lasciarono libera la loro istintualità lupigna. Furono ore di orrore e giorni di raccapriccio. Schioccarono le fruste. Volarono i coltelli. Le più astute, con le corde fecero dei giochi niente male riducendo al silenzio per sempre chi le teneva nel buio.
Le nove code dei gatti fendevano l’aria e i corpi dei prigionieri di questa guerra, finché non rimasero vivi soltanto coloro che avevano dimostrato segni di obbedienza.
La resa veniva impressa con il marchio a fuoco, il vestito degli schiavi era la visibilità del collare, lasciarsi schiacciare come tappeti umani, muti, un privilegio.
Chi osava protestare pagava con la lingua o con la vita.

Molte donne rinunciarono alla propria preda di guerra, decretandone la morte, diffidenti e non più desiderose di avere un uomo nei paraggi.
Mia zia tra loro, si accompagnò con Atalanta stessa, consolandola della perdita dell’amata Ippolita, morta nei tafferugli.
Venne scelta per governare Antigone, fiera nei modi e competente figlia di re, discepola di Saffo, che rinunciò alla sua pietà, ma per igiene chiese di fare un’alta pira sulla quale tutti i riottosi sconfitti di Tebe fossero bruciati.

Se poteste guardare indietro nel tempo notereste una donna, albina e minuta che, in un angolo per strada durante la notte peggiore di lotte, partorisce una testolina, fulva di pelo e con gli occhi di ghiaccio.
La donna ferita a morte non trova che le forze per metterla al mondo, le circonda la testa con la mano insanguinata e le vorrebbe sussurrare dolce qualcosa, ma non riesce: anche avesse ancora il fiato per farlo, le hanno strappato la lingua. Il sangue la strozza, ma Ifigenia la nota mentre corre nel buio, si ferma. La guarda negli occhi. Le sposta il viso con manico della sua frusta. Un rivolo di sangue glielo incornicia.
Un colpo di tosse la scuote.
Il colpo di grazia arriva fulmineo e incontrastato, come un rapace. Ifigenia la finisce col pugnale evitandole di morire piano e con la sola sinistra raccatta il neonato come un gattino. Femmina, decreta: Vivrà.

A questi avvenimenti seguirono tre lustri di pace.
Dove la violenza pubblica e privata venne bandita, pena la morte, dove l’unica prevaricazione fu nella pubblica esposizione del collare, ma al contrario delle donne prima, gli schiavi godevano della possibilità di una posizione sociale ed erano protetti dalla donna che li possedeva.

Il pesce, però, puzza sempre dalla testa e proprio la nostra imperatrice e regina si rivelò essere la causa della nostra sciagura.

L'orribile Emone, mio padre, figlio di Creonte era stato il peggiore dei sadici stupratori. Proprio a causa sua l’armonia fu spezzata. Ex marito di Antigone e capo dei rivoltosi era stato risparmiato, non per amore, come ci era stato fatto credere, ma affinché la sua punizione durasse una vita intera. Evirato e ridicolizzato portava il marchio di Antigone, che soleva riservargli, nell’intimo del loro talamo privato, la stessa cura sadica lui le aveva inflitto, nel silenzio del palazzo e della servitù, per anni.
Antigone era stata costretta da un padrone che non aveva scelto ad ogni sorta di sottomissione ed era quello che si dice un allieva che supera il maestro nella pratica del supplizio.
Emone, pertanto, raccogliendo dapprima resistenza tra gli uomini inermi, poi via via consensi instillando la paura e raccontando il dolore, tramò come un ragno, eludendo la sorveglianza della sua padrona e riuscì ad istituire negli anni e lentamente una associazione clandestina di schiavi, che non si potevano riunire, ma avevano trovato il modo di comunicare.

Così dopo quasi sedici anni avvenne l’impensabile. Un nuovo sovvertimento violento, dove gli schiavi ribellandosi alle loro padrone cercarono di sopraffarle. Dapprima la pace delle case venne meno, persino i bambini si ribellarono alle loro madri, sobillate dai padri schiavi. Poi venne il peggio, in segno di sfida gli uomini coprirono i marchi con dei tatuaggi e strapparono dai colli i loro collari. Venne infine la notte dei lunghi coltelli dove tutte le padrone rischiarono di perdere la vita, le lesbiche vennero sfregiate e l’esistenza della "φύω" fu resa nota a tutti.
Le giovani, come me, vennero costrette alla fuga. Abbandonammo madri e sorelle. Fuggimmo nella macchia inseguite da mute di cani e di uomini muti. Un rastrellamento. Ci raggiunsero. Ci presero quasi tutte.

Siamo rimaste in dodici, le uniche donne libere, su tutta Tebe.

Antigone vede ancora la città dall’alto, la sua testa impalata domina la porta, accanto a quella di Atalanta, comandante delle guardie. Mia zia, muta per la stessa mano che ammutolì mia madre, dopo una fuga lunga mesi è ridotta in schiavitù, sfregiata e ripetutamente stuprata.
Oggi è il nuovo giocattolo della follia di Emone, che adesso è imperatore ostile di una città morta, passata a fil di spada, vuota, dove gli uomini, da soli si stanno distruggendo gli uni con gli altri, in una escalation di insensata violenza.
Tutto è desolazione. Tutto è devastazione.
Il fuoco divora ogni cosa, le ville, un tempo meravigliose, sono nere di abbandono.
Non c’è più acqua potabile.
Gli animali muoiono di fame: nessuno li cura.
I campi soffrono: le piante non hanno più nessuno che le ascolti.
Le poche donne, sottomesse e schiacciate, non hanno più la possibilità di rimettere in circolo l’energia del Cosmo.
Tebe è un cupo cimitero. Un immenso desolato campo, così macchiato di sangue da non avere più nulla di santo. Gli uomini si sfidano in bande, per strada, per il dominio dei quartieri e l’unica festa è per i cani randagi che hanno ogni giorno carcasse di cui nutrirsi.

Noi dodici siamo l’unica speranza di Tebe per rifiorire, o almeno lo eravamo, prima dell’ultimo attacco.
Le squadre della φύω hanno trovato il nostro nascondiglio e solo la metà di noi, ferita è riuscita a salvarsi. Nella fuga ho con me l’arco che fu di Atalanta, ma pochissime frecce.
Ho perso il conto degli uomini che ho ucciso, proprio io che sono stata cresciuta nel rispetto della vita e nella non violenza.. Ma ecco che mentre rievoco tutto il dolore che mi ha portato ad essere oggi "me", ecco ho sentito il rumore secco di uno scocco, ma le mie mani sono ferme: non è un mio dardo.
La violenza dell’impatto mi spinge nella macchia. Striscio, immobile, sotto ad una ginestra.

«Berenice! BERENICE!»
Tutto sembra fermo. L’aria è irrespirabile per via della calura d’agosto. Persino gli insetti hanno smesso di impastare la terra di merda e saliva: la fecondo io, col mio stesso sangue.
La macchia rinsecchita è un tripudio di giallo e di spini – un odore da star male – violento e diretto. Ginestra.

Ho milioni di sogni. Amo la mia città, ma non la rivedrò più. Non godrò del pomo agrodolce della maturità. Come tutti gli abitanti di Tebe ho peccato di Hybris. Siamo maledetti. Siamo maledetti dentro. Maledetti nel sangue.

I miei occhi si annebbiano. La vista è sempre più offuscata.
Il dardo deve essere intriso nel sangue di Nesso: brucia.
Il mondo svanisce e io non sono più in grado di capire cosa mi stia succedendo: solo la voce di mia zia, nelle mie orecchie.
Per lei il mio ultimo pensiero.

Per l'’unica donna che io abbia mai amato – nel segreto del mio cuore – nelle lunghe sere d’inverno, quando abbracciata al suo corpo anche io, orfana e fulva, ho conosciuto di quali prodezze è capace il cuore di una donna.
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Re: Berenice

Messaggio#22 » mercoledì 3 ottobre 2018, 8:47

Ciao, Dand.

A questo punto sei pronta per la Vetrina! Complimenti :)
Sono pronto a vivisezionare i vostri racconti... soffriranno, ma sarà per il vostro bene!

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Re: Berenice

Messaggio#23 » giovedì 8 novembre 2018, 23:08

Grazieeeeee <3 <3 <3
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Re: Berenice

Messaggio#24 » domenica 11 novembre 2018, 23:15

Pregoooo (per la pubblicazione effettiva abbi un po' di pazienza. C'è un po' di fila da MC, ma a breve tocca a te)

PS ti stai preparando per la Sfida? :D
Sono pronto a vivisezionare i vostri racconti... soffriranno, ma sarà per il vostro bene!

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Re: Berenice

Messaggio#25 » domenica 18 novembre 2018, 20:21

Grazieeee <3

Eh, per la sfida vorrei, ma è un periodo di grande esaurimento lavorativo e ho la mente stanca.. Già domani per l'arena non sono sicura di farcela, sarò stracotta.. Vediamo :* grazie mille <3
#AbbassoIlTerzoPuntino #NonSmerigliateLeBalle
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