Vuoi sposarmi, papino? di Emiliano Maramonte
Inviato: martedì 17 marzo 2020, 0:36
La porta della camera da letto si spalancò.
Rosa chiuse il libro, si tolse gli occhiali e fissò la figlia, comparsa sulla soglia come un fantasma. «Debbi, che ci fai qui?»
Carlo russava al suo fianco, come al solito. Solo una cannonata poteva tirarlo fuori dal mondo dei sogni.
«Non riesco a dormire» disse la bambina.
Rosa scese dal letto. Un brivido le corse su per la schiena. «Hai fatto un brutto sogno? Vuoi che ti racconti una favola?»
Debbi si spostò una ciocca di capelli corvini dalla fronte e ciabattò verso il padre. Il suo pigiamino di Winnie Pooh era in disordine.
«Ehi, tesoro, che fai?» la richiamò Rosa.
La bambina si arrampicò sulle coperte e si mise a cavalcioni sul corpo di Carlo. «Papà?» lo disturbò. «Papà papà!» lo strattonò con sempre maggior forza. «PAPÀ!»
Carlo si svegliò di soprassalto. Vide la figlia su di sé ma appariva confuso, ancora annebbiato dal sonno. «Debbi…» articolò, la voce impastata.
«Papino, perché non ti sposi con me?» gli chiese dolce e vezzosa.
«Piccola, che dici…» fece lui, spostando la figlia di lato.
«Ora basta!» s’impose Rosa.
«Perché, non vuoi sposarmi?» piagnucolò la bambina, poi si girò verso la madre. Rosa ritrovò nei suoi limpidi occhi verdi quella maledetta luce distorta e minacciosa.
«Torna a letto, ti dico!» le ordinò, indicando con l’indice la porta.
Debbi strillò e scattò come una molla verso di lei, aggrappandosi alla sua camicia da notte. Con le unghiette tentò di graffiarla, e riuscì a tracciarle un solco di sangue sulla guancia destra. Rosa la afferrò per i fianchi e la spinse via, facendola rotolare sul letto. «Chiama il dottor Milani… Carlo!»
Ogni volta che lo faceva, a Rosa piangeva il cuore. Carlo la immobilizzò, lei prese lo spray dal comodino. Le spruzzò in faccia il sedativo e pian piano la bambina perse i sensi.
Carlo ansimava. «Chissà quando finirà» disse, chinando il capo. Rosa si toccò la faccia e si perse nel rosso irregolare delle macchie sui polpastrelli.
Vent’anni dopo
Bussarono con insistenza.
Rosa posò il libro sul tavolinetto, si alzò dalla poltrona e arrancò verso la porta col deambulatore. «Chi è?»
«Sono io, apri» rispose una voce squillante dall’altro lato.
Quelle semplici parole scatenarono in lei intense emozioni e terribili ricordi. Rosa tolse la catenella, esitò poi aprì. Una giovane donna dall’aspetto trasandato se ne stava sulla soglia, contro la luce del giorno. Aveva lacrime impastate di mascara che ornavano uno sterile sorriso. Il caschetto nero come la pece era arruffato e opaco.
Serrò le dita sulle maniglie del deambulatore per non cadere. «Tu? Ma come… Perché sei tornata?»
«L’ho fatto per lui» rispose la ragazza, alzando le spalle. «Mi fai entrare, vecchia?» Non attese la risposta: s’infilò in casa.
«Ferma, Debora!» le intimò. Chiuse la porta e annaspò per inseguirla.
«Che ti hanno fatto, papino?» le sentì dire. «Cosa? Un fallimento dopo l’altro, certo. Nessuno mi ha amata come te. Li ho cancellati tutti, sai? Uno dopo l’altro.»
Rosa rientrò affaticata in salotto e la sorprese seduta sul divano di fianco a Carlo, immobile da anni nel suo tormento ischemico. Gli accarezzava le guance tremante, amorevole. «Cosa vuoi da noi? Vattene.»
Sua figlia si rabbuiò. Si alzò, le venne incontro. Le strinse le mani intorno al collo. Sempre più forte. Non smetteva più.
«E adesso vuoi sposarmi, papino?»
Fu l’ultima cosa che Rosa udì.
Rosa chiuse il libro, si tolse gli occhiali e fissò la figlia, comparsa sulla soglia come un fantasma. «Debbi, che ci fai qui?»
Carlo russava al suo fianco, come al solito. Solo una cannonata poteva tirarlo fuori dal mondo dei sogni.
«Non riesco a dormire» disse la bambina.
Rosa scese dal letto. Un brivido le corse su per la schiena. «Hai fatto un brutto sogno? Vuoi che ti racconti una favola?»
Debbi si spostò una ciocca di capelli corvini dalla fronte e ciabattò verso il padre. Il suo pigiamino di Winnie Pooh era in disordine.
«Ehi, tesoro, che fai?» la richiamò Rosa.
La bambina si arrampicò sulle coperte e si mise a cavalcioni sul corpo di Carlo. «Papà?» lo disturbò. «Papà papà!» lo strattonò con sempre maggior forza. «PAPÀ!»
Carlo si svegliò di soprassalto. Vide la figlia su di sé ma appariva confuso, ancora annebbiato dal sonno. «Debbi…» articolò, la voce impastata.
«Papino, perché non ti sposi con me?» gli chiese dolce e vezzosa.
«Piccola, che dici…» fece lui, spostando la figlia di lato.
«Ora basta!» s’impose Rosa.
«Perché, non vuoi sposarmi?» piagnucolò la bambina, poi si girò verso la madre. Rosa ritrovò nei suoi limpidi occhi verdi quella maledetta luce distorta e minacciosa.
«Torna a letto, ti dico!» le ordinò, indicando con l’indice la porta.
Debbi strillò e scattò come una molla verso di lei, aggrappandosi alla sua camicia da notte. Con le unghiette tentò di graffiarla, e riuscì a tracciarle un solco di sangue sulla guancia destra. Rosa la afferrò per i fianchi e la spinse via, facendola rotolare sul letto. «Chiama il dottor Milani… Carlo!»
Ogni volta che lo faceva, a Rosa piangeva il cuore. Carlo la immobilizzò, lei prese lo spray dal comodino. Le spruzzò in faccia il sedativo e pian piano la bambina perse i sensi.
Carlo ansimava. «Chissà quando finirà» disse, chinando il capo. Rosa si toccò la faccia e si perse nel rosso irregolare delle macchie sui polpastrelli.
Vent’anni dopo
Bussarono con insistenza.
Rosa posò il libro sul tavolinetto, si alzò dalla poltrona e arrancò verso la porta col deambulatore. «Chi è?»
«Sono io, apri» rispose una voce squillante dall’altro lato.
Quelle semplici parole scatenarono in lei intense emozioni e terribili ricordi. Rosa tolse la catenella, esitò poi aprì. Una giovane donna dall’aspetto trasandato se ne stava sulla soglia, contro la luce del giorno. Aveva lacrime impastate di mascara che ornavano uno sterile sorriso. Il caschetto nero come la pece era arruffato e opaco.
Serrò le dita sulle maniglie del deambulatore per non cadere. «Tu? Ma come… Perché sei tornata?»
«L’ho fatto per lui» rispose la ragazza, alzando le spalle. «Mi fai entrare, vecchia?» Non attese la risposta: s’infilò in casa.
«Ferma, Debora!» le intimò. Chiuse la porta e annaspò per inseguirla.
«Che ti hanno fatto, papino?» le sentì dire. «Cosa? Un fallimento dopo l’altro, certo. Nessuno mi ha amata come te. Li ho cancellati tutti, sai? Uno dopo l’altro.»
Rosa rientrò affaticata in salotto e la sorprese seduta sul divano di fianco a Carlo, immobile da anni nel suo tormento ischemico. Gli accarezzava le guance tremante, amorevole. «Cosa vuoi da noi? Vattene.»
Sua figlia si rabbuiò. Si alzò, le venne incontro. Le strinse le mani intorno al collo. Sempre più forte. Non smetteva più.
«E adesso vuoi sposarmi, papino?»
Fu l’ultima cosa che Rosa udì.