Gruppo TRE NUMERO PERFETTO: Lista racconti e classifiche

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antico
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Gruppo TRE NUMERO PERFETTO: Lista racconti e classifiche

Messaggio#1 » martedì 21 aprile 2020, 15:04

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BENVENUTI ALLA PATRIZIA RINALDI EDITION, L'OTTAVA DELLA SETTIMA ERA DI MINUTI CONTATI, LA 140° ALL TIME!

Questo è il gruppo TRE NUMERO PERFETTO della PATRIZIA RINALDI EDITION con PATRIZIA RINALDI nella veste di Guest Star.

Gli autori del gruppo TRE NUMERO PERFETTO dovranno commentare e classificare i racconti del gruppo BLANCA.

I racconti di questo gruppo verranno commentati e classificati dagli autori del gruppo LA DANZA DEI VELENI


Questo è un gruppo da NOVE racconti e saranno i primi TRE ad avere diritto alla pubblicazione immediata sul sito e a entrare tra i finalisti che verranno valutati da PATRIZIA RINALDI. Altri racconti ritenuti meritevoli da me, l'Antico, verranno a loro volta ammessi alla vetrina del sito, ma non alla finale. Ricordo che per decidere quanti finalisti ogni gruppo debba emettere cerco sempre di rimanere in un rapporto di uno ogni tre approsimandolo all'occorrenza per eccesso.

Per la composizione dei gruppi ho tenuto conto del seguente metodo: per primi ho assegnato ai raggruppamenti coloro in possesso di punti RANK DELLA SETTIMA ERA (il primo nel gruppo A, il secondo nel gruppo B, il terzo nel gruppo C, il quarto nel gruppo A e così via), coloro che non hanno ancora ottenuto punti nel corso della SETTIMA Era sono stati assegnati a seguire (primo a postare gruppo X, secondo a postare gruppo Y, terzo a postare gruppo BETA, quarto a postare gruppo X e così via).

E ora vediamo i racconti ammessi nel gruppo TRE NUMERO PERFETTO:

Limiti, di Wladimiro Borchi, ore 00.20, 3314 caratteri
Il bosco di Valbassa, di Andrea Partiti, ore 23.16, 3124 caratteri
Crudele Paradiso, di Gabriele Dolzadelli, ore 23.31, 3327 caratteri
Un uomo nuovo, di Agostino Langellotti, ore 23.33, 3303 caratteri
Un uomo fortunato, di Isabella Valerio, ore 00.57, 3244 caratteri
Lo strappo nel cielo, di Axa Lydia Vallotto, ore 00.49, 3262 caratteri
La Cantina, di Giulio Marchesi, ore 00.45, 3322 caratteri
Elisa oltre le rose, di Emanuela Di Novo, ore 23.44, 3253 caratteri
Oltre la baita, di Egle De Mitri, ore 00.51, 3295 caratteri

Avete tempo fino alle 23.59 di giovedì 30 APRILE per commentare i racconti del gruppo BLANCA. Le vostre classifiche corredate dai commenti andranno postate direttamente sul loro gruppo. Per i ritardatari ci sarà un'ora di tempo in più per postare le classifiche e i commenti, quindi fino alle 00.59 del 1 MAGGIO, ma si prenderanno un malus pari alla metà del numero di autori inseriti nel gruppo approssimato per difetto. Vi avverto che sarò fiscale e non concederò un solo secondo in più. Vi ricordo che le vostre classifiche dovranno essere complete dal primo all'ultimo. Una volta postate tutte le vostre classifiche, posterò la mia e stilerò quella finale dei raggruppamenti.
NB: avete DIECI giorni per commentare e classificare i racconti del gruppo BLANCA e so bene che sono tanti. Ricordatevi però che Minuti Contati, oltre che una gara, è primariamente un'occasione di confronto. Utilizzate il tempo anche per leggere e commentare gli altri racconti in gara e se la guardate in quest'ottica, ve lo assicuro, DIECI giorni sono anche troppo pochi. E ancora: date diritto di replica, tornate a vedere se hanno risposto ai vostri commenti, argomentate, difendete le vostre tesi e cedete quando vi convinceranno dell'opposto. Questa è la vostra palestra, dateci dentro.

Eventuali vostre pigrizie nei confronti dei commenti ai racconti (che devono avere un limite minimo di 300 caratteri ognuno) verranno penalizzate in questo modo:
– 0 punti malus per chi commenta TUTTI i racconti assegnati al suo gruppo con il corretto numero minimo di caratteri.
– 13 punti malus per chi commenta tutti i racconti assegnati al suo gruppo, ma senza il numero minimo di caratteri.
– ELIMINAZIONE per chi non commenta anche solo un racconto di quelli assegnati al suo gruppo.


Vi ricordo che i racconti non possono essere più modificati. Se avete dubbi su come compilare le classifiche, rivolgetevi a me.
Potete commentare i vari racconti nei singoli thread per discutere con gli autori, ma la classifica corredata dai commenti deve obbligatoriamente essere postata nel gruppo BLANCA.
Altra nota importante: evitate di rispondere qui ai commenti ai vostri lavori, ma fatelo esclusivamente sui vostri tread.

E infine: una volta postate e da me controllate, le classifiche non possono più essere modificate a meno di mia specifica richiesta in seguito a vostre dimenticanze. L'eventuale modifica non verrà contabilizzata nel conteggio finale e sarà passibile di malus pari a SETTE punti.

BUONA PATRIZIA RINALDI EDITION A TUTTI!



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antico
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Re: Gruppo TRE NUMERO PERFETTO: Lista racconti e classifiche

Messaggio#2 » martedì 21 aprile 2020, 15:16

Ho dovuto cancellare il vecchio tread per un problema con la visualizzazione su fb. C'era già la classifica di Alessio Magno, ma non preoccupatevi perché gli ho inviato un copia incolla e la riposterà appena avrà tempo.

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Puch89
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Re: Gruppo TRE NUMERO PERFETTO: Lista racconti e classifiche

Messaggio#3 » martedì 21 aprile 2020, 15:40

Eccoci qua, classifica e resoconti a tempo record! (probabilmente non accadrà mai più una rarità simile).

1) Elisa oltre le rose - Emanuela Di Novo
2) Wladimiro Borchi - Limiti
3) Un uomo nuovo - Agostino Langelotti
4) Crudele Paradiso - Gabriele Dolzadelli
5) Andrea Partiti - Il bosco di Valbassa
6) La Cantina - Giulio Marchese
7) Lo strappo nel cielo - Axa Lydia Vallotto
8) Oltre la baita - Egle De Mitri
9) Un uomo fortunato - Isabella Valerio





Wladimiro Borchi - Limiti
Ciao Wladimiro! Al solito, i finali dei tuoi racconti mi spiazzano sempre, in un modo o nell'altro. Non c'è che dire.
Da come iniziava, pensavo che la patologia del bimbo fosse legata a filo doppio col plot twist ma mi sbagliavo, era un modo per riprendere il tema e legarcelo con un bel nodo.
Abbiamo un bambino bullizzato ed il suo carnefice, che a quanto pare è anche il fautore della morte del gatto Cagliostro, o mi sbaglio? Perché potrei aver travisato. Oppure Andrea decide di prendersela con Giovanni per la morte della bestia semplicemente perché vede in lui tutti i suoi mali, e siccome è uno stronzetto niente male che diavolo, perché non fargli pagare tutto a lui?
Per il resto, al solito leggere ciò che scrivi è sempre lieto e di uno scorrevole raro, mi ripeterò ogni volta ma è giusto dirlo.
I richiami ai genitori li ho trovati poco utili ai fini della trama, ma li hai inseriti per dare un minimo di spessore ad Andrea, costruirlo un po' insomma.
Il tema è più che centrato, considerando che il protagonista va fuori di senno tanto da aggredire mortalmente il compagno, giunto oltre il limite di sopportazione.
Bel lavoro!

Andrea Partiti - Il bosco di Valbassa
Ciao Andrea, bentrovato!
Allora allora allora, questo racconto mi ha lasciato spiazzato, sia in positivo che in negativo, difficile dare un giudizio che penda da un solo lato della bilancia. Partiamo dal positivo.
L'idea mi ha intrigato sin dall'inizio, questo bosco che taglia il paese con queste proprietà particolari mi è piaciuto, da tutta un'aria di mistero e inganno all'ambientazione e cavoli, avrei voluto tanto saperne di più! E qui ci allacciamo col giudizio negativo.
Cosa succede al protagonista? Il bosco cambia continuamente la propria segnaletica, e da tutta la serie di regole sembra chiaro che qualcosa si annidi tra le sue profondità, qualcosa con cattive intenzioni. E tutto questo è ottimo, avevo fame di continuare a leggere, hai impostato un bel plot. Ma poi? Il protagonista si vede costretto a fermarsi, deve rispettare i limiti, regola ferrea, è chiaro. Ma finisce sul più bello, diamine. Cosa gli succede? Perché per la prima volta, apparentemente, il bosco lo costringe a fermarsi del tutto? Cos'è in realtà quel posto e perchè? Tutte domande senza risposta, che lasciano il racconto un po' monco.
Peccato! Secondo me dovresti riprenderlo in mano e costruirci qualcosa sopra, ha un bel potenziale. Ma messo così insomma... Ci sono rimasto male! Forse non l'ho capito io?
Tema più o meno centrato, si parla di limiti, quindi diciamo che, in maniera un po forzata (visto che ha un capo ma non proprio una coda). Alla prossima!

Crudele Paradiso - Gabriele Dolzadelli
Ciao Gabriele!
Veniamo subito al dunque, il racconto semplice ma diretto, dritto dritto al punto che ti eri prefissato di raggiungere.
È chiaro che non ti sei preoccupato di celare che tutto il testo avrebbe trovato la sua risoluzione solo nelle ultime battute, perchè fin dall'inizio il lettore si trova a chiedersi dove si andrà a parare alla fine. È funzionale, almeno nel modo in cui l'hai gestita tu, perché nel breve tempo trascorso a leggere la mente tenta di indovinare fino all'ultimo cosa stia accadendo davvero, raccogliendo ogni singola informazione come preziosi input che aiutino a sbrogliare la matassa, il che è buono perché rende la lettura attenta e costante, senza cedimenti di nessun tipo.
La storia di per sé è semplice, tre gatti in uno scatolone nutriti dal padrone che, volta per volta, li da via (o scappano tutti?) mentre l'ultimo riesce a fuggire ma finisce sotto una macchina. Niente di trascendentale, ma il modo in cui l'hai reso fa la differenza, davvero bravo in questo.
Il tema è più che centrato, sebbene ad occhi disattenti possa apparire il contrario. Perché, per il messaggio che almeno è passato a me, il limite qui è la visione soggettiva di un contesto chiuso, da parte di un soggetto che non ha alcun modo di vedere al di fuori di quel contesto. È limitato dalla sua condizione, probabilmente uno dei modi più originali di trattare il tema, ad occhi chiusi. Complimenti.

Un uomo nuovo - Agostino Langelotti
Ciao Agostino, ben trovato in questa edizione.
Spiazzato.
Positivamente eh, ma è la prima cosa che di getto mi sento di scriverti.
Ho passato buona parte della lettura a ripetermi "si, ma mi sembra troppo chiaro che il protagonista stia per suicidarsi da un cornicione", ma non potevo crederci davvero, perché per uno come te questa sarebbe stata davvero una mossa stupida, soprattutto perché mi hai fornito di tutti gli elementi per servirmi il plot twist su un telefonatissimo piatto d'argento.
No, non poteva essere. E infatti non è stato.
Risoluzione finale semplice, niente di davvero eccezionale, ma risolve la situazione alla grande. Funziona, dando al lettore la giusta ricompensa per i dubbi accumulati fino alle battute finali.
Per quanto riguarda il testo, è ben confezionato, al tuo solito insomma. Il tizio è coinvolgente, nel suo estroverso e folle cambiamento radicale. La rilettura sarebbe d'obbligo per il semplice fatto che, alla luce delle sue vere intenzioni, tutto ciò che fa non sembra una follia omicida ma un'esagerato amore per la nuova visione della vita. Qui avviene la magia più grande, la chiave di lettura che cambia totalmente la cosa! Questo mi è piaciuto moltissimo, davvero i miei complimenti.
Il tema è centrato, i limiti della vita ce li poniamo spesso solo noi e sta a noi decidere come e quando varcarli.

Un uomo fortunato - Isabella Valerio
Ciao Isabella, bentrovata.
Questo tuo racconto mi ha lasciato un po' perplesso, e non so se è per colpa mia o se effettivamente c'è più di qualcosa che non va. Parto col dirti che il modo in cui è iniziato mi era piaciuto, I limiti superati dall'immaginazione, l'immagine evocativa degli scalatori, che per mestiere appunto superano i propri limiti, era una similitudine che ho apprezzato. Prometteva bene diciamo.
Poi però la cosa si è fatta confusa. Troppo confusa, non trovi?
Si parte col suo ricordo da bimbo, andava a trovare il padre in galera, era certo che ci sarebbe finito anche lui. E vabbé, andata, può starci. Poi parla di trovarsi in una prigione, si racconta di una rapina in cui ha perso le gambe, ma non è stata quella che l'ha portato dietro le sbarre. E allora come ci è finito, dietro le sbarre? Il lavoro in banca è una metafora? Quando torna a casa da Amalia significa che è ci torna dopo essere uscito dalla prigione? C'è molta confusione e molta carne al fuoco a questo punto.
È lui che da fuoco a casa sua? La fuga è dalla prigione? È per quello che si nasconde per un anno?
Credimi, mentre scrivo spero che aiuterai a farmi capire che sono io che non ci ho capito un accidenti, lo preferisco onestamente, perché questo racconto mi sembra un vero casino, nell'intreccio quanto nella trama.
Aiutami a capire!
Sul tema centrato o meno non so come rispondere, perché senza aver compreso appieno il tutto non riesco a dare un giudizio coerente.

Lo strappo nel cielo - Axa Lydia Vallotto
Ciao, forse è la prima volta che leggo qualcosa di tuo, ma potrei sbagliarmi (non ho una memoria molto ferrea)
Parto subito col "non volermene" ma ci sono alcune cose del tuo racconto che non sono riuscito a capire fino in fondo.
Tutto lascia intendere che i protagonisti si trovino in una sorta di mondo post-apocalittico, visto dal termine "Prima" che dai agli oggetti del passato-presente, residui di guerra per così dire. L'Anziana è sicuramente una sopravvissuta, testimone di ciò che è stato prima del cambiamento radicale. Fin qui, tutto bene diciamo.
La Tempesta, non ho capito cosa fosse alla fine. Forse è solo un problema di periodo verbale? Perché l'inizio è già da subito poco chiaro "Quando il sole decide di sorgere, la notte in cui la Tempesta se n’è finalmente andata, si porta con sé una strana cosa."
Ma poi, oltre al periodo, di fatto questa Tempesta causa effetti evidenti, sembra ci siano più stelle (sono davvero stelle o mi sono perso io qualcosa?), il cielo appare diverso, c'è uno strappo, che in realtà è una catena montuosa.
La mia interpretazione è che i protagonisti erano a guardia di una sorta di inverno nucleare o qualcosa del genere, che copriva il cielo e che, finalmente, al suo termine ha mostrato ciò che celava, come stelle e montagne. È corretto?
Il racconto non è male, l'idea mi piace, è anche originale tutto sommato, ma è il modo in cui è stata resa che non mi ha convinto del tutto. Cerca di focalizzarti meglio sui punti cardine che danno corpo al racconto, sii chiara e domina l'impulso di inserire dettagli belli ma poco coerenti col focus della trama, non dimenticare il poco spazio che hai a disposizione, perché l'intreccio è il primo che ne subisce le conseguenze, anche quando l'idea è buona.
Il tema può considerarsi centrato, se si pensa ai limiti dei protagonisti nella loro conoscenza del mondo a causa della guerra
In bocca al lupo!

La Cantina - Giulio Marchese
Ciao Giulio, è la prima volta che leggo qualcosa di tuo.
Allora, partiamo subito, le due bambine sono rese davvero molto bene ma il racconto non mi è piaciuto.
Alessia e Carla parlano come due bambine, pensano come due bambine ed agiscono come tali, pertanto complimenti perché in breve spazio hai saputo dare loro una connotazione esatta nei loro tratti comportamentali, non è sempre facile quando si descrivono infanti. Il problema, però, è tutto il resto.
La loro curiosità le porta a cercare di dare una sostanza all'ignoto, spinte dal divieto di un adulto, come fanno spesso i bambini, questo è positivo si, perché realistico, ma sinceramente l'ho trovato noioso, senza un finale che mi abbia dato la giusta ricompensa per essere arrivato fino alla fine. Nella cantina ci sono animali impagliati, cosa che di sicuro agli occhi di un bambino è qualcosa di allucinante, inaspettato e fonte di grande inquietudine, almeno lo sarebbe stato per il sottoscritto. Ma finisce là.
Non c'è altro. Si allude ad una botola, buttata lì tanto per, avrei preferito qualcosa di più potente, qualcosa che lasciasse il segno, anche minimo, ma così non m'è rimasto niente dentro, vuoto totale. Far bere l'acqua scendendo le scale, tra un piano e l'altro, è una pausa senza scopo, se non quello di dare un ritmo più lento ad una faccenda già lenta, li ho visti come caratteri sprecati visto che poi alla fine non ha nessuna influenza di fondo. Purtroppo con soltanto 3333 caratteri a disposizione ogni parola va soppesata.
Il tema è centrato al 50%, diciamo. Per come l'ho letto io, hai trattato Il limite nella visione fanciullesca della realtà, per l'appunto limitata, ma non viene enfatizzata a dovere, si lascia intendere, ma non c'è un focus al riguardo.
Spero di non essere stato troppo duro. Alla prossima.

Elisa oltre le rose - Emanuela Di Novo
Ciao Emanuela, benvenuta! Lieta di leggerti.
Allora, inizio col dirti che il racconto mi è piaciuto molto!
Veniamo al dunque, Paolo è un bambino curioso e vivace, un sognatore, e questo è ben reso dal suo comportamento che hai descritto. L'idea di un geco con la pettorina è bellissima, davvero adatta al contesto, poiché solo un bambino potrebbe farsi venire in mente una stramberia del genere. L'ho apprezzata tanto che mi è dispiaciuto quando la madre gliel'ha confiscato!
Ai fini della trama non ha molta valenza, ma essendo davvero carina e caratterizzante ci sta. Ma andiamo oltre.
Si viene a capire che ci si trova in una sorta di zona particolare, non proprio un isolato ordinario, visto la madre parla di un centro ricerche. Qui, ho da ridire, ma lo farò dopo.
Ostinato, Paolo decide di andare oltre al roseto, quando un bimbo decide di trasgredire, lo farà senza remore.
E qui, la meraviglia.
L'ambientazione è fumosa ma molto evocativa. L'idea di un caseggiato circondato dal nulla (costruito dagli adulti? in che senso? piuttosto che lasciare un'informazione del genere senza approfondimenti era meglio non fornirla) che divide altri caseggiati è davvero fiabesca. Ci si sposta con mezzi volanti da un posto all'altro, non viene spiegato il percome o perché, un po' dispiace ma è sufficiente anche così, lasciare all'immaginazione le varie implicazioni. Mi ha ricordato un po' Myazaki, come ambientazione, non so, le vibrazioni che mi ha dato erano simili. È un bel complimento!
Per tornare sul centro ricerche, non è stata molto chiara la cosa. Che implicazioni ha ai fini della trama? Non fornisci ulteriori spiegazioni, quindi rimane un po' appesa la cosa, non si capisce. Poi il codice morse è una cosa un po' forzata forse, per un bambino (anche se non si conosce la sua età) ma si può lasciar passare tutto sommato.
Per il resto che dire, è un racconto che mi è piaciuto davvero molto, tra quelli che ho apprezzato di più.
Il tema è centrato, i limiti sono quelli imposti ad un bambino su ciò che può fare e cosa non può fare, che vengono prontamente infranti. Non solo, una seconda chiave di lettura volendo è per il "nulla" che circonda le abitazioni, anch'essi limiti.
Piccola nota: la frase "Accidenti, mamma lo vedrà e mi metterà in punizione." andrebbe messa in corsivo, poiché non è né un dialogo diretto né scritto narrato ma un pensiero del soggetto, se non lo metti in corsivo o almeno tra virgolette non si sa come interpretarlo perché si passa dalla narrazione alla prima persona.
Sei stata una piacevole sorpresa in questo girone, spero di leggere altro, in bocca al lupo, alla prossima!

Oltre la baita - Egle De Mitri
Ciao Egle, benvenuta nell'Arena.
Allora, il tuo racconto è pieno zeppo di dettagli e descrizioni, forse troppe, rispetto a tutto il resto. Mi spiego.
Hai utilizzato la quasi totalità dei caratteri a tua disposizione per descrivere l'ambientazione montana, (sebbene ad un certo punto hai utilizzato il termine salsedine, che mi risulta si trovi solo in zone marittime, ma poco importa) lasciando al resto della trama, allo svolgimento vero e proprio dei fatti, poco spazio.
Non volermene, sei anche brava nell'utilizzare termini che rendono la descrizione evocativa, utilizzando parole giuste che riescano ad entrare nell'immaginazione del lettore riuscendo a delineare le giuste immagini. Davvero, su questo nulla da dire se non i miei complimenti. Ma ce ne sono troppe. Troppe descrizioni, troppi pendii, sentieri scoscesi, curvi, brevi, lunghi.
Troppe immagini e poca carne al fuoco, di fatto.
Accenni di una madre che si lamenta della figlia maggiore, motivo per cui forse la protagonista fugge cercando rifugio nel tentativo di superare i suoi limiti, finché non si imbatte in un lupo, o un orso.
Tutto qui?
Secondo me si poteva fare di meglio, rinunciando magari a qualche descrizione in favore di trama, eventi, fatti.
Il tema è centrato, perché Elena tenta di superare i propri limiti nello sciare su zone impervie, in una sorta di reazione emotiva nei confronti della madre che la bistratta.
Voglio dirti una cosa, perché è la tua prima edizione: l'Arena è un posto crudo dove le cose ti vengono sbattute in faccia, che siano buone o cattive, ma non dimenticare mai due cose; la prima è che ogni giudizio è soggettivo, per quanto possa trovare favore spesso condiviso fra più utenti che lo possono rendere oggettivo ai tuoi occhi e a volte e così, a volte no. La seconda è che ogni critica, quando costruttiva, è finalizzata alla crescita personale, perciò non farti buttare giù, ma cerca di migliorare di volta in volta. Io ne so qualcosa!
Detto questo, a presto rileggerti, in bocca al lupo!

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Andrea Lauro
Messaggi: 596

Re: Gruppo TRE NUMERO PERFETTO: Lista racconti e classifiche

Messaggio#4 » giovedì 23 aprile 2020, 21:00

Caspita ragazzi, questo girone era carico di pezzi da novanta. Complimenti a tutti per le letture.

CLASSIFICA

1. Il bosco di Valbassa, di Andrea Partiti
2. Un uomo nuovo, di Agostino Langellotti
3. Crudele Paradiso, di Gabriele Dolzadelli
4. Limiti, di Wladimiro Borchi
5. Oltre la baita, di Egle Di Mitri
6. La cantina, di Giulio Marchese
7. Lo strappo nel cielo, di Axa Lydia Vallotto
8. Elisa oltre le rose, di Emanuela di Novo
9. Un uomo fortunato, di Isabella Valerio

Il bosco di Valbassa, di Andrea Partiti
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Un uomo nuovo, di Agostino Langellotti
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Crudele Paradiso, di Gabriele Dolzadelli
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Limiti, di Wladimiro Borchi
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Oltre la baita, di Egle Di Mitri
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La cantina, di Giulio Marchese
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Lo strappo nel cielo, di Axa Lydia Vallotto
► Mostra testo

Elisa oltre le rose, di Emanuela di Novo
► Mostra testo

Un uomo fortunato, di Isabella Valerio

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luca.pagnini
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Re: Gruppo TRE NUMERO PERFETTO: Lista racconti e classifiche

Messaggio#5 » venerdì 24 aprile 2020, 18:24

Limiti di Wladimiro Borchi
Ciao Wladimiro. Tema più che centrato e racconto scritto benissimo su cui, se non fossimo in questo contest, non avrei nulla da dire. Siccome però qui ci siamo, ti dico qualcosa che, uscendo dal limite di caratteri, forse potrebbe arricchirlo. Benché tutto un po’ stereotipato, la storia e i personaggi ci sono, ciò che andrei a modellare allora è la “psicologia” di Andrea. Da un topo di biblioteca, benché giovane (ma visto il finale, non poi così giovane, almeno di testa), mi aspetterei un ragionamento più fine, qualcosa che ci faccia entrare nel crescendo della rabbia e nella costruzione della sua vendetta, la butto lì, tipo dei rimandi a citazioni letterarie (non troppo ricercate, ovviamente) con le quali affiancare le voci di mamma e papà. Questo è solo un esempio, in definitiva mi sarebbe piaciuto vedere di più la rabbia propria di Andrea, così come dovrebbe essere in lui e non come ci immaginiamo sia in un ragazzo cicciottello bullizzato.

Il bosco di Valbassa di Andrea Partiti
Ciao Andrea. Il tuo racconto mi è piaciuto molto. Bella l’idea, interessante lo sviluppo e la gestione del ritmo. Secondo me però manca di due ingredienti: il primo è il motivo, anche solo accennato se vuoi, del perché esista un bosco del genere e nessuno, sebbene vi scompaiano addirittura gli “sciocchi”, se ne preoccupa; il secondo è il finale aperto, che sono anche un mio pallino, ma così un po’ troppo. A mio modestissimo parere se aggiusti questi due elementi, hai in mano una bella storia weird. Complimenti comunque.

Crudele Paradiso di Gabriele Dolzadelli
Ciao Gabriele. Anzitutto preciso che il racconto mi è piaciuto e gli appunti che dirò fanno solo parte del “gioco”. Ci sono almeno due elementi che mi lasciano dubbioso. Il primo è l’uso del passato nel racconto di un “defunto”. Lo so che questo è un tema dibattuto da anni e forse non ha nemmeno tanta importanza parlarne a livello teorico, però quando capita di leggere qualcosa del genere (come questa volta) almeno a me resta l’amaro in bocca, come se tutto perdesse un paio di valori nella scala della narrazione. Non è un caso se i grandi si sono spesso inventati situazioni “meravigliose”, in questo caso però, secondo me, basterebbe cambiare il tempo della narrazione se vuoi mantenere il pdv del protagonista, oppure cambiare proprio il pdv del narratore e lasciare il tempo al passato. Si tratta solo di tecnica, però alla fine è un elemento sostanziale. Il secondo elemento che mi ha un po’ pesato, è il fatto che il racconto, benché breve, punta da subito sul colpo di scena finale e più volte leggendolo ho avuto l’istinto di saltare all’ultima parola perché ero certo che lì avrei capito tutto. Da un lato questo è un bene, perché attacchi il lettore al racconto, ma se diventa subito evidente che tutto si svelerà con l’ultima parola, allora, almeno per me, è troppo… è troppo perché, per esempio, mi perdo tanto di quello che c’è prima, come la descrizione dell’attimo precedente la fuga, che meritava (da parte mia) più attenzione e invece, andando di corsa, me lo sono dovuto rileggere dopo.

Un uomo nuovo di Agostino Langellotti
Ciao Agostino. Bella prova, mi è piaciuta. Sono in difficoltà perché non posso scrivere 300 caratteri tanto per fare, ma qui davvero non saprei cosa dire per aiutarti. La storia è coerente, i personaggi pure, compreso lo psicologo, l’unica forzatura può essere la sua presenza sul posto, ma diciamo che è un elemento sul quale almeno io posso tranquillamente soprassedere. Guarda, rileggendo una seconda volta, toglierei l’ultima riga, quello che dice è già stato chiarito benissimo nel corpo del racconto, ribadirlo è un di più che secondo me toglie forza alla penultima riga che, invece, potrebbe sancire un finale col botto semplicemente rovesciandola:
Mostrando alla folla i diti medi, urlo - Fanculo!!
Comunque sia, complimenti.

Un uomo fortunato di Gennibo
Ciao Isabella. Anzitutto devo ammettere che, per limiti miei, fatico molto a leggere storie in cui c’è tanto raccontato e poco mostrato. Tra l’altro nella tua storia ci sono tante scene (l’incontro col padre, la rapina, l’incidente, il ritorno da Amalia) che mostrate, invece che raccontate, avrebbero reso molto di più. Alla fine, in effetti, ci mostri un parte di evasione, ma qui sono incappato in un altro problema, la presenza di troppi temi. In poco più di 3000 caratteri troviamo di tutto, il che non è un male per forza, però è chiaro che ci vuole davvero tanto lavoro per arrivare a sintetizzare bene così tanti argomenti, e forse 4 ore non sono sufficienti. Il finale poi, secondo me, risente di questa sovrabbondanza e, almeno io, non ho capito dove sei andata a parare: lui che diventa guardia notturna in una banca, senza gambe? Che significato ha questa cosa, se ce l’ha? Lui che tramite internet scopre addirittura che lei è scappata con i suoi soldi, lo ha scritto davvero su Facebook? E l’amicizia dove sarebbe? Insomma, sembra che il racconto sia la sinossi di un romanzo, in cui tante cose vengono accennate ma non spiegate, fino a rendere il tutto troppo vago. In merito al tema non so se lo hai preso, scrivere che lui era bravo a valicare i limiti mi sembra poco. Attenta a quelle “macerie dell’auto”, io direi “rottami”.

Lo strappo nel cielo, di Axa Lydia Vallotto
Ciao Axa. Premetto che raramente apprezzo storie apocalittiche perché ormai ne sono state scritte di ogni tipo e si rischia di leggere sempre le stesse cose. In questo caso c’è qualcosa di “fresco” che potrebbe sollevare il racconto, ma ci dovrai lavorare molto. Già l’incipit è troppo lungo, e non si capisce perché questa Tempesta debba essere qualcosa di speciale. Il colpo di scena finale non è sufficiente, per me, a convalidare il resto del racconto. In pratica la storia si potrebbe sintetizzare tutta in pochissime battute, quindi sarebbe stato interessante almeno capire qualcosa di più su questo mondo di cui, a parte la guardia del protagonista (ma guardia per cosa?), sappiamo troppo poco. Per esempio sarebbe stato interessante sapere cos’è successo prima (anche se solo accennato), oppure capire l’organizzazione (al di là della scontata “anziana/maga/strega” di turno), insomma, ampliare quegli accenni fatti con l’Apple e i riferimenti alle case e utilizzare i caratteri, non per portare avanti la storia, che puntava dritta al colpo di scena finale, ma per illuminare il mondo in si svolge. Attenta: “Come se le stelle hanno deciso” – “avessero deciso”.

La cantina di Giulio Marchese
Ciao Giulio. Devo ammettere che il racconto non mi ha mai preso, eppure dovrebbe essere un thriller, quindi questo è un problema. Al di là dei miei limiti di lettore, credo che il punto sia nella mancanza di empatia con i personaggi nonostante che, questo sì, siano delineati molto bene. Per essere con loro bisogna riuscire a trasmettere le loro sensazioni e questo soprattutto in questo genere di racconti. Ti faccio un esempio, prendiamo questo pezzetto: “Oltre la soglia era buio e c’era uno strano odore. Alessia cercò un interruttore ma non ne trovò alcuno, così decise di immergersi nell’oscurità.” Se invece avessi scritto: “Oltre la soglia era buio e c’era uno strano odore. Alessia fece scivolare la mano sinistra sul muro, mentre con la destra cercava Carla. Le dita toccarono qualcosa di ruvido – un mattone? Poi di liscio, viscido. Di scatto ritrasse la mano. Il respiro le si bloccò e il cuore sembrò uscirle di gola…” E così via. Sono banalità buttate lì, ma è per rendere l’idea. Dobbiamo vedere (sentire, toccare) e, in questi casi ancora di più del solito, esserci, spero di essermi spiegato. Il finale non mi dispiacerebbe ma dovrebbe essere arricchito, fosse un romanzo niente da dire, ma in un racconto che non avrà seguito serve qualcosa, magari degli accenni disseminati prima, così sembra buttato lì tanto per chiudere in qualche modo. Un ultimo dettaglio ininfluente, visto che c’è il pendolo, forse sembrerebbe più semplice spiegare il 12 con i rintocchi che poi, per l’appunto, serviranno a muoversi.

Elisa oltre le rose di Emanuela Di Novo
Ciao Emanuela. Allora, partiamo dal buono. L’idea di case sospese sul nulla, è talmente assurda che mi piace. Poi ci sono le altre trovate, tipo la pettorina al geco o l’alfabeto morse imparato chissà dove, che spiazzano ma rendono molto bene l’idea dell’assurdo in cui stiamo viaggiando. Cosa invece non va. Intanto il passaggio brusco dall’amore per il geco al bisogno impellente di superare il roseto. Bada bene, ci sta tutto, ma così è troppo repentino, è come se avessi scritto due capitoli di un romanzo: nel primo ci hai fatto vedere che Paolo ama il suo amico, nel secondo che se ne frega altamente e va all’avventura. Ecco, servirebbe un po’ più di amalgama, oppure il geco, che alla fine sembra solo un pretesto, può essere addirittura tagliato. Secondo aspetto da chiarire: chi sono e dove sono? Non che debba essere scritto un trattato scientifico, ma qualcosa va detto, altrimenti si resta nel campo dell’onirico, che può anche andar bene, ma dev’essere voluto, non per caso.

Oltre la baita di Egle De Mitri
Ciao Egle. Il tuo racconto è pieno di descrizioni e questo non è un problema in assoluto, lo diventa però se i caratteri da poter utilizzare sono pochi e alla fine resta poco per capire il resto. Ovviamente il mio è solo il parere di un lettore, quindi dipende molto anche dalla mia capacità di entrare nel racconto, ma qui ti confesso che,a parte la discesa descritta molto bene, non ho capito davvero nemmeno cosa sia successo. Accenni alla madre, ma con lei cosa accade o cos’è accaduto? E la baita, cosa succede lì? E dove va dopo? Poi l’incontro finale, mi sembra simbolico ma se dovessi dirti simbolo di cosa non saprei, forse sapere quale animale fosse aiuterebbe? Troppe domande per un racconto solo, peccato.

E questa la classifica:

1- Un uomo nuovo
2- Limiti
3- Crudele Paradiso
4- Il bosco di Valbassa
5- Elisa oltre le rose
6- La cantina
7- Lo strappo nel cielo
8- Un uomo fortunato
9- Oltre la baita

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Gimmi
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Re: Gruppo TRE NUMERO PERFETTO: Lista racconti e classifiche

Messaggio#6 » sabato 25 aprile 2020, 18:14

1 - Il bosco di Valbassa
2 - La cantina
3 - Limiti
4 - Un uomo nuovo
5 - Crudele paradiso
6 - Lo strappo nel cielo
7 - Un uomo fortunato
8 - Oltre la baia
9 - Elisa oltre le rose


Elisa oltre le rose

Ciao.
Trovo rischioso puntare su situazioni del genere. Perché o la svolta finale è forte, ma anche chiara da farmi capire il contesto (Es stupido: una persona che sta tutto il giorno seduta e non esce mai, e poi scopriamo che è in un manicomio) oppure rischia di essere qualcosa che non comprendiamo, con l'amaro in bocca di non sapere mai di cosa si tratti (come in questo caso, a meno che io non sia abbastanza stupido da essermi perso un particolare... cosa probabile tra l'altro). Questa qui poi è una questione che mi fa porre delle domande che non riesco semplicemente ad accettare rispondendomi "perché è così".
Tipo, il roseto era così alto da non far vedere in nessun altro punto? Allora scrivimelo (non accetto "un bambino è basso non vede al di là, perché un bambino fa una pila di scatole per vedere prima di infilarsi nelle rose... almeno, uno furbo).
In ogni caso ho fatto fatica a leggere il racconto, dovendo rileggere più volte le frasi per essere sicuro di aver capito bene. Come scelta delle parole proprio. Cercherei di essere più diretto e chiaro. Consiglierei di provare a riscriverlo tenendo a mente questi concetti.
Per finire, un dettaglio: in ogni corso di narrativa viene detto che bisogna fare economia. Qualunque personaggio, oggetto, dettaglio, scena, dialogo, luogo che non è utile (che non dice nulla di più di quello che è già stato detto) va tolto. Fred (qualunque animale sia) non è tra questi. Come il rimprovero della madre, non porta a nulla. Avessi raccontato la storia di un bambino curioso ma intimorito che non si azzarda ad andare al di là del roseto, ma la mamma è tremenda e quando scopre Fred glielo uccide davanti, spingendo il bambino a un bisogno di allontanarsi tanto da affrontare graffi e ignoto, allora ci trovo un senso.
Spero di essere stato più utile che ruvido.


Oltre la baia - Egle De Mitri

Ciao.
Ti scrivo quello che ho capito. La protagonista è una ragazza (?) che va contro gli ordini della madre pur di andare a sciare fuori pista (?). Scende inizialmente facendo un salto (che mi ha fatto pensare a una gara sciistica di salto... quelle con la rampa e tutto) e in fine che si incontra con un lupo.
Ho capito questo ma penso si intuisca che non ne sono sicuro. Non è male il tuo modo di scrivere ma l'ho trovato impreciso, restituendomi immagini contraddittorie. Un esempio è "Elena a quel punto girava intorno e tornava indietro, verso casa.
Girò intorno alla baita e le girò la testa." non capisco dove vada. Dov'è la baia, dov'è casa sua ecc.
Se in ogni caso che ho capito sono bene o male giuste, non la trovo realmente una storia e non posso dirmi colpito dalla scrittura così particolare (come dicevo prima della confusione) da dirmi coinvolto in una situazione. L'unico punto che si stava vagamente avvicinando a un interesse - per me - è quando parli della madre, perché mi aspetto un conflitto. Il fatto che abbia attirato l'attenzione più del finale, in cui la sbrighi in poche righe, la dice un po' lunga sul testo.
Il difficile in racconti così brevi è acchiappare fin dall'inizio con qualcosa di accattivante. Poche righe per presentare una contesto e poi l'amo che mi faccia abboccare.
Spero di non essere stato troppo ruvido e di aiuto.


La cantina - Giulio Marchese

Ciao.
Mi piace il ritmo asciutto e scandito del racconto. Una piccola introduzione di Alessia e poi succede quel che succede. Cercherei di fare un passo in più e chiedermi, cosa renderebbe ancora più coinvolgente la mia scrittura?
Parlo a livello di immagini che restituisci, suspense suscitata ecc. Lavorerei più sulle immagini, non so se mi spiego.
Per quanto la storia in sé, ho trovato carino il fatto che non ci fosse nulla di sconvolgente in cantina, anche se poi mi sbatti in faccia un altro mistero che non saprei mai. Quest'ultimo mi darebbe un po' fastidio, ma l'ho interpretata come una leggera presa in giro per il lettore e quindi ci sta.
Non avrei usato il termine figure spettrali, perché mi hai fatto visualizzare dei fantasmi che poi erano animali impagliati. Ho capito cosa intendevi, ma per giocare con il lettore devi utilizzare immagini che siano davvero fraintendibili. Se avessi messo cadaveri - dopo tutta la tensione caricata - mi sarei immaginato delle persone morte e subito dopo mi parli di animali imbalsamati, cosa che mi fa ripensare "che stupido che ho pensato subito male" e mi avrebbe divertito. La spiegazione non è delle migliori, perdomani.
Ps: cantina, nel titolo, lo metterei minuscolo.



Lo strappo nel cielo - Axa

Ciao.
Ciò che mi è piaciuto è una sorta di clima che hai ricreato nella mia testolina. Bello il cielo strappato.
Vedo due cose purtroppo abbastanza pesanti, però.
Una scrittura poco pulita e attenta. Una sorta di ripetizione e di cose poco mostrate e molto dette. A mio avviso non si dovrebbe scrivere cose di genere in prima persona se non si è molto capaci. Attenzione al condizionale.
Per quanto riguarda la storia, questo è l'inizio di un romanzo. Dà le basi per capire che siamo in un futuro post apocalittico (giusto?) e che c'è un discorso di sopravvivenza, anche se non di trama. Però non va bene - a mio avviso - come racconto breve. Non mi dona quella soddisfazione di aver letto un racconto in cui alla fine ho fatto "ooh", ma solo l'amarezza di un libro che non potrò leggere (se avessi scelto di farlo).
Perdonami se sono stato ruvido.


Un uomo fortunato - Gennibo

Ciao.
Trovo che grande pecca di questo racconto sia la troppo varia scelta delle tematiche. Cominci con lui che si fa viaggi mentali, scopriamo che è in prigione e senza gambe. E poi l'amore che poi è falso amore. L'evasione e l'amicizia.
Quello che voglio dire è che per racconti così brevi penso sia meglio focalizzarsi su un concetto solo e non buttare troppa carne al fuoco. Concetto che vale sempre, ma a maggior ragione in questo caso.
A far da ponte con questo argomento (della varietà) e quello che viene è sicuramente la scelta del dialetto. Un'altra sfumatura al racconto che non serve e porta solo a depistare il lettore (tra l'altro introducendola a un personaggio di cui non si sapeva niente finché non sbuca per portarlo fuori. Cosa che non è consigliabile farla mai).
L'altro argomento che ti sottopongo è l'utilizzo delle parole. Anche se hai restituito abbastanza bene la montagna (ironico che fosse solo righe di colore) talvolta incappi in parole poco precise se non errate, come "macerie" per indicare le lamiere. Ma questi sono problemi che in revisione dovrebbero andare via e in un contest a tempo si è sempre un po' penalizzati.
Mio consiglio personale è cercare di focalizzare bene il tema e parlare di quello. Non intendo il tema "Limite" che a mio avviso dovrebbe solo sollecitare la fantasia e non imbrigliarla (come temo sia successo nel tuo racconto in cui pare che per essere sicuro tu abbia voluta spalmarla su ogni aspetto: con la fantasia all'inizio, con la mancanza delle gambe e la galera). Intendo il tema della tua personalissima storia.


Un uomo nuovo

Ciao.
Mi fa piacere vedere che alla fine non fosse uno scontato suicidio. Però non so se la cosa mi piaccia.
Nel senso che il guizzo finale dovrebbe essere un salire e non un scendere, se mi spiego. In ogni caso, per tenere segreta la fine, ci sono un po' di cose che puzzano come il fatto che il dottore non parli.
Sarebbe stato carino che fosse diventato così stronzo che alla fine è il dottore a spingerlo (senza elastico), ma questa è una delle solite cavolate che si scrivono dicendo "Eh io l'avrei fatto così", ma allora non sarebbe stato il tuo racconto e io avrei perso un'occasione per stare zitto.
Però il fatto che sia uno stronzo incide, ed è un particolare che non metterei se non è decisivo per la trama.
Porta attenzione sulle maiuscole dopo i due punti e alla punteggiatura prima e dopo le virgolette.


Crudele paradiso - Gabriele Dolzadelli

Ciao.
Sono sicuro che te l’abbiano già scritto (non ho controllato) che questo genere di racconti fa molto La sentinella. Che è sempre buona cosa evitare se non si ha una buona capacità nell’utilizzo delle parole. Rendere la solita storia una storia nuova (ma anche questa frase oramai è un cliché per ogni scrittore).
In ogni caso, se volessi imbattermi in questo genere di racconto cercherei l’originalità a costo della pelle. Il gatto forse… ecco. Hai capito, no?
Ma andiamo sul tecnico:
Le prime frasi sono un po’ contorte e ho dovute leggerle più volte. Ci vuole chiarezza.
Poi ti porto a ragionare sulle frasi che scegli come “Vedo alberi in fiore, prati accarezzati dal vento e uccelli che beccano il terreno alla ricerca di vermi” e ti chiedo, come posso restituire un senso di libertà senza l’utilizzo di frasi da discount? Scusami la ruvidità.
Il finale mi ha lasciato un po’ interdetto solo per una questione (forse discutibile), ovvero non definirei parola il verso del gatto. Ciò mi porta a pensare che a tutti i costi dovessi farlo finire così e questo ti ha penalizzato.


Limiti - Wladimiro

Ciao.
Non ti dico le cose belle perché le saprai già.
Mi interessava il fattore vescica, avrei voluto che fosse più presente nel racconto che era ciò che poi porta a diversificare un tema molto battuto. In generale penso ci sia stata molta detto e poco visto. O meglio, molte cose dette che si potevano far vedere. Giocare sui pensieri dei genitori e i suoi in modo così esplicito tolgono un po' di forza al racconto, secondo me.
Per uccidere un ragazzo penso che il limite da superare fosse un po' basso. O comunque non ho sentito quella tensione crescente per portarlo a uccidere un ragazzo. Mi dirai, gli ha fatto fuori il gatto (no?), sarà ben incazzato. Ma magari le motivazioni ci sono, ma quello che vorrei sentire è proprio il climax di tensione crescente.
Poi magari c'è e sono io che sono solo stupido.
Ma questa è un'altra storia


Il bosco di Valbassa - Andrea Partiti

Ciao.
Se non erro fai sempre racconti molto interessanti. Strozzati forse dal limite di caratteri.
Come mistero l'ho percepito originale e - ovviamente - volevo saperne di più. Forse per questo avrei preferito un finale emotivamente più incisivo. Ma sono gusti.
Ho apprezzato meno lo stacco tra una parte e l'altra, che poteva essere integrato tutto nel momento di viaggio o anche banalmente come flashback puro. Altra cosa che mi ha puzzato un po' è in sostanza la ripetizione delle regole sui cartelli stradali, che bene o male vogliono dire la stessa cosa. Ma mi sono chiesto se fosse voluta, specialmente dopo aver letto la seconda parte e in tal caso l'avrei calcato in modo che non sembrasse una svista o un riempitivo per fare più regole. Anche se fossero solo sei prendono molto comunque.
Mi è piaciuto la decrescita della velocità, ma mi sono chiesto se avesse fatto qualcosa di male che mi è sfuggito. Di nuovo, in tal caso, calcherei quell'errore. Ma i caratteri sono pochi, il tempo è tiranno, quindi immagino possa essere rivisto in futuro.

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filippo.mammoli
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Re: Gruppo TRE NUMERO PERFETTO: Lista racconti e classifiche

Messaggio#7 » domenica 26 aprile 2020, 10:45

Eccomi con la classifica e poi a seguire commenti in ordine sparso.

1. Un uomo nuovo, di Agostino Langellotti
2. Crudele Paradiso, di Gabriele Dolzadelli
3. Limiti, di Wladimiro Borchi
4. Il bosco di Valbassa, di Andrea Partiti
5. Elisa oltre le rose, di Emanuela Di Novo
6. La cantina, di Giulio Marchese
7. Un uomo fortunato, di Isabella Valerio
8. Oltre la baita, di Egle De Mitri
9. Lo strappo nel cielo, di Axa Lydia Vallotto

Limiti, di Wladimiro Borchi

Dunque dunque,
Ci rincontriamo signor Borchi (Cit.).
Questa volta tocca a me giudicare il tuo racconto.
E ti assicuro che è un piacere.
Si entra diritti nella psiche del ragazzino obeso e un po' nerd bullizzato dallo stronzo di turno.
Niente di originale nella trattazione del tema dunque, che è presente come limite fisico del protagonista e come limite che il bullo avrebbe fatto meglio a non oltrepassare. Ma è proprio nelle ambientazioni più classiche che si vede il talento.
Il tuo emerge cristallino anche qui: i pensieri del protagonista intervallati a giuste dosi all'azione che conduce sempre le danze. I dialoghi serrati e cattivi al punto giusto tanto da sembrare veri.
Il finale liberatorio è stato per me un punto dolente all'inizio perché non avevo collegato subito il gatto allo zippo e quindi allo smascheramento definitivo del bullo. Ma alla seconda lettura tutto è andato al suo posto.
Unico piccolo appunto: non mi piace mai quando il tema viene inserito nel titolo. Questo non cambia la sostanza del racconto.
Prova da podio, non c'è dubbio.

Il bosco di Valbassa, di Andrea Partiti

Ciao Andrea e ben ritrovato.
Il racconto parte molto bene, ci fai capire subito qual è il taglio che intendi dare alla storia.
Si entra dentro a questo strano mondo, che mi ricorda qualche libro o racconto di Stephen King.
L'atmosfera è preparata alla perfezione e i tempi sono ben dosati. Un linguaggio dall'incedere sommesso, che fa crescere piano piano la tensione. C'è anche una gradevole nota ironica nei pensieri del protagonista che vede abbassarsi sempre di più il limite, trattato in modo molto originale.
Si arriva in fondo presagendo a bramando il colpo di scena, tutto è stato condotto alla grande.
Solo che il colpo di scena non arriva.
Magari non è sempre necessario il plot twist o il finale a effetto ma io, arrivato in fondo, mi sono sentito orfano.
Un'ottima prova fino alle ultime due righe.

Crudele Paradiso, di Gabriele Dolzadelli

Ciao Gabriele e piacere di rileggerti.
I tuoi racconti sono sempre tra quelli che più mi piacciono per stile e originalità.
Direi che anche stavolta hai colto nel segno.
Mi piace il tuo stile, lucido e lineare senza troppi ghirigori. Giochi con il lettore come il gatto con il topo, è proprio il caso di dirlo.
Il limite è fisico, oppressivo e ben visibile.
Il protagonista gestisce il conflitto interiore tra naturale desiderio di superamento del limite e paura dell'ignoto che si cela oltre il limite stesso.
Risolvi tutto con un Miao che a me è parso geniale!

Un uomo nuovo, di Agostino Langellotti

Ciao Agostino,
A memoria mi pare che i tuoi racconti mi piacciano sempre.
Questo non è da meno.
Bella la narrazione in prima persona di uno spaccone che si fa beffe dello psicologo /psicanalista e rivela la sua conversione al lato oscuro.
Via via che vai avanti, con quel registro sporco ben modulato, ci si chiede dove ci vuoi portare, perche6il climax è costante ma non può durare all'infinito, soprattutto perché i caratteri finiscono, e qui lo fanno anche abbastanza presto.
Quel dito medio finale è rivolto anche a noi, che ci chiedevamo come ne saresti uscito.
È ne sei uscito alla grande, con un twist che ci sfancula senza tanti fronzoli.
Per me una grande prova!

Un uomo fortunato, di Isabella Valerio

Ciao Isabella,
Inizio subito col dire che il racconto parte anche abbastanza bene, la prosa è veloce e fluida e ti tira dentro la storia senza chiedere permesso. Forse non mi è chiara la funzione della divagazione sul programma TV dello scalatore, ma comunque ti cala nell'atmosfera del carcere. Poi però, con i flashback, qualcosa inizia a incepparsi e può darsi che sia colpa mia, però non ho capito con chi sia stato scambiato Raffaele trovato in fuga in auto dopo una rapina. Anche un eventuale autista del rapinatore commette un reato. Comunque fin lì, ricordo della rapina, le gambe perse nell'incidente, l'amore per Amalia e il tradimento di quest'ultima, tutto ci può stare. Poi sono andato in confusione: ho perso l'aggancio con la vicenda di Salvo e dell'elicottero fino al finale che mi sfugge del tutto.
Una nota sul dialetto, che secondo me può dare una nota colorita di realismo se usato bene.
"Nuntè" lo avrei sostituito con "Nun te".
Infine, mi dispiace, ma ho visto poco presente il tema del limite.

Lo strappo nel cielo, di Axa Lydia Valloto

Ciao Axa,
Benvenuta nel contest, credo sia la prima volta che ti leggo.
L'ambientazione distopica non è male, mi ha ricordato un film visto qualche settimana fa in veniva creato un varco temporale, come uno strappo nel cielo per sottrarre materia ed energia a un universo parallelo, clone del nostro.
Non me ne volere, ma devo fare un'obiezione grammaticale.
"Come se le stelle hanno deciso di mettere su famiglia".
Nel discorso diretto secondo me ci possono stare anche errori vari, sgrammaticature che rendono l'idea della lingua, della cultura e dell'estrazione sociale del personaggio.
Ma nei pensieri in prima persona del protagonista non mi priverei dell'uso del congiuntivo.
Poi ci ho visto troppa roba insieme e poca chiarezza, poca linearità nella trama. L'anziana, le reliquie di un Prima che fu, la Tempesta lo strappo e le varie diavolerie. Secondo me in 3333 caratteri è difficile caratterizzare e sviluppare bene un racconto con tutta questa carne al fuoco. Carino l'accenno finale alla reliquia tecnologica, in particolare della Apple, ma ho aspettato il finale per scoprire come entrasse il tema.
Forse il limite è quel confine rappresentato dalle Alpi.
Anche il finale mi è rimasto un po' oscuro.
Peccato.

La cantina, di Giulio Marchese

Ciao Giulio, ben ritrovato.
Inizio dalle cose che mi sono piaciute.
Il tema è ben presente e trovo carina l'idea del limite delle bambine che sono in bilico tra rispetto delle regole imposte e trasgressione per scoprire da sole il significato di quel limite.
La prosa è molto buona e scorrevole, i dialoghi realistici.
Peròanca del tutto il sussulto, ho trovato lo scorrimento dell'azione un po' troppo piatto e statico.
Anche la presunta sorpresa finale nel trovare gli animali impagliati, non mi ha dato lo scossone che attendevo.
Perché la scena era anche ben preparata, ma devi ammettere che la scolta horror in stile King sembrava davvero dietro l'angolo.
Una prova discreta a cui è mancato quel quid.

Elisa oltre le rose, di Emanuela Di Novo

Ciao Emanuela e ben trovata,
Credo sia la prima volta che leggo un tuo racconto.
In parziale dissonanza con gli altri del mio gruppo, ti dico subito che il racconto mi è piaciuto.
Il tema è chiaro e presente e l'ambientazione fantascientifica o distopica piena di divieti e regole assurde soprattutto per un bambino è interessante e ben gestita.
Certo ci sono alcuni aspetti che andrebbero migliorati.
La scena del geco, che di per sé è funzionale e interessante per la psicologia del bambino, resta un po' incompiuta.
La tua prosa è buona e scorrevole, mi piace.
Un altro piccolo difetto, secondo me, è il finale.
Non è male ma lascia un po' troppo in sospeso.
Il colpo di scena a effetto non è sempre necessario, ma quando mancano i sussulti sarebbe gradito.
Per me resta comunque una buona prova.

Oltre la baita, di Egle De Mitri

Ciao Egle,
Piacere di leggerti per la prima volta.
Si capisce che sai scrivere, ma la storia secondo me è un po' fumosa. Ti dirò che arrivato in fondo mi è rimasto un po' poco.
Quasi tutto il racconto è focalizzato sulla descrizione maniacale ed eccessiva dello stato d'animo di Elena e dei suoi gesti. Alcune immagini sono belle ed efficaci, ma vedo troppa descrittività per poi raccontare ben poco dell'azione, del perché la madre la sgridasse (la richiamava in quel momento o stava solo ricordando?) e di cosa stesse cercando Elena con la sua piccola disobbedienza o evasione.
Il finale poi è affrettato e sbrigativo e non lascia molto, a parte uno sguardo e la fuga immediata.
Anche il concetto di limite mi pare che compaia in modo un po' troppo fumoso.
Ottime potenzialità di scrittura da affinare per metterle al servizio di una reale narrazione, di uno sviluppo di una storia in cui si vada da un punto a un'altro magari dicendoci qualcosa.
Alla prossima.

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emiliano.maramonte
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Re: Gruppo TRE NUMERO PERFETTO: Lista racconti e classifiche

Messaggio#8 » domenica 26 aprile 2020, 16:37

Eccomi qui.
Classifica e commenti: fatto!
Buona Edition a tutti!

1. LIMITI di Wladimiro Borchi
2. IL BOSCO DI VALBASSA di Andrea Partiti
3. UN UOMO NUOVO di Agostino Langellotti
4. Un uomo fortunato di Isabella Valerio
5. LO STRAPPO NEL CIELO di Axa Lydia Vallotto
6. CRUDELE PARADISO di Gabriele Dolzadelli
7. LA CANTINA di Giulio Marchesi
8. ELISA OLTRE LE ROSE di Emanuela Di Novo
9. OLTRE LA BAITA di Egle De Mitri


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COMMENTI

LIMITI di Wladimiro Borchi
Ormai sei una garanzia: la penna è diventata esperta e ci sono qua e là nei tuoi racconti recenti colpi da maestro e piccole astuzie davvero apprezzabili, da scrittore consumato.
In particolare questa storia è avvincente e, per certi aspetti, un archetipo universale sempre valido ma a rischio banalità. Qui, invece, tu sei riuscito a dare quelle pennellate per modellare il tema in maniera molto interessante. Le prime righe sono da antologia, con un brio e un'ironia non comuni. Il ciccione vessato dal bulletto della scuola torna spessissimo nei film e nell'immaginario collettivo, e la conclusione delle vicende, di solito, può condurre sempre a un'unica soluzione: il suo riscatto, la sua vendetta. Una tremenda vendetta.
Ho apprezzato il piano diabolico e la risoluzione finale, con il gesto estremo che segna il superamento del limite (da qui il tema centrato).
Tuttavia, nonostante una moltitudine di lati positivi, il testo mi ha lasciato addosso una strana sensazione di "irrisolto". Mi aspettavo una correlazione più sinergica tra il problema di incontinenza di Andrea e la vendetta finale, mi aspettavo qualcosa in più. Credimi, non so cosa, non riesco a essere più preciso.
Molto chiara la questione dell'accendino: è un dettaglio intelligente per riannodare tutti i fili della trama, bravo!
Qualche sciocca sbavatura tecnica che nemmeno ti riporto perché si tratta di modi di vedere.

IL BOSCO DI VALBASSA di Andrea Partiti
Questo tuo nuovo lavoro mi ha lasciato dentro diverse sensazioni positive, intese come punti a tuo favore. Nel complesso la storia è giocata tutta sull'atmosfera e sull'ansia derivante dal rispetto delle famigerate regole del bosco. E qui è tutto molto interessante e costruito benissimo, sin dalla prima, riuscitissima parte. Nella seconda sei stato molto abile a costruire la tensione con il continuo abbassamento dei limiti di velocità che palesano la volontà di un qualcosa che abita il bosco. Io, in realtà, ci ho visto qualcosa di più grande: il bosco è un organismo vivente che tenta di fagocitare gli esseri viventi con delle diaboliche astuzie.
Capisco le obiezioni di chi mi ha preceduto: effettivamente il finale appare monco ma, a mio parere, non così monco da invalidare un testo insolito e particolare, colmo di atmosfera e/o suggestioni. Se poi vogliamo interpretare la storia sotto un profilo più prosaico, e bé, purtroppo proprio sul finale manca di quel quid che avrebbe chiuso alla perfezione il cerchio.
Forse manca un po' di semina (come dice l'Antico) nella parte centrale. Se avessi fatto qualche accenno, chessò, a morti misteriose o a rinvenimenti di animali divorati o altro, il lettore avrebbe avuto qualche input in più per integrare lo scenario da te suggerito.
Rimango dell'idea, alla fin fine, che il racconto abbia qualcosa da dire e abbia un suo perché.

CRUDELE PARADISO di Gabriele Dolzadelli
La cosa che ho apprezzato di più di questo racconto è il colpo di scena: totalmente inaspettato e capace di stravolgere l'intera costruzione mentale che mi ero fatto durante la lettura.
A parte questo, ho avuto la sensazione (ma spero di sbagliarmi di grosso) che il racconto sia stato scritto con un pizzico di svogliatezza. Solitamente i tuoi testi sono ben curati, con un'attenzione alla forma e allo stile; qui invece siamo al limite del minimo sindacale, con una prosa semplice, quasi lineare direi e con periodi che potevano essere limati o costruiti meglio.
Poi ho rilevato (e anche in questo caso correggimi, se sbaglio), un cambio di tempi verbali che generano una specie di discrepanza. All'inizio il presente è più che giustificato perché stai seguendo in presa diretta l'azione dei gattini, poi da "Attesi a lungo", usi il passato. Quindi è un'azione che si è già svolta e conclusa o il protagonista rievoca un ricordo ancora vivido prima di finire sotto l'automobile? O che altro? Faccio fatica a comprendere.
In definitiva: pollice su per la trovata, un "ni" per lo svolgimento.

UN UOMO NUOVO di Agostino Langellotti
Un uomo nuovo. Una presa di coscienza bella forte. La liberazione da certi tabù, da vincoli o remore. E infine il grande salto, reale, figurato, simbolico... poco importa.
Al di là della presenza o meno del terapeuta come personaggio attivo, il quasi monologo di Mevio è molto molto gradevole, col giusto miscuglio di brio, ironia, inettitudine. E' una specie di lungo crescendo che giunge a un culmine in cui mi aspettavo un suicidio e invece è arrivato qualcosa di più efficace, anche a livello narrativo.
E' come se il protagonista ci avesse detto: "Incosciente sì, ma non scemo. Io la vita, da ora in poi, me la voglio godere al massimo!"
Il messaggio non è condivisibile in toto, ma arriva dove deve arrivare.
Qualche sfrondatura qua e là ci sarebbe stata bene, soprattutto in alcuni momenti del discorso diretto, però il racconto fila. L'ho apprezzato.

UN UOMO FORTUNATO di Isabella Valerio
Le tue storie possono avere vari difetti, ma nessuno può dire che non siano autentiche, oneste.
Qui hai raccontato una storia essenziale di un uomo che subisce delle sfortune e, nonostante questo, prova a guardare al futuro con una certa carica di positività, soprattutto per amore della sua Amalia.
Di inconvenienti ce ne sono e, secondo me, derivano soprattutto dalla "smania" di voler mettere dentro gli spazi consentiti tutto quello che l'ispirazione ti suggeriva, e poi hai provato a strutturare le varie fasi del progetto iniziale, ma ci sei riuscita a metà.
Ci sono dei passi che sono scritti benissimo. Questa similitudine: "[...] come un pasticcino osservato da una vetrina o messo in bocca con la saliva che sprizza gioia" da sola vale tutto il racconto, ed è una delle più belle ed efficaci che ho trovato nelle ultime edizioni di Minuti Contati.
Peccato per la confusione con i tempi verbali (ma hai spiegato che è un effetto da te voluto...). Bene il finale: l'ho trovato intelligente e amaro allo stesso tempo.
Attenzione: "macerie della macchina", al massimo "lamiere (contorte) della macchina".
Nel complesso, racconto molto interessante, ma c'è da lavorarci un po' su. Migliorabile.

LO STRAPPO NEL CIELO di Axa Lydia Vallotto
Ebbene, vado un po' in controtendenza rispetto a chi mi ha preceduto.
Sono un amante incallito di fantascienza e ho letto il tuo racconto con molta attenzione.
Non ho potuto non tenere conto della tua risposta in cui dici di aver dovuto scrivere con molto ritardo, addirittura dopo mezzanotte, quindi l'attenuante c'è, se non altro per inquadrare il faticosissimo decollo della storia e le numerose imprecisioni nell'incipit. Però poi la trama alza il tono e si fa più sorvegliata e pulita.
Sarà che il tema apocalittico è piuttosto abusato, ma mi è piaciuto il modo in cui lo hai modellato, e cioè con riferimenti a un Prima (con indizi sfiziosi sulla tecnologia attuale, Apple su tutti...) e con la ricostruzione di una società futura regredita che richiama i sapori e le suggestioni di Mad Max e similari.
Ho gradito molto il richiamo a una non meglio precisata "Tempesta", all'evocativo "strappo nel cielo" e poi il culmine finale col colpo di scena delle Alpi, che ha riabilitato alcune zoppie della trama.
Non male, niente di clamoroso, ma racconto da tenere in buona considerazione.

LA CANTINA di Giulio Marchesi
Il racconto mi è piaciucchiato, soprattutto il finale. Scorre abbastanza bene, con qualche intoppo dovuto a lungaggini e alleggerimenti che dovevi fare, trattandosi di una storia dalle tinte thriller e mistery (quindi bisognava battere sul dinamismo della narrazione), e, come ti ha fatto notare qualcuno, l'incipit è appesantito da troppe informazioni evitabili.
Sicuramente la curiosità è stata forte di capire dove volessi andare a parare e la risoluzione della vicenda è un NI bello grosso, in quanto ho trovato intelligente l'intuizione di spostare il limite ancor più in là (una botola che diventa una nuova sfida per le bambine, che già hanno messo in campo tutto il loro coraggio per scendere in cantina), ma dall'altro lato manca di uno "schiaffo" al lettore. Quando sono arrivato alle ultime righe mi sono detto: "Be', ci sono animali impagliati, magari il nonno ha impagliato pure il cadavere di un essere umano...", e invece niente di tutto questo. Non che sia un difetto grave, ma avrebbe dato quello sprint in più alla trama.
Qualche problemuccio nel comparto tecnico:
- Disattenzioni sulla punteggiatura (ma a MC ci può stare, succede anche ai migliori...)
- "Qual'è" con l'apostrofo; a voler seguire l'Accademia della Crusca, assolutamente non è tollerato (se non in alcune forzature giornalistiche ed "eretiche")...
- Troppi possessivi, "sua", "sue", e ripetizioni "sua amica", "sue amiche", che indispettiscono il lettore.
- "Mezza notte", ovviamente è "mezzanotte", ma, anche in questo caso, posso attribuire questa svista al meccanismo infernale di MC.

Nel complesso, voglio accreditarti una quasi sufficienza.

ELISA OLTRE LE ROSE di Emanuela Di Novo
Ho letto questo racconto oscillando tra un interesse partecipato e il distacco indispettito.
L'idea centrale ha un certo fascino, peccato che il quadro complessivo si intraveda appena attraverso una grande coltre di input affastellati lungo tutta la durata del testo. Mi sarebbe piaciuto ottenere più informazioni sul Centro Ricerche, sul perché di questo limite imposto e, soprattutto, sul mezzo monoposto il cui ruolo sembra un po' buttato lì in maniera telefonata.
La parte centrale è, secondo me, inutile: le lungaggini col geco e la mamma potevano essere sacrificate a favore di un ampliamento delle informazioni per il lettore, invece la parte più importante - il finale - è stato pesantemente penalizzato, perché in fin dei conti, il flusso narrativo è interrotto proprio al picco emotivo del climax.
Dalla tua ci sono però una buona penna (il testo è abbastanza pulito e sorvegliato) e un'atmosfera vagamente fantascientifica che sfocia nell'onirico e in quel "non detto" che a tratti fa piacere, perché lascia buoni spazi al lettore per fantasticare.
Buona prova, ma assai migliorabile.

OLTRE LA BAITA di Egle De Mitri
Dico subito che il racconto non è scritto malaccio ed evoca delle buone immagini, soprattutto relative alla maestosità e alla potenza delle montagne. Nulla da dire sulle descrizioni e sul tentativo di farci entrare nella dinamica della caparbietà della protagonista, la quale ingaggia una specie di battaglia personale contro la natura e contro se stessa. Con enorme difficoltà, il senso del racconto si evince, ma quello che manca davvero è una spina dorsale, un vero e proprio filo conduttore che conduca per mano il lettore fino al finale abbastanza suggestivo dell'incontro reale/simbolico con l'animale selvatico (un lupo? un capriolo? un orso? un cervo?).
La sensazione generale è che tu abbia voluto raccontarci il superamento di un limite personale, attraverso il tentativo di suggerire dei frammenti di un puzzle, ma questi pezzi alla fine non si incastrano bene tra di loro, pur indicando la possibilità di una composizione coerente.
Peccato, perché le storie con una simbologia natura/animo umano colpiscono sempre nel profondo.

Dario17
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Re: Gruppo TRE NUMERO PERFETTO: Lista racconti e classifiche

Messaggio#9 » domenica 26 aprile 2020, 22:38

1) Limiti
2) Il bosco di Valbassa
3) Lo strappo del cielo
4) Crudele Paradiso
5) Un uomo nuovo
6) La cantina
7) Elisa dietro le rose
8) Oltre la baita
9) Un uomo fortunato




Limiti

Argh, i miei occhi! Mi piacciono molto i testi scritti con font diversi per caratterizzarli meglio, ma magari qualche misura più grande la prossima volta non guasterebbe.
Hai scelto un buon spunto per il concetto di limite principale: l'incontinenza è un fattore piuttosto simbolico, sopratutto quando ad esserne vittima sono i bambini/ragazzini ed il loro rapporto con le cause sono varie.
In questo caso è il bullismo, un tema piuttosto netto con cui hai costruito davvero bene la narrazione. La scrittura è fluida, il finale ben congegnato e lascia il segno.
Gli altri due concetti di limite (limite di sopportazione e limite di emorragia) ci stanno bene come contorno.
I personaggi sono un po' troppo classici e sullo sterotipato andante: il bullo fumatore, la madre più materna e conservatrice invece il padre più virile e deluso, ma non è poi questo gran difetto.
Buona prova.

Il bosco di Valbassa

Inanzitutto, complimenti per aver preso il concetto moderno di limite moderno più comune, ovvero il limite di velocità stradale, ed averlo ravvivato in un contesto così originale.
Inserisci bene il lettore nell'atmosfera e ne descrivi bene le caratteristiche.
Ecco, forse anche troppo.
L'elenco di norme poteva essere più conciso e comunque sortire l'effetto desiderato: la 1 e la 5 sono ridondanti, la 3 un po' vaga e inutile.
La seconda parte, quella d'azione, è scritta bene ed è sincopatica quanto serve.
Un paio di frasi meriterebbero una riscrittura più fine:
"Oreste ripete le regole e loro le ripetono. E le ripetono. E le ripetono finché non se le sono stampate in mente."
"...perso che avrei potuto godermi sul divano a guardare un film, a dormire, a leggere..."
Punteggiatura e congiunzione così attaccate e ripetute suonano un po' male.
Non male, davvero.

Crudele Paradiso

Giuro che fino a quando non ho letto del protagonista che si rannicchia in un angolo, ho pensato che fossero pesci rossi in una boccia (ovvero la Grande Vetrata) fin dall'inizio.
Il tema c'è ed è da manuale: il limite fisico di un confine da non superare.
È convincente l'antropomorfismo del protagonista, forse un po' troppo "overpower" quando dici che il gatto capisce benissimo il suo padrone anche in discorsi un po' complicati per un animale, ma non è un errore, solo una scelta tua personale di narrazione.
Anche tu hai scelto il finale in crescendo e funziona.
Eccessiva semplicità della trama? Forse.
Buona prova.

Un uomo nuovo

C'è solo un unico grosso inghippo in questo racconto: gli elementi che dovrebbero convincere il lettore a pensare ad un suicidio e non ad un salto con l'elastico sono troppo forzati.
Funzionano, ma alla fine della lettura non ti danno quella sensazione di "ok, fila tutto, mi hai fregato".
Passerella e cornicione danno l'idea del tipico ponte dove buttarsi, ma col bunjee jumping difficilmente c'è gente proprio sotto di te e non credo che urli ogni volta che qualcuno si appropinqui a saltare, a meno che non siano conoscenti o amici sotto che facciano scena.
Ti serviva per dare al lettore l'idea del suicidio, ma poi rileggendo non funziona tanto.
Le descrizioni e gli sproloqui del protagonista sono scritti bene ( oddio, quei termini tecnici di psicologia/psicanalisi sembrano messi più per esibire una competenza che sicuramente hai che un reale bisogno nella narrazione ) ma l'esibizionismo un po' troppo calcato alla Joker ci può stare anche se a parer mio andava un po' limato.
Finale buono, secondo me sarebbe ancora meglio senza le ultime due frasi, tanto per ricollegarmi all'esibizionismo esagerato di cui sopra.
Non male.

Un uomo fortunato

Ingarbugliato, molto.
Nonostante la frase iniziale che mette subito in chiaro brutalmente dove sia il tema, il protagonista viene effettivamente presentato in maniera decente ed incuriosisce dettaglio dopo dettaglio. Poi però precipita un po' tutta la struttura.
La scrittura è lacunosa, pastosa e non suona benissimo in moltissimi punti; talvolta eccedi in descrizioni poetiche e metafore opinabili, poi le scene d'azione sono a raffica e con una punteggiatura ballerina. Sei molto lineare e chiara nello svolgimento della trama, ma ce lo dici semplicemente invece di mostrarcelo.
Una sgrassata ad inutili solfeggi e una riscrittura con più attenzione nei passaggi chiave sarebbe un ottimo esercizio.

Lo strappo del cielo

Ok, la prima parte mi è piaciuta davvero. l'unico dubbio che ho è dove collocare effettivamente la durata della Tempesta.
Se è durata l'intera notte, com'è possibile per il protagonista aver visto le stelle raddoppiare? Deduco quindi che sia finita già da prima della notte passata, ma non ne sono sicurissimo.
Carina l'ambientazione post-apocalisse/distopica che viene rivelata man mano a suon di particolari, anche se la prola Prima un po' mi ha confuso, sopratutto con maiuscolo che poteva anche sembrare un luogo preciso e non un tempo.
Poi la mela morsicata non ha lasciato dubbi, ovviamente.
Il finale fa il suo dovere, dopo la lettura effettivamente mi rimane la curiosità del perchè l'atmosfera fosse oscurata e di cosa fosse fatta davvero una Tempesta (dato il maiuscolo anche qui, dev'essere una forza non comune...)
Buona prova.

La cantina

Peccato per il finale.
Un bel racconto in cui le protagoniste ed il mondo attorno a loro è ben delineato, senza troppi fronzoli ma nemmeno stringato. Carini i dialoghi, le ingenuità fanciullesche, i loro moti anteriori. Mi erano piaciute, sebbene moooooolto canoniche, anche le premesse sulla cantina proibita.
Solo che poi arrivo alla fine e non ho niente in mano.
Certo, dai un finale aperto molto intrigante ma è pur sempre qualcosa che non leggerò mai.
Più che un racconto, questo è un discreto prologo di qualcosa di ben più grande.
Il tema è ovvio: il limite di accerede ad una zona proibita per dei bambini. Centrato alla grande, ma non finalizzato.
Gli animali impagliati DOVEVANO essere qualcosa in più.
Un vero peccato, davvero. La scrittura c'era eccome.

Elisa oltre le rose

La scrittura non è male, tranne per un paio di frasi un po' opinabili a livello di forma tipo "Andò nella sua stanza, prese il retino E la scatola di latta E corse fuori."
l'ambientazione è poco particolareggiata, probabilmente per dare un tocco un pò misterioso e di epoca fuori dai canoni, peccato che non sia riuscita a farmi entrare per bene nella storia. Il geco Fred com'è venuto sparisce senza nemmeno troppa importanza, lasciando il protagonista poi libero di oltrepassare il limite delle rose e trovare...cosa?
D'accordo il baratro, poi? Puntini luminosi e istantaneamente una risposta dall'altra parte che però non risponde a nessuna domanda (non erano tutti morti CHI?), dato che non vi sono dubbi sollevati nella prima parte. Finale scontato e anche un po' forzato, figlio forse della limitata scorta di caratteri.
Il vago che caratterizza il racconto secondo me ha un po' rovinato un soggetto davvero interessante.


Oltre la baita

Più che un racconto, sembra più un suggestivo manuale di sci con annesse e connesse una fitta rete di descrizioni e sensazioni.
La lettura scorre bene all'inizio perchè riesci ad entrare dentro la storia con la descrizione di tutto, poi però continuano ad arrivare a raffica solo altre descrizioni farcite con qualche flusso di coscienza.
Non mi sento incuriosito ad andare avanti con la lettura, non so cosa effettivamente chi o cosa stia seguendo man mano che leggo. Al centro del racconto, poni qualche domanda e qualche traccia ma troppo sterili per capirci di più.
Il limite è quello del raggiungimento della baita? Se si, c'è ma è molto sottile.
Il finale presume un incotnro con qualcosa di animalesco che francamente non riesco a conciliare con il resto della narrazione.
Un po' più di trama era necessaria.






Decisamente questo è stato il gruppo con più alta qualità di scrittura mai commentato da quando mi sono iscritto.
Le prime due posizioni sono moooolto vicine, poi un bel gruppone di discreta fattura tra il 3 ed il 6 posto, infine in fondo c'è del materiale di qualità sufficiente ma che ha un po' troppi peccatucci sulla coscienza, alcuni davvero veniali.

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antico
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Re: Gruppo TRE NUMERO PERFETTO: Lista racconti e classifiche

Messaggio#10 » martedì 28 aprile 2020, 11:58

Manca solo una classifica all'appello: quella di Roberto Romanelli. Tutto ok per le altre già postate.

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Vastatio
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Re: Gruppo TRE NUMERO PERFETTO: Lista racconti e classifiche

Messaggio#11 » martedì 28 aprile 2020, 14:14

Limiti

Ciao,

credo che manchi qualcosa al tuo racconto per sollevarlo dal banale. Capiamoci, è scritto bene, ma stai raccontando la storia di un bullo e della sua vittima che, finalmente, reagisce. E reagisce in modo esagerato: specie se poi parliamo di un topo di biblioteca, che avrà letto tanto e tanto e che, almeno per le letture che ho avuto io da giovane, trovo difficile che non abbia una coscienza "superiore".
Ti giustifichi buttando dentro la figura del padre becero, ma, e questo credo che sia il vero problema del racconto, ti sei tenuto troppo "fuori" dal tuo protagonista. La "freddezza" del gesto l'hai lasciata al narratore mentre avrei preferito essere totalmente coinvolto e preso dai sentimenti di Andrea. Temo tu ti sia affidato troppo al "senso comune" dell'odio verso chi viene bullizzato piuttosto che a farmelo sentire addosso e l'epilogo non riesci a farmelo giustificare con una narrazione così fredda e razionale.
Rimane quindi un racconto scritto bene e in tema ma con un finale troppo fuori dalle righe.

Il bosco di Valbassa

Ciao,

il tuo racconto mi è piaciuto, come hai portato tutto a una fine che si sapeva già quale sarebbe stata, ma poco importa. Però, finito di leggerlo, sono rimasto con un tarlo in testa. Qualcosa non funziona in tutto quello che hai costruito. E l'ho trovato.
Ti sei fregato con le tue stesse regole. Le regole, che sono il cardine di tutto, non possono portare a una contraddizione. O, se lo fanno, devi motivarlo.
La 8 dice che non ti devi fermare, mentre tutta una serie di regole ti OBBLIGA a seguire cosa dicono i cartelli (1,5,9) e nello specifico quelli che usi. DEVE essere l'uomo a infrangerle, non il sistema (altrimenti la bellezza che hai creato perde la sua forza). Va anche bene se sia a sbagliare chi ha "riportato" le regole, ma devi allora accennarlo (in chiusura?). Può anche essere la fame del bosco, una punizione per qualche affronto fatto a chi il bosco lo controlla (ma parliamo sempre di 3k che cavolo!), però rimango dell'idea che non debbano essere le regole a contraddirsi.
A parte questo "scivolone" riconfermo il mio apprezzamento.


Crudele Paradiso

Ciao,

il bello di racconti come il tuo è che la seconda lettura, doverosa, ti fa apprezzare le astuzie usate per svicolare. Ecco, a me la seconda lettura ha solo causato irritazione. Intanto ho sempre odiato l'umanizzazione estrema e i tuoi "gatti", che non hanno mai visto il mondo e che sembra non siano mai stati nemmeno oltre la vetrata conoscono "tutto" del mondo: sanno che quello è un albero, quello un uccello che cerca vermi, ecc.
Questo mi da veramente fastidio, proprio perché non ho nessun indizio di un fratello o di una sorella, che magari sono riusciti a scappare qualche volta, che raccontano lo hanno "educato".
Discorso simile per la "perfetta" comprensione del linguaggio umano.
Mi sembra tu abbia giocato sporco, almeno secondo me.


Un uomo nuovo

Ciao,

che qualcosa non è come sembra è chiaro (il termine "passerella" è troppo strano in un contesto simile e mi mette sull'attenti), fino alla fine io però avrei scommesso su una vendetta sul proprio medico, visto che non risponde mai (magari legato e imbavagliato).
Proprio questo è quello che, rivelato il finale, mi lascia un po' con l'amaro in bocca. Mi sembra una forzatura questo lungo monologo e proprio il medico che lo aiuta a compiere questo ultimo "passo". Perché incensare tutti questi cambiamenti verso una vita così poco salubre tutto mi fanno pensare fuorché a un Dottore soddisfatto del suo operato. Diverso se si stesse filmando per per una diretta Facebook. In questo modo posso immaginarmi un Dottore, magari il suo psicologo, ad occhi sbarrati mentre si accorge di come la sua terapia sia andata oltre su un paziente estremamente "cauto".
Diciamo che il finale si scontra un po' con la mia coerenza personale. Per il resto è scritto molto bene e, in genrale, mi è piaciuto.

Un uomo fortunato

Ciao,

idea carina ma realizzato in modo confusionario. Come se perdessi il controllo della storia o, forse, che il taglia e cuci per rimanere nei "limiti" del contest abbia mietuto un po' troppe cose necessarie a mantenere pulita la logica del racconto. L'incipit è bello, fa ben sperare, peccato che poi ci si perda in un elenco di "episodi" che servono a farci capire quanto sia stato fortunato. Mi è piaciuta la contrapposizione di questa fortuna e visione positiva associata a una persona che di "positivo" ha ben poco.


Lo strappo nel cielo

Ciao,

con me hai un problema. Vivo in una grande città, l'inquinamento luminoso la fa da padrone e il cielo stellato è uno spettacolo che riesco a vedere solo quando vengo deportato in montagna dai parenti nel periodo estivo. Quindi la suggestione derivante da qualcosa che vedo raramente è meno forte. A parte questo trovo, proprio per la mia limitata esperienza, riuscire a immaginare un cielo con stelle raddoppiate o di più. Se è coperto non vedo le stelle. Se non è coperto ne vedo comunque poche. Quindi questa ipotetica "apertura" del cielo non riesco a capire come dovrebbe funzionare (ok, sono pur eun informatico, quindi lavoro a 0 e 1, coperto e non coperto). A parte questa lunga premessa le "apocalissi" al giorno d'oggi si sprecano e il segreto è riuscire a catturare il lettore con qualcosa che lo lasci soddisfatto, mentre il tuo tentativo mi sembra ingenuo, non focalizzandoti su un aspetto in particolare. Verso l'inizio ci riesci quasi, concentrandoti sul tuo protagonista, su quello che poteva essere un rito di passaggio, magari "benedetto" dallo squarcio... però ti perdi cercando di "sorprendermi" con la storia dell'apocalisse, delle reliquie, dell'Anziana.
Mi vergogno di quello che sto per dire (perché è quello che dicono quasi sempre a me)... troppa carne al fuoco per uno spazio di 3k.



La Cantina

Ciao,

devo ammettere che la cosa che mi è piaciuta di più è la fine. Forse a qualcuno potrà sembrare tronca, ma a me piacciono così.
Quello che mi sarebbe piaciuto trovare è l'immersione nel personaggio, nelle sue paure e meno "spiegazioni" su cosa muove la nostra protagonista. Show don't tell. Soprattutto se quella che stai raccontando è una storia di "paura", eccitazione per aver infranto le regole e timore per lo stesso motivo.
Per questo dico che a me piace la fine. Ci puoi leggere un "mi sono cagata troppo sotto, la botola la prossima volta" o un'altra decina di varianti. Però me la sono immaginata io perché tu, di lavoro in tal senso, nei hai fatto pochino a livello di suggestioni.


Elisa oltre le rose

Ciao,

ammetto che hai ucciso la mia sospensione dell'incredulità nel momento in cui hai tirato fuori l'alfabeto morse. Cavolo. Ai miei figli è la prima cosa che hanno insegnato subito dopo lo stampatello (che forse adesso chiamano Stampato). Bisogna dire che già un colpo secco lo avevi dato quando hai fatto la "pettorina" per la lucertola, gliela infili e te la porti a spasso col guinzaglino. In generale, però, sembra che la fine dei caratteri sia arrivata molto prima di quanto ti aspettassi. Perché non c'è un equilibrio tra la prima parte e quella veramente interessante: l'essere "chiuso" in uno spazio ristretto, la "scoperta" dell'altro, una possibile "rivelazione" o "indizio" del perché sono isolati e/o gli adulti li tengono confinati e distanti tra loro.
A conti fatti non mi interessa sapere che il suo animaletto domestico è un geco e che la mamma non vuole, ma quello che solo accenni. E sì, anche perché è così fondamentale lo studio dell'alfabeto morse da metterlo nel programma didattico.




Oltre la baita

Ciao,

premesso che le mie esperienze su un paio di sci si fermano alla seconda o terza lezione quando, dall'alto della seggiovia, intravedo oltre la collina un bar con scritto Sala Giochi e mi attacco ai cabinati dopo aver restituito gli sci, bisogna ammettere che ci metti una notevole passione nel descrivere le sensazioni e il piacere della protagonista che quasi mi aspetto di trovare la mia sala giochi, lì, oltre la baita. Invece no, è un lupo (delusionissima).
Esattamente però, a parte gli stucchevoli cristalli, mi perdo troppo in questa "libertà" e la trovo parecchio fine a se stessa. Accenni al conflitto con la madre e all'incontro col lupo. E così non capiamo se il suo procedere oltre sia dettato dalla ribellione verso la madre o da una presa di coscienza e, se l'incontro col lupo sia solo un "caso" o ci sia dietor un simbolismo più profondo (o se sia solo una citazione molto criptica di Altered Beast).
Forse se avessi intrecciato le sue sensazioni "positive" durante la discesa a quelle "negative", cercando un parallelo, per quanto forzato potesse essere, avresti dato un valore che sarebbe rimasto impresso più a lungo nel lettore.




Classifica

1. Il bosco di Valbassa
2. Un uomo nuovo
3. Crudele Paradiso
4. Limiti
5. Oltre la baita
6. Un uomo fortunato
7. La Cantina
8. Lo strappo nel cielo
9. Elisa oltre le rose

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Re: Gruppo TRE NUMERO PERFETTO: Lista racconti e classifiche

Messaggio#12 » giovedì 30 aprile 2020, 12:02

Molto bene! Avete ricevuto tutte le classifiche e nei prossimi giorni riceverete anche i miei commenti.

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Re: Gruppo TRE NUMERO PERFETTO: Lista racconti e classifiche

Messaggio#13 » domenica 3 maggio 2020, 14:39

Complimenti a tutti: racconti estremamente validi e comunque, anche laddove ancora da revisionare, tutti con grandi potenzialità.

1) Il bosco di Valbassa, di Andrea Partiti
Stupendo nella sua logica infranta. Del resto, tu stesso lo sottolinei che, a volte, qualcuno scompare nel bosco e il protagonista pensa sia per errori commessi nel seguire le regole. Eppure, chi lo dice che quelle regole debbano proprio essere immutabili? Chi è tornato dal bosco per testimoniare delle divergenze rispetto alle stesse? L'uomo non può che cercare una logica, ma la logica stessa non è che una interpretazione e in un contesto fluido, fatto di mutamento, non può che essere fugace e fallace. Il bosco si è preso il protagonista, il bosco non segue regole umane, il bosca finge per non essere abbandonato a se stesso perché ha bisogno delle sue vittime. Pollice su con lode, per il secondo mese di fila.
2) Un uomo nuovo, di Agostino Langellotti
Sì, il racconto vive un po' di questo cambio di direzione e hai fatto bene a scriverlo perché qualcosa mi strideva una volta completata la lettura. Ma è anche questo il bello, no? La perfezione dell'imperfezione. Questo finale è assolutamente giusto e rivaluta tutto quello che il lettore si può immaginare in corso di lettura. Non arrivo al pollice su completo solo perché, a mio parere. qualcosa andava aggiustato nella prima parte in risposta alla virata finale: c'è una certa negatività del protagonista che mi sembra andare oltre quello che dovrebbe. In ogni caso: ottimo lavoro.
3) Limiti, di Wladimiro Borchi
A livello formale, nulla da dire. Mi è mancato un po' l'empatizzare con il protagonista, me ne hai tenuto fuori, non ho percepito il suo dolore, la sua rabbia, il suo rancore pronto a scoppiare in una vendetta che lo segnerà per tutta la vita. Il tema è ben preso, questo è certo. Un pollice tendente verso l'alto in modo deciso che non arriva al su o al quasi su proprio per questa freddezza con cui hai trattato il tuo protagonista, di cui ti sei premurato di costruire il contesto senza però fare vibrare l'animo (questo, almeno, a me).
4) La Cantina, di Giulio Marchese
Oscar personale del commento per questo racconto ad Andrea Lauro perché è come se mi avesse anticipato: un incipit con troppi personaggi, scena del bicchiere che va quanto meno rivista perché poco significativa, finale molto buono. In generale, ho trovato questa tua prova decisamente compatta e interessante con delle protagoniste che possono uscire ancora meglio una volta eliminato il superfluo e tenuta più desta l'attenzione su di loro. In sostanza, un pollice tendente verso l'alto che tendo a preferire rispetto al racconto di Dolzadelli (stessa valutazione) proprio per questo finale così pregno di possibilità future e non solo.
5) Crudele Paradiso, di Gabriele Dolzadelli
Ho molto apprezzato lo scambio di opinioni con Roberto perché in prima lettura ho avuto sensazioni simili e, allo stesso tempo, ho proprio pensato che fosse più da intendersi in senso disneyano. Rimane il fatto che potevi immergerti meglio in questi gatti, è abbastanza evidente che il testo necessitasse di una gestazione più lunga, ma ci sta anche, durante una serata di MC, di imbastire qualcosa che poi si deciderà di riprendere. In quest'ottica, ti consiglierei di lavorare di più su quello che può sapere o meno del mondo perché è vero che può avere imparato dai padroni, ma la sua è una conoscenza limitata e questo deve trasparire di più anche perché in un Disney lo sai da subito che sono animali quelli che agiscono sulla scena mentre qui lo tieni nascosto fino alla fine per creare sorpresa proprio in pieno stile LA SENTINELLA di Brown e allora diventa giusto anche lavorare sulle differenze di percezione. Per me un pollice tendente all'alto.
6) Lo strappo nel cielo, di Axa Lydia Vallotto
Devi assolutamente riprenderlo e sistemarlo perché ne può venire fuori un gioiellino. Il tuo intento è quello di rappresentare la fine di una crisi e lo stupore nel ritrovarsi con panorami a noi conosciuti, ma nuovi per chi si è sempre trovato schiacciato da una cappa. Abbandonerei l'utilizzo delle stelle (come dice Vastatio: è difficile rendere quel tipo di imamgine) per dare maggiore rilevanza allo strappo nel cielo e quindi alle Alpi. Concentrando su quel punto e sporcando ancora di più il linguaggio del protagonista (all'inizio ci riesci, ma poi si normalizza) puoi dare una marcia in più al tutto. Occhi che c'è da lavorare anche sul finale perché c'è da trovare il modo di dare ancora più risalto alle parole dell'anziana. Spero di rileggerlo sistemato, lo merita. Allo stato attuale è un pollice tendende verso l'alto, ma in modo risicato.
7) Elisa oltre le rose, di Emanuela Di Novo
Hai una buona penna e sono curioso di leggerti i prossimi mesi. In questo contesto, hai patito i vari limiti di Minuti Contati e ci sta alla grande perché, bene o male, ci siamo passati tutti. La tua è una riflessione sulla distanza sociale traslata sia in ambito metaforico che futuro, come se si fosse protratta per decenni e forse più. L'ossessione del bambino per i limiti esterni deve essere resa meglio e proprio lavorando sul distacco dal geco, il suo amichetto che gli viene sottratto, ma la cui mancanza lui sente meno del dovuto proprio perché ormai "preso" dal capire cosa c'è oltre. Ed è proprio su quel punto di svolta che devi lavorare meglio, ovvero sul perché proprio in quel momento lui si sia spinto oltre. Non mi sembra così difficile da raggiungere quell'oltre, quindi chissà quante altre volte un bambino così sveglio avrà avuto quella tentazione... Quindi: perché proprio ora? Altra cosa: devi lavorare meglio sullo studio da casa in modo da evidenziare quanto siano preparati questi bambini del futuro, al punto da conoscere il codice morse e addirittura sapere i rudimenti per fare volare un piccolo elicottero. Insomma, tanta roba lasciata sospesa, ma il tocco c'è: per me è un pollice tendente, anche se in modo stirato, verso l'alto.
8) Oltre la baita, di Egle De Mitri
Anche qui, felicissimo di notare una penna davvero buona. Riesci a tratteggiare la solitaria avventura di questa ragazzina in modo estremamente efficace portando il lettore sulla neve stessa con la tua protagonista. Il problema è che sfugge il nesso madre/animale/figlia che hai spiegato nel tuo primo commento. Quando si entra nel simbolico, il rischio è proprio che rimanga estremamente chiaro nella nostra testa, ma parimenti fumoso per chi poi arriva a leggere. E qui accade che se il lettore non riesce a percepirlo, allora rimanga un incontro fine a se stesso privando il racconto del meritato finale. Riflettici e magari cerca a un modo per arrivarci accompagnando il lettore non dico vincolandolo eccessivamente, ma fornendogli una chiave di lettura più solida. Allo stato attuale sarebbe forse più giusto un pollice ni, ma la meravigliosa descrizione del contesto me lo porta più verso un tendente all'alto, molto al pelo.
9) Un uomo fortunato, di Isabella Valerio
Manca un po' un baricentro, in questo racconto. Tanto raccontato, poco mostrato, si fatica a empatizzare con il protagonista e a seguirlo nella sua odissea. Qualche problema anche nei raccordi, non sempre così chiari nel passaggio da una scena all'altra. Insomma, un testo che soffre particolarmente del limite dei caratteri ed è paradossale soprattutto considerato che proprio sui limiti ripetuti più volte hai deciso di costruirlo. In conclusione: troppa roba tutta insieme. Il mio consiglio è di rinunciare a qualcosa per concentrarti di più sul protagonista facendocelo vivere più da dentro e sai che ti dico? Che in questo modo potresti buttarci dentro anche tutto e anche più compresso, ma avresti un baricentro più definito che permetterebbe al lettore di riempire con la sua fantasia gli eventuali buchi. Pollice ni tendente al positivo, a questo giro.

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