Lontano all'orizzonte - di Simone Cassia [Fantascienticast Edition]

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Simone Cassia
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Lontano all'orizzonte - di Simone Cassia [Fantascienticast Edition]

Messaggio#1 » martedì 22 gennaio 2019, 21:48

Lontano all'orizzonte - di Simone Cassia

Era il mio primo giorno di servizio civile come volontario presso una clinica psichiatrica e mi ero presentato puntuale alla responsabile del progetto che, leggendo dalla mia scheda, mi disse.
«Gagliardi Rosario, sai che abbiamo un Gagliardi Rosario anche tra i nostri ospiti? Te lo presento. Io sono la dottoressa Russo, ma puoi chiamarmi Teresa».
Attraversammo i corridoi che odoravano di ospedale e salimmo molti piani.
«Il sig. Gagliardi è qui da sempre. Ha una stanza all'ultimo piano, con la vista più bella di tutta la clinica. Figurati che si vede anche il mare. È un uomo molto anziano e solo. Non ho mai visto nessuno venire a trovarlo o anche solo chiedere di lui al telefono, un vero mistero».
Arrivati alla porta, Teresa bussò ed entrammo.
La camera era avvolta nella luce dorata di un sole autunnale e arredata come può esserlo la camera di una clinica. Seduto vicino alla finestra c’era un vecchio dai lunghi capelli bianchi, con un completo di lana marrone a quadri che aveva visto giorni migliori, panciotto e farfallino.
Non sembrò accorgersi che eravamo entrati e continuò a guardare fuori con aria assente.
«Buongiorno signor Gagliardi». Disse la responsabile.
Nessuna reazione.
«Questo giovanotto si chiama come lei, sa? Cosa ne pensa se rimane qui a farle un po’ di compagnia?»
Niente.
La donna si rivolse a me.
«È come se non fosse con noi. Ogni giorno si prepara di tutto punto e siede ad osservare il mare. Nei giorni di pioggia, invece, si mette al tavolo e disegna. Non so dove prenda tutta questa fantasia, ma sono disegni bellissimi. Avrai modo di vederli».
«E io cosa dovrei fare?» Chiesi.
«Rimani un po’ con lui, prova a parlargli e, se non ci saranno stati progressi, ti assegnerò ad un altro ospite».
Teresa uscì e io rimasi solo con il mio omonimo, così mi sedetti accanto a lui.
…E il primo giorno passò. Seduti alla finestra, in silenzio, a guardare uno scorcio lontano di mare. Quando scoraggiato lo salutai per andar via, si voltò verso di me e fece una smorfia che lessi come un sorriso.
Fu strano, guardava verso di me, ma era come se mi vedesse attraverso. Anche quando non guardava il mare il suo sguardo e la sua mente erano lontani.
Teresa mi chiese come era andata.
«Bene. Mi ha sorriso, credo. Voglio provare a trascorrere ancora qualche giorno con lui».
Mi fu concesso. Era incredibile che fosse bastata una smorfia a farmi ricredere su quell’uomo.

Nei giorni non scoprii molto sul suo conto visto che ero solo io a parlare. Lui si limitava di tanto in tanto a fare quella smorfia del primo giorno.
Un giorno di pioggia lo trovai intento nella sua creazione artistica. Era seduto al tavolo a disegnare scorci di città. La stessa che si vedeva dalla sua finestra, eppure in qualche modo diversa. Torrette e pinnacoli, che non avevano riscontro nella realtà, costellavano i suoi disegni con statue di creature spaventose e bracieri fumanti che li riempivano di mistero.
Quando i disegni erano completi, li distruggeva. Cercai di fermarlo, ma Teresa me lo impedì dicendo che lo strappare quei fogli lo faceva stare calmo e che quindi glielo lasciavano fare.

Un giorno di novembre ci fu un temporale e, nonostante l’allerta meteo consigliasse di rimanere in casa e uscire solo se strettamente necessario, mi recai in clinica dacché avevo il Sig. Gagliardi da andare a trovare.
Quando arrivai, quasi non lo riconobbi, chino com’era sul tavolo, armato delle solite matite che, questa volta, consumava fino a renderle mozziconi inservibili. Disegnava con una tale frenesia che quasi strappava i fogli. Era sudato, forse febbricitante, con gli occhi fissi sul suo lavoro. I disegni, però erano differenti.
Intersecava cerchi quasi perfetti a figure geometriche creando intrecci sbalorditivi e, nel farlo, biascicava parole inconcludenti sempre più agitato.
Mi ero convinto a chiamare un’infermiera quando un tuono fece tremare ogni cosa.
Il sig. Gagliardi spezzò la matita con la mano e sollevò gli occhi dal tavolo.
Si voltò nella mia direzione, vedendomi per la prima volta.
«Cthulhu è stato ridestato dal suo sonno e viene per imporre il suo dominio. Non devi rifare lo stesso errore. Non devi dimenticare quando tornerai per fermarli».
Un onda si sollevò lontano all’orizzonte.
Ultima modifica di Simone Cassia il martedì 22 gennaio 2019, 21:49, modificato 1 volta in totale.



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Simone Cassia
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Re: Lontano all'orizzonte - di Simone Cassia [Fantascienticast Edition]

Messaggio#2 » martedì 22 gennaio 2019, 21:48

La versione originale con i relativi commenti:

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Marco Travaglini
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Re: Lontano all'orizzonte - di Simone Cassia [Fantascienticast Edition]

Messaggio#3 » domenica 3 marzo 2019, 23:57

Ciao Simone,
bentrovato. Cercherò di scriverti più cose possibile che mi vengono in mente leggendo il racconto, sperando di esserti utile.

Il racconto ci lascia con molti dubbi alla fine. Forse sono un po' troppi dubbi, perché più che avere diverse interpretazioni, il racconto secondo me ci lascia proprio dei buchi nella trama. L'anziano è il giovane invecchiato o sono semplicemente omonimi? e se sono solo omonimi senza motivo, perché? Viene da un universo parallelo per avvisarlo di qualcosa (se sì, perché non lo riconosce)? Cosa non deve dimenticare di preciso? Quale sarebbe l'errore? Tutto questo dando per scontato che il lettore conosca Lovecraft, cosa che invece non si può dare per scontata. Se il lettore non ha idea di chi sia Cthulhu, il racconto rimane ancora più criptico.

Noto inoltre un forte squilibrio tra tutto il racconto e l'ultima parte. Ok, ci presenti i personaggi, ma credo che potresti ottimizzare meglio le cose per chiarire un pochino la fine. Ai fini della trama tanti dettagli su Teresa e sull'ospedale non ci interessano, nemmeno sul fatto che sia il primo giorno di lavoro del protagonista. Più in generale, ora non hai più il limite dei 4000 caratteri, quindi qualche spiegazione in più puoi darla. Non dico di rendere tutto palese, ma almeno qualche altro indizio. Ad esempio potresti dire che invece di osservare uno scorcio lontano di mare, come potrebbe fare qualunque anziano con nulla da fare, questo signore guarda il mare con ansia, o nervoso, o lo scruta come alla ricerca di qualcosa, o che nei giorni di pioggia disegna, ma poi si alza ad ogni tuono e controlla il mare con ansia. Insomma un qualcosa che non ci faccia apparire come completamente campato in aria il finale.

Veniamo alla forma. Ci sono un paio di cose che non mi piacciono molto.
Attraversammo i corridoi che odoravano di ospedale e salimmo molti piani.

(...) arredata come può esserlo la camera di una clinica.


Ricordiamoci che stai mostrando qualcosa al lettore. Ora, se io so che ci troviamo in un ospedale, cosa può dirmi una frase come "attraversammo i corridoi che odoravano di ospedale"? Niente. Allo stesso modo, descrivere una camera come "arredata come può esserlo la camera di una clinica" mi dice semplicemente "immaginati la camera esattamente come te la stai immaginando". Sono frasi che, secondo me, non servono a nulla. Anche il fatto del "salimmo molti piani" diventa inutile nel momento in cui Teresa, dopo poche parole, ci dice che la camera è all'ultimo piano: una delle due è di troppo.In generale puoi dire che Teresa lo accompagna nella stanza del signore all'ultimo piano, che era ordinaria all'infuori della vista.

Anche l'incipit non suona bene. Io lo riscriverei tipo così:
Era il mio primo giorno di servizio civile come volontario presso una clinica psichiatrica e mi ero presentato puntuale alla responsabile del progetto.
«Gagliardi Rosario» mi disse, leggendo la mia scheda. «Io sono la dottoressa Russo, ma puoi chiamarmi Teresa. Sai che abbiamo un tuo omonimo tra i nostri ospiti? Te lo presento.»


Occhio anche all'ultima frase:
Un'onda si sollevò lontana all’orizzonte.

alexandra.fischer
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Re: Lontano all'orizzonte - di Simone Cassia [Fantascienticast Edition]

Messaggio#4 » mercoledì 3 aprile 2019, 17:45

Ciao Simone, la sorpresa finale riferita a Chtulhu è davvero bella. Io credo che dovresti lavorare un po’ sulla parte in cui l’anziano paziente fa la smorfia al suo omonimo: e dopo se gli sussurrasse un avvertimento, sempre più chiaro ogni volta? E se nei suoi disegni cominciasse a inserire i particolari dell’invasione poco alla volta e … smettesse di distruggere i disegni? E se il tuo protagonista, ogni volta che lo vede, lo sentisse sempre più affine (magari cominciando a sognare la città infestata dal Dio Piovra?).
Attenzione a: Buongiorno signor Gagliardi (manca la virgola dopo Buongiorno).
E a odore di ospedale (spiega bene cos’è… disinfettante, urina, minestra) e come può essere arredata la camera di una clinica (nel caso del Nostro, mettere anche descrizioni di fogli, carboncini e sanguigna, matite varie, non è male, magari con una copia di un testo con riferimenti al Necronomicon).

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Il Dottore
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Re: Lontano all'orizzonte - di Simone Cassia [Fantascienticast Edition]

Messaggio#5 » lunedì 2 settembre 2019, 15:42

Ciao, Simone.

Visto che il racconto è fermo da tanto, lo passo in archivio
Sono pronto a vivisezionare i vostri racconti... soffriranno, ma sarà per il vostro bene!

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